lunedì 31 ottobre 2011

GOLD - CAPITOLO N. 287

Capitolo n. 287 - gold


“Eccola qui, è solo una stanza, cosa ti aspettavi Colin?”
La voce di Geffen gli arrivava fradicia di rabbia, del resto aveva violato qualcosa che apparteneva soltanto a lui ed a Jared.
“E cosa ci fareste qui …?”
“Niente di ciò che pensi.” – ribattè risoluto, prendendo una bibita dal mini frigo.
“Sul serio?” – chiese girandosi di scatto e puntandolo, con quel tono accusatore, che ormai si era impadronito della sua razionalità.
Glam sospirò - “Puoi anche non credermi, del resto neppure capisco come mai hai voluto venirci, adesso possiamo andarcene?”
“No … non ancora …” – ed iniziò ad osservare i dettagli di quel posto, che non aveva nulla di loro, del resto era semplicemente una locanda, con annesso un ristorante, dove Colin li immaginò ad un tavolo, a ridere e parlare.
“Con te Jared mangia, si diverte, poi vi rilassate …”
“Infatti, nulla di più.”
Farrell estrasse il palmare, porgendolo a Glam, dopo avere selezionato un file video.
“Allora mi hai portato nel posto sbagliato.” – e schiacciò il tasto play, facendo partire un filmato di un minuto e cinquantatre secondi.
Nella sequenza c’erano appunto Glam e Jared, a letto, ben visibili, grazie ad una lampada nei toni dell’arancio.
Erano come aggrovigliati, Geffen tra le gambe dell’altro, quasi al limite entrambi, completamente estasiati da baci e carezze, nonché uno scambio amorevole di promesse sul futuro.
Glam rimase allibito.
“Che diavolo …?”
“L’ho ricevuta stamattina nella mia casella di posta elettronica, l’ho trasferita e poi cancellata, il mittente è sconosciuto.” – chiarì freddamente.
“Questa casa non esiste neppure più, era sulla spiaggia di Haiti, mesi fa … E tu … tu hai creduto che fosse recente??!”
Glam esplose, come se avesse ricevuto un vero affronto, senza neppure più sapere distinguere le proprie responsabilità, dovute ad un comportamento comunque non limpido, tenuto con un uomo impegnato sentimentalmente come Jared.
“E ti stupisci?!” – ruggì Colin, andando ad appoggiarsi con il braccio alla finestra.
“Ma cosa vuoi … tu cosa cazzo vuoi da me?? Io mi accontento delle briciole, se proprio lo vuoi sapere, Jared non mi concede altro e neppure pretenderei di più! L’hai riavuto, come al solito, sono stufo marcio di ripetere lo stesso discorso, però a te sembra non bastare mai accidenti!! TI DIVERTI AD UMILIARMI COSI’??!”
Farrell rimase senza parole ed una profonda angoscia, di fronte alla reazione di Geffen, che andò a sedersi, accaldato e livido.
“Glam …”
“Piantala!! Hai dato credito ad uno stronzo che è tornato a ricattarci, possibile che non ti renda conto di cosa sta succedendo?? Quel bastardo è di nuovo tra noi e non capisco come ci sia riuscito!!” – aggiunse con il fiato corto, togliendosi la camicia madida di sudore ed accendendo i ventilatori del soffitto.
Colin gli prese un’altra lattina e bagnò un asciugamano con acqua gelida, tamponandogli il viso alterato.
“Cristo smettila … non ti picchio solo perché mi verrebbe un infarto e non escludo che accada …” – disse mesto.
“Glam tu forse non vuoi capire che io …” ma una frenata brusca all’esterno, lo interruppe.
Sentirono dei passi svelti indirizzarsi proprio verso di loro, finchè la porta non fu spalancata.
Era Jared.

Farrell scattò in piedi, mentre Glam era sbigottito.
“Colin … tu stai bene … cosa sta succedendo …?”
“Jared … sì sto bene … Come hai fatto a trovarci?”
“Glam, mi hai mandato un sms, dicendo che Colin stava male e di raggiungerti qui …” – disse preoccupato.
Geffen rinfilò la casacca, scuotendo la testa – “Che cazzo sta succedendo? Io non ti ho mandato nessun messaggio Jared.”
“Ok … Cosa ci fate qui allora voi due??” – domandò ansioso.
Colin gli si avvicinò, dopo avere ripreso il cellulare, pronto a mostrargli cosa lo avesse spinto sino al locale sulla scogliera, insieme a Glam, ma altri rumori lo distrassero.
In pochi secondi videro giungere Tomo e Chris, seguiti da Owen e Shannon, tutti allarmati da una chiamata, che avvisava il croato di un incidente dell’ex ed il fratello di Jared, di un pestaggio ai danni di quest’ultimo.
“Calmatevi ora! Siete stati attirati qui da qualcuno che voleva riunirci in questo posto, è evidente!” – disse Geffen, sedando gli animi, ma fu inutile, era come se fossero stati coinvolti in un gioco pericoloso e contro la loro volontà.
Jared era il più scosso, ma alla fine, nel mutismo generale, che impose con il suo sguardo raggelato da un’intuizione, rivelò il proprio pensiero più cupo: “I bambini … Mio Dio … i bambini!!”


