Capitolo n. 155 – gold
Il cellulare di Jared vibró con insistenza, per ben tre volte, prima che lui rispondesse.
Era Colin.
“Amore… ciao, scusa stavo dormendo…”
“Buongiorno Jay, a quest’ora?” – replicó sorridendo.
“Oh cazzo… è quasi l’una…avevo un po’ di febbre ed ho preso una pastiglia…”
“Avevi impegni tesoro?”
“No… sí, cioè la mensa, ma non è un problema. Sei sul set Cole?”
“No, questa mattina sono libero, riprendo domani pomeriggio. Come stai Jared?” – chiese dolcemente.
Capí che non si riferiva al suo stato di salute.
“Sopravvivo…” – disse mesto, pentendosi subito, timoroso di averlo offeso.
Farrell non si scompose, anzi, sembrava volerlo confortare.
“Tutto si sistemerá Jay, te lo prometto.”
“Continuo a pensare che…”
“A cosa Jared?”
“Che non ti merito…”
“Potrei dire lo stesso… sai quanto sai essere speciale… quando ti impegni.” – rise scanzonato, ma non contagioso.
Jared si guardó intorno.
Era rimasto su quel divano per piú di tre giorni, aveva rifatto il letto, ma non voleva abbandonare quel giaciglio che aveva ancora il profumo di Glam, soprattutto il cuscino, che ora stava riponendo nella vicina cassapanca.
Si specchió nel mobile di fronte a lui e vide quanto fosse stravolto.
Tossí, trattenendo un pianto, che ormai gli aveva consumato le iridi divenute opache.
“Sto uno schifo… sembro un accattone Cole…”
“Sono sicuro che sei una meraviglia anche cosí…”
“Stavolta sbagli amore… se mi vedessi…”
“Allora apri la porta, cosí verifico.” – ribatté deciso.
Jared fissó la blindata.
“Co… cosa?!”
Qualcuno bussó.
“Allora, cosa aspetti Jared?”
Fece un unico salto, spalancando quella barriera tra lui e Colin, che era davvero sul pianerottolo.
“Ommioddio…” – mormoró Jared, sul punto di svenire.
Gli saltó quasi in braccio, baciandolo con foga.
Le lacrime non si frenarono oltre, macchiando tutta la camicia di Farrell, che arrideva al suo ragazzo americano – “Sei proprio un cucciolo sgangherato… ma ti amo da morire e non smetteró mai…” – e lo bació di nuovo.
Fecero l’amore subito, su quel materasso dove si era consumato uno dei loro peggiori ricordi.
Jared voleva cancellarlo, per molti motivi, anche se vedeva negli occhi di Colin un disagio evidente.
Lo rassicuró con un amplesso intenso, a dimostrazione che per lui tutto quel male era stato superato.
Affannati scrutavano il soffitto, senza smettere di accarezzarsi.
“Ti amo Cole…”
“Anch’io…ma adesso devo chiederti una cosa…”
“Ti ascolto.” – disse girandosi su di un fianco.
Farrell fece altrettanto, posando un bacio sulla fronte di Jared – “Torni a Los Angeles con me, per questo fine settimana? Lo so che non sono passate ancora due settimane e…” – “Metto qualcosa e partiamo!” – rispose entusiasta.
Colin lo strinse felice.
“Vado a farmi una doccia, vieni Jared?”
“Sí ne ho bisogno anch’io, tu…” – ma il campanello lo interruppe.
“Chi puó essere…” – si domandó ad alta voce.
“Scoprilo, mentre io mi lavo…” – disse Colin sereno.
“Sará il classico operaio del gas psicotico…” – e rise.
Farrell sparí in bagno e Jared, dopo avere indossato una tuta, si diresse allo spioncino.
Si sentí raggelare, ma non poteva fare finta di non esserci.
“Syria… ciao…”
Era in compagnia di una delle gemelle di Geffen, Carlotta.
“Ciao, ti disturbiamo?” – esordí radiosa, con un cesto di frutta e dei dolci.
“No… ma che dici, entrate…”
“Scusa zio Jared se non ti abbiamo avvertito.”
“Nessun problema…faccio un caffè?”
“No grazie…” – disse Syria, notando degli abiti sparsi ovunque.
“Hai dato una festa?”
“Non proprio… non sono solo…”
“Hai ospiti zio?”
La risposta si personificó dopo un istante.
Colin, avvolto in un telo bianco dai fianchi in giú, irruppe nel salotto, con uno splendido sorriso.
“Ehi ciao… Carlotta…”
“Zio Colin! Ciao, ma quando sei arrivato!?”
“Poco fa…” – disse, guardando Syria, che si avvicinó per salutarlo – “Ciao… io sono Syria…”
“Mi ricordo… l’insegnante… oh che bella pancia!” – e le diede subito una carezza.
“Tu ed il dottore … come si chiama Jared?”
“Eh…? Il dottore…” – sbiancó Jared su quelle parole.
“Ma sí, lo zio Sebastian… È il fratello di mamma…”
“Sí, io e Sebastian ci siamo decisi…” – disse Syria.
Colin sorrise – “Avete fatto bene, maschio o femmina?”
“Una bambina…”
“Dio è stupendo!”
Carlotta chiese una bibita e Jared si schiantó quasi contro il frigo, pensando che le donne sono molto piú sveglie di lui, in senso generale.
“Venite, sediamoci…”
“Grazie Colin.”
Lui si sistemó sul tavolino – “Come la chiamerai?” – disse prendendole un polso.
“Isotta…”
“Isotta…? Ma… è un nome fantastico… Jared ti piace?”
“Sí…è splendido…” – mormoró.
