mercoledì 19 ottobre 2011

One shot - Io che amo solo te

One shot – Io che amo solo te

Dedico questa storia, pur non conoscendoli, a due uomini, che da anni si adorano e che hanno rilasciato una splendida intervista a Le Iene, raccontando del loro amore gay, che dura da una vita, con molto rispetto, devozione, armonia. Loro avevano appunto un negozio di fiori, qui in Italia ed adoro la loro lunga storia d'amore :)

Côte d'Azur , summer 1963
http://www.youtube.com/watch?v=lRbee1HGzXA


Era un pezzo italiano, quello che gracchiava dal mangiadischi, di colore arancio, una forma ovoidale, con la maniglia, per portarselo ovunque, che Robert aveva acquistato quel mattino stesso.
Voleva che Jude ascoltasse quella canzone di Sergio Endrigo, “Io che amo solo te, questo è il titolo Judsie …”
Aveva quel modo buffo ed affettuoso di chiamarlo, mentre gli accarezzava le ciocche bionde, mosse dalla brezza marina, quando Jude appoggiava la testa sul suo ventre nudo, come in quel momento.
Erano saliti sopra ad una collina della costa, l’erba era fresca, nonostante la giornata fosse stata afosa e torrida.
Si erano stesi, a contare le stelle ed ascoltare musica, come accadeva spesso, nel buio, perché nonostante l’anticonformismo di quella cittadina e della dolce Francia, i legami come il loro potevano infastidire i benpensanti, le famiglie con bambini innocenti e tutte quelle cose orrende, che i loro padri non smettevano di ripetere, quando l’argomento omosessualità balenava nei loro discorsi a tavola.
Certo avveniva di rado, visto che i loro primogeniti, Robert Downey Junior americano e Jude Law inglese, divenuti ottimi amici per via del lavoro dei genitori a Londra, non avevano certo quel problema.
Avrebbero sposato due belle ragazze, di qualche famiglia altolocata, sfornando figli solo per dovere, senza poi curarsi di amarli.
“Mio padre non mi ha mai abbracciato, sai Jude …?”
“Sì … come il mio del resto …”
Le dita di Jude sfioravano l’avambraccio sinistro di Robert, che lo cingeva all’altezza del petto, ricambiando quelle carezze caste.
La camicia di Downey era sbottonata, ma quando si alzarono per andare via, la ricompose, prima di prendere per mano Jude.
Scesero in spiaggia, con passi lenti, in silenzio.
Nei loro toraci, il cuore veniva a poco a poco investito da un calore diverso, da un battito più vivo.
Robert mise una mano nella tasca dei pantaloni, estraendo un foglietto.
“Ecco, te l’ho tradotta … se ti fa piacere la leggeremo insieme.” – disse con tono dolce.
“Il suono delle parole è incantevole Rob … ma solo tu capisci l’Italiano in effetti …” – e rise timido – “Sì, merito di mia nonna Giulia … E’ ciò che sento per te, Jude … davvero.” – concluse serio, prima di salire per una scaletta, ad un villino, circondato da siepi, costellate di campanule chiuse, ma che al sorgere del sole si sarebbero aperte, in colori nei toni del viola e del rosa acceso.

