venerdì 14 ottobre 2011

GOLD - CAPITOLO N. 274

Capitolo n. 274 - gold


Colin fissava un angolo della sala d’aspetto, all’interno della clinica dove avrebbe donato il seme: Sonia lo aveva chiamato una decina di volte il giorno prima, timorosa sul fatto che avrebbe potuto cambiare idea.
Aveva anche contattato Geffen, passando dal suo studio per conoscerlo e garantire la sua massima serietà.
Glam era rimasto colpito dalla volontà della ragazza di diventare madre e dalla sua dolcezza.
Gli ricordò Syria, anche se i loro tratti somatici erano agli antipodi.

“E’ carina quella pianta Cole … Ne avremo un centinaio alla End House, anche se tu la stai guardando come se non l’avessi mai vista …” – Jared sorrise, prendendogli la mano, baciandone il dorso – “Ti amo …”
“Anch’io ti amo Jay.” – ed inspirò.
“Nervoso?”
“E per cosa? … Kurt lo era?”
Jared sentì una fitta allo stomaco, era stato troppo intimo con lui quel momento, sperava che nessuno oltre loro due ne fosse al corrente, ma non doveva più pensarci e compromettere l’azione di Colin, che stava aspettando una risposta.
“Sì lui era nel panico … Andò tutto bene, intendo al momento cruciale …” – e rise, sciogliendo anche la tensione di Farrell, che lo strinse.
“Vero che entri anche tu lì con me?”
“Co-cosa? … Certo Colin, sì … ho capito …”
L’infermiera era ancora la stessa, si ricordò di Leto e gli diede una pacca sulla spalla – “Ma lei accompagna sempre i suoi amici?”
“Salve signora … questo è il mio compagno.” – rispose secco.
“Ops … sì … ehm … mi scusi, sono una vera …” – “Lasci perdere. Oh guarda, lo stesso numero di play boy, ne stampano ancora, sa?” – e fece un’espressione buffa, che rallegrò anche Colin.
L’irlandese stava armeggiando con la provetta e quando la donna gli indicò l’ambulatorio dove “espletare la pratica”, lui si sentì stranito e cercò lo sguardo di Jared, che lo avvolse nel proprio abbraccio, facendolo accomodare e chiudendo la porta – “Io resto con lui, a dopo.” – disse senza più guardarsi indietro.


“Non si possono dimenticare i tuoi occhioni blu …” – disse Colin ridacchiando.
“Sì figurati … ok, diamoci da fare!” – e fece un saltello divertito.
“Eh??! Ah sì … diamoci … sono tutto rotto comunque … Stanotte mi è piaciuto un sacco farmi stropicciare da te in tutte le posizioni Jared …” – e si stiracchiò sul divanetto.
Il cantante arrossì – “Certo … adoro farti l’amore …” – replicò dolcemente, inginocchiandosi tra le sue gambe ed accarezzando l’inguine di Colin, che chiuse le palpebre, tremando ovunque.
“Mi fai morire Jay …”
“Tu mi fai morire Cole …” – ed iniziò a masturbarlo, dopo avergli sfilato i jeans e le scarpe, non indossava altro, eccitando la sua fantasia in modo quasi morboso.
“Prendilo in bocca Jay …” – “No, non posso … non questa volta amore …”
Si sollevò per baciarlo, intensamente, sentendo che Colin era al limite.
“Ad-adesso … devi pensarci tu Cole …” – e lasciò che si finisse, dopo avergli passato il contenitore per la raccolta della sua preziosa essenza.


