Capitolo n. 46 – gold
“Finalmente soli!”
Jude saltó sul piumino colore verde bosco, con un sacchetto di biscotti – “E con quelli cosa vorresti farci?” – domandó Robert girandosi sul fianco destro ed abbracciando il cuscino.
“Mangiarli! L’aria di montagna mi mette appetito… il doppio del solito direi…”
“Sono tutti a nanna?”
“Credo di sí…Colin ha preso il solito sonnifero, mi ha detto che non riesce a farne a meno… Forse domani se lo stancassimo a morte…”
“Lui non scia… non fa snow board… come pensi di fargli venire sonno? Uno slittino? Un pupazzo di neve…?” – sorrise, accarezzandogli la fronte, con tenerezza – “Sei un vero amore Jude, hai sempre un pensiero per chi ha bisogno di aiuto…Siamo tutti cosí fortunati ad averti nella nostra vita… Ti amo sai?”
Law si allungó al suo fianco, gettando abiti e dolci in fondo al letto, stringendosi a lui, baciandolo profondamente.
“Rob… Dio Rob… ti voglio…” – la sua estasi era sconvolgente.
Robert si arrese ad ogni sua richiesta, era cosí piacevole dirgli sempre di sí.
I bambini erano riuniti in un’unica stanza, comunicante con quella di Colin da una parte, mentre nell’altra alloggiavano Simon e Richard.
Crollarono dopo pochi minuti dalla favola che Kurt lesse loro, prima di andare a dare la buona notte a Farrell.
“Sei sveglio…?”
“Ciao Kurt… non per molto… ho preso…”
“Sí lo vedo Colin…ci vediamo domani…” e gli diede un bacio sulla spalla, per poi andarsene.
Shannon e Tomo giocavano con la play station: “Prendo un’altra birra, ne vuoi una anche tu amore?”
“No Shan… è la terza, non esagerare…”
“Sono adulto e vaccinato… e poi ho freddo, con questa mi sale la temperatura… almeno spero…” – ridacchió.
“Se è solo questo il problema, ci sono qui io Shan…” – disse, tendendogli le braccia.
“Sí… ti vedo…”
“Cazzo che entusiasmo… ok, vado a coricarmi, se mi vuoi, sai cosa fare.” – ribatté, cercando di restare calmo.
Si era tagliato i capelli, radendosi completamente, il suo viso era sempre giovane, i suoi occhi due pozzi di inchiostro, rabbuiati da mille sensazioni negative.
Era davvero carino, quando metteva il broncio, pensó Shannon, spiandolo.
Si sentiva sempre peggio, soprattutto in quel posto, a pochi passi da Owen, che stava sistemando le proprie cose nell’armadio, pensandolo in continuazione.
Erano come collegati telepaticamente.
“Tomo… scusami, non sono brillo, ci facciamo… una doccia insieme?”
Lui si voltó, incrociando le braccia, come in segno di difesa.
“Alle volte… alle volte Shan penso che le cose, tra noi, siano cambiate irrimediabilmente dopo l’arrivo di Josh…” – mormoró abbassando lo sguardo.
“Era inevitabile, un figlio cambia la vita…”
“Un figlio che forse ho voluto soltanto io e tu… tu mi hai assecondato, per non perdermi. Dimmi che non è cosí.” – domandó fissandolo ora.
“Darei la mia vita per il nostro bambino, Tomo.”
“Ed io… io per voi…” – gli voló tra le braccia, scoppiando a piangere.
Shannon lo culló, tra le lenzuola, spogliandolo con calma e con la stessa calma inizió a baciarlo, dalle labbra, al collo, sul petto, indugiando sui capezzoli, poi nell’ombelico, Tomo fremeva in un crescendo di gemiti, finché il compagno non si impadroní del suo sesso ormai dolente, per quanto lo desiderava.
Dapprima succhiandolo, poi portandoselo dentro, sedendosi su Tomo, in quella posizione inconsueta per loro, provando dolore, poi piacere, poi di nuovo dolore, ma solo nell’animo controverso da sentimenti confusi e laceranti.
Tomo inarcó la schiena, poi spinse i suoi fianchi e lo prese completamente, Shan urló, stringendo le palpebre allo spasimo e le dita intorno alle spalle di lui, baciandolo e godendo fino alla fine quell’orgasmo liberatorio.
Il mattino seguente Jude si occupó dei piccoli, vestendoli, con l’ausilio di Simon.
Robert faceva colazione insieme a Kurt e Colin, mentre Owen era giá sulle piste.
“Lui è un mattiniero… cosí mi ha urlato dal fondo del corridoio…” – bofonchió Farrell, prendendo un’altra fetta biscottata.
Il suo cellulare vibró, illuminando ogni cosa intorno a lui – “È Jared…!” – per l’entusiasmo con cui lesse il nome di chi lo stava chiamando.
