Capitolo n. 171 – gold
Meliti accolse con gioia, ben nascosta, Xavier e tutte le sue bizze.
Il ragazzo doveva preparare una nuova collezione per la galleria Rice e chiese aiuto allo studio Geffen per rescindere il contratto con Stuart.
La cosa si presentava ostica, ma il socio di Glam gli promise che tutto si sarebbe risolto entro un mese.
La sera prendeva un cognac con Antonio, che si decise a togliersi qualche curiositá sul passato di Xavier.
Lui si dimostró da subito sincero – “Stare con una persona dell’etá di Gabriel potrá sembrare… non so… contro natura… o volgare…”
“Non lo so Xavier, se due persone si vogliono bene e si rispettano, la differenza di etá si annulla.”
“Lo dici per Carmela, eh nonnino?”
“Non chiamarmi in quel modo!” – grugní, sorridendo sotto ai baffi.
“Dai che ti piace… almeno nonno… cosa ne pensi?”
“Nonno va benissimo, visto che potresti essere mio nipote sul serio… Uhm, ma dimmi di Gabriel, come sei finito con uno cosí?”
Xavier si rannicchió, come a chiudersi in difesa, ma Meliti gli trasmetteva sicurezza – “Sai… i miei genitori non mi hanno mai davvero accettato… Quando sono scappato da casa, mi hanno odiato, per le scelte che loro non capivano, per il lavoro che avevo fortemente voluto… Niente college, niente universitá, laurea in economia, come mio padre…A me di banche, bilanci, rendiconti non è mai importato nulla, io volevo creare, solo creare, visto che disegnavo bene e poi… Poi Gabriel ha aperto tutte le vie giuste, il successo mi è piombato addosso come un tir impazzito… Mandavo i soldi a casa, anche se non serviva, ma gli assegni tornavano al mittente…Continuavano a ferirmi e rifiutarmi, cosí Stuart diventó la mia famiglia, peccato che mi considerasse una proprietá. L’essere gay cancelló tutte le mie possibilitá di essere amato, persino da mia madre, che mi adorava…Poi sono venute le botte…Gabriel non è mai stato dolce, anzi, peró in cinque anni è peggiorato…”
“Cosí ne avevi diciotto quando lo hai conosciuto?”
“Praticamente sí, da un paio di mesi… maggiorenne e consapevole…oltre che consenziente… Avevo avuto solo un paio di ragazzi a scuola, lui non è stato il primo… dettaglio futile.”
“No, affatto. Comunque gli davi motivo di essere geloso almeno? Non che faccia differenza, nulla giustifica un comportamento simile.” – disse convinto.
“Per nulla, era un paranoico, vedeva fantasmi ovunque… Anche le ragazze erano diventate un incubo per lui, del resto certe riviste pubblicavano un sacco di stronzate su di me, loro correvano alle mie mostre…”
“Mai avuta una?”
“No… francamente forse non ho incontrato quella giusta, ma quando vedo uomini come Colin o Jude… o Jared, insomma vado in orbita con la fantasia, mentre a Carmela, che è stupenda io sbircio solo le tette hihihihi!”
“E finiscila! Dalle una possibilitá…” – e gli fece l’occhiolino complice.
“Mmmm vedró! Buonanotte.” – e gli diede un bacio sulla guancia per poi sparire come un folletto giocoso.
Shannon ed Owen si erano presi un pomeriggio libero da impegni e bimbi scatenati.
Erano andati un una Spa a farsi massaggi, una lampada e bagni rigeneranti.
Si stavano baciando appassionatamente, all’ora del tè, in una saletta intima e riservata.
Rice stava premendo con le dita la nuca di Shan, per poi disegnare arabeschi sulle sue spalle, scendendo lungo le braccia muscolose.
“Facciamolo…” – gli sussurró il batterista dei Mars.
“Lo vuoi davvero …?” – ansimó, mentre le falangi di Shan fremevano nella fessura di Owen, capaci e profonde.
