Capitolo n. 152 – gold
Jared fu il primo a svegliarsi.
Geffen stava ancora dormendo profondamente, ma per poco.
Ebbe la strana sensazione di trovarsi indifeso ed infreddolito, all’improvviso, visto che Jared non era più tra le sue braccia.
Gli dava le spalle, fissando il fondo della camera.
Fuori il sole feriva le iridi di entrambi, mai come le parole che ruppero quel silenzio.
“Non… non dovrà più accadere Glam… non dovremo più fare l’amore. È come morire ed è ingiusto, per… per Colin e per Kevin.” – disse, appassendo sull’ultima frase.
Geffen si alzò, raccogliendo i vestiti.
Faceva tutto con estrema calma, ma senza ribattere a quella richiesta di Jared.
In fondo si trattava di dirgli un semplice sì oppure no, tanto che Jared lo pretese.
Glam solo a quel punto lo spezzò con il proprio dolore: nei suoi occhi erano presenti e vividi tutti gli istanti trascorsi insieme, da lì era come se nascessero, per andare a morire nella decisione di Jared, consapevole di non potere cancellare quei loro sentimenti troppo radicati.
“Anche se non faremo più l’amore, non smetterò di volerti e tanto meno di … adorarti Jared. Questo non me lo porterà via nessuno, neppure tu, sai?” – disse sicuro, come se prendesse coscienza di tutto quel male che si stavano facendo, volendolo aggirare ancora una volta.
Jared si sollevò a fatica – “Io amo Colin. E lui…”
“Lui ama te, lo so.” – ribattè, con una punta di ironia amara.
“Vuole un altro figlio… da me.” – aggiunse, indossando i boxer ed una canottiera troppo grande, era di Glam.
“Ma certo e tu gli darai Isotta e magari adotterete seduta stante un bel fratellino qui tra i nostri orfani. Una collezione senza fine, un rimedio sicuro alle vostre sbandate, fino al prossimo casino.”
A Jared tremarono le labbra, come se non riuscisse ad esprimere le vere sensazioni, che lo stavano opprimendo, nell’ascoltarlo – “Tu parli solo con la rabbia Glam… non potresti essere semplicemente felice per me e… per noi tutti, come un tempo?”
“Perfetto. Il lavaggio del cervello è completo. Forse io dovrei imparare da Colin su come trattarti, ma non mi abbasserò mai a tanto. Io sono diverso, non credo migliore, ma diverso, talmente tanto che tu non hai mai potuto fare a meno di me e di ciò che sapevo darti unicamente io. Non mi sto vantando, ma analizzo i fatti, che tu ora risolvi in modo tanto sbrigativo Jared. Sei sempre stato bravo in questo. Continua così, mi raccomando, sai che delusione se fossi onesto con te stesso almeno una volta nella tua fottutissima vita!”
Se ne andò, senza lasciare il tempo all’altro di replicare, ma in fondo sarebbe stato inutile.
Jared era azzerato, dentro e fuori.
Syria si stava pesando.
Sbuffò, ma con un cipiglio simpatico sussurrò – “Miseria!”
“Che succede principessa?”
Si voltò di scatto, radiosa nel rivederlo – “Glam!!”
La strinse con delicatezza – “Come stai?”
“Finalmente un volto amico… la bilancia mi sta trattando malissimo!” – disse imbronciandosi.
“Ma se sei uno splendore…” – mormorò sincero.
“Tu sei un uomo galante e … miope!”
“Assolutamente aahahah Cosa ne dici di un bel gelato?”
“A quest’ora del mattino?”
“Sì, ho caldo e poi ho saltato la colazione.”
“Jared aveva finito i miei biscotti?” – domandò con innocenza.
“No Jared ha finito solo con me. Vuole stare con Colin, non vuole più fare l’amore, ma solo da stamattina, ieri è stato diverso, ma cosa importa? Raccoglierò i pezzi della mia esistenza ancora una volta, senza recriminare… anche se qualcosa gli ho vomitato addosso pochi minuti fa…”
“Mi dispiace Glam… ma Kevin?”
“Sta meglio… allora questo gelato? Si va?”
“Sììì!!” – esclamò saltellando.
Si fermarono sul lungomare, al solito locale.
Glam nascondeva gli occhi arrossati sotto ai ray ban, ma Syria aveva visto le lacrime scendere, tra un passo e l’altro.
