lunedì 2 maggio 2011

ONE SHOT - Lost in time

One shot – Lost in time




Robert Downey Junior chiuse una telefonata inopportuna, con un sbrigativo – “Ok, ti faccio sapere, adesso come sai ho da fare, ok? Ciao.”
Il collega Jude Law era rimasto al tavolo, a scegliere il vino, per quella cena informale, ma lontana dallo staff, che solitamente si riuniva al pub quasi ogni sera, dopo le riprese del loro film.
Una trasposizione originale ed azzardata di una pietra miliare, Sherlock Holmes.
Downey si stava dimostrando perfetto per quel ruolo, cosí come Law per il dottor John Watson, il tutto rielaborato in una chiave moderna ed estremamente accattivante, strizzando l’occhiolino anche a velate insinuazioni sul legame omosessuale dei due protagonisti, in quella Londra vittoriana.
Un mix esplosivo, cosí come quello che un amico aveva descritto a Robert, parlandogli di Jude: non avevano mai lavorato insieme e neppure si erano incrociati ai soliti party californiani.
La loro fama li precedeva, ma ad entrambi piaceva verificare di persona come stavano le cose, senza lasciarsi abbindolare dalle dicerie.
Quelle che peró raccontava Ewan Mcgregor a Downey, erano oro colato, almeno secondo lo scozzese.

