One shot – Around your lips
Pov > Robert Downey Junior
Poso la tazza sopra al piattino, mi sento rigido ed il freddo che ho dentro non riesce ad essere sopraffatto dalla temperatura del tè, che Jude ci ha servito impeccabile.
“Trovato tutto Susan?” – domanda gentile ed affabile, ma spontaneo, con lei ha sempre avuto un bel rapporto.
“Parecchie cose, neppure immaginavo che Rob volesse concedermi questo giro di shopping premaman, forse detesta le boutique di Malibu …” – risponde lei, assorta nel ricordo di quella passeggiata insieme a me, per negozi, dove avevamo scelto fasciatoio, culla, giostrine in legno.
Rimango in silenzio, perché i miei concetti si scontrerebbero con la schiena di Jude, che evita il mio sguardo da quando siamo arrivati.
“La tua casa è splendida … si vede che c’è il tocco british …” – aggiunge lei alzandosi con calma, dirigendosi fuori da quel salone spazioso.
Nella mia mente, si fa strada la replica, che Jude le tace: c’è il mio tocco in questo insieme di cose, ma tu, mia cara, non lo capisci, non puoi saperlo davvero.
Sparisce, forse alla ricerca di un bagno.
“Vi ho fatto preparare la camera degli ospiti in fondo.” – dici all’improvviso.
“La serratura è ancora rotta Jude …?”
“Ovviamente, perdo di continuo i recapiti del fabbro, dell’idraulico …”
E’ vero, faccende di cui mi occupavo io, durante i brevi soggiorni inglesi.
“Non dovevi disturbarti ed ospitarci …” – aggiungo flebile.
“Figurati Robert e poi volevo congratularmi con tua moglie.” – replichi puntandomi, come un predatore pronto a sbranarmi.
Il mio cuore si ferma, impercettibile, poi riprende, non posso morire proprio adesso che …
Un desiderio sta per avverarsi, con modalità differenti rispetto a quelle che avevo sognato, insieme a te, Jude.
Forse ci siamo soltanto presi in giro: tu ed io, genitori.
Eravamo padri desolanti ed assenti, ma insieme, avremmo potuto donare quel valore aggiunto, che poteva nascere solo dal nostro amore, per un bimbo da crescere, adottandolo.
Era la soluzione migliore, avremmo avuto una tanto triste quanto vasta scelta, tra miriadi di cuori fragili, occhi grandi, che ci esploravano, nei centri dove avevamo fatto visite blindate e segrete, senza dare troppe spiegazioni.
La celebrità aiuta a concedere molti fraintendimenti, il trend del periodo era ideale, molti vip disposti ad accogliere nelle loro vite dorate un piccolo abbandonato o sopravvissuto a guerre, carestie, disastri, quando il vero disastro eravamo noi, Jude …
Eccoci qui, ho messo incinta Susan, la mia frase scricchiolava con la dolcezza ostentata nel seguirla ad ogni passo, da quando lei aveva fatto il test.
Ti alzi, per allontanarti, anche se non sei mai stato così distante e così visibile, non mi hai neppure abbracciato sulla soglia, tanto meno adesso, che lei ci ha lasciati da soli per troppo tempo.
Avevo l’abitudine di fare scorrere i polpastrelli intorno alle tue labbra, piegavi il capo, spingendo la bocca verso di me, cogliendo il mio calore, prima di baciarci, a lungo, sempre.
Susan sa quanto siamo legati, ma non riesco a spiegarle ciò che davvero sento per te da tre anni almeno, un amore per il quale nessuno ha ancora scritto le parole giuste per descriverlo, fa troppo male, davanti ad esso sarebbe logico fuggire, invece mi è stato indispensabile per continuare a vivere e tu lo sai Jude.
Dall’infanzia sarebbe utile essere istruiti e preparati ad un’esperienza simile, seppure rara, riservata a pochi eletti.
Chi sceglie lo fa in modo indiscriminato, come con la morte ed in fondo la differenza è sottile, a tratti questo amore si trasforma, ti pone al limite del precipizio, poi sta a te decidere se gettarti oppure retrocedere e fuggire.
Alzate un dito e premete il pulsante rimorsi a sinistra e rimpianti a destra: oppure, indisciplinatamente, batti i pugni su entrambi, sino a sfinirti, ad urlare, a piangere.
Io lo sto facendo ora, soffocando tutto all’interno del mio petto, per evitare scenate ed un momento terribile, in cui sputare fuori la verità, la nostra verità, Jude, abbiamo così tanto di nostro, tra questa camera ed il breve percorso sino a quella che è stato il nostro giaciglio caldo, rassicurante, inebriati i sensi, ci lasciavamo poi trasportare da progetti improbabili, custodendo un’unica certezza: non ci saremmo mai lasciati.
“Jude …” – mormoro come se non avessi più un anelito di vita, dalla gola al mio sorriso, che eri l’unico ad accendere con purezza e spontaneità: mi sentivo migliore, mi sentivo vivo e realizzato, io ero io e tu eri tu, ma come due riflessi della medesima persona, accarezzavamo le pulsazioni ed i fremiti, che come onde lambivano i nostri cuori.
Esiste ancora quella terra, che non c’è stata mai, eppure sembrava così vicina, poi drammaticamente lontana, in una sera di pioggia, proprio qui, nell’androne di questo lussuoso palazzo: mi avevi impedito di salire, eri furioso e svilito, alla mia inaspettata svolta, a quello a cui non pensavo più, illudendomi che Susan avesse risolto al posto mio, quando ero io che dovevo agire.
Sono come coriandoli e poi diventano proiettili, i giorni, gli eventi, gli impegni, segni delittuosi le firme poste sui contratti, la notorietà che da ammaliante diviene devastante …
Ti ho spezzato Jude, ho rovinato il ragazzo solare e positivo, che eri diventato, grazie a me.
Ci eravamo per gioco ribattezzati nella vasca da bagno, un mattino di settembre, il nuovo Downey, il nuovo Law.
Esplosione di gioia, ecco cos’eri ed ecco cosa non sei più.
Ho concepito una vita e ne ho uccisa un’altra: la tua.
E non me lo perdonerò mai.
Mai.
THE END
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