Lui gemette forte, schiudendo le gambe nervose, sporgendosi con i fianchi, nello stendersi su di un futon in stoffa nera.
Shannon fece scivolare i due asciugamani, che li coprivano, restando nudi e bellissimi, in quel chiarore profumato di candele ed incensi accesi.
“Pancia in giú Owen...” – impose con un sorriso e l’altro obbedí all’istante, per poi essere penetrato nuovamente.
“Fino in fondo…Le voglio sentire cosí… ti prego…” – supplicó, ma Shan preferí tormentarlo con la lingua.
Rice inizió a toccarsi, sollevando il busto, aiutato anche dal compagno, che si sostituí a lui anche in quello.
Lo girò all’improvviso, in preda ad una foga istintiva, per averlo senza indugi, con poche spinte, che fecero piangere entrambi, anche se gli spasmi della lussuria ebbero il sopravvento su quell’unico momento di tenerezza, inappropriata per la carica erotica sprigionata dai loro corpi tesi e bramosi di un orgasmo ripetuto ed unico.
Robert si era appisolato sul divano davanti alla tv.
Trasmettevano un film in bianco e nero con Bogart, era tra i suoi preferiti, ma ormai la mezzanotte era passata e la giornata era stata lunga e faticosa.
Aveva la barba incolta, troppo pigro per farsela dopo le riprese, il personaggio la richiedeva il quel modo, gli occhiali da riposo, calati a metà del naso, visto che non poteva rimandare la lettura dell’ultimo capitolo di Cime tempestose, nonostante il suo mito fosse dietro allo schermo digitale, a biascicare battute trite, ma carismatiche.
Jude si inginocchiò, facendo piano, sia nel muoversi, che nel togliergli sia il libro che le lenti, con un gesto amorevole, posando sul dorso della mano destra di Downey un bacio umido, che lo fece destare con un lieve tremolio – “Amore… Dio da quanto sono in questo stato…?” – mormorò intontito.
“Forse mezz’ora…ho lavato i piatti e riordinato il tuo armadio… un’impresa Rob…” – e si sistemò tra le sue gambe, sedendosi sul parquet ed accoccolandosi sulle ginocchia del moro, che gli sfiorò i capelli.
“Ti amo Judsie…” – respirò quel concetto, lo assaporò, perché di natura vitale.
“Ti amo Rob… non smetterò mai, neppure se…”
“Noi i se li lasciamo agli altri… ricordatelo.” – e sorrise, piegandosi in avanti per raccoglierlo e portarselo sopra, allungandosi all’unisono – “Prendimi David Jude Heyworth Law ...”
“Nessuno mi chiama così ormai…”
“Infatti gli altri sono nessuno.” – ribadì Downey, mordendogli il labbro inferiore, per poi umettarlo con il proprio, avido di appropriarsene in tutti i modi possibili.
I loro arti divennero ben presto un groviglio, madido e lucente, nel riverbero che il televisore lcd rimandava, sintonizzato su di un canale musicale a volume minimo.
Si congiungevano armoniosi e continui, vorticosamente, tra singulti e grida, fino a saldarsi in quell’espressione d’amore, che apparteneva esclusivamente a loro, fino a vedere l’alba.
Capitolo n. 172 – gold
31 ottobre 2016 ore 05.15
La pioggia cadeva copiosa nella parte opposta dell’isola, quella quasi disabitata e veniva portata dal vento verso i quartieri privilegiati del Palace, a Port au Prince.
Le luci blu ed arancio dei lampeggianti, sembravano arrivare come lampi infuocati e gelidi, nelle iridi di Syria: era già svenuta due volte, prima di salire sull’ambulanza.
Sentiva la mano calda di Geffen, stringere il suo polso, mentre quella tremante e fredda di Jared accarezzarle la fronte.
