One shot – Guardo i treni passare
Pov Robert Downey Junior
Guardo i treni passare.
Resto seduto qui, pensando a cosa fare della mia, della tua, delle nostre vite, Jude.
Ieri notte abbiamo fatto l’amore.
La prima volta.
Almeno per te.
Con uno come me.
Hai lacerato i miei sogni, dal primo istante in cui hai guardato nell’abisso, in cui soltanto io credevo di potere vivere.
Mentre gli altri pensavano fossi cambiato, io li lasciavo crogiolare nella loro illusione quasi patetica: da mia moglie Susan, al mio staff, che si lodava di avere ricostruito un’immagine ormai perduta e non piú credibile.
Sí, bravi, sto applaudendo, ottimo lavoro.
Eppure la vostra stupiditá supera di gran lunga la superbia con cui muovete a vuoto la lingua.
Con abili, ma miseri trucchetti, non ho mai smesso di farmi e di bere.
Certo non da ridurmi una larva umana, come quando mi arrestavano o mi cacciavano dai set, ovviamente no.
Ho imparato che alle persone basta dare ció che loro sperano, in veritá piccole certezze, per essere da un lato rassicurati e dall’altro esautorati da sensi di colpa opprimenti.
Tranquilli, ci penseró io a non crollare.
E poi arrivi tu.
Il profumo speziato, è stata l’immediato sentore di te.
Prima a distanza.
Tempo dopo, poco per fortuna, dritto e diretto nelle mie narici, mentre affondavo nel tuo collo, in lacrime, accartocciato vicino al divano, sul quale non riuscivo piú a dormire, allucinato da quella polverina bianca, voluttuosamente disegnata sul cristallo del tavolino, a forma di spirale.
Tutto ha un senso.
Tutto un disegno preciso.
“Perché non la smetti una volta per tutte con questo schifo, Rob…?”
Mi offrivi il tuo conforto, la spalla dove trovare consolazione, il tuo petto, dove scivolai per inondarti di baci.
Tu non dicevi niente.
Respiravi.
Premevi la mia nuca, come a convincermi che ti stava bene ció che stavo facendo, alla tua pelle, ai tuoi capezzoli, duri e dritti, incantevoli…
Dio Jude… ti amo…
Era questa la sensazione che volevo cancellare, annientandomi?
Impossibile.
Neppure volevo riconoscerla.
“É… è tutto a posto Rob…”
Sí, tutto, purché la smettessi, vero Jude?
Disposto a qualsiasi gesto amorevole, per salvarmi.
Sono andato troppo oltre.
Certo, prendermi cura di te non ti dispiaceva… sí insomma… farti… farti venire in diversi modi.
Sono bravo in queste cose.
A corto di soldi, impari in fretta i sistemi per procurarti la dose; dopo il tizio ti offre anche un drink ed il tuo lato marcio è appagato a pieno.
Accadeva un po’ dappertutto.
Nei camerini, in albergo, nei cessi del pub…
Lo so, sono poco romantico, non mi si addice.
Definisci i miei occhi come quelli di un cerbiatto, l’essere piú innocente del pianeta.
E se invece i cerbiatti fossero cattivi, cosí cattivi da deluderti due volte, perché non te lo aspetti e poi perché scopri in essi una crudeltá amplificata e distruttiva.
Ti ho costretto a fumare erba.
Un passo corto.
Perdonami, ma alla bottiglia ti ci attaccavi da solo, ma per me avevi smesso.
Judsie, Judsie…
Brindiamo al nostro successo… travolgente.
Un paio di shot e poi…
Facciamoci un tiro, troppe interviste, questi photocall sono deprimenti, ho bisogno di …
Anche tu vero?
Un passo e mezzo.
Ti esce il sangue dal naso e lo spavento pone fine alla tua dipendenza sul nascere.
Sempre detto che sei un ragazzo fortunato, ma adesso non rompere, che zio Downey deve volare quel tanto che basta per rilassarsi.
