lunedì 2 maggio 2011

GOLD - Capitolo n. 148

Capitolo n. 148 – gold



A metá della notte Kevin si sveglió, madido di sudore ed agitato da un brutto incubo, che non riusciva a ricordare.
Erano soli lui e Glam, il bambino era stato prelevato da Tomo, insieme a Josh, per giocare al campo indiano, nel parco della End House.
Il tutto permetteva anche a Chris di distrarsi, con questa terapia dei bambini, ritenuta importante anche da Brandon, che era peró ripartito, insieme a Kurt e Martin, alla volta della Spagna, per una breve crociera nel Mediterraneo.
Shannon ed Owen sarebbero rimasti a Los Feliz, aspettando Josh per una settimana insieme, per consentire a mofo papi la giusta intimitá con il cantante dei Red Close in pieno recupero di autostima e sicurezza.
La stessa condizione, purtroppo, tardava ancora a consolidarsi per Kevin, che stava nuovamente tremando, rannicchiato sul bordo del letto.
Si voltó di scatto, alla ricerca di Geffen, che era sempre stato lí, ma ormai una parte di Kevin si era disabituato a quelle braccia, che erano le uniche a saperlo consolare e letteralmente accudire, quando si sentiva in difficoltá.
“Daddy… daddy…” – gemette, avvinghiandosi a lui, che stava dormendo profondamente.
Avevano consumato una cena a lume di candela, Glam lo aveva persino imboccato, fatto bere dalla propria bocca diverse coppe di vino francese e massaggiato a lungo.
Aveva solo amore per Kevin, certo i sensi di colpa erano quasi scontati, ma si erano chiariti da subito anche su quello.
Il bassista pretendeva una presenza priva di ipocrisie: aveva chiesto apertamente a Glam cosa lo legasse ancora a Jared e lui era stato sincero: “Un sentimento profondo e… e la paura di vivere questa storia, che tra Jared e me non avrá mai un futuro.”
Era terapeutico anche quello: sapere da dove Kevin doveva ricominciare, se lo voleva sul serio.
Lui voleva solo Glam Geffen nei propri giorni, fossero stati anche i peggiori, bui e vuoti come negli ultimi dieci mesi.
Glielo disse, perentorio e commovente.
Era il suo cucciolo d’uomo, Glam lo amava da morire, ma Jared era radicato in quel suo cuore, che ormai definiva “disturbato”.
“Tesoro… non stai bene?” – chiese preoccupato, appena recuperó un minimo di luciditá.
“Sí… io non sto bene Glam… vorrei tanto fare l’amore con te e non ci riesco! Cazzo!!”
“Non avere fretta Kevin…” – disse accarezzandolo dolcemente.
“Fretta…? Sai come mi sento?”
“Come Kevin?”
“Come se tutto questo avesse una data di scadenza! Ed io perdo ogni istante prezioso con te, ecco come mi sento!” – esclamó esasperato.
Geffen inspiró profondamente, cercando le parole giuste: “Vorrei fare delle battute, sul tipo che non sono uno yogurt, ma non è davvero il momento Kevin…”
“Ecco vedi, non ci sono momenti divertenti o meglio non sembrano piú esistere nel nostro privato! Se non fosse per Lula…”
“Se non fosse per nostro figlio, tu mi lasceresti Kevin? Come biasimarti…” – disse mestamente, ma Kevin gli voló nel collo e poi sul petto, investendolo di baci e negando quella conclusione – “È assurdo daddy… io ti appartengo. Strapperei metá della mia anima se ti abbandonassi…Non… non esiste… ti prego stringimi… aiutami daddy…”
“Tesoro tu non sai quanto mi manchi la nostra vita… perdonami…perdonami per tutto il male che ti ho fatto…” – disse cercando di prepararlo, seppure non fosse convinto che Kevin si sarebbe sbloccato.
Lo incastró tra le sue gambe – “Hai ragione daddy… solo tu puoi farmi cosí male…” – e mentre lo stava dicendo, la sua mano sinistra scendeva a cercare l’erezione di Glam dentro di sé, lubrificato e pronto a riceverlo, dopo troppo tempo, ma, soprattutto, dopo ció che quel maiale gli aveva fatto.
Kevin ansimava, cercando ossigeno sufficiente a soffocare la sua paura ed il dolore, che stava somatizzando in quel crescendo di sensazioni.
“Kevin… Kevin forse è meglio se noi…”
“No… non fermarti adesso Glam…non permettere che quell’animale si metta tra di noi… che ci separi davvero…!”
Geffen forzó la sua apertura ed entró, deciso e sinergico con l’intenzione del compagno di polverizzare risentimenti ed incertezze.
Quel dramma li aveva puniti abbastanza.
Kevin urló, ma era qualcosa di liberatorio, affogato tra lacrime ed irradiato dai suoi nuovi sorrisi.
Inarcó la schiena e si spinse con i fianchi verso Glam, schiudendosi con tutta la forza che sentiva.
Bruciava e pulsava, forse qualche goccia di sangue aveva come sancito quel loro inizio, con un rinnovato patto d’amore ed intesa.
Lo sperma di Glam era un fiume caldo, inarrestabile, Kevin lo sentiva arrivare in ogni angolo di sé, ad esaltare il suo orgasmo, che gli toglieva il respiro e la cognizione, tanto da sentirsi svenire.
“Daddy… mi… mi gira tutto…ommioddio…è stato il
Sauterre …”
Geffen rise, raccogliendolo e sollevandolo, dandogli dell’acqua fresca.
Mentre Kevin si dissetava, lui continuava a stimolargli i capezzoli, con i polpastrelli e poi risucchiandoli, con cura e metodo.
Salí al suo collo, assicurandosi che stesse meglio, le sue domande erano calde, come quel respiro tanto familiare ed avvolgente – “Daddy…sto benissimo… ti voglio ancora…” – e si giró sulla pancia, sopra a diversi cuscini.
Glam lo riprese, toccandolo per farlo godere insieme a lui.
Colpi intensi si susseguivano, fino all’apice di loro, che si replicó ancora una volta, prima dell’alba.

“Smetti di giocare con quell’affare Jay…” – sibiló Colin, fissandolo.
Erano nella saletta di attesa, a pochi metri dall’hangar dove il jet di Meliti li avrebbe prelevati dopo mezz’ora.
Era solo un ghiacciolo, ma la forma inconfondibile e quei gesti di Jared, lo stavano facendo andare fuori di testa.
“Quale affare…? E quale gioco, Cole?” – disse di rimando, con fare provocatorio – “È solo un pezzo di… ghiaccio.” – e sorrise, infilandoselo fino in gola, socchiudendo le palpebre, gemendo appagato.
Farrell stava lottando per nascondere l’erezione, pronta a spuntare dall’elastico morbido dei pantaloni, finché si sentí esasperato e lo afferró per un polso, trascinandolo via, verso i bagni.
Il posto era praticamente deserto.
“Ehii! Cosa vuoi fare?!” – Jared glielo chiedeva con il fiato spezzato, mentre Colin lo aveva piegato contro un lavandino.
“Cosa voglio Jay?! Fartela pagare per questo!” – e gli impose il suo sesso, turgido, come i suoi glutei, che Colin stava stringendo, strofinandosi come un animale in calore.
Era cosí che si sentiva Jared ed era cosí che lo sentiva, glielo disse semplicemente, tra singulti ed incitamenti - “Non smettere… non smettere Colin… ti voglio… subito…subito…” – sembrava che quelle parole precipitassero nel suo mondo piú recondito, come stava facendo adesso il suo uomo, il suo incredibile uomo.



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