Kurt fece il bagno a Martin.
Erano tornati a casa.
Marc lo aveva contattato anche via e-mail, ma lui gli aveva chiuso ogni porta al dialogo: non voleva più saperne, ma non riusciva a smettere di pensare a lui.
Brandon si era reso conto del suo malessere e provò a farlo aprire, a confidarsi, ma fu tutto inutile.
Kurt rispose al telefono provando una sorta di apprensione.
“Ciao piccolo, ti disturbo?” – la voce di Cody era dolce, come di consueto.
“No … stavo mettendo a dormire nostro figlio …” – e sorrise imbarazzato, come se quella conversazione avesse interrotto i suoi sogni proibiti.
“Hai cenato? Io non posso rientrare presto, scusami.”
“Pizza, lo sai è giovedì …”
“Giusto, hai ragione tesoro. Ho una riunione e … sì insomma, farò tardi.”
“Brandon …”
“Sì …?” – disse speranzoso di ottenere finalmente un riscontro ai propri dubbi.
“Ti amo Brandon …”
“Grazie Kurt … io ti adoro, a dopo, non aspettarmi sveglio, ok?” – e trattenne un singulto amaro.
“Ok … io … io ti aspetto qui.”

New York la notte assumeva un fascino incredibile, ma anche pericoloso.
Il dottor Cody la conosceva bene, spesso girava per le vie a piedi, anche sotto alla pioggia, come in quell’occasione.
C’era un bistrot, il primo che trovò insieme a Kurt, dove andare a mangiare dei formaggi francesi e bere dell’ottimo vino rosso.
Amava quel posto.
Amava Kurt.
Eppure si sentiva svuotato dai sentimenti, troppo ingombranti, che lo stavano soffocando, impedendogli persino di lavorare con lucidità.
Era stanco di ascoltare i casini degli altri, avrebbe voluto raccontare quelli che lo stavano tormentando ad uno sconosciuto, ma i volti degli altri erano sereni, le risate vivaci, l’ambiente confortevole, visto da dietro le vetrate decorate in modo originale.
Proseguì, verso una tavola calda, poco distante, disadorna e semi deserta.
Tolse la giacca nera, lasciando che gocciolasse appesa ad un attaccapanni in metallo cromato.
Avevano rinnovato l’arredo e quel posto sembrava più decente; non si poteva dire lo stesso del caffè e dei dolci, ma il primo era caldo, i secondi appetitosi quanto meno nella presentazione sotto alle campane in vetro.
Un cartellino, appuntato su di un decolté prosperoso, gli diceva che la cameriera in piedi davanti a lui si chiamava Megan ed il picchiettare della biro sul blocchetto delle ordinazioni, che era a fine turno.
“Una tazza di quella brodaglia ed una fetta di crostata ai mirtilli, grazie Megan …”
“Agli ordini dottore.”
Lui rimase interdetto – “Come, prego?”
“Ho letto i suoi libri signor Cody, la sua foto è sul retro copertina …” – spiegò lei timidamente.
“Capisco … Sì, certo, quale ha letto?”
“Il trattato sulla psiche nella società moderna … discuterò la tesi a fine anno, almeno spero.”
“E’ una mia allieva?”
“No, del professor Ryan, l’altro corso …”
“Sì, ottimo professionista. In bocca al lupo per i suoi esami.”
Si sentì sollevato, distraendosi con quelle esigue battute.
Era riuscito a non pensare a Kurt per qualche minuto, ma quando lo vide entrare nel locale, si sentì come perduto.
“Kurt …?!”
Era fradicio e spettinato, bellissimo.
Gli corse incontro, stringendolo sul cuore – “Kurt, ma cosa ci fai qui?”
Lui iniziò a piangere nell’incavo del suo collo, aggrappandosi al bavero della camicia del medico, che lo fece sedere, ordinando un tè bollente.
“D’accordo che siamo a luglio, ma ti prenderai un malanno …” – protestò debolmente.
“Ti sbagli Brandon … morirò se non ti dico la verità ed ucciderò la cosa migliore di cui la vita mi ha fatto dono … un dono che io ho sporcato …”
“Kurt ascoltami …” – “Non si tratta di Jared!!” – sembrò ruggire, come se quella tolleranza da parte di Cody, verso il loro legame speciale, fosse come una condanna, capace di sminuire la loro storia.