“Tutto a posto Rob?”
“Sí, scusami, Susan rompe a qualsiasi ora.” – abbozzó un sorriso, risedendosi sulla poltroncina, alla destra del nuovo amico.
“Eppure io devo ringraziarla, mi ha scelto per il cast.” – replicó il biondo raggiante.
Quella sua nomea di sbruffone era una balla colossale, si ripeteva Downey mentalmente, trovandosi spiazzato giorno dopo giorno da un comportamento spontaneo e terribilmente affabile, cosa che non aiutava i suoi progetti su Jude.
Progetti discutibili.
“Passato il freddo, Rob?” – domandó fissandolo, sistemando le posate.
“Co… cosa?”
Law gli prese la mano sinistra – “Mmm no direi, sei gelato ahahahah”
“Come fate voi Inglesi ad andarvene in giro seminudi e non sentire il gelo di questa cittá!” – ridacchió imbarazzato.
Jude indossava una maglietta di filo nera, con lo scollo a V e nient’altro.
I suoi capezzoli di inturgidivano di tanto in tanto e Downey non riusciva a distogliere la propria attenzione da quel dettaglio, cosí come dall’incavo sotto al collo dell’altro, la sua pelle liscia, per poi risalire a quelle iridi azzurro ghiaccio.
Sí Jude Law era bellissimo.
Sí, Ewan aveva ragione, di certo su quello aveva ragione, si ripeteva l’americano, sentendo lo stomaco sempre piú leggero.
“Ho poco appetito Judsie, prendo solo una minestra…”
“Judsie? Ma allora avevo capito bene oggi in camerino…”
“Ti… ti dispiace? È un mio vezzo, trovare dei soprannomi…”
“Carino… Non preoccuparti, tu puoi fare quello che vuoi con me.”
Robert si rese conto di non avere staccato gli occhi dai suoi, poi di arrossire, poi di vergognarsi come un ladro, quindi di non riuscire a sostenere quella serata, come aveva pianificato.
Jude aggrottó la fronte spaziosa – “Ho detto o fatto qualcosa di… sconveniente?” – domandó con innocenza.
Chi era questo giovane uomo, con tante esperienze alle spalle, relazioni fallite, un matrimonio finito, dei figli a cui era legato, ma oltremodo insofferente verso ció che appariva convenzionale?
“No Jude, tu sei perfetto.” – ribatté Robert, sentendosi mancare un battito.
Capí di essere un coglione, di non sapere reggere il confronto con Jude, che era stato sincero ed inconsapevole di trovarsi di fronte un trabocchetto travestito da amico.
“Perfetto per chi? Per te Robert?” – rise, alleggerendo la situazione.
“Forse… no, volevo dire… Sai, mi ha parlato di te un comune amico, Ewan… Mcgregor.”
Su quel nome Law sembró irrigidirsi in una smorfia generale.
“Ewan…? Siete… vi conoscete?” – disse con stupore.
“Ogni tanto viene a Los Angeles, abbiamo degli amici in comune, c’era anche un progetto in ballo… forse un milione di anni fa.”
Jude sorrise amaro – “Un milione di anni non sarebbe sufficiente per cancellare quello che…” – respiró forte.
“Jude perdonami, non pensavo che…”
“Che mi desse fastidio parlare di lui?”
“Avete… litigato?” – era un quesito “lecito”, perché Ewan non gli aveva in effetti mai detto come si erano risolte le cose tra loro.
Erano altri i particolari che Robert sapeva o che gli erano interessati.
Erano, appunto.
La prospettiva stava velocemente cambiando, confondendolo.
“Litigato? No…Non ne avevo la forza, mi ha praticamente distrutto.” – si morsicó le nocche, chiedendo il conto – “È passata la fame anche a me Robert, vorrei tornare in albergo, mi accompagni con la tua auto, se no prendo un taxi.” – disse risoluto, ma sempre cordiale.
“Certo che ti accompagno, ma Judsie aspetta…”
Law non voleva andare avanti in quella conversazione, anche se la curiositá di Downey era palese.
Una volta che salirono sulla berlina che Robert aveva noleggiato per gli spostamenti in cittá, Jude riprese una sorta di confessione: “Ok, per il nostro quieto vivere, visto che ci tengo a questa collaborazione Rob, ti diró la veritá su me ed Ewan.”
Downey accostó, imprecando contro la pioggia – “Jude non mi devi dire nulla che…”
“Ascoltami.” – e si giró sul fianco, per guardarlo bene – “Non ci torneró sull’argomento, non avrai una seconda occasione per sorbirti le mie lagne Robert, per cui…” – respiró forte, come a prendere coraggio, quindi proseguí – “Ho voluto bene ad Ewan, dividevamo anche la stessa casa, per esigenze professionali, ma poi i miei sentimenti sono mutati ed ho commesso una stronzata madornale: ho pensato che anche ad Ewan importasse qualcosa di me, che ero innamorato di lui, perso… davvero perso. Lui ha giocato, ha vinto tutta la posta in palio, perché altro non ero, credendo persino che a me la cosa andasse bene cosí, che ci eravamo divertiti… Insomma avevo una moglie e non ho piú creduto a nulla, neppure a quanto potesse essere compromessa anche la mia figura di padre e parlo delle emozioni, non dell’immagine, sai cosa mi frega… Ebbene il signorino Mcgregor è uscito dalla nostra relazione inconsistente come un’ombra, soddisfatto e pronto a buttarsi tra le braccia di un altro, mentre io ero a pezzi. Fine della storia.”
Downey si strofinó la faccia – “Sei stato diretto e chiaro, forse non merito tanto Jude e sono… sono mortificato per quello che hai dovuto passare con Ewan.”
“Non ho avuto altri uomini, non sono… cioè… sí sono … potrei anche essere bisessuale, non sono qui a giustificarmi con te, ma se ti dá fastidio, se pensi che potrebbe rovinare questo film, allora rivediamo la nostra amicizia, resettiamo questa…”
“Questa cosa Judsie?” – lo disse in modo dolce, fondendosi con lui, intrecciando le loro dita e sporgendosi per posare un bacio sulla fronte di Law, che tremó – “Rob…io non…”
“Non vuoi ricascarci… ti posso capire. Ma sento che… sento che è corrisposto quello che mi sta lacerando da quando ci siamo incontrati…” – gli sorrise, sgranando quegli occhi profondi, come la sua voce, che sembrava accarezzare le membra di Jude, pervase da un calore crescente – “Rob… muoio dalla voglia di baciarti…”
Accadde.
Come un incastro di visi, che un artista attento aveva delineato con cura e metodo.
Lo stesso che ora portava Downey a sfiorare gli zigomi di Jude, che lo stava divorando, con un bacio, che sembrava non finire mai.