Meliti spense il secondo sigaro a metà.
Tornò in poltrona, lisciandosi i capelli, con afflizione.
“Chiunque sia stato ha a disposizione uomini, mezzi ed una perfetta conoscenza delle vostre abitazioni, nonché delle persone che vi lavorano … Ora mi chiedo perché non aggredirvi direttamente e farvi uscire, ma avrà un senso anche questo.”
Tutti lo stavano ascoltando, in preda al panico ed alla disperazione più assurdi.
I Wong, Richard e Simon, Peter e Vassily erano stati narcotizzati pesantemente.
Solo i sovietici, per la loro corporatura massiccia, avevano opposto una minima resistenza, ricevendo due sonori colpi alla nuca.
Il personale di villa Rice aveva subito lo stesso trattamento e così July, Josh, Lula, Rebecca, Violet, Yari ed Isotta erano spariti nel nulla.
Jared si era accasciato in un angolo del salone di Antonio, dove i presenti cercavano una soluzione, mentre Xavier, Phil e Pamela provavano a dare loro conforto.
“Faranno del male ai nostri piccoli … rimarrà l’incubo di tutta una vita … se si salveranno …” – continuava a ripetere il cantante, come in una cantilena.
Kevin non smetteva di piangere, così Shannon, Chris era devastato dal rimorso di avere portato alla Joy’s House Josh, rimandando il cinema con lui e Lula, Rice non la smetteva di bere, tremando ed imprecando contro qualcuno di invisibile.
Geffen era come pietrificato dal dolore.
Meliti iniziò a fare delle telefonate, sondando alcuni conoscenti, ma senza ottenere nulla di concreto, finchè non arrivò una chiamata, purtroppo prevedibile.
Una voce contraffatta li salutò.
“Salve a questa allegra compagnia. Su state allegri, non voglio che il terrore rivesta i vostri volti belli e celebri, potreste venire male in fotografia … Ascoltate senza interrompere, mi raccomando, perché il tempo stringe e devo prendere alcune decisioni … Niente polizia, credo sia ovvio. Avete dei bimbi tanto teneri, simpatici … Becki e Vivi sono acerbe, ma deliziose, per non parlare di Yari, che atleta … Certo la mocciosa fa i capricci, però ad Isy si perdona tutto, vero Colin?”
Lui era rimasto in disparte sino a quel momento e come un automa si diresse verso l’apparecchio, posto al centro del tavolo, con le pupille dilatate ed i pugni chiusi.
Meliti gli lanciò un’occhiata esaustiva, al fine di non interferire in quel discorso lugubre, evitando penose conseguenze di quello squilibrato.
“Bene, bene, bene … ho ottenuto la vostra massima attenzione, un po’ come è successo con Lula, che spettacolo di vivacità, non credi big Geffen?”
“Tocca mio figlio ed io ti uccido, lo sai vero? Ti strappò il cuore CON LE MIE MANI HAI CAPITO FOTTUTO BASTARDO!!!”
Antonio avrebbe voluto strozzarlo per quella reazione, ma Glam non si poteva trattenere quando erano i suoi cari ad essere coinvolti in frangenti pericolosi.
“Un uomo come te, vale gli altri messi insieme, ma è persino eccitante vederti ridotto ad una larva, esimio avvocato DEL CAZZO!!”
“Sono Meliti, dica una cifra, l’avrà con la mia piena assicurazione di farla franca.” – intervenne Antonio con tono fermo e senza alcuna enfasi.
“Cifra … soldi? No, voglio solo … vedervi soffrire. Almeno per ora.” – e riattaccò.
Glam scaraventò una sedia contro ad un muro, Pamela provò a calmarlo, ma inutilmente.
“E’ peggio di come pensavo …” – mormorò Meliti, ma Geffen gli intimò di tacere, con un gesto, anche rivolto agli altri.
Prese l’i-pod di Derado, che aveva visto su di un mobile in corridoio, dove tutti lo seguirono: lo accese, proiettando ciò che stava scrivendo, direttamente sul muro.
§ Big Geffen?? Come fa a sapere il nomignolo che usa Phil con me? Perché continuava a dire che ci vede soffrire? Antonio la tua casa è “infestata”, tu sai chi interpellare, giusto? Ora comunque torniamo di là e comportiamoci normalmente, ok? §


