Capitolo n. 147 – gold
Jude preparó i bagagli anche per Robert, che solitamente buttava in valigia degli assurdi abbinamenti, che soltanto lui poteva indossare con una leggerezza dell’essere adorabile.
Durante la notte aveva dormito poco, coccolato da Downey, che non voleva fare l’amore, ma solo fargli capire, che dopo tanti anni era innamorato di lui come i primi cinque minuti in cui si erano trovati da soli nell’ascensore della Warner, perché quel brevissimo lasso di tempo bastó a fare capire a Robert che Jude avrebbe occupato un posto fondamentale nel suo cuore.
“Tesoro il pranzo è pronto, almeno quel poco che riesco a preparare…”
“Sí Rob, ho quasi finito.” – gli sorrise.
Downey lo cinse da dietro, posando un bacio sulla spalla destra di Jude, che ebbe un tremito – “Ti amo piccolo…”
“Lo so Rob… scusami per questi ultimi giorni, sono un po’ esaurito…”
Downey lo voltó a sé, baciandolo con estrema tenerezza.
Jude si staccó, gli occhi lucidi – “Judsie…cosa ti succede?” – domandó Robert seriamente preoccupato.
“Niente…vado… vado a fare due passi…prendo i giornali.”
“Li ho giá presi io Jude e tu non esci da qui se non mi dici prima cosa ti ho fatto, perché la colpa è mia, lo capisco! Abbiamo un aereo tra cinque ore e non voglio salirci in queste condizioni!” – esclamó, afferrandolo per i fianchi e spingendolo al muro dietro di lui, ma senza irruenza.
Robert aveva sempre cura di Jude, ma in quell’istante il suo enorme rammarico restava quello di litigare, cosa avulsa dal loro quotidiano.
Gli occhi di Jude erano due chiazze, screziate di azzurro, dove Robert ritrovava le proprie emozioni, che unendosi alle sue gli facevano tremare il cuore, ancora una volta.
Jude gli accarezzó con i palmi caldi le guance.
La sua bocca cercó quella di Downey, che aderí a lui, annullando quella breve, ma insopportabile distanza.
Le sue dita tremanti gli sbottonarono la camicia ed i pantaloni chiari, mentre Rob gli sfiló la polo elegante ed i bermuda sportivi.
Erano entrambi scalzi e senza intimo, la cosa li eccitó allo spasimo.
Robert giró Jude, per prenderlo da dietro, come i suoi ansiti gli stavano chiedendo, ma non prima di essersi inginocchiato a lubrificarlo con la propria lingua sinuosa ed invadente, tanto da farlo urlare per un primo orgasmo.
L’indice destro ed il pollice sinistro lo dilatarono, restando in quella porzione di Jude, che fu invasa un istante dopo dal sesso di Robert, che sentí salire dalla gola un singulto sordo e recondito, carico di bramosia e voglia di lui.
A Law mancó l’aria: spalancó palpebre e bocca simultaneamente.
Robert lo aveva visto centinaia, forse migliaia di volte in quel modo, ma era sempre sorprendente ed appagante rendersi conto di quanto piacere riuscisse a dare al suo biondo ragazzo inglese.
Era estasi pura, quel fremito che correva dal suo inguine allo stomaco, tornando giú e risalendo, come lui faceva nelle viscere di Judsie, il suo insostituibile Judsie – “Nessuno… e ti ripeto nessuno potrá portarmi via da te… te lo giuro Jude.” – e gli morse la nuca, mentre gli stimolava i capezzoli.
Precipitó poi veloce al suo ventre – “Sentimi… sentimi Judsie… sono qui!” – e spinse piú ardito, spaccandolo nel mezzo, liberando un grido avido, leccandogli le lacrime, che pungenti rigavano il suo viso affascinante – “Sei bellissimo Jude!” – un’altra spinta.
“Rob… Rob… ancora… di … di piú…”
Downey aumentó il ritmo, masturbandolo a compimento di quell’amplesso perfetto.
Era come un’implosione, dapprima dentro di loro e poi al di fuori, copiosa e calda, interminabile.
“Usciremo da questa suite, prima o poi Jared?”
“No Colin.” – rispose ridendo.
Stavano mangiando tra le lenzuola inguardabili.
“La cameriera ci segnalerá come pessimi clienti.”
“Non credo Cole, dopo la mancia che le ho dato.”
“Ah ok… se le cose stanno cosí…”
“Sí Cole, stanno cosí…” – e gli passó una fragola, facendola a metá con un bacio.
Colin lo fissó per un attimo, poi lo toccó tra le gambe: Jared ebbe un sussulto, quando la sua fessura percepí quel contatto.
Farrell serró le palpebre, umettandosi le labbra – “Dio come sei ancora bagnato…”
Jared fece altrettanto, incontrando, peró, la sua erezione.
Colin spostó il vassoio.
“Fammi un pompino.” – gli ordinó.
Voleva giocare, almeno quanto Jared, che si era marcato gli occhi di kajal, una linea sottile, ma seducente.
