venerdì 28 gennaio 2011

GOLD - Capitoli 16+17+18+19+20

Capitolo n. 16 – gold



Owen Rice aveva molto fascino, nei modi, nella voce, negli atteggiamenti di classe, un vero dandy.
Tomo, al contrario, era piú genuino, quasi selvaggio; il suo look non era cambiato molto negli ultimi anni: manteneva i capelli lunghi, baffi e pizzetto.
§ Molto intrigante… § pensó Owen per l’ennesima volta, vedendolo arrivare.
Era vestito con dei pantaloni colore sabbia, scarpe di Prada, camicia bianca ed un pullover in tinta con tutto il resto.
Tomo, invece, aveva i soliti jeans neri ed una felpa, sopra all’inseparabile t-shirt con il logo dei 30 seconds to Mars e Converse, senza lacci.
Trasandato chic, lo aveva apostrofato Shan, nel salutarlo, dopo che lo aveva lasciato alla End House.
“Abbraccia Colin da parte mia, domani mi fermo anch’io…”
“Ok, ma devo telefonare a Jared, questa situazione sta prendendo una brutta piega.”
Il fratello lo anticipó, mentre stava percorrendo il viale di ingresso.
“Ciao fratellone… possiamo parlare?”
“Jared! Giusto a te stavo pensando…”
“Problemi?”
“E me lo chiedi?! Oh cazzo Jared… cazzo, cazzo!!!”
“Perché non ti calmi e mi lasci spiegare…”
“Spiegare cosa? La conosco la tua versione dei fatti, siamo stati svegli per ore a parlarne prima che partissi per Haiti!”
“Ma non sai che ieri Colin mi ha chiamato e mi ha insultato… poi… poi ha lasciato un messaggio vocale e si è scusato, ma mi ha fatto a pezzi…”
“E lui come credi che stia!? Con tutta quella robaccia che manda giú!”
“Quale… quale robaccia Shan… ho pensato che si drogasse di nuovo, ma…”
“Ma cosa Jared?... Sono farmaci, non certo cocaina o peggio, ma lo fanno stare da cani e temo che prima o poi anche i bambini se ne renderanno conto.”
“Ascoltami bene Shan. Quando ero io a stare da cani non mi sono impasticcato! Mi sono dedicato ai nostri figli, alla casa, al lavoro lo stretto necessario ed anche a te, a Tomo, a Vicki ed a quanti cazzo di nomi devo farti??!!”
“Colin non ci riesce… tu sei sempre stato il piú forte ed ora spezzerai il cuore anche a Glam. Credi che non sappia che ci vai a letto?”
Jared provó come un distacco, da sé stesso e da quel preciso momento.
“Tu… tu mi stai giudicando… senza… senza sapere nemmeno di cosa stai parlando… e sei… sei mio fratello…”
“Jared… Jared perdonami, io non…” – ma Jared riattaccó, mentre Shannon si rendeva conto di averlo trattato anche peggio di quanto non avesse fatto Colin.

“Sciroppo d’acero?”
“Come scusa Owen…?”
“Scusami tu… sei con la testa altrove, hai dei problemi in famiglia?” – domandó con garbo.
“No… no con Shan e Josh va tutto a meraviglia, ma altri … parenti non sono altrettanto felici.”
“Capisco. So cosa vuol dire passare delle crisi matrimoniali.”
“Sei stato sposato?”
“In Svezia, con il mio compagno.” – sorrise.
“Ah… e che fine ha fatto?”
“Sparito, no, siamo sinceri, fuggito con un bel biondino, molto sexy, nulla da obiettare, ma dopo dieci anni di convivenza, è stata dura riprendersi.”
“E come hai risolto?”
“Venendo a Los Angeles, vita nuova, distante da Londra e dai nostri casini personali… Lui vive ancora lí, è tornato e se lo è portato in casa nostra. Pensa che mi ha spedito un assegno come caparra per l’acquisto della mia parte ed io glielo ho rimandato a pezzettini, tutti incollati ad un paio di boxer ahahahah”
“Cavoli… ahahahah”
“Sí, poi il suo avvocato mi ha tartassato di telefonate, ma nulla è cambiato.”
“Lo ami ancora?”
“No! Lo detesto, ma in Inghilterra non torno da due anni ed ho quasi rinnegato famiglia ed amici… Chi mi ama saprá aspettare il ritorno del figliol prodigo… Ok, basta con queste lagne, parliamo di noi.” – sorrise ammiccante.
“Di noi?” – tossí Tomo.
“Non strozzarti, per caritá, mi servi vivo per la mostra ahahahah… Cosa ne pensi, ti piace davvero l’idea od hai un altro agente?”
“Un… un agente? Ma no, è una passione, che non si è ancora concretizzata come un vero e proprio lavoro Owen…”
“Allora proviamoci, a farlo diventare un hobby ben retribuito!” – era convincente.
Tomo annuí, gustandosi un ottimo espresso.