Il furgone delle pizze parcheggiò sul retro della residenza di Antonio.
Scesero i due fattorini, accolti dai body guard, che spalancarono una blindata abbastanza grande da coprire la visuale di chi passava dietro alla stessa, dopo avere aperto uno sportello laterale.
Altri due uomini si introdussero nelle cucine, pronti a bonificare le camere.
Scoprirono parecchi microfoni e tre telecamere, estranee al sistema di sicurezza integrato nell’edificio.

“Abbiamo ripulito signor Meliti. I vostri apparecchi, invece, sono stati clonati, questo spiega quelle segnalazioni fasulle, ora li abbiamo sistemati, ma non siamo in grado di dirvi il punto di partenza.”
“Va bene Freddy, ottimo lavoro … Sono le quattro di mattina, direi che possiamo ritirarci e sperare in un ulteriore contatto di quel maledetto.”


Hopper sistemò il lenzuolo a Jamie, che faceva finta di dormire.
“Stai meglio, vero?” – e gli diede un bacio.
Lui sorrise, abbracciandolo, libero dagli aghi delle flebo – “Sì, lo ammetto.”
Marc sorrise, sistemandosi al suo fianco – “Forse prima o poi comprenderai che le nostre azioni non sono di pietà, ma di semplice amore.” – disse sereno.
“E tu … comprenderai il mio punto di vista condizionato dalla malattia.”
“Credo che sia solo una questione di orgoglio Jamie. Il mio di amarti, il tuo di non ammettere le debolezze e la necessità di chiedere aiuto.”
“Quindi vinci ancora, Marc, rimani dalla parte dei giusti ed io degli ingrati …” – disse provando a sollevarsi.
Hopper lo sostenne, ma lui reagì con fastidio – “Ce la faccio da solo!” – sibilò, afferrando la maniglia apposita.
Marc andò a lavarsi le mani e rinfrescarsi la faccia stanca: si tamponò il viso con una salvietta, gettandola nel contenitore sotto al lavabo, con un moto di stizza, che stemperò immediatamente – “Pensavo di usare la poltrona, ma temo di darti noia, ci vediamo per pranzo Jamie, dormi bene.” – ed uscì senza voltarsi indietro.

Il giovane accese e spense la tv una decina di volte, poi analizzò i rumori della clinica, sperando di riconoscere la camminata di Marc.
Erano solo degli infermieri, che si stavano sincerando della sua temperatura e che avesse preso un nuovo farmaco.
Jamie sbuffò, notando delle stampelle appoggiate all’armadio, forse dimenticate.
Decise di aiutarsi con quelle, anche se riusciva a camminare, ma temendo un capogiro, preferì usarle.
Fece capolino in modo quasi buffo, come un cerbiatto curioso, ma timido.
Pochi metri e giunse in una saletta deserta, dove i parenti sostavano durante il giro di visite di Foster.
Sbuffò, sprofondando in una poltroncina comoda.
C’era un telefono e la tentazione di cercare Marc divenne pressoché soffocante.
Compose il numero e dopo numerosi squilli, Hopper rispose.
“Ma dov’eri?”
“Ciao Jamie, in giro, perché?”
“E’ quasi l’alba … avevi detto che saresti rientrato …”
“Quale è il problema, scusa? Sono adulto e vaccinato, credo di potere girovagare per Los Angeles e sbollire, non credi?”
Il ragazzo si ammutolì.
“Sei arrabbiato Marc …?” – domandò esitante.
“Da morire.” – rispose aspro.
Un secondo dopo, scoppiò a ridere.
Jamie si inalberò – “Mi prendi sempre in giro!”
“E tu mi fai sempre incazzare …” – disse dolcemente alle sue spalle.
“Oh cavoli Marc!!”
“Il parco qui fuori è incantevole, come i vetri insonorizzati ahahahah”
Hopper si inginocchiò davanti a lui, prendendogli i polsi, per baciarli.
“Perdonami Marc …”
“Farò il possibile Jamie …” – e catturò la sua bocca intensamente, per poi prenderlo in braccio e riportarlo da dov’era venuto, ma con uno spirito meno ostile, di fronte alla sua disponibilità sincera ed innamorata.


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