Piangi.
Detesto quando piangi.
Divento ancora piú antipatico.
Il cerbiatto esce dal bosco e zampetta verso il ruscello.
Guarda, è proprio un amore…
Jude perdonami.
Certo non era cosí che lo immaginavo.
Parlo di…
Avevo capito che tu volevi o potevi arrivare sino ad un certo limite, del sacrificio intendo.
Donarti a me, era un concetto troppo distante dalla tua vera natura.
I relitti come me, anche se rispolverati, resettati, viscidamente di lusso, capaci di incantare ed adulare l’interlocutore, celando dietro ad occhialini colorati le pupille dilatate ed a battute ritrite, tutta la propria incapacitá di computare correttamente, ecco quelli come me, messi alle strette dalla propria spasmodica voglia di fagocitare l’altro o si ritirano o se lo prendono.
Avevo detto che abbiamo fatto l’amore.
Il cerbiatto dice le bugie…
Rob sei un bambino, davvero, DAVVERO; cattivo.
Eh giá.
Un treno merci, ma quanto è lungo?
Avevo visto un film, dove un tizio ci saltava sopra, per spostarsi, ma solo di notte…
Che cazzo centra, ora, questa storia?
Vedi a non farsi per tre giorni, cosa capita…?
Ora mi chiedo, ti sei semplicemente arreso alla mia prepotenza oppure, implicitamente, hai messo sul piatto la tua giocata migliore?
Faccio anche questo per te Rob, ma da domani cambi sul serio?!
Jude, non volermene, io stavo bleffando.
È la mia specialitá.
In questo preciso istante sento la bieca cattiveria impadronirsi di me, come quando ti ho atterrato, aperto, avuto, abusato, sul letto della tua stanza.
Eppure hai trovato la forza, dentro di te, mentre io ci scavavo brutalmente un varco per svuotarmi senza alcuna tenerezza, di stringermi.
Il tuo pianto copioso e caldo, era come uno stillicidio nel mio collo, sopportabile, pur di ottenere il fine, che bramavo, come un assetato nel deserto.
Perché è cosí, mi davi anche fastidio.
Bambi zompetta felice tra i cespugli… ma sono rovi Jude… Bambi ti mostrerá le fauci, eccole, eccomi…
Aspiro tutta l’aria circostante, come un ruggito al contrario e sei mio.
Il tuo profumo speziato lascia il posto a quello ferroso del sangue, poche gocce, ma sufficienti ad ammorbare l’atto o a consacrarlo, come se ció mi fosse dovuto.
Lampi di luce saettano nel mio cervello, mentre i fianchi si dimenano in te, sopra di te, oltre ogni compassionevole attenzione.
Guardo i treni passare.
Peccato non ne passino piú da almeno mezz’ora.
Sento i tuoi passi.
Conosci questa panchina, ci siamo baciati, qui…
Ero sobrio.
Ero pulito.
Quel giorno, Judsie, hai coltivato speranze piuttosto effimere.
Ti accomodi, sfiorandomi la spalla, con il tuo corpo atletico.
Posi i tuoi cubetti di ghiaccio sul mio volto ed aspetti che io ti dica qualcosa.
Sarebbe il minimo.
“Ok Rob… come vuoi. Tieni, questo è il numero della clinica di cui abbiamo parlato, quella dove avevi promesso… Lo dicevi giusto ieri pomeriggio. Pensa, ti ho persino creduto…”
Il tuo ridere mesto, piegato, stanco, decolora i tuoi respiri.
Resto immobile.
Te ne vai, abbandonando quel pezzo di carta sul legno consumato.
Mi strofino le palpebre, la mia mano trema.
Astinenza.
Pura astinenza.
Afferro quel tuo ultimo messaggio, consapevole che rimarrá un amorevole consiglio.
Un tuo ultimo gesto.
Come il mio, nel stracciarlo e buttarlo nel vento.
THE END
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