Capitolo n. 4– gold
“E qui c’è la mensa… Tu sarai stanco, hai fame Jared?”
“Sí… accidenti, avete fatto un ottimo lavoro…”
Si guardava intorno, con un entusiasmo acerbo, ma solare: “Ed io cosa posso fare Glam?” – chiese con trepidazione.
“Servire i pasti, poi se te la senti qualcosa in ambulatorio…” – replicó Glam sorridendo.
“Ok, allora il pranzo e la cena… o anche la colazione?”
“Anche la colazione, soprattutto ai piccoli dell’orfanotrofio… a proposito, quasi tutte le sere passo a salutarli, sono trentacinque al momento, ci sono molte richieste di adozione, ma le pratiche burocratiche sono piuttosto lunghe, ma sto cercando delle scappatoie legali…”
“È un classico!” – rise, seguendolo in un altro corridoio.
Alle pareti c’erano appese molte foto, in alcune anche Geffen, radioso con in braccio dei bambini di tutte le etá.
“Sono loro…?”
“Sí Jared, credo che siano all’ora della favola… vediamo…” – disse aprendo la porta senza fare troppo rumore, ma, come investiti da un’onda chiassosa, in pochi secondi furono circondati.
“Zio Glam!!!” – “Daddyyy!!!” – alcuni lo chiamavano zio, soltanto uno di loro come faceva Kevin.
Si chiamava Jimmi, detto Lula, perché chiamava la luna in quel modo.
Gli si appese al collo, aveva quattro anni ed era cotto di Geffen, come osservó Jared, che fu presentato ed accolto con estrema gioia.
“Qualcuno vi ha raccontato la storia della buona notte?”
“Noooo!!!” – gridarono tutti insieme.
“Ok, ok, allora lasciamo questo compito a Jared, cosa ne dite?”
Un sí ed un applauso generale convalidó la scelta.
Jared si mise al centro, sul grande tappeto musicale, con in grembo due bimbe, erano sorelline, di tre e cinque anni, mentre Jimmi restava aggrappato a Glam.
Alla fine Geffen ordinó la ritirata e, come soldatini, si misero sotto le coperte, prontamente rimboccate sia da lui che da Jared.
“Ok, adesso andiamo a cena, se no svengo Jay…”
“Va bene, grazie… per tutto Glam.”
“Sono io a ringraziarti. E… se te la senti, parliamo un po’ ok?”
“Non stasera Glam… scusami.”
“Nessun problema.”
Shan finí la birra, che Colin gli aveva offerto, seduto su di uno sgabello nella grande cucina della End House.
Farrell si era messo di fronte a lui, lo sguardo perso nel vuoto ed un caffè ormai freddo, in una grande tazza con impresso il nome di Jared.
“Mettere Glam vicino a tuo fratello è come buttare una tanica di benzina nel nostro caminetto del salone… Ecco cosa penso di tutta questa storia, visto che me lo hai chiesto Shan…” – disse sconfortato.
“Poteva succedere anche qui a Los Angeles…”
“Ma qui c’era Kevin!” – replicó improvvisamente furioso.
Shannon notó i suoi sbalzi d’umore, ma li trovó normali, vista la situazione.
“Ok Colin, ma Jared aveva bisogno di allontanarsi da tutti noi, anche da me, che forse, senza rendermi conto, l’ho fatto per primo… abbiamo dato per scontato che andasse tutto bene, che lui fosse appagato dal tanto che aveva, ma che forse… non era ció che voleva.”
“L’unico a sbagliare davvero sono stato io Shan… E sto impazzendo… io non so se potró farcela, anche se gli ho promesso che non lo avrei piú deluso.”
“Forse tu non mi crederai, ma io non ce l’ho con te, qui ognuno di noi deve assumersi le proprie responsabilitá e sono pronto ad aiutarti, in tutti i modi, per riportarlo a casa al piú presto.”
“Sto per esplodere… Dio ho mangiato troppo…”
“Ma sei hai preso la metá delle cose che avevo io nel piatto Jared!” – scoppiarono a ridere.
“Dovró camminare sino all’albergo o… dovunque mi porterai a dormire…” – si piegó sul tavolo, incrociando le braccia ed appoggiando la testa.
“Ti ho preparato un alloggio, niente hotel.”
“Davvero? In che senso me lo hai preparato Glam?”
“Ho… curato i dettagli, oltre ad averlo acquistato come foresteria tempo fa; vedrai che ti piacerá, almeno spero…”
“C’è un letto comodo?”
“È sicuramente nuovo, poi che sia comodo non te lo so dire Jared...”
“Le mie cose sono ancora in aeroporto…”
“Ok, andiamo a prenderle e poi a nanna, cosa ne dici?”
Jared lo fissó – “Dico che sto bene… davvero…”
“Ne sono felice.”
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