Il letto della suite di Robert era grande, comodo, le lenzuola soffici, le luci soffuse, qualche candela accesa, una bottiglia di champagne in fresco, del resto era un contorno accattivante, a cui Jude non diede peso.
Era troppo preso dai baci di Downey, generoso, capace, esperto: lo faceva sentire importante, addirittura amato.
Erano i suoi sguardi, prima ancora delle parole, a sconvolgerlo: una lunga ed estenuante preparazione, sembrava esprimere il dubbio di Robert sull’andare fino in fondo od aspettare, soprattutto dopo quello che Jude gli aveva detto.
Sembrava essersi annullato quel malessere, quel livore verso un uomo del passato.
Jude si stava donando a lui.
Era come un passaggio semplice, ma Robert si sentiva sempre peggio, ma anche meglio, in estasi, di fronte ai gesti di Jude.
Lo strinse, sistemandosi tra le sue gambe frementi, che lo avvolsero – “Jude… Jude ascoltami…”
“Non è semplice…” – un altro sorriso, incantevole, in cui sprofondare.
Robert sentí che non poteva rimandare oltre.
Lo penetró, deglutendo e spingendo, perdendosi in quel canale stretto ed accogliente, come tutto in Jude, che lo sconvolgeva senza sosta – “Dio… che bello appartenerti Rob…” – gemette, affondato nel collo di Downey, senza riuscire a trattenere le lacrime, per le contrazioni dolorose ed inevitabili, ma anche per la gioia immensa, che lo stava pervadendo.
Robert cercó quasi disperatamente la sua attenzione, prendendogli il mento – “Ap… apri questa bocca Judsie…”
Lui lo fece, abbassando le palpebre e, con esse, ogni difesa del cuore, una volta che Downey risorse da quel contatto – “Ti amo…Rob… io…ti… ommioddioo!” – la sua schiena si inarcó, liberando tutti gli spasimi di un orgasmo, che lo devastó.
Si accoccolarono, l’uno nell’altro, timorosi di dire o fare qualcosa di sbagliato, in quell’armonia, che avrebbero voluto immutabile.
Jude si rilassó completamente, addormentandosi, come un bambino; non sentí neppure il vibracall del cellulare di Downey, che si stupí nel leggere il messaggio appena arrivato.
Scivoló via, indossando solo un paio di jeans sgualciti, dirigendosi alla porta, dopo avere chiuso quella che separava la zona notte dal piccolo salotto.
Aprí, dopo avere acceso la piantana dell’ingresso.
Ewan Mcgregor era appoggiato allo stipite, con un ghigno inebetito dall’alcol, alterato, come la sua voce, da una pesante sbornia – “Ehi yankee, come butta?!”
“Cazzo Ewan, ma sei ubriaco fradicio! Cosa ci fai qui, cosa cazzo vuoi!!?” – gli urló piano Robert, in preda ad un’agitazione palpabile.
L’altro entró, schiantandosi contro alla parete tappezzata lussuosamente – “Che modi! Volevo… volevo solo sapere com’era andata…” – sogghignó.
“Vattene!!”
“Guardati Rob… sai di sesso dalla punta dei capelli a quella dei piedi… te lo sei scopato bene, giusto? Ne valeva la pena, vero?!” – e sghignazzó piú sguaiato.
Downey lo afferró per le spalle, spingendolo verso l’uscita, ma lui si divincoló – “E piantala!! Prima mi rompi il cazzo per sapere se poteva starci quella puttana di Jude e poi mi tratti cosí!” – piagnucoló.
Robert era come impietrito.
Avrebbe voluto spaccargli la testa, ma poi sarebbe stato peggio.
Pregava che Jude non si fosse svegliato, che non avesse sentito quelle stronzate, ma sbagliava.
Un rumore sordo lo assalí, togliendogli ogni speranza: Jude era vestito e pronto ad andarsene, ma non prima di avere commentato quella – “…penosa commediola da quattro soldi. Robert sei una delusione indescrivibile, sai? E tu Ewan, pezzo di merda, cosa volevi sapere? SÍ, mi ha scopato, anche bene, una puttana come me se ne intende e SÍ, gli è piaciuto, riesco a capire anche questo, tu pensa!” – le sue mandibole erano come una morsa, quasi a schiacciare simbolicamente i sentimenti, che tanto stupidamente aveva mostrato a Robert, che balbettando provó a trattenerlo – “Non è come pensi, non ascoltare questo bastardo, ti prego Judsie…”
“E non chiamarmi in quel modo Cristo!!! Mi fate schifo… uno schifo che non ho provato neppure quando questa nullitá mi ha trattato come un rifiuto… Pensavo… Cazzo… io pensavo che tu fossi diverso Robert…Essere cosí ingenuo alla mia etá è talmente…vergognoso.”
Downey provó ad abbracciarlo, supplicando il suo perdono, ma fu inutile.