“È solo un nome… speriamo non sia capricciosa…” – disse Syria, scrollando le spalle.
“Sicuramente sará bellissima, con due genitori cosí, ricordo che il tuo compagno è molto carino, poi se te lo dico io!” – e risero tutti, tranne Jared, che era in apnea.
Avrebbe voluto polverizzarsi, ma il clima era assurdamente gioviale.
“Io vado a farmi la doccia, cosí andiamo… volevo giusto avvisarvi che rientro a casa per qualche giorno…”
“Ok zio, allerto io il centro, cosí riscrivono i turni…”
“Grazie Carlotta… mi smaterializzo per un quarto d’ora… non fate casini…” – abbozzó una battuta, per poi svanire in un secondo.
Colin non aveva mai abbandonato le dita di Syria.
“Sapete, vogliamo anche noi un altro bambino… ma questa volta me ne occuperó io. Mi mancano le poppate notturne, i cambi… Quando è arrivata la nostra Violet ha fatto tutto Jay, peró adesso tocca a me e vorrei che lui tornasse alla musica, a ció che ama, è giusto e … necessario.” – sospiró.
“Siete due genitori speciali e coraggiosi…” – disse Syria, sussultando poi, per un calcio della piccola.
“Ehi, vuole salutarmi?” – e Colin spostó il palmo per sentire, con molta gioia da parte di Syria.
“Sei davvero una bella persona…”
“Anche tu… ti faccio tanti auguri, hai una famiglia in gamba, vedrai che sará un’esperienza unica Syria.”
“Lo spero Colin… Poi Isotta ha giá delle cugine speciali…”
“Ah siamo una garanzia!” – disse Carlotta con trasporto.
Jared ricomparve, giá vestito e con la sacca da viaggio, che posó sul ripiano della cucina.
“Ok, vado a vestirmi anch’io ragazze.”
“Noi andiamo, ho un controllo…”
“Aspetta Syria, ti aiuto.”
“Grazie Colin, sono un po’ extra large.”
“Non direi, sei molto in forma. A presto.” – e le diede un bacio sulla guancia ed un altro buffetto ad Isotta – “Ciao cucciola, fai la brava…”
Jared le salutó con altrettanta cordialitá, pregando di non fare gaffe.
Una volta che furono uscite, Farrell recuperó jeans, boxer e casacca – “Ecco, sono presentabile…mancano le scarpe e possiamo spiccare il volo amore… Il jet di Antonio ci sta aspettando.”
“Ah perfetto… cosí decolliamo senza altre attese…” – disse Jared sollevato.
Colin tornó a baciarlo, cullandolo – “Sei il dono piú grande che la vita mi abbia fatto…ti adoro Jay…ti adoro.”
“Che bella idea andare a prendere Jared…”
Robert stava sistemando delle rose bianche in un vaso ad ampolla, di cristallo blu.
Gli era presa questa mania dei fiori freschi, “da vecchia checca”, si premuniva di specificare, quando Jude lo sbirciava divertito, per quei gesti precisi: toglieva le spine, aggiungeva una polverina per non fare imputridire l’acqua, regolava l’altezza dei gambi.
“Fatto! Cosa ne pensi Judsie?”
“Penso che sei…straordinario… qualunque cosa tu faccia…” – disse cingendolo alle spalle e baciandolo sulla nuca.
“Grazie piccolo…a che ora arriva il tuo irish buddy?”
“Verso sera… propongo un’uscita a quattro in un bel locale, mangiamo qualche schifezza, ci ubriachiamo di diet coke…”
“Per me va bene Judsie, ma diciamolo anche a Shan ed Owen, anche a Tomo…”
“Quanta gente Rob…Questo trio lo eviterei.”
“Guarda che adesso sono in una fase civile.”
“Io non ci riuscirei Robert… se tu avessi un altro… a parte che saresti morto ahahahah…”
“E se mi lasciassi sopravvivere, cosa faresti, seduti intorno ad un tavolo…” – si voltó, sussurrandogli quelle frasi intercalandole con piccoli morsi ai lobi delle orecchie di Jude, che agognava quei momenti tra loro.
“Ti toccherei dappertutto… mentre parlo con il tuo nuovo ragazzo… e gli sorrido…tu ce l’hai sempre piú duro e quello che pensa di starmi simpatico, invece mi sta…” – ansimó – “Sssttt guarda… guarda che mi sono appena eclissato nelle toilette…”
Jude deglutí, affogando nell’inchiostro liquido dello sguardo di Downey, che si era slacciato i pantaloni di lino, scoprendosi senza intimo.
“Ti seguo… voglio scoparti…tanto quello stronzo al massimo si fa sbattere una volta a settimana, se no lo stropicci…” – ringhió, voltandolo per piegarlo al suo sesso, pronto a violarlo con veemenza.
Rob gemette, tentando invano di sottrarsi a quei colpi poco lubrificati.
Jude gli afferró le ciocche morbide con la sinistra, schiaffeggiandogli il gluteo destro con la mano libera – “Cazzo non ti ho preparato… cosí impari a farti un altro!” – ed aumentó il ritmo, esaltandosi nello strappare la t.shirt di Robert, che si aggrappava ai bordi, godendo di quella vivida irruenza di Jude.
Il biondo si era calato solo i jeans – “Cazzo! Farti da vestito Rob! Ahh…!” – ed inizió a svuotarsi in lui.
Lo schiacció, brandendo il suo sesso, per finirlo insieme a lui.
Robert stava scoppiando, di lacrime e sperma, pregando che quella loro simbiosi non si esaurisse mai.
Jude era prepotente ed eccessivo, eppure perfetto per lui. Per sempre.
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