Capitolo n. 275 - gold
Le iridi di Robert si fecero liquide.
Quelle di Jude stavano infierendo sul suo volto, come i suoi pollici, che segnavano l’arcata sopraccigliare di Downey, mentre il resto del corpo di Law premeva contro l’altro, addossato alla porta rimasta aperta.
Erano nella loro camera, dopo la mezzanotte, le luci accese, ma per poco.
“Nostra figlia?”
Quella domanda suonò così strana: saliva dall’incavo sotto al mento di Robert, Jude voleva sapere una cosa ovvia, ma era come se avesse intenzione di distrarre il compagno.
“Camy sta dormendo … ahhh …”
Una risposta ed un gemito, Jude non aspettava altro.
Le sue mani artigliarono i glutei di Robert, che ormai era appeso con le braccia al collo di Jude, in un tremore inaspettato, lungo la schiena già sudata.
Un luglio incandescente a Los Angeles e l’impianto di condizionamento guasto.
Dalle finestre spalancate provenivano i suoni ed i rumori del lungomare, il traffico, le sirene, i clacson, le voci, le risa, una confusione colorata ed allegra.
Adesso era buio, in qualche modo Jude aveva spento tutto.
“Aggrappati bene … Dio … Rob …!”
Gli fu dentro in pochi istanti, solo due spinte, roventi, al limite della cattiveria.
Downey impazziva in quei momenti, in cui il suo cervello cadeva in una sorta di black out, anche per smorzare il dolore, in un tentativo peraltro inutile.
“Jude …” – era una protesta sommessa in principio, ma ormai le sue lacrime erano salate e torbide, come il suo sguardo, che si apriva a scatti, scontrandosi con quello di Jude, che colpiva spietato, aprendosi un varco nel canale stretto e tumido di Robert, in un protrarsi aggressivo e sconvolgente.
“Non cadere … non farlo Rob …!” – e poi un grugnito, i suoi palmi che lo abbandonavano, per afferrare l’estremità superiore di quella tavola in legno pregiato, ottimo appiglio per infierire senza più alcun rispetto per le grida di Robert, che venivano soffocate ed ingoiate dalla stessa bocca di Jude.
Lo sporcò, dentro e fuori, crollando dopo l’orgasmo sul tappeto del salotto, dove si erano spostati, senza che Downey se ne rendesse conto.
Le pareti si erano liquefatte, la voglia di bere si era fatta incipiente, ma Jude lo stava baciando dolcemente.
Robert voleva solo addormentarsi, annullando i pensieri contorti, che si erano affacciati alla sua mente, nel riequilibrare il respiro dopo quell’amplesso così eccessivo.
Gli stessi pensieri, che adesso, stava analizzando, in silenzio, nell’osservare Jude e Colin in perfetta armonia, ridere e scherzare a pochi passi da lui, nell’immenso salone centrale della End House.
Parlavano di film, di Derado, di Camilla e James, dei progressi di una nuova ricerca sulla sindrome di Angelman e lui si sentiva distante, quasi escluso.
“Ehi Robert, tutto bene?”
Il tono di Jude era tenero, coinvolgente: gli si avvicinò veloce, come a dargli soccorso, inginocchiandosi e porgendo a Robert un bicchiere di acqua fresca.
“Amore ti senti bene, sei pallido …” – disse preoccupato.
“No tesoro, ho solo mal di testa.” – replicò, appoggiando la propria fronte alla sua, sorridendo a metà.
“Ti prendo un’aspirina Robert.” - intervenne pronto Colin, dirigendosi in un bagno, a cercare il tubetto del medicinale.
Downey lo rifiutò, chiedendo solo di tornare a casa, lasciando la bimba alle cure dei Wong, che la stavano cambiando, insieme a July, affidata a Jared e Colin per quel pomeriggio, a causa di alcuni impegni di Shannon insieme ad Owen.
Hopper versò una seconda tazza di caffè per Glam, che stava sbuffando steso sul letto, con una fleboclisi attaccata all’avambraccio sinistro.
“Che palle!” – bofonchiò – “Grazie Marc … Il medico me ne ha dette talmente tante che avrei potuto strozzarlo, anche se non ho un briciolo di forza, dopo quell’iniezione.”
“Se ti riduce così, capisco l’incazzatura.” – e rise.
Kevin sarebbe rientrato da lì a poco, dopo avere recuperato Lula a danza, dove aveva voluto iscriversi per stare con Violet.
In poco tempo era diventato la mascotte della scuola, dimostrando comunque un discreto talento.
“Allora il tuo amore segreto, Marc …?”
Hopper tossì, scompigliandosi i capelli corvini – “Andato … è tornato a casa, con il compagno e … ed il figlio.”
“Ah capisco …” – disse perplesso Glam.
“Era … era Kurt, meglio che tu lo sappia da me piuttosto che da altri, vista la nostra amicizia.” – replicò serio e turbato.
“Kurt …? Il nostro Kurt?”
“Già … vostro. Siete tutti legati in questa sorta di grande famiglia, tu, Jared, Colin, Kevin … I bambini … L’elenco è prolisso.” – osservò sconfortato.
“Ti senti fuori dal mucchio? Perché a volte è di questo che si tratta, in senso buono oppure clan, sì insomma siamo intrecciati in strane storie …”
“E’ un privilegio essere accettato?”
“Se si sfascia uno dei nuclei più solidi ed apprezzati, non direi … Brandon Cody è un uomo straordinario, ha aiutato Kevin dopo che …” – la voce di Geffen si incrinò.
“Dopo cosa Glam …?”
L’avvocato inspirò, serrando le palpebre già segnate dalla spossatezza della terapia.