I piccoli della classe di Syria erano gli ultimi della lunga lista per le vaccinazioni.
Entrarono nell’ambulatorio cantando una pezzo del gruppo di Jared.
Lui rimase stupito e sorrise, applaudendoli.
C’era anche Lula, che spuntó in braccio a Glam.
“Eccoci qui campione, pronto per il pizzicotto?”
“Sí daddy…” – e chinó la testolina nel collo di Geffen, che strizzó l’occhio a Sebastian, che fu veloce e preciso come sempre.
“Fatto! Sei stato bravissimo, ora andiamo da Jared, che ti regala una cosa, anzi due, vero?”
“Ciao Glam… sí, certo, un delfino e poi… arancia o limone?”
“Arancia!”
“Prego signore, il suo lecca lecca.” – glielo mise tra le manine baciandole, sfiorando il petto di Glam, che si piegó verso il suo orecchio – “Ti amo cucciolo…”
Jared abbassó lo sguardo, senza rispondere.
Syria si era avvicinata troppo a loro, ma non fu per quello.
Era ancora molto turbato per la conversazione avuta con Shannon e lo spiegó a Geffen cinque minuti dopo, chiusi nella dispensa, dove erano andati con la scusa di prendere altre bibite.
“Mi dispiace Jared…So quanto sei in simbiosi con Shan, ma il momento è difficile per tutti e spesso si dicono cose che… non si pensano.”
“Stai parlando di Colin?”
“Anche di lui, ovvio, ma tu ora devi ritrovare la calma… eri splendido di là, con i piccoli… Qui tutti apprezzano ció che fai, ti stai sacrificando, è una tua abitudine, ma non devi esasperare questo momento. Se vuoi io mi faró da parte e sono pronto anche ad affrontare Colin, spiegandogli che non saró piú un problema, né per lui e tanto meno per te Jared.”
“Ma… ma tu non sei un problema per me!”
“E cosa sono, allora? Guarda che non voglio lusinghe o conferme, so che a modo tuo mi ami.”
“A … a modo mio?” – sorrise nervosamente.
“Colin è come un relitto incagliato nel tuo cuore, non potrai mai liberartene.”
“Perché dici queste cose Glam?!” – chiese infuriandosi.
“Perché sono un uomo concreto e coerente, dovresti saperlo, non ho mai approfittato dei sentimenti che ci legavano, restando in disparte per mesi, rispettando ad oltranza la tua esistenza, nonostante i casini, le fughe, i ritorni… Sei un essere speciale, ma appartieni a Colin Farrell, figli o non figli, questa è la veritá.” – sospiró amaro, allargando le braccia.
“Hai… hai parlato con lui!!”
“No e non gridare, non serve a niente Jared, proprio a niente.”
Uscí, pallido in volto, stranito dal suo stesso discorso.

“Ceniamo insieme?”
La domanda di Syria era gentile.
L’attesa della risposta da parte di Jared, trepidante.
Lui respiró forte, poi disse – “Sí, certo. Ti porto da qualche parte, vuoi?”
“Davvero?”
“Sí davvero, dimmi tu dove, perché io non mi oriento ancora bene.”
“Hanno aperto un ristorante vicino a casa mia...”
“Perfetto. Andiamo.”
“Lo… lo diciamo anche a Sebastian?”
“Come vuoi…” – scrolló le spalle.
“Magari domani… ok Jared, andiamo.” – sorrise.

Era un locale carino ed appartato.
Pochi avventori, il personale cortese e veloce.
“Finalmente mangi, sono contento.”
“Anche tu… anche se…”
“Anche se cosa Syria?” – domandó mesto.
“Sembri … sconvolto…”
“Sí, lo sono.”
“Se vuoi sfogarti… parla pure.”
“Non è il caso, non me la sento, piuttosto… piuttosto raccontami qualcosa di te…”
“Io… io sono senza parole, non credo neppure di essere qui…”
“Come mai?”
“Tu sei Jared Leto e…”
“Che culo! Ops… scusami…” – rise spostando le iridi di zaffiro altrove.
“Finalmente un po’ di allegria…”
“Vero… sto bene con te, almeno non rompi le palle come gli altri…”
“Gli altri? Chi sono gli altri?”
“Oh… vuoi un elenco? Mio fratello, il mio uomo… il mio… da oggi pomeriggio non so bene come indicarlo, prima lo avrei definito il migliore amico di questa vita del cazzo, in cui tutto va storto…”
“Mi dispiace Jared… So che stai con Colin Farrell… Ed avete degli splendidi bimbi…” – sorrise.
“Tutto vero. Tutto in un limbo, di cui siamo responsabili sia io che Cole, ma a quanto pare facciamo a gara a chi è piú stronzo… Senti, andiamocene, ti scorto fino a casa, non ho piú fame.”
“Va bene Jared, tanto io ho finito…”
“Sei adorabile, ci rifaremo un’altra sera, magari quando non avró piú tutta questa… rabbia…”