La voce di Pamela e delle gemelle rimase al di là degli sportelli chiusi con vigore dai paramedici, che le inserirono due flebo, monitorando poi il battito cardiaco della bambina, che voleva nascere in anticipo di qualche giorno.
La sera prima.
“Ancora una! Su Syria guarda di qua!”
“Dai Jared… ci vuole in grandangolo, guarda che pancia! Tua figlia sarà molto paffuta!” – e rise, solare e bellissima.
Glam la scrutava, notato dalla ex, ma anche dalle figlie, che sapevano quanto lui tenesse a quella giovane ragazza.
Pamela era convinta che quella devozione di Glam, fosse dovuta anche al fatto che Syria aspettava un bambino da Jared: era una trasposizione di amore, diretto e puro.
“Dai Jared, basta foto, tagliamo la torta!” – esclamò Geffen, prendendo i piatti di carta, decorati con disegni rosa e pesca.
“Ecco ci mancava anche il dolce multi calorico!” – mormorò Syria, pregustandone il sapore delizioso.
“Vedrai che a Los Angeles ti faremo dimagrire: Colin ed io ti porteremo in un centro benessere, ti riposerai e tornerai in forma…”
“Lo pensi davvero Jared?”
“Ovvio… e poi non sei mica ingrassata così tanto, solo dodici chili, che sarà mai…”
“Fai presto a parlare tu, sei magro come un chiodo uffi!” – e mise un broncio buffissimo, che Leto immortalò subito con il proprio cellulare, tra l’ilarità generale.
Sembrava tutto perfetto.
Alle cinque di mattina la voce di Syria aveva un tono strano.
Jared e Glam si trattennero nella sua suite, per intervenire nel caso si fossero rotte le acque, come aveva previsto la ginecologa.
Aveva avuto ragione, senza però prevedere un collasso cardio circolatorio, che complicò da subito quello che doveva essere un parto naturale.
31 ottobre ore 06.15
“Perché diavolo non ci dicono nulla, cazzo!”
“Jared stai calmo… Sebastian è con l’équipe della dottoressa Roy, vedrai che andrà tutto bene, lui conosce i problemi di Syria…”
“Sì ma diceva che un cesareo sarebbe stato pericoloso per lei…” – disse sconfortato.
“Lo so. Ha anche detto che si era ripresa e che provavano a fare nascere la bimba spontaneamente…”
“’E passato troppo tempo… non credi Glam…?”
“Tesoro vieni qui…” – e lo strinse, vedendolo disperato – “E se Isotta…ho letto delle cose…”
“Ssstt… non pensare al peggio…non devi.” – disse risoluto Geffen, ma si sentiva morire dentro qualcosa.
Quando incrociò lo sguardo di Sebastian, poi, non ebbe più dubbi.
La sua casacca verde era macchiata di sangue, come i suoi guanti, che si strappo’ via, con rabbia, così la mascherina e la cuffia sterile – “Syria non ce l’ha fatta… Hanno tentato di rianimarla per quasi un’ora… Isotta è nata subito, sta benissimo. Tra poco… tra poco potrete vederla, congratulazioni Jared.” – e se ne andò, vitreo ed assorto nei propri pensieri tristi.
Geffen si appoggiò alla parete, prendendosi la testa tra le mani, mentre Jared cadde in ginocchio, al lato opposto, scoppiando a piangere.
L’infermiera che stava spingendo la piccola culla capì subito la situazione – “Perdonatemi… chi è il padre di Isotta…?”
“Io… signora… so… sono io…” – balbettò Jared, tirandosi su malamente, per andare a vederla.
Era meravigliosa, la pelle chiarissima, le labbra di Syria, il resto di Jared all’apparenza – “Non so se cambieranno, ma al momento ha due splendidi occhi blu, come i suoi…Ci dispiace per sua moglie signor Leto…”
“La… la ringrazio… posso andare da lei?” – domandò incerto.