“Adesso calmati, andiamo a casa …” – disse pacato, raccogliendo i suoi polsi.
“No, devo dirtelo e devo farlo adesso!” – ribattè, piangendo fremente di liberarsi da quel peso assurdo.
Cody nascose le iridi celesti e lucide per pochi istanti e poi si sentì pronto per quella tortura – “Parlami di lui allora, di chi non conosco, dell’uomo con cui mi hai tradito …”
Kurt riprese fiato – “Si chiama Marc … Marc Hopper, l’hai visto a casa di Colin … in giardino …”
“Il collega di Geffen?”
“Sì lui … è accaduto una volta soltanto, ma … Lui continua a cercarmi ed io vorrei …” – deglutì – “Vorrei rivederlo … una … una parte di me vorrebbe che accadesse.”
“Quale parte, amore …?”
L’altro si prese la testa, scrollandola, come a riordinare le idee confuse.
“La parte peggiore di me … quella che amava prostituirsi, che si sentiva compiuta nel vendersi a certi maiali …”
“Hopper è così?” – domandò preoccupato.
“Assolutamente no, è … è una brava persona …”
“L’ho intravisto, ma … ma mi rendo conto di quanto possa averti affascinato Kurt, di quanto sia diverso da me … Sei ancora giovane, potresti avere accanto uno come lui oppure qualche bel giovanotto di Manhattan …” – e sorrise, scrollando le spalle ed asciugandosi una lacrima cocente, che stava segnando il suo zigomi sinistro.
“Mi stai … mi stai lasciando Brandon?!” – chiese ansioso.
“No … no, non lo farei mai!”
“Perché ammetti che io possa avere un rapporto anche profondo con Jared? Questo non lo capirò mai ... ed ora voglio saperlo!”
“Ecco vedi … ti sembrerò stupido o forse un pazzo, ma … Jared non ti porterà mai via da me … mai …”
Kurt schiuse le labbra, come stupito da quella spiegazione.
“Solo per questo?”
“Ok … ok, ho anch’io una parte malata, l’idea di te con Jared mi ha sempre … mi ha sempre … istigato alla lussuria, a viverti forse come un oggetto di desiderio ambito e di valore inestimabile, un’idea contorta lo ammetto, ma è solo una mia debolezza, che non ti ho mai nascosto … a parte un dettaglio, incagliato nel passato Kurt, però adesso devo raccontartelo.” – disse deciso.
“Riguarda Jared?”
“Sì, Jared e … ed il sottoscritto … Anche se non abbiamo mai condiviso un letto, c’è stato in principio della nostra conoscenza un’attrazione, forse non del tutto reciproca, lui era troppo preso da Colin e poi da Glam, ma una notte ho ricevuto una sua telefonata, ero con la mia ex, stava per partorire, un contesto particolare, lo riconosco, ma abbiamo … abbiamo fatto sesso a distanza …” – e divenne paonazzo, trangugiando poi un bicchiere di acqua.
“Ma … ma quando è successo?”
“Geffen era morto, cioè tutti credevamo lo fosse e Jared era credo a Singapore per un concerto, distrutto per la perdita del suo … di quello che era Glam per lui, forse devono ancora capirlo entrambi …” – e rise nervoso.
“Questo dovrebbe essere come … come l’anello di congiunzione tra te, Jared e me?”
“In un certo senso … temo che lui possa farci commettere le azioni più … stravaganti …”
“ … Eppure innocue, giusto Brandon? … Ho fatto sesso con un altro, ti ho tradito, questo è il problema adesso, ma non trattandosi di Jared, cosa provi?”
“Rabbia … frustrazione … Nel guardarti, però, anche speranza …” – e sorrise, accarezzandogli il volto stanco e sconvolto.
“Brandon io … io vorrei soltanto tornare a casa dal nostro bambino … e dimenticare questo mio sbaglio, con il tuo aiuto … con il tuo amore … se … se mi vuoi ancora …”
Cody lo sollevò, afferrandolo per le spalle, trascinandolo fuori, sino in fondo al vicolo, dove iniziarono a baciarsi, mordersi, leccarsi, sul mento, sulla bocca, stritolandosi a vicenda, per poi illuminarsi di una nuova luce armoniosa e complice, che ancora non conoscevano.