Le sue iridi di zaffiro risposero prima della sua voce.
“Lo faccio solo se mi scopi, dopo…”
“Certo che ti scopo Jay. È il minimo.”
“Lo dovrai fare a lungo. Ok?”
Sembrava una sfida di promesse ed aspirazioni, dove entrambi sarebbero usciti vincitori.
Colin lo accolse, accompagnandolo con una presa convinta per le clavicole esposte, in quel fisico asciutto, che stava ammirando con i suoi quarzi, fattisi torbidi nell’attesa di Jared, che lo prese fino in gola da subito.
Era un delirio perdersi in quel lussurioso incavo umido e capace.
Jared quasi soffocava per l’impeto, ma aveva un desiderio di lui quasi assurdo.
Lo fece sedere sul bordo, riducendosi in ginocchio sullo scendiletto vaporoso e soffice, impegnandosi al meglio.
Colin si alzó, nel successivo invito dell’altro, che alzó lo sguardo, annientando tutte le funzioni celebrali del suo re d’Irlanda, che stava per soccombere.
“Scopami la bocca…” – disse per poi riprenderlo, aspettando e poi pretendendo che i fianchi di Colin perdessero il controllo, fino a sfinirlo ed inondarlo di sé. Lo sporcó anche sul mento, poi rientró, esordendo in epiteti irripetibili per quanto erano volgari, ma Jared si stava esaltando maggiormente, svuotandolo finché ci riuscí.
Farrell pensó sul serio di non arrivare vivo al successivo compleanno.
Lo disse a Jared ed insieme scoppiarono a ridere, prima di infilarsi sotto alla doccia, per coccolarsi, come due adolescenti.
Lula ciondolava con le gambe, seduto sulle panchine della End House, osservando i suoi piedini e poi quelli di Violet, seduta accanto a lui.
Sorrise, porgendole un lecca lecca rosso, che nonno Antonio gli aveva consigliato come strategia per attirare l’attenzione della piccola.
“Vai sul sicuro, funziona sempre!” – e se lo diceva lui, doveva essere proprio cosí, pensó il piccolo di Geffen.
Violet lo ringrazió, passandogli a propria volta una merendina alle ciliegie, la preferita da Jared.
“Wow papá capisci la merendina! L’ho conquistata! È mia!”
Glam squadró prima lui e poi Kevin, che stava ridendo da dieci minuti, affondato nel cuscino, per non farsi vedere dal bimbo, steso tra di loro sul lettone.
“Fai passi da gigante soldino di cacio…” – mormoró compiaciuto, soprattutto nel vedere dopo tanto tempo Kevin spensierato.
Erano tornati al loro attico e si sentivano meglio nel rifugio, che si erano comprati ed arredati con tanto entusiasmo.
“Ora devo baciarla!” – sentenzió convinto.
“Ullallá baciarla, ma è troppo presto Lula!” – disse Glam, facendo l’occhiolino a Kevin, che rimase stupito per l’intraprendenza del figlio.
“Sí! Papá Kevin come devo fare?”
“Ah chiedi a papá Glam, è lui l’esperto di donne!”
Lula si mise seduto, con aria perentoria – “Non mi state aiutando! Siete due super papá e mi dovete dare una mano!”
“L’aria di Los Angeles ti fa bene, Lula ahahahah” – rise Glam, ma poi capí quanto fosse fondamentale l’operazione Violet, come la definí Kevin, soprattutto perché il bambino doveva sbaragliare la concorrenza, ovvero Steven, che aveva strappato addirittura un ballo alla principessa di Colin e Jared.
“Ok, devi sorprenderla. Comunque dalle un bacino sulla guancia e papá ti comprerá un mazzolino di piccole rose, prima consegni i fiori e poi le chiedi il permesso di darle il bacio, ok?”
Lula annuí soddisfatto, scatenandosi un attimo dopo in una delle sue mossettine dance, con il suo mp3 nelle orecchie.
Glam prese tra le braccia Kevin, che stava mandando un sms a Jared, su quanto stava succedendo.
“Avviso i con suoceri sui progressi di nostro figlio ahahah…”
“Con che?!”
“È questo che diventeremo, se Lula e Violet si sposeranno!” – disse lui allegro.
Glam lo bació con trasporto e Kevin ricambió con la stessa intensitá.
Furono interrotti dalla video chiamata di Jared, che voleva sapere tutti i dettagli, mentre Colin si era addormentato.
Kevin prima di rispondere uscí in terrazza, lasciando Glam con Lula, che era tornato all’attacco per ulteriori dritte per il perfetto seduttore, incastrando il padre nell’ennesima esilarante conversazione.
Geffen provó la sensazione particolare di serenitá, che aveva dimenticato: la loro famiglia, quel sogno che si era spezzato, per lasciare il posto ad altri, portatori, peró, solo di sofferenze.
Era una riflessione su cui non volle soffermarsi piú di tanto, per non essere lacerato dal ricordo di Jared, che adesso sembrava felice.
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