“Fra poco… i dottori la stanno… sì, tra poco…”
“Va bene… Glam…”
“Sì… sono qui Jared.” – e si affiancò a lui, ammirando quella creatura immersa in un sonno profondo.
“Dio…è … è fantastica…guarda che manine…” – e rise, piangendo piano.
Colin ricevette un sms piuttosto vago da Jared, sull’orario della sua partenza da Haiti.
Provò a chiamarlo, ma trovò soltanto la segreteria,
Erano tutti al funerale di Syria.
Una cerimonia semplice, con in compenso centinaia di fiori.
Fu uno strazio salutarla all’obitorio, ma Geffen chiese che le venisse messo l’abito del suo compleanno, quello che proprio lui aveva acquistato, donandole un giorno ed una notte speciale.
“Addio principessa…” – sussurrò, infilandole all’anulare una fedina di brillanti, baciandone poi il palmo, socchiudendo le palpebre e ripercorrendo i suoi sorrisi, le voci dei bimbi all’asilo che la salutavano al mattino, i cori, le feste, i sogni di Syria.
Jared seguì la scena con stupore e rammarico.
Comprese in quell’istante quanto Glam la amasse.
Provò una commozione devastante.
05 novembre 2016 ore 16.30
Robert, Jude e Colin stavano doppiando una sequenza per il trailer del film, le cui riprese erano agli sgoccioli.
Una telefonata di Simon lo fece sparire in cinque minuti.
La strada verso la End House sembrava interminabile, ma finalmente giunse a destinazione, divorando quella breve distanza, che ormai lo separava dalla propria camera da letto.
Jared era appena uscito dalla doccia, avvolto nell’accappatoio di Colin: si stava tamponando i capelli, inspirando per l’emozione di essere finalmente a casa.
“Ehi… Mio Dio…sei qui…” – e gli volò tra le braccia.
“Cole… ciao… calmati…” – ma l’irlandese lo buttò sul materasso, inondandolo di baci, entusiasta ed innamorato.
“De… dev… devo dirti una cosa Colin…” – provò a dire sorridendo.
“Dopo… dopo, dopo amore… bentornato…” – e lo baciò intensamente.
Sembrava una risatina, poi un singulto, qualunque cosa fosse, Colin ebbe un sobbalzo – “Che cos’è??!”
Notò un baby control acceso, ma non lo riconobbe, visto che Jared lo aveva appena acquistato.
“Colin io volevo dirti…”
“Aspetta… ma…” – e si spostò nella stanza accanto, vedendo l’altra ricetrasmittente gemella su di una mensola, accanto alla culla, che era stata di Violet.
Dalla propria prospettiva, Isotta vide prima un ciuffo di capelli, poi una fronte spaziosa, due occhi scuri, poi velocemente un sorriso.
Colin deglutì – “E tu chi sei…? Ma…sei…stupenda… cucciolina…” – e spostò la coperta, notando un dettaglio esaustivo.
La tutina gialla – “Isotta?!…”
In pochi secondi nel cervello di Farrell si accavallarono mille ipotesi: la prima era che fosse accaduto qualcosa ai genitori, la seconda che gli stessi avessero rinunciato alla neonata per un misterioso motivo, ma Jared era dietro di lui, pronto a spiegargli ogni cosa.
“Sì è… è Isotta…”
Lei sembrava felice di conoscere Colin, gli sorrise.
Lui la prese sul petto, baciandola con accortezza, come se fosse di cristallo.
“Tesoro mio… amore mio… sei una gioia… Guardala Jared, le piaccio…”
“E’ inevitabile amarti Cole… ascoltami, per favore…”
“Cosa ne è di Syria? E Sebastian?…”
“Syria è morta… aveva dei problemi di salute…gravi…dopo il terremoto del 2010, si era ammalata e non ne è mai uscita completamente…”
Gli occhi di entrambi si riempirono di lacrime.
“Sì Jared, ma il padre…Perché Isotta è qui con te…? O c’è forse anche Sebastian?”