Avevano lavorato in un fast food a New York ed in un pub a Londra, per tutto l’inverno ed accantonato la somma per affittare quel posto sicuro.
Si erano scritti quasi ogni giorno, dopo la precedente vacanza natalizia, dove infransero tutti i limiti, che tanto li spaventavano.
Era un amore diverso e bellissimo, che nessuno avrebbe accettato e condiviso, ma a Robert e Jude non importava affatto.
Ora, nel mezzo di quella camera disadorna, dove solo un letto ed un cassettone costituivano gli arredi, più che sufficienti per le loro consuetudini, i due si stavano fissando.
Robert, trent’anni, Jude ventotto.
Sembravano anche più giovani, forse per la gioia, che nasceva dal loro rapporto pulito e sincero.
Robert si voltò, lo faceva sempre, lasciando a Jude il compito di spogliarlo con calma.
Jude aveva una devozione assoluta per lui, lo sovrastava di poco in altezza, ma lo compiaceva sollevandolo per baciarlo, cullandolo poi, fondendosi con Robert, che a stento tratteneva le lacrime, perché era troppo grande quel sentimento, a tratti ingestibile.
Sentire il senso della morte pervaderlo ad ogni arrivederci: un incubo, al quale avrebbe posto fine se solo avesse potuto ed il prima possibile, andandosene con Jude, da qualsiasi parte, non importava dove, in qualunque modo, non importava quale, pur di svegliarsi ogni mattina con lui.
Jude gli sfilò la cintura ed i calzoni di lino di Robert precipitarono sul pavimento, così le labbra dell’altro, che sparsero baci sulle sue spalle, sul collo, girandolo a sè, permettendogli di fare altrettanto con quell’unico indumento che anch’egli indossava.
Erano già scalzi e nudi, stupendi, proporzionati e tonici: due uomini all’alba dei loro sogni migliori.
Jude scese in ginocchio, senza mai staccare lo sguardo argenteo da quello scuro di Robert, che iniziava a perdere il controllo dei propri sensi.
La sua erezione era ad un centimetro dalla bocca di Jude, che non tardò a conquistarla, dalla punta alla base, con un movimento fluido: le sue tonsille sembravano percepibili al tatto di quell’estremità già bagnata.
Ritornò al principio, poi inghiottì nuovamente, cogliendo nel proprio, il tremolio delle iridi di Robert, che vedeva le guance del suo adorato Jude, arcuarsi e puoi svuotarsi di lui.
Downey deglutì, buttando il capo all’indietro, come a volere rifuggire quella visione magnifica, mentre i suoi palmi incerti,si aggrovigliavano ai capelli di Jude, che ormai succhiava e leccava esperto, ambendo ad un solo fine: dargli un piacere infinito.
Accadde e fu sublime, liberatorio, empatico ed eccessivo: Jude sembrava implorare di essere segnato ed imbrattato dal seme dell’uomo che amava, perché era a lui che apparteneva ed a nessuna altra ambizione esterna o dispotica.
Robert solo a quel punto, dopo averlo dominato senza alcuna volontà consapevole, si abbandonava a Jude, alla sua virtuosa smania di possederlo.
Lui doveva capire, che sarebbe stato inutile cercare altre strade ed orizzonti alternativi al loro legame, così gli aveva scritto all’inizio e quel possesso era ciò che piu’ aveva sedotto Robert.
Si sentiva come quei fiori, che vibravano oltre il davanzale, poteva vederli, nell’istante in cui Jude lo apriva al suo desiderio, dopo averlo bagnato di saliva ed olio solare: si prodigava per rendere l’amplesso gradevole, anche se coglieva quanto fosse traumatica quell’invasione.
Lui godeva dal primo istante e Robert gemeva, aggrappato alle sue spalle, al suo busto, ma poi tutto cambiava, appagando entrambi.
Una costellazione di baci, ecco cos’era quel loro congiungersi a pieno, avrebbero potuto riprodurla su di una tavola, usando quei bottoni piccoli e dorati, che spiccavano sulla camicetta nuova della madre di Jude.
Downey colse solo quel dettaglio, quando aprì la porta di primo mattino a lei, al marito ed ai propri genitori.
Loro quattro, invece, furono investiti dalla verità, quando Jude spuntò avvolto in un lenzuolo, assonnato ed incuriosito da quelle voci, sempre più vivide ed isteriche.
Essere denigrati, insultati, questo divenne sopportabile, in quegli interminabili venti minuti, ma essere ricattati era inaccettabile.
Un solo gesto di assenso, tra Robert e Jude: la loro vita comoda e privilegiata finiva lì: nessun problema.
Le signore Downey e Law si piegarono alle imposizioni dei consorti, nonostante fossero dilaniate dall’intento di volere approvare la situazione dei figli.
Le abbracciarono per un’ultima volta, dicendo di non preoccuparsi, anche se tutto li terrorizzava.
La decisione era stata presa, non si poteva più tornare indietro.


Summer 2007, the same place.
Pov Robert Downey Junior

Abbiamo fatto mille mestieri.
Camerieri, spazzini, persino dog sitter, poi, racimolata una cifra discreta, il nostro sogno si è concretizzato: un piccolo negozio di fiori, al piano terreno di quel cottage, che non abbiamo mai lasciato.
L'angle de la célestes, l’angolo celeste, lo abbiamo chiamato così, perchè è il tono dominante, delle pareti, dei serramenti.
Degli occhi di Jude.
La nostra specialità divenne l’addobbo per i matrimoni.
Adoravamo scegliere ogni singolo fiore, anche di campo.
Fu proprio sul finire della primavera del settantacinque, che una coppia ci chiese di preparare una chiesetta di campagna, nei pressi di Forcalquier.
Un sabato pomeriggio luminoso, l’aria frizzante, era davvero un momento perfetto.
Jude soddisfatto per l’allestimento, io trepidante come un adolescente, che non perdeva neppure una delle sue espressioni di gioia.
Eravamo lui ed io.
“Amore …” – gli sussurrai, prendendolo per i polsi e controllando che non ci fosse nessuno ad interrompere quella magia.
“Rob …”
Lo portai davanti all’altare ed estrassi una scatoletta.
L’aprii così emozionato, che solo un miracolo mi impedì di farne cadere il contenuto.
Due fedi.
“Credo che sia il luogo adatto per ringraziarti, di mille cose, non posso elencarle tutte Judsie, ma tu le conosci meglio di me … una emerge, in ogni caso, per celebrarti ed onorarti, per sempre … La tua fiducia in me, il tuo amore incondizionato, che non mi hai fatto mancare mai … davvero mai, tesoro mio. Ti amo e qui … qui ti voglio sposare … Prendimi per pazzo, ma …”
Mi interruppe con un bacio, poi un sorriso – “Ti prendo come marito Rob … per te va bene?”
Ricambiai il suo sorriso e l’ardore di quel contatto, stringendomi a lui in una simbiosi, che mai ha trovato un epilogo.


Adesso, seduti al tavolino del nostro bistrot preferito, sorseggiamo caffè, divorando pasticcini, siamo a riposo, ma mai per la nostra unione.
“Ascolta Judsie … ma l’hanno incisa di nuovo …”
http://www.youtube.com/watch?v=LvNvkWej4CA
“Sì, al femminile … è bellissima comunque …”
Iniziammo a canticchiarla, in quella lingua che non ci apparteneva, ma che amavamo: ci aveva portato fortuna. Un’immensa fortuna.

THE END

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