Il regista Guy stava spiegando la scena per la terza volta.
Downey non lo ascoltava proprio, continuando a girarsi ad ogni rumore, per vedere se Law fosse arrivato.
“Robert, cazzo ma mi dai retta per un minuto consecutivo!!?”
“Guarda oggi… io non ci riesco…”
“Lo vedo! Abbiamo la luce giusta per altri venti minuti e non posso rimandare!”
“Ok… ok, peró Jude dov’è finito?”
“Ah non lo sai? Ha chiesto una sospensione per una decina di giorni, per questioni personali, forse uno dei figli non sta bene, non ho indagato, tanto problemi non ce ne sono. Andiamo avanti noi e poi…”
“Poi cosa? Ma come hai potuto permetterlo Guy?!”
“Eh…?! Guarda che queste cose le gestisce Susan e poi, senza offesa, non sono affari tuoi Robert.” – ribatté contrariato da tanta inattesa aggressivitá.
Girarono a fatica e finalmente Robert riuscí a svignarsela.
Quando entró nel parcheggio del suo hotel, la sua salivazione si azzeró.
Jude ed Ewan stavano parlando, sull’aston martin di quest’ultimo.
Erano calmi, quasi assorti.
Mcgregor aveva il volto rigato di lacrime copiose.
Jude le braccia incrociate sul petto, era l’unico a parlare.
Forse un monologo, carico di rimproveri oppure un chiarimento.
Ewan improvvisamente gli cinse la nuca, tentando di baciarlo, ma Jude si ritrasse.
Robert non ci vide piú dalla rabbia.
Piombó su di lui, che si era permesso tanto: lo trascinó fuori dall’abitacolo, mentre Jude restava interdetto e spaventato.
“Non toccarlo!! Fottuto bastardo!!”
Law provó a fermarlo, ma Downey era un’autentica furia.
Era pronto a massacrare Ewan di botte, ma Jude riuscí a farlo smettere.

“Non ti ho dato la possibilitá di essere sincero con me, Rob…”
Jude gli stava accarezzando i lineamenti, che giá sentiva di adorare, allungato sul fianco, come era Downey, su di un materasso usato dagli stuntman.
Erano sul set, non c’era piú nessuno.
Rappresentava un luogo congeniale, meglio di molti altri, per loro due.
I loro corpi erano premuti l’uno all’altro, eccitati dal primo istante, ma lo spazio delle parole incombeva su tutto il resto.
Jude si soffermó su di un piccolo livido e Robert ebbe un lieve sussulto – “Fa male amore?” – chiese, scusandosi con un bacio.
Downey corse con lo sguardo su tutto il viso di Jude, come a capacitarsi di quella parola – “Io… Judsie… io non sono niente… e tu mi chiami amore.” – disse colmo di stupore, ma soprattutto gratitudine.
Law lo bació, per convincerlo che stava sbagliando: lo fece per un tempo indefinito.


THE END


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