“Lui è ad Haiti e non centra niente… lui…lui non è il padre di Isotta…” – si ossigenò a fatica – “Sono io…”
“Ma che stai dicendo…?” – chiese sbigottito.
“Solo una notte… non avevo una storia con Syria… Ero sull’isola da poco, è stata una follia, ero confuso ed arrabbiato e lei infatuata di me o meglio del personaggio… Syria era una ragazza seria, ma le piacevo e siamo usciti una sera, senza immaginare che saremmo finiti a letto… insomma non siamo stati superficiali, lei era coinvolta, io… io non lo so neppure ora, ma ho preso subito le distanze, però non c’era né rancore né altro, eravamo amici… poi mi ha dato la notizia ed io ne sono stato folgorato, ma anche terrorizzato… ed ho sbagliato nel non dirtelo Colin… perdonami… perdonami…” – le ultime parole si mescolarono ai singhiozzi, ma Colin si avvicinò a Jared, baciandolo – “Potevo aiutarti… Dovevi dirmelo solo per questo Jay…”
“Non era mai il momento giusto… non voglio giustificarmi per forza, ho commesso un errore madornale…temevo di perderti… Colin io ti amo più della mia stessa vita…”
“Non ho mai dubitato di questo…ora comprendo molte cose…” – disse con serenità – “Sono frastornato, ma… ma tu non sai quanto sia felice in questo momento Jared… Il dolore per la morte di Syria mi sconvolge, almeno quanto tenere sul cuore… tua figlia…”
“Nostra… nostra figlia, tua e mia Colin… pensi che questo cuore potrà essere ancora una volta tanto generoso e buono… con noi?” – e gli mise la mano destra sul petto.
Colin la prese nella propria, appoggiandole poi insieme su quel fagottino, che li stava osservando con curiosità – “Siamo una famiglia Jared…benvenuta Isy…” – e li baciò entrambi, con infinito amore.
Capitolo n. 173 – gold
La prima notte di Isotta alla End House fu molto particolare.
Durante la cena, Colin e Jared la presentarono al resto della famiglia, destando nei bimbi una grande curiositá mista alla gioia per la nuova venuta.
Come sempre i piccoli furono straordinari nell’accoglierla, insieme ai cuginetti Steve, Josh e Lula, al quale Jared spiegó cosa era successo a Syria.
“Quindi è in cielo zia Syria…” – e fece un leggero broncio deluso.
“Sí tesoro…” – intervenne Farrell, che sottolineó quanto fosse stata generosa e buona, anche se era presto per spiegare che Isotta era la figlia naturale di Jared.
Volevano parlarne prima con Brandon.
Colin portó la culla nella loro stanza, baciando poi Jared, rassicurandolo – “Penseró io a lei, tu dormi tranquillo e mettiti i tappi semmai…” – rise piano.
“Grazie Cole… per ogni cosa, per il tuo amore…”
“Io sono l’uomo piú fortunato del pianeta, questa è la veritá…” – e gli accarezzó gli zigomi asciutti.
Jared era dimagrito troppo, doveva riprendere un minimo di peso e vigore.
Si assopí subito, nonostante il desiderio di appartenere a Colin, ma non c’era fretta.
Isotta era davvero scatenata nei propri vagiti, quindi Colin la rispostó nella cameretta accanto.
La cambió, mentre il biberon si riscaldava nell’apposita apparecchiatura.
Era una diavoleria elettronica, rispolverata dal corredo di Violet.
Miss Wong con il marito avevano preparato tutto, con estrema allegria, per loro Isy era un dono miracoloso.
Il baby control era acceso e Jared ascoltava Colin parlottare e canticchiare con la “…mia principessa… Dio come sei bella…” – sorbendosi poi la cantilena inventata da Farrell > Chi mi ha preso il piedino? < una filastrocca senza senso, che puntualmente si chiudeva con lui che si prendeva in bocca la morbidosa estremitá del bebé.