Capitolo n. 17 – gold



Robert aprí a fatica la blindata del piccolo alloggio, che aveva acquistato insieme a Jude, che alle sue spalle stava ridacchiando – “Invecchi Downey!! Ahahah Dai che mi cade tutta la spesa!”
In effetti Law stava barcollando, carico di buste del loro market preferito.
“Un attimo… ecco fatto rompiscatole! Oh nooo il termostato si è di nuovo rotto!!! Si gela cazzo!”
“Accendi il caminetto, al riscaldamento ci penso io…”
Ritrovarono tutte le loro cose, in quelle tre stanze tappezzate di foto, disegni, mobili pregiati, argenti e vasi di vetro soffiato, acquistati da Tiffany ed a Venezia, durante diversi viaggi, anche per lavoro.
Jude estrasse dall’armadio un piumino a due piazze e lo gettó sul grande divano, davanti al fuoco giá acceso – “Sú, sú spogliamoci!” – rise di nuovo, togliendo gli abiti a Robert, che lo ricambiava, anche in baci carichi di dolcezza.
Si annullavano in quei pochi metri quadri, dove l’essenza di loro trasudava da ogni elemento.
Nudi e tremanti si infilarono sotto le coltri, abbracciandosi forte.
“Ora… ora vedrai che non avremo piú tanto freddo Rob…”
“Ti amo da impazzire Jude… ti amo…” – e lo bació nuovamente, mescolando sorrisi e gioia, pronti a celebrare ancora una volta la loro intimitá assoluta.

Jared non seppe mai spiegare a sé stesso, come fosse potuto accadere, non ci riuscí per il resto della sua vita.
Tenere stretto il corpo morbido e dorato di Syria, muovendosi dentro di lei, dopo un lungo bacio, che le diede senza preavviso, in una pausa di quelle in cui non si sa piú cosa dire e di solito ci si saluta.
Lui non lo aveva fatto, dopo averla ascoltata raccontare di come Geffen l’aveva aiutata sistemando lei ed una cugina, trasferita per qualche mese a Dallas per un master, in quell’appartamento, pagando anche gli studi ad entrambi ed offrendo un lavoro a lei.
“Lui è un uomo generoso… ha una moglie bellissima, la conosci Jared?”
“Se parli di Pamela sí, la conosco, ma non sono sposati… hanno due figlie, gemelle e Glam è stato sposato… credo tre volte...” – rise.
“Sí, mi riferivo a lei… È simpatica.”
“Sicuramente.”
Syria non fece domande inopportune, su Colin o sullo stesso Geffen, cosí che Jared si sentí a proprio agio, ricordando qualche aneddoto sui concerti dei Mars, nulla di che.
Una conversazione gradevole, innocua.
Quello che stava accadendo, invece, aveva un sapore ormai dimenticato.
Jared pensó a Cameron, l’unica donna che aveva amato… Eppure Syria lui non l’amava, allora cosa stava facendo?
Semplicemente l’amore e lei ne sembrava davvero felice.
Lei che non diceva nulla, solo i suoi respiri parlavano dei sentimenti, che provava per Jared dal primo momento in cui le aveva rivolto la parola.
A parte quello iniziale, non la bació di nuovo, era un contatto che per Jared aveva un peso fondamentale, che andava oltre il sesso, che poteva anche essere consumato tra persone che non si amavano: e lui non amava Syria, pensó di non esserle neppure affezionato, non c’era stato il tempo, forse un giorno… Sí, un giorno, perché quando si sollevó da lei, spostandole i capelli dal viso sudato, continuava a chiedersi se fosse impazzito.
A quel punto lei sembró intimidita dal suo silenzio e capí che negli occhi bellissimi di Jared, c’era solo l’ennesima amarezza, per avere commesso uno sbaglio.
Si coprí istintivamente gli splendidi seni con il lenzuolo.
Jared le sfioró lo zigomo sinistro, poi la fronte, con le dita gelide – “Scusami… scusami Syria.”