“Amore, ciao, ma sei giá in piedi?”
“Buongiorno Colin, sí, stiamo disinfettando l’asilo, io e Sebastian, te lo ricordi il medico…?”
“Certo… ed i bambini dove sono?”
“In spiaggia a raccogliere conchiglie… Dovranno poi fare delle composizioni, che venderemo nel mercatino on line… C’è il sole anche lí?”
“Sí cucciolo… ora sí…”
“Promettimi che ti divertirai… in qualche modo… e… e non fare il muflone pigro …” – sorrise.
Colin si era appartato in un angolo, su di una poltrona dove Jared sorseggiava ogni sera una cioccolata calda, guardando oltre i vetri lo spettacolo di quella natura incontaminata.
Farrell se ne ricordó – “Sai dove sono adesso?”
Jared rimase un attimo in silenzio, poi rispose – “Su quel cuscino con una macchiolina… bordo sinistro…”
“Accidenti Jared...”
“Vedi, in qualche modo sono sempre vicino a te…”
“Ti amo Jay… ti amo… ti amo…” – lo ripeteva, come a confortarsi, per lenire il dolore sordo, che gli stava soffocando la gola.
“Ti amo Colin… a presto…”
“Ciao piccolo… a presto, ti bacio.”
Trovó una scusa, per rintanarsi in camera.
I bimbi erano al sicuro, tra maestri di sci, guardie del corpo, amici fidati.
Lui non serviva.
Lui voleva dormire.
Robert cercó di trattenere Jude – “Ora mi sente! Cazzo non puó andare avanti cosí!”
“Tesoro, Colin ha bisogno di noi, ma anche di essere lasciato in pace… Potrebbe volersene stare da solo a guardare delle foto, a crogiolarsi nella malinconia, devi rispettare anche la sua intimitá…”
“Non capisco…”
“Lui sa che tu ci sei…Ma gli amici veri sanno stare anche in disparte.”
“Rob tu hai ragione, ma se dovesse precipitare nella depressione e fare un gesto … irreparabile…”
“Lui vuole vivere per aspettare Jared, vedrai che non fará nulla di grave.”
Kurt teneva d’occhio Owen, mentre Shan era nella sauna con Tomo.
Rice, a propria volta, era all’apparenza rilassato.
Gli portó un punch caldo – “Spero ti piaccia…”
“Grazie Owen, il prossimo giro tocca a me.”
“Come vuoi… Il resto della truppa?”
“Colin è in stanza, ha da fare… Shan e Tomo alla Spa, Jude e Robert sulla pista di ghiaccio… Noi due qui.” – sorrise.
“Giá… scherzi del destino Kurt. Ci siamo divertiti parecchio tu ed io… un secolo fa.”
“Sí, mi hai arricchito e… divertito, lo ammetto.”
“Bene, doppio vantaggio.” – respiró fissando il vuoto.
“Come ti dicevo in auto, so tutto e ti rinnovo la mia… preghiera: lascia in pace Shan.”
“Lo amo. Io lo amo Kurt, ti sembra tanto strano? Come anch’io ti ho detto, te lo ripeto: non impicciarti.”
“L’altra sera Shan era sconvolto, tu lo stai facendo a pezzi Owen!” – ringhió a denti stretti, ma Rice si alzó, vedendo arrivare Shan da solo.
Gli andó vicino abbastanza per sussurrargli – “Ti prego, dammi dieci minuti per parlare, per spiegarti… Shannon…solo… solo dieci minuti.”
“Ok…” – annuí, seguendolo.
“Tomo dove è finito?”
“È andato sulle piste, io non ne avevo voglia, mi sento strano…”
“Troppo vapore… sei arrossato…” – dicendolo gli toccó il collo, erano in ascensore.
“Non farlo Owen…non farmi anche questo.” – disse deciso, ma con un tono incrinato nella voce.
“La mia stanza è subito qui, non faró nulla che tu non voglia Shan…”- replicó, asciugandogli una lacrima con un bacio.
Erano appena oltre la porta, quando si abbracciarono, con una frenesia, un’urgenza, di appartenersi.
Quali parole servivano ancora?
Shan si lasció prendere contro il muro.
Si spogliarono di quel poco che bastava per sentire, premere e spingere, ma poi era assurdo, asfissiante quel tessuto tecnico.
I completi restarono sulla moquette, i loro corpi sprofondarono nella trapunta colorata, i sessi sembrarono esplodere, svuotandosi prima in Shan, poi in Owen, che volle trattenerlo ancora – “Non lasciarmi… non lasciarmi…” – le sue gambe avvolgevano i fianchi di Shan, che continuava a venire, con singulti che la sua volontá non riusciva piú a dominare.
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