Lo faceva sempre con Violet, ridendo poi come un pazzo, insieme a lei, all’epoca ed adesso con Isotta, che gradiva tutte le sue attenzioni affettuose.
Jared sorrideva, facendo poi finta di dormire quando Colin tornó a stendersi, ma qualcosa lo tormentava, soprattutto dopo avere parlato con Kevin, il mattino seguente.
Geffen riprese possesso della poltrona dirigenziale del suo studio panoramico, al centro di Los Angeles.
Aveva deciso di tornare subito in cittá, dove Kevin lo stava aspettando con il loro soldino di cacio.
Il bassista dei Red Close chiese a Lula di rimanere tranquillo, perché papá Glam non stava molto bene e lui fu ubbidiente e giudizioso.
“Grazie amore…è stato traumatico perdere Syria…ho un casino in testa, ma non volevo piú rimanere sull’isola, perdonami…vado al lavoro, ma non so cosa mi aspetta, non ho molta voglia di farlo, ma neppure di chiudermi qui…” – disse affranto prima di salutarlo, ma Kevin sarebbe stato paziente fino all’estremo, se necessario.
Appena lo vide uscire dal garage con la berlina appena acquistata dallo stesso Kevin, lo stesso chiamó Jared, per spiegargli quanto stesse accadendo al suo daddy.
Il leggero bussare non lo destó dal proprio stato catatonico, gli occhi gonfi di lacrime, cristallizzate dalle iridi sino al collo.
Glam aveva indossato dei pantaloni ed una camicia neri, come le scarpe, la cintura e tutto il resto di lui.
“Permesso, mi scusi… stavo cercando l’avvocato Carter…”
Solo a quel punto Glam si accorse del ragazzo, che lo stava scrutando con due fanali blu intenso.
Si asciugó la faccia con i palmi gelidi, aggrottando poi le sopracciglia – “Brian è in fondo al corridoio… Lei é…?”
“Xavier… e lei è Glam Geffen…?” – chiese educatamente, turbato da quella visione tanto triste.
“Sí sono io… Xavier? Il discolo di casa Meliti…” – e sorrise, ricambiato dal ragazzo.
“In persona… mi scusi, non volevo disturbarla…”
“Nessun problema, il mio socio arriverá subito… almeno credo…Non so piú niente di questo studio…anche del resto direi…” – mormoró perplesso.
Xavier si guardó intorno, notando le foto sulle mensole, una in particolare, con Glam e Jared: quest’ultimo guardava Geffen, entrambi sorridevano ed erano semplicemente bellissimi.
“Anch’io non so mai niente di me…” – Xavier riprese il discorso all’istante, interrotto dal vibracall del palmare dell’avvocato.
Sbirció vedendo che era proprio Leto.
“Devo rispondere…”
“Sí, me ne vado, piacere di averla conosciuta… aspetto di lá.”
“Ok… sí pronto…? Ciao…”
Xavier uscí, notando che dopo cinque minuti anche Geffen varcó quella soglia, dopo avere inforcato occhiali scuri e recuperato le chiavi dell’auto.
“Flora ci vediamo dopo pranzo, non prendermi appuntamenti, sono a pezzi.”
“Va bene Glam a dopo…”
“Non ce la faró mai Colin…”
“Dai Xavier è solo un pannolino ahahahah”
“Ma è cosí piccola!”
“E cosa dev’essere, ha pochi giorni ahahhah”
“Ok ragazzi, se volete una mano…”
“No Jude, deve farcela da solo!” – “Ma buddy… non ne usciamo vivi ahahhah”
“Sentite, siamo come quattro cretini ed Isotta aspetta di essere cambiata!” – esclamó Robert.
“Vieni da zio Shan, se no facciamo notte ahahah” – ed il batterista la spostó sull’altro tavolo della nursery.
“No no, lo faccio iooo!!” – urló Xavier.