Lula rideva ad ogni battuta del padre, che lo stava portando al corso di nuoto, sulla sua Ferrari – “Quando me la farai guidare?!!”
“Tra qualche anno tesoro …”
“Ci porto in giro Violet!”
“Ok … accidenti un altro semaforo rosso … Dio che caldo cucciolo …”
“Abbiamo l’aria condizionata papi, io ho quasi freddo! Ma anche tu sei tutto rosso …” – disse perplesso.
“Sì, hai ragione … prendimi l’acqua per favore Lula …” – ed accostò in una piazzola.
“Eccola! Come ti senti?” – disse allarmato.
“E’ … è tutto a posto angelo mio … ora passa …”
“Io chiamo papake!” – e prese il cellulare, componendo il numero di Kevin.
“E’ staccato … papi cosa faccio? Fermo una macchina o …”
“Calma, calma Lula … mi sento meglio …” – ma non era vero.
“Chiamo zio Jared!”

“Firmo quel contratto e poi rientro con Claudine … ah eccola …”
“Ok Colin, io porto a danza Vivy e vado da Shan a vedere come sta July, ha avuto un’allergia …”
“Salutami tutti, ci si vede a casa, ciao amore.” – e gli diede un bacio caldo, prima di scendere.
Quando Jared vide il nome di Lula sul visore sorrise – “Ehi campione, ciao!”
“Zio il mio papi sta male puoi venire?!”
“Cosa …? Lula dove siete??”

Geffen si stese sul letto nella camera del villino, dove Jared lo accompagnò.
Lula si guardava in giro incuriosito.
“Abbiamo fatto scoprire il nostro rifugio alla nostra peste …” – mormorò, dopo avere preso una pastiglia.
“Mi hai terrorizzato …” – disse Jared singhiozzando.
“Non … non farti vedere così da Lula, ti prego …”
“Scusami Glam … scusami …”
“E di cosa, anzi, ti ringrazio … non capisco dove sia finito Kevin, non avrei mai voluto mettervi tanta ansia …”
“Zio è tuo questo posto!?”
“Sì, è mio … ci vengo quando sono triste, ma non lo sa nessuno …”
“Oh … un segreto … fico!” – e corse in cucina a finire uno spuntino, che Jared gli aveva subito preparato.
“Sono un coglione, sai? Ho dimenticato di fare un’iniezione periodica, due giorni fa …”
“E Kevin non lo sapeva?”
“No Jared …”
“Tu devi dirlo a lui! Ed anche a me, a Flora, a Marc!! Cazzo tu devi fare le cose, tu devi …” – ma Glam lo prese per la nuca, attirandolo a sé per un bacio sconvolgente.
Quando si staccarono, Geffen sorrise – “Dio era l’unico modo per farti stare zitto … e per me di stare bene …” – e si rilassò sul cuscino, assopendosi.
Era l’effetto del farmaco, che risolse quella crisi temporanea.

Jared avvisò Simon di provvedere alle figlie, poi riuscì a rintracciare Kevin, che era andato da Chris e Tomo, per fare un po’ di musica.
“Non spaventarti, Glam sta già rientrando con Lula ed io torno da Colin …”
“Il palmare era scarico e non gli avevo detto dei miei programmi di oggi, è andato al lavoro presto …” – disse in lacrime.
“Kevin abbi cura di lui, lo sai che è … è un disgraziato!”
“Lo amo anche per questo …”
“Sì … lo so … adesso vado, è tardi, mandami solo un sms quando arriva … un bacio, ciao Kevin.” – e riattaccò, rannicchiandosi davanti al caminetto di quel cottage, dove aveva vissuto con Glam dei momenti così meravigliosi quanto lontani, ormai.





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