martedì 18 ottobre 2011

GOLD - CAPITOLO N. 277

“No, dimmelo, cosa c’è che non va in me!!?”

Geffen fece un salto sul materasso – “Cazzo Marc!! … Chi ti ha fatto entrare … mioddio … ma che ore sono …?”

Hopper si stava specchiando, in piedi davanti ad un’anta dell’armadio, lasciata aperta da Lula, che lo aveva salutato insieme a Kevin, prima di andare al campo estivo, per il fine settimana.

Glam nascose il capo sotto al cuscino, mentre l’amico continuava ad agitarsi ed inveire contro qualcuno di invisibile, ma molto concreto nei suoi pensieri.

“Falso! Inesistente! Mi ha dato un numero che neppure è valido!”

“Ma chi!!?” – bofonchiò Geffen da sotto quella protezione contro la luce del sole, che ormai invadeva la sua camera.

“Jamie … Jamie! Un idiota che … no, non è un idiota accidenti …” – e crollò su di una poltrona, grattandosi nervosamente la nuca – “Deve essere il profumo che uso … lo cambierò …” – disse avvilito.

“Marc … hai conosciuto un tipo …? Dove, quando …”

“Ieri sera, in un locale, durante la sua festa di compleanno, venticinque anni …”

“Ah però …” – e ridacchiando riemerse.

“Ah però cosa?? E’ molto carino … lui balla.”

“Balla?”

“E ti conosce … no, ma ti conoscono tutti in questa dannata città Glam?”

“Per varie ragioni sì …”

“Ha curato le coreografie per la manifestazione a favore di Haiti, lo scorso dicembre, ricordi?”

“Capisco … ok, lui danza, si chiama Jamie, è un figliolo intrigante, ma tu prendi delle cotte alla velocità della luce o sbaglio Marc?”

“Francamente ci sono rimasto male quando l’ho chiamato stamattina … volevo dargli il buongiorno …”

“E’ successo qualcosa tra voi …?”

“No, assolutamente nulla di quello che pensi … purtroppo.” – e sorrise.

Suonarono.

“Sì, va bene, vado io, ormai sono il portinaio qui …”

“Grazie Marc … penso sia Jared con Isotta … ed io sono in ritardo.”

In effetti erano loro.

“Ciao Marc, anche tu qui? Vieni con noi in spiaggia?”

“Jared … oh Isy bella … perché no, Glam è ancora a letto.”

Il cantante accelerò il passo, per sincerarsi delle condizioni di Geffen, ritrovandolo sorridente.

“Glam … stai bene vero?”

“Buongiorno … certo, oggi va meglio, non vedo l’ora di andare al mare e godermi la giornata con voi …” – e prese sul petto Isotta, che sorrideva anche a Marc.

“Jared lo sai che Isotta stravede per questo bell’uomo?”

Leto sorrise, prendendo degli abiti per Glam – “La capisco … ti aiuto a vestirti?” – chiese guardandolo con una tenerezza, che impressionava Hopper.

“Faccio da solo, ti ringrazio, ma prima la mia doccia ed il caffè.”

“Te lo preparo subito. Marc ne vuoi anche tu?”

“Una tazza doppia, se vuoi ti …” – ma Jared era già svanito.

Hopper fissò Glam – “Ma come ci riesci? Sono tutti innamorati di te!”

“Siamo una famiglia … vero cucciola? Vai da Marc adesso, io mi lavo.” – e gliela passò, facendo molta attenzione.



Quando Jared fu di ritorno, Glam era quasi pronto.

“Colin?”

“E’ andato a salutare Sonia. Lei e sua sorella tornano in Irlanda, ci daranno notizie da là sull’esito dell’inseminazione …” – disse assorto.

“Tu stai bene?” – gli chiese Geffen, accarezzandogli gli zigomi ed incontrando le iridi di Jared, che arrossì – “E’ tutto a posto … Anch’io ho incontrato Sonia, dopo … era a cena da noi ieri. Colin ci raggiunge con Rebecca, James ed Henry, gli altri sono già alla vecchia casa di Shan.”

“Ok campione, andiamo.”

Marc, rimasto in disparte fino a quel momento, li seguì senza aggiungere altro su Jamie, nonostante rimanesse al centro della sua mente, come un chiodo fisso.





Jared si mise alla guida, con a fianco Hopper e sul sedile posteriore Isotta, controllata da Geffen, che le agitava davanti un nuovo sonaglio musicale.

“Tutto bene Marc?”

“Sì Jared … è distante questo posto dove stiamo andando?” – domandò distratto dal traffico.

“No, un paio di isolati ancora … Questo è l’ultimo semaforo …” – e si fermò accanto ad un’auto cabrio di colore scuro.

Hopper non se ne accorse finchè la stessa non ripartì: “Jamie … Jamie! Senti Jared, seguilo!”

“Cosa? Ma sei impazzito?”

“Segui quella Bmw per favore!”

“Ok, ok calmati … Non posso mettermi a fare il pazzo, comunque, c’è mia figlia in auto!” – protestò, notando che Jamie stava invece procedendo in modo poco ortodosso ed a velocità sostenuta.

“Scusami … Scusatemi, non volevo crearvi problemi …”

“Marc non preoccuparti, noi se possiamo ti aiuteremo …” – intervenne Glam, dandogli una pacca amichevole – “Però dovremmo spiegare anche a Jared la situazione, non trovi?”



“Jamie …? Fammi pensare … aspetta Marc, guardo nei miei contatti …”

Leto scorse la rubrica del suo palmare – “Jamie Cross, eccolo … Star ballet … gli studi sono qui vicino.”

“Hai un telefono?”

“Sì del suo ufficio stampa, non siamo amici …” – replicò Jared in modo sereno.

“E’ già qualcosa, comunque tu pensi stia andando lì?”

“Direi di sì, per lo spettacolo in programma; la stagione è molto ricca di eventi. Ti ci porto?”

“Mi faresti un’enorme cortesia, poi vi lascio in pace, grazie.” – disse emozionato.



Quando Jared e Glam rimasero da soli, diretti verso il loro appuntamento, si interrogarono sull’atteggiamento di Hopper.

“Il tuo socio è molto esuberante …”

“Diciamo che non ha ancora trovato un equilibrio … Da che pulpito aahahahh”

Jared si unì alla sua allegria ritrovata.

“Come va la schiena? … Colin mi diceva che ti lamentavi …”

“Non sono ancora da rottamare e per la prossima iniezione ho allertato anche i marines, contento?”

“Abbastanza.” – sorrise – “Glam … senti per … per quel bacio …”

“Quale bacio?”

“Scemo.”

Geffen sorrise, accarezzandogli i capelli – “Adesso parcheggia in un posto tranquillo, così parliamo in pace cinque minuti e poi raggiungiamo gli altri, ok?”





Cross entrò dall’ingresso per gli artisti.

Marc inforcò i ray ban ed acquistò un quotidiano, sentendosi dopo un minuto alla stregua di un imbecille patentato.

“Tu guarda cosa mi fai fare Jamie …” – pensò ad alta voce.

Decise di intrufolarsi in qualche modo, accorgendosi poi che si poteva assistere alla prova generale, pagando un biglietto irrisorio.

Si mescolò al resto del pubblico, mettendosi sul fondo della sala.

Nell’assistere a quelle evoluzioni, notò che Jamie era davvero bravo e capace.

Riscosse molti consensi, apparendogli euforico.

Hopper provò un misto di orgoglio ed ammirazione, come se Jamie gli appartenesse già in qualche modo, anche se di minuto in minuto, quella situazione gli stava apparendo pressoché assurda.

Probabilmente aveva una vita sentimentale già impegnata, ma a quel compleanno era da solo, il che lo faceva sperare.

Se invece, essendo un artista, la sua metà fosse in tournèe da qualche parte?

Chi, infine, poteva dirgli che Jamie fosse gay: era talmente immerso in quei ragionamenti, da non accorgersi di essere rimasto solo.

Si guardò in giro, smarrito e poi decise di guadagnare l’uscita.

Quando vide Jamie parlare con due signori in una saletta, si bloccò.

Erano agenti ed il ballerino stava dando loro dei dati.

“Sul cellulare mi trovate sempre … vi lascio il numero, un attimo …”

Hopper se lo appuntò, notando che le ultime due cifre erano capovolte, rispetto a al recapito che aveva lui.

§ Forse è stata una semplice svista … era brillo ... § - pensò, sorridendo.

Quando si ritrovò a mezzo metro Jamie, invece, trasalì.

“E tu cosa ci fai qui?!”

“Ciao … ecco … io ho visto lo show …”

Erano entrambi come scioccati da quell’incontro inaspettato.

Cross indietreggiò, adombrandosi – “Mi stanno aspettando Marc … ti saluto …” – e gli diede le spalle.

“L’hai fatto apposta, vero?”

La richiesta di Hopper, investì la sua schiena, che si irrigidì, come tutto il resto di Jamie.

Si voltò repentino, la voce aspra – “Cosa avrei fatto apposta, sentiamo?”

Marc rimase per l’ennesima volta colpito dal suo atteggiamento.

Era come stare sulle montagne russe.

“Niente, lascia stare.” - replicò asciutto, oltrepassandolo poi, per andarsene definitivamente.

Jamie restò immobile, le palpebre tremolanti ed inquiete, come il suo animo.

C’erano dei taxi in sosta davanti al teatro, Marc salì sul primo al volo, con l’intenzione di sparire, ne aveva abbastanza.

Quando lo sportello si riaprì, sentì il profumo di Jamie arrivargli dritto nel cervello.

“Posso?” – chiese il ragazzo sorridendo timido.

Hopper annuì, confermando la sua destinazione – “E’ il mio indirizzo, tu poi prosegui dove meglio credi.” – disse serio, rannicchiandosi quasi alla parte opposta rispetto a Jamie, che iniziò ad armeggiare con un i-pod.

“No, a me va bene anche così.” – mormorò, concentrandosi sulla selezione brani.

“Così cosa …?” – chiese di rimando Marc, provando un forte disagio.

“Stare con te per un po’ … sembri volerlo anche tu.” – e lo schiacciò maggiormente alle proprie consapevolezze, con quei suoi occhi azzurri, divenuti liquidi e bellissimi.





“Era solo un bacio, ce ne siamo scambiati almeno un migliaio …”

Geffen reclinò di poco il sedile, accorgendosi che Isotta si era assopita.

Jared si girò sul fianco, restando seduto.

Schiuse le labbra, come se reagisse d’istinto ad una riflessione improvvisa.

“Potremmo fuggire in Messico, tu, io e la bimba.” – affermò con un sorriso scanzonato ed il fiato corto.

“Certo. Ci compriamo un ranch, alleviamo cavalli, Isy diventerà un’amazzone provetta e poi, vediamo, come possiamo arricchire questa fantasia, Jared?” – ed inspirando, infilò il palmo sinistro sotto alla propria camicia.

La sua fede brillava, come quella all’anulare di Jared.

“Colin e Kevin assolderanno due sicari e ci faranno a pezzi, dopo di che prenderanno Isy e la riporteranno qui.”

“Accidenti che melodramma. Dovremmo riscrivere il copione.” – e rise sommessamente, chiudendo gli occhi.

“Sei stanco Glam …?”

“Di noi, mai.” – e tornò a guardarlo.

Jared si chinò, baciandolo, dapprima leggero, poi sempre più intenso.

I brividi che li devastarono, sembravano affiorare da sotto la loro carnagione abbronzata, come punte di spilli.

Jared cosparse di altri baci la fronte e poi il collo di Geffen, scendendo a quella mano, rimasta ferma sotto al cotone della sua casacca: ne baciò le falangi, morbide e profumate dell’acqua di colonia, che tanto amava.

Amava tutto di quell’uomo, non riusciva a smettere.

Si arenò sul cuore di Glam, piangendo silenziosamente, per non disturbare più quel mondo, che non li avrebbe mai accettati, soprattutto perché essi stessi non lo avrebbero più permesso.




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