Meliti si grattó la nuca – “Mmmm i cretini ora sono cinque…” – bofonchió.
“No sei!” – si lamentó Owen, alzandosi dal divanetto, per assistere alle grandi manovre.
Xavier si decise e l’operazione ebbe buon esito.
“Ok ora vestila…” – ridacchió Colin, passandogli un pagliaccetto fucsia in ciniglia.
“Che bellinooo!!” – esultó l’artista, dimostrandosi piú bravo nella vestizione di Isotta, che ormai rideva, mordendosi le manine.
Nel frattempo, una cinquantina di invitati, solo amici intimi e parenti, stavano aspettando tutti in giardino, per un party improvvisato da Farrell e che doveva iniziare ufficialmente dopo venti minuti.
“Sono arrivati in anticipo, non vedono l’ora di conoscere Isy… ma dove diavolo è finito Jared…?”
“Non ne ho idea Cole…” – disse Jude, cercando delle babbucce in tono con l’abitino.
Xavier lo immaginava, ma rimase in silenzio.
“Cos’è questo posto…?”
“Ciao Glam entra…”
“Ciao Jared, di chi è questo alloggio…?” – domandó distratto.
“È di Kurt…pensavo ci fossi giá stato.”
“Se è successo non me lo ricordo proprio… come sta Isotta?”
“Benissimo… c’è una festa da noi…”
“Kevin me lo ha detto, lui ci andrá con Lula.”
“E tu…Glam come ti senti?”
“Uno schifo, hai… hai qualcosa da bere?”
“Solo bibite. Tieni.” – e gli passó una tonica.
“Grazie, ma preferivo una tequila o… un gin…”
“Meglio evitare… sediamoci.”
“No, vado, ho… ho da fare Jay.”
“Per favore Glam, parliamone.”
“Di cosa?”
“Di Syria… di… di questa… tragedia e…” – i suoi zaffiri si inumidirono, la sua voce si spezzó.
“Non c’è nulla da dire Jared.” – ribatté risoluto, crollando su di una poltrona.
Jared si inginocchió davanti a lui, prendendogli le mani.
“Glam tu…tu l’amavi…?”
“Certo, era come una figlia per me.”
“Qualunque cosa fosse questo sentimento ti sta logorando… come se avessi dei sensi di colpa ed io vorrei aiutarti…non sopporto di vederti cosí.”
Geffen liberó il proprio pianto, ma era come impietrito in quello stato greve ed insopportabile, come se fosse la somma di una serie di delusioni troppo profonde.
“Nel…nel vederla morire, è stato come se… come se la sua fine, fosse la materializzazione della morte del nostro amore Jared… della storia che non abbiamo saputo o voluto… o dovuto vivere… tu ed io… Forse è per questo che mi fa cosí male, oltre al fatto che Syria mi amava ed io l’ho delusa, ne sono certo.”
“Avevo capito che tu eri speciale per lei, credo si sia innamorata, peró non penso tu l’abbia delusa o maltrattata…”
“Questo no, ma le sue aspettative sono state disattese e forse le ho fatto credere di avere una possibilitá con me.”
“Qualunque cosa tu abbia fatto Glam eri in buona fede, ne sono certo…”
“In buona fede… Tu, Kevin, anche Syria, vedete ció che volete vedere, in me…” – e si rialzó faticosamente.
“Glam non andartene…”
“Non voglio restare qui con te…tu davvero non capisci Jared…vorrei stringerti, ho bisogno di averti, ma è terribilmente sbagliato, sono stufo di fare soffrire Kevin, stufo marcio di questa mia instabilitá!”
“Io non te lo permetterei…”
“Davvero…?” – e gli si avvicinó nuovamente, prendendolo per le spalle – “Davvero Jared?!” – chiese con rabbia.
“Glam…Non buttare via ció che abbiamo riconquistato…”
Geffen lo lasció, andandosene sbattendo la blindata.
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