Glam varcó la soglia del rifugio di Jared, ormai lo chiamavano in quel modo, rendendosi conto che non aveva dormito lí.
Il letto era stranamente intatto, pensó che fosse strano che l’avesse rifatto prima di uscire.
Era molto presto.
Provó a telefonargli, ma lui entró proprio in quell’istante.
“Glam…?!”
“Ciao… scusa per l’ora… hai dimenticato qualcosa?”
“Come… cosa… cosa stai dicendo?”
“Credevo fossi giá al lavoro e che… ma cosa ti è successo? Sei… stravolto…”
Jared si appoggió alla parete, strofinandosi gli occhi – “Devo… devo farmi una doccia Glam…”
“Jay… dimmi cosa ti è successo per favore!” – lo prese per le braccia, sentendo un buon profumo.
“Glam… ho… ho fatto una stronzata…”
“Di cosa parli?”
Lui si divincoló piano, andandosi a sedere sugli scalini, che separavano la sala dal bagno, la testa tra le mani, lo sguardo perso – “Ho fatto sesso con Syria… o l’amore, cioè...”
Geffen gli andó vicino – “Syria…? Jared quella ragazza ti adora…”
“Non volevo prenderla in giro!” – esclamó furioso.
“Calmati, sono sicuro che tu non volevi… Ascolta, dove è successo?”
“A… a casa sua…”
“Credo… credo di essere responsabile, insieme agli altri, di averti spinto a questo…”
“Cosa stai dicendo Glam…”
“Stai andando alla deriva Jared, ma ti rendi conto che le tue azioni potrebbero avere delle conseguenze? Hai almeno usato un preservativo?”
“Ma ti sembra che io vada in giro con… No, no non abbiamo usato un bel niente! Conseguenze!? Forse lei prende la pillola e… ma che cazzo sto dicendo?”
“Per quanto ne so Syria ha dei problemi di salute, ma non ho idea se prenda o meno anticoncezionali.”
“Quali problemi di salute?”
“Dopo il sisma, ha avuto una lunga malattia, una serie di infezioni. Diciamo che grazie all’aiuto di Sebastian è guarita, ma è sempre sotto controllo, perché il suo sangue, i polmoni ed il cuore hanno subito dei danni gravi…”
“Per questo è tanto minuta, mangia poco…Ma sembra stare bene…”
“Sí sta meglio, ora avrá solo una cicatrice in piú.” – replicó severo, dirigendosi verso l’uscita,
“Glam… per favore… non andare via.”
“Purtroppo non posso restare… volevo svegliarti, chiederti perdono e portarti a fare colazione, ma ci sono persone che mi stanno aspettando.”
Jared si alzó mestamente – “Sí… è ovvio…” – disse con voce incolore.
“No che non è ovvio, Jared accidenti!” – gridó a denti stretti, scrollandolo.
“Glam…io non…”
“Piantala di fare casini!” – aggiunse con veemenza, per poi andarsene, sbattendo la porta.


Capitolo n. 18 – gold



Il campanello fece sobbalzare Jared, che corse ad aprire, pensando, con sollievo, che Glam ci avesse ripensato.
“Shan… ??!!”
“Mi fai entrare Jay…?” – il suo sorriso, l’abbraccio che lo seguí, la gioia del fratello, quasi lo travolsero.
Scoppió a piangere e, come un cucciolo indifeso, non riusciva piú a staccarsi da Shannon.
“Sei qui… Shan tu sei qui…” continuava a ripetere, dondolandosi sul suo cuore generoso.
“Sí, non potevo piú rimandare Jared… allora, come vanno le cose?”
“Vieni, sediamoci, ti preparo qualcosa? Ma che volo hai preso?”
“Veramente si tratta di un aereo privato…”
“No… Antonio è qui con te?!”
“Veramente è andato da Glam, ti manda questa.” – e gli porse una busta sigillata.
“Mi ha… scritto una lettera?” – chiese stupito.
“Dice che lui il pc non sa neanche accenderlo con l’accendino ahahahh…”
Anche Jared rise, aprendola – “Ti dispiace se la leggo subito?”
“Fai pure, io penso al caffè, cosa ne dici?”
“Dico che ti voglio un bene infinito Shan…”
“Anch’io Jared… anch’io, non dimenticarlo mai.”

§ Se mi lasciassi prendere dall’incazzatura, ti direi che sei un disgraziato!
Ciao Jared… invece so quanto hai sofferto l’anno scorso e ti chiedo scusa per non avere capito il disagio, che ti stava uccidendo a poco a poco.
Molti di noi devono farsi perdonare da te, che hai dato molto, senza chiedere niente.
Infatti non penso proprio che ti stia vendicando, anzi, ci stai mettendo davanti ai nostri errori, che sono, peró, riparabili, vero ragazzo?!
Ho visto Colin.
È uno straccio.
Lo saprai meglio di chiunque, quanto lui si perda in un bicchiere d’acqua senza di te.
Avró cura che non faccia scemenze, soprattutto con i miei nipotini, ma tu devi tornare.
Se ci girassi intorno sarei stronzo come tutti quelli, me compreso, che ti hanno sopravvalutato… parola errata, ti abbiamo trascurato e per noi era scontato il dono che la vita ci aveva fatto, permettendoci di amarti.
L’amore