“Lui e Chris … l’anno passato, a New York, sono stati … aggrediti. Li hanno stuprati due balordi.”
Hopper scattò in piedi, sentendosi mancare il fiato – “Mi … mi dispiace … Cristo Glam, io non …”
“Marc abbiamo superato quell’orribile momento, ti confesso che è stato un calvario e proprio Brandon non ci ha mai abbandonati, quindi io non voglio giudicarti, sono l’ultimo degli ultimi a poterlo fare e non lo farei comunque, se mi conosci come penso, ma se non insisti con Kurt faresti la cosa giusta.” – disse pacatamente.
Hopper annuì – “Hanno un figlio ed io non vorrei mai interferire e fare del male ad un piccolo come Martin … seppure ci siamo frequentati per poche, meravigliose ore, Kurt mi ha raccontato molto di sé … Fa solo male … male davvero, visto che … non so, è stato importante, anche se non è durato abbastanza.”
“Vedrai che ci sarà la persona giusta da qualche parte, anche per te, ne sono certo.” – e sorrise, girandosi lento su di un fianco – “La mia schiena è un campo di battaglia … hai visto passare un carro armato oppure un’orda di barbari Marc? Ahahahh”
“No mio capitano … Ehi, salvato dal campanello, chi puo’ essere? Ti faccio anche da maggiordomo, voglio un aumento!”
Uscì in corridoio, dirigendosi nell’ingresso.
Era Colin.
“Ciao … entra, Glam è a letto.”
“Salve Marc, volevo appunto sapere come stava, vi disturbo?”
“No affatto, anzi, mi daresti il cambio, ho un appuntamento.” – e sorrise, facendogli strada.
“Eccolo qui il mio cadavere preferito.” – disse Farrell, mostrando una scatola di cioccolatini.
“Ciao Colin, che sorpresa …”
“Volevo salutare anche Kevin.”
“Tra poco lo vedrai.”
Hopper si congedò, mentre Farrell si sistemava su di una poltroncina.
“Guarda che puoi chiamare anche me quando ti senti male.”
“Cos’è un rimprovero? Poi è stato Lula, diglielo tu, tanto è quasi tuo genero ormai.” – e ridacchiò, gustando una pralina alle nocciole.
“Sì, ma tu pensa, consuoceri … e non di una coppia gay …”
“Già … Mi stavo chiedendo Colin …” – “Cosa?”
“Sei molto allegro vedo …”
“Oggi Sonia fa l’inseminazione, il che mi galvanizza … Ho preferito non farmi vedere così da Jared, forse non la vivrebbe bene.”
“Sei strano forte.”
Scoppiarono a ridere.
Furono interrotti dall’arrivo chiassoso di Lula, inseguito da Kevin, che gli diceva di non correre.
Quando il bassista si accorse di Farrell, si bloccò, imbarazzato: non avevano più parlato, dopo che l’irlandese aveva scoperto il tradimento di Jared con lui, nonostante il giovane avesse provato più volte a chiedergli scusa.
“Ciao Kevin … come stai?” – chiese sereno.
“Bene … Daddy come procede?”
“Alla grande, sono circondato da bei ragazzi e soprattutto dal mio cucciolo … ehi Lula vieni qui da papà, raccontami la giornata, tanto che papake e zio Colin vanno in cucina a prepararti la merenda, giusto?”
“Mi ha baciato, così, all’improvviso Shan …”
“E tu? Scommetto che sei scappato …” - disse il batterista dei Mars, sospirando.
Jared era avvinghiato alla sua vita, stesi sul divano della mansarda, dove si erano sistemati ad ascoltare qualche vecchio pezzo.
“No, certo, era Glam, mica uno sconosciuto o … lo so, non dovevo, ma non potevo sottrarmi, cioè … avrei voluto …”
“Ed io ti credo!” – e rise senza più freni.
Il cantante si mise seduto, stropicciandosi gli occhi arrossati.
“Oggi Sonia … sì, insomma, potrebbe rimanere incinta di un bambino, che tecnicamente è di Colin … Era emozionato e voleva darlo a nascondere, forse teme che io mi offenda, ma non è così.” – disse assorto.
“A me questa faccenda non piace, sai? Siamo abituati ad una vita poco convenzionale, lo ammetto, ma Colin quando si tratta di concepire, perde il buon senso, anche con te, per Violet e … a proposito, ma la vostra nuova adozione?”
“E’ rimasta da qualche parte nelle buone intenzioni passate e forse potrebbe tornare in auge.” – ribattè con voce triste.
“Tu vuoi che si realizzi questo progetto Jared? A me non importa altro.” – affermò secco.
“Al momento no. C’è sempre un neo, sento che non siamo ancora realmente riappacificati: è come se andassimo per tentativi e poi ci si mettono di mezzo Glam … direi solo Glam, visto che Justin è svanito, all’apparenza, ma è subentrata Sonia, che a me piace sia chiaro … In tutto questo, mi ritrovo frustrato e temo sia anche per le condizioni di salute di Geffen.”
“Siamo tutti preoccupati. Sai, in Messico, ho conosciuto il lato di lui più simpatico, è un … un pasticcione secondo me, vorrebbe fare contenti tutti e … cazzo, sai Jared, mi ricorda Colin ahahahah!”
“Forse lo ricorda anche a me … loro due è come se si mescolassero a volte nel mio cervello … Nel mio cuore … Io li amo.”
“Lo so … che casinista, quando metterai ordine sia qui, che qui?” – ed indicò la tempia ed il petto di Jared, che sorrise, stringendosi a lui, senza rispondere.
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