“Davvero buono… ideale per le balenottere come me!” – tentò di sdrammatizzare.
Geffen sorrise, abbracciandola.
La baciò tra i capelli.
“Se ti sento dire ancora una volta che sei grassa…”
“E se dicessi rotonda come una palla da biliardo?!”
Scoppiarono a ridere, poi, prendendosi per mano, proseguirono.
Jared percorreva spesso quel tratto di strada.
C’era la pista ciclabile e sovrastava la spiaggia sottostante.
Riconobbe Syria, dal vestito particolare, che le aveva regalato lui, dopo averlo acquistato a Los Angeles, di nascosto da Colin.
Aggrottò la fronte, sentendo pungere le iridi, ma anche qualcosa sul cuore.
Un dubbio.
Jude aveva sbagliato le battute quattro volte quella mattina.
Incredibile per un professionista come lui.
Scott quasi si spazientì, ma una giornata storta poteva capitare a tutti, quindi rimandò al giorno seguente le riprese.
Colin seguì l’amico in camerino, tentando di fare chiarezza su di uno stato d’animo deleterio ed ormai ingestibile per Law.
“Si può sapere cosa ti prende Jude?!” – chiese con apprensione.
“Lasciami perdere Colin… sai che giorno è oggi?”
“Co… cosa? Che giorno dovrebbe essere?”
“I Red Close ripartono per il tour e Robert ha chiesto a Chris di vedersi, vuole parlare con lui e chiarire alcuni aspetti del loro… come lo ha chiamato? Rapporto!” – sbottò furente.
Farrell si grattò la testa, sconsolato – “Non abbiamo mai pace, ma cosa ci trovi di tanto sbagliato?”
“E se le cose degenerassero? Quando ci si trova per questi confronti, magari uno perde la testa e…”
“Non Robert.” – affermò convinto Colin.
“Tu l’hai visto Chris?”
“No. Io vedo da sempre quanto vi amate e questa tua gelosia, questa insicurezza, sono assurde. E Robert ne sarebbe offeso, quindi non esagerare Jude.”
Law precipitò sul pavimento gelido.
“Ehi… cazzo Jude… vieni qui…” – sospirò prendendolo sul petto, nel vano tentativo di calmarlo.
I suoi singhiozzi rasentavano la disperazione più cupa.
“Ne morirò… non sono niente senza Rob…io respiro attraverso i suoi stessi respiri, vivo se lui mi sorride…Vorrei sparire ed entrargli nel sangue, per non separarmi più da Robert in alcun modo…”
Colin lo tirò su a fatica.
“Ora tu vieni alla End House e ti riprendi. Stasera cenate da me e vedrai che tutto andrà nel modo migliore possibile, ok?”
Chris stava provando un pezzo, nella sala di incisione dove aveva dato appuntamento a Downey.
Appena lo vide, si accese in uno dei suoi splendidi sorrisi.
Robert non si scompose, anche perché aveva chiesto lui quell’incontro: era necessario mettere dei punti fermi, visto che Chris si sentiva legittimato a chiamarlo a qualsiasi ora, lo tempestava di messaggi e gli aveva anche mandato dei fiori, grato per la sua presenza.
Tomo non viveva con timore questo entusiasmo del nuovo compagno, anche perché Chris era una vera meraviglia con lui.
Si comportava al meglio anche con Josh, quindi Robert era stato acquisito come una figura precisa.
“Papi!! Hai sentito? Benvenuto!” – esordì, volandogli al collo.
“Ciao… sì sei davvero intonato…”
“Ma anche tu canti… facciamo un duetto!”
“Magari…” – sorrise tirato – “C’è un posto tranquillo dove parlare Chris?”
“Sicuro… il solarium… saliamo?”
“Saliamo.”
La vista su Los Angeles era splendida.
Robert si sentiva in imbarazzo, anche perché gli sembrò di dovere discutere sul nulla.
“Rob che succede?”
“Chris mi dispiace, mi sento un vero coglione…”
“Per cosa?”
“Per averti trascinato in questa conversazione, anche se non l’abbiamo neppure cominciata, ma io me la sono ripetuta alla noia, come un copione scontato.”
“Ho… ho fatto qualcosa di sbagliato, papi?”
Downey strizzò le palpebre – “Ecco… questa tua abitudine…”
“Lo so che non sei mio padre, ma non pensavo che… che ti desse fastidio.”
“Hai avuto questa impressione?”
“Sì Rob… sbaglio?”
“Certo che sbagli! Saresti il figlio più adorabile del mondo, per me, ma non è questo il punto.” – sembrò protestare.
“E quale sarebbe… ah capito… sono invadente.”
“Chris ascoltami… io ho un compagno in piena crisi… lo vedo, lo sento, passo il tempo a rassicurarlo su di noi, ma tu sei troppo bello, troppo sexy e troppo troppo, che anche uno splendore come Judsie si può sentire minacciato.”
Chris a quel punto gli diede la schiena, appoggiandosi al parapetto.
“E’… è quasi buffo… gli uomini che amo, mi respingono… da sempre…” – poi si rivoltò repentino – “Non fraintendermi quando parlo di amore.”
“Non voglio né fraintenderti e tanto meno respingerti Chris… mi sei così caro, non vorrei mai ferirti…”
“Eppure ci sei riuscito, paradossalmente in modo più grave di altri…”
Downey abbassò i suoi pozzi di pece, provando un misto di rabbia e costernazione.
Annullò la distanza tra lui e Chris, abbracciandolo forte – “Scusami… scusami…”
Il ragazzo iniziò a piangere in silenzio.
“Tu… tu sei speciale Robert… mi hai distratto da incubi orrendi a New York…non voglio perderti…”
Downey gli prese con dolcezza il mento – “Non accadrà, te lo prometto.”
Chris tirò su dal naso, scrutandolo come un bambino spaventato – “Ti… ti manderò meno sms…lo giuro!”
Robert rise, tornando a coccolarlo, come, secondo lui, Chris meritava.
Geffen chiuse l’ennesima chiamata con Flora, che gli aveva trasmesso una valanga di documenti, rimasti in sospeso su donazioni ed appalti per il nuovo ospedale.
Sbuffò, sentendosi sfinito.
Jared irruppe, senza chiedere il permesso e schivando la segretaria di Glam, che rimase interdetto da tanta veemenza.
“Devo chiederti una cosa e devo farlo subito!”
Geffen si lisciò la barba incolta, sistemando un plico e delle foto – “Ti ascolto.”
“Si tratta di Syria. No, di te e di Syria! Oggi vi ho visti.”
Geffen rise, di gusto – “E’ un delitto mangiarsi un cono alle creme? Devo essermi perso la lezione all’università quel giorno…”
“Smettila Glam! Lei è vulnerabile, ti venera ed a me questa cosa non piace!”
L’avvocato si erse con pacatezza austera, affrontandolo – “Ora ti regalo un consiglio Jared. Smettila tu e fallo subito, perché la mia pazienza è arrivata a quota zero.”
“Tu non mi fai paura Glam…”
“Guarda, se non sapessi che è impossibile, la vedrei come una scena di gelosia, ma tu sei preoccupato solo per la bambina e ti sei costruito chissà quali seghe mentali! Tieni solo al tuo… trofeo.”
Jared gli mollò un sonoro ceffone, ma Geffen non si scompose, asciugandosi il rivolo di sangue, che sgorgò dalla sua bocca – “Non dimenticarti che Syria è la madre ed ha molti più diritti di te. Li scoprirai presto, se non la finisci con questo comportamento infantile ed isterico Jared.”
La sua durezza era pari allo sconvolgimento interno, che Jared stava patendo, nel viverlo tanto aspramente – “Co… come ci siamo ridotti così, Glam…?” – balbettò, sfiorandogli con una carezza il braccio sinistro.
Geffen gli afferrò il polso, allontanandolo da sé, con un gesto secco – “Non farlo… non provarci… hai seppellito il mio cuore, non hai avuto alcuna pietà Jared… tu … tu fai sempre così… e non fraintendere questo pianto, è solo per la stupidità, che mi ha ridotto ad essere schiavo di ogni tuo battito d’ali…E’ stato peggio di un suicidio, dal primo istante. Sì, dal primo istante di noi.”
Il rumore della porta fu come un pugno sul viso di Jared, che si appoggiò alla scrivania, piegandosi sulla poltrona di Glam, senza più energie e pensieri.
Nessun commento:
Posta un commento