martedì 25 ottobre 2011

GOLD - CAPITOLO N. 282

Capitolo n. 282 - gold


Si erano allungati al contrario, sul letto, Glam ancora vestito, Jared con la sua spugna a fasciargli i fianchi gracili, erano caduti in un sonno leggero, legati il primo sull’altro.
Leto si svegliò stiracchiandosi.
“Glam … ehi Glam …” – sussurrò piano, baciandogli la fronte e scostandosi di poco.
“Ci … ci sono …”
“Ti vedo.” – e rise felice.
“E’ tardi Jay …?”
“Sì, un po’ … devo tornare a casa.”
“Certo … grazie per avermi ascoltato …” – e si mise seduto a fatica.
“Ci sarò sempre Glam … va tutto bene?” – domandò perplesso.
“Solo un capogiro, è per il caldo … mi prendi dell’acqua per favore tesoro?”
“Sì subito, vuoi qualcosa da mangiare?”
“Ho portato della frutta, pensavo ne volessi.”
“Mi hai letto nel pensiero Glam …” – disse dalla cucina.
Geffen si sentì meglio dopo pochi istanti, ormai ci aveva fatto l’abitudine a quei leggeri problemi di pressione.
“Ok, la merenda l’abbiamo fatta, ora temo che dovremo muoverci Jared … dove sono i tuoi vestiti?”
“In lavatrice, erano sudici.”
“Allora aspetta.”
Geffen aprì un cassetto e prese il necessario.
Tornò da Jared, togliendogli l’asciugamano; cominciò a vestirlo, dai boxer, ai bermuda, infine la t-shirt, ritrovandosi il cantante sul petto, abbracciato a lui, con il viso affondato nel proprio collo.
“Grazie Glam …” – disse piano.
“E di cosa …? Guardami …” – mormorò dolcemente.
“Ti sto guardando …” – “Sì … non smettere mai Jared … soprattutto non cambiare mai, sei un punto di riferimento a cui non posso rinunciare.”
Si baciarono, prima di andarsene definitivamente.


“Allora questo provino?”
Il tono amorevole di Marc arrivò diretto nel cuore di Jamie, che si stava rilassando dopo una doccia.
“Ho buone speranze, il coreografo si è sbottonato in un complimento a caldo ed avendo una certa reputazione, si sono stupiti tutti in commissione …”
“Fantastico … hai mangiato Jamie?”
“Non ancora … volevo ordinare qualcosa …”
“Secondo me sarebbe perfetta una cena all’italiana.”
“Dici Marc? Molti carboidrati … sì, puo’ darsi.” – e rise, per poi tossire, tirando su dal naso.
“Che succede …?”
“Niente … mi manchi Marc … non pensavo che … che succedesse così presto …”
“Allora ne valeva la pena.”
Jamie rimase in silenzio per pochi secondi, poi arrise a quelle parole – “Sì Marc. Sì … e non sai cosa non darei per averti qui.”
“Ti basterebbe aprire la porta.”
Jamie ebbe un sussulto – “Scherzi?”
“Quando mai …” – e ridendo cominciò a bussare.
Jamie volò ad aprirgli – “Ma … come diavolo hai fatto!!? Marc!” – e tirandolo dentro, caddero sul pavimento.
“I potenti mezzi di casa Meliti … presto conoscerai quei pazzoidi dei miei amici, solo se lo vorrai … perché loro non vedono l’ora.”
Jamie divenne serio improvvisamente.
Si tirò su, aiutando anche Hopper, che si ammutolì.
“Sinceramente non ho lo stesso entusiasmo Marc … non fraintendermi …”
“Assolutamente piccolo … L’ho fatto di nuovo, ho ingranato la quarta, perdonami.”
Jamie si appese a lui – “No, non ti perdonerò se adesso …”
“Se adesso cosa amore?”
“Ma tu sei sempre così sicuro di tutto Marc?” – chiese spaventato, staccandosi.
Hopper prese fiato, lisciandosi la faccia.
“Ok … ok Jamie, non posso pretendere di mettere entrambi sullo stesso piano. Tu hai un problema di salute, una bomba ad orologeria, per quanto sono stato in grado di imparare durante il volo dalla California a qui. Ti stai curando, lavori, vivi, sei coraggioso, ma questo assorbe molto di te, di sicuro annienta l’ottimismo, la speranza, la … la leggerezza che un ragazzo di venticinque anni dovrebbe avere nell’affrontare nuove esperienze o nel conoscere persone, anche come me.”
Jamie lo scrutò, tornando sui propri passi: gli accarezzò la nuca, permettendo a Marc di avvolgerlo nuovamente.
Un bacio profondo rappresentò come una tregua, un punto di incontro, dal quale cominciare a parlare di cosa sarebbe stato di loro.


Robert accese il baby control, dopo avere aggiustato il ciuccio di Camilla, che sonnecchiava serena in quella serata estiva, il cui cielo minacciava un temporale.
Tornò sul divano insieme a Jude, che stava divorando delle patatine.
“Ho sempre fame, sono incinto!” – disse l’inglese, accogliendolo con un bacio sul petto nudo.
Indossavano soltanto dei pantaloni di seta, si mettevano giusto quelli, dopo avere mangiato.
“A che mese … non vedo il pancino, sei piatto come una tavola Judsie …” – e rise, stropicciandogli il volto, con il proprio, stendendosi con lui.
“Ma se ho preso due chili …”
“Cosa mi dicevi di Colin?”
“Uhm … perché lo metti tra noi adesso?” – chiese sorridendo.
“Magari potrebbe piacerci …” – disse leccandogli la bocca, per poi scendere veloce ai capezzoli di Jude.
“Mioddio Rob …” – ansimò, pervaso da una moltitudine di emozioni.
Downey gli strappò quell’indumento scarno, permettendo a Jude di fargli scivolare unicamente alle ginocchia il proprio, per poterlo prendere senza esitazioni ed alcuna cura.
“Rob … Rob …” – reclinando la sua testa bionda, lasciando solo una fessura screziata di ghiaccio, al posto dei suoi occhi liquidi, Jude lo accolse generosamente, senza sottrarsi a quel dolore grezzo e ruvido, provocato dall’attrito asciutto e violento.
Fu come un ventaglio di fitte, che andava aprendosi, durante l’incedere progressivo di Robert, che forzava l’apertura del compagno: lo stava punendo, fradicio di gelosia, Jude lo sapeva benissimo e ne godeva in un modo osceno: glielo urlò piano, mordendo e leccando dove poteva, ottenendo in replica un acuirsi del ritmo amoroso di Downey, che sembrò ruggirgli dentro, con un orgasmo lancinante.
Uscì calmo da lui, che respirava convulsamente, rannicchiandosi di lato, ma Robert lo riportò alla posizione iniziale, schiacciandolo sui cuscini e scendendo alla sua erezione rimasta insoddisfatta.
“Scopami la bocca … se hai ancora un briciolo di energia Jude …” – disse provocandolo senza remore.
“Lo farò, sai … ?” – e dopo avergli agguantato la nuca, glielo spinse sino alla gola.
Quasi lo soffocò, inondandolo con il proprio piacere, ma Downey non si sottrasse a quella tortura.
Quando sentì il respiro riequilibrarsi, l’americano scalciò via il pigiama, andando ad accucciolarsi sul busto madido di sudore di Jude, che lo stritolò appagato.
“Dormiamo qui angelo mio …?” – domandò, succhiandogli il lobo sinistro.
“Certo … ti amo Rob …” – “Ti amo anch’io …” – e sorrise, dandogli l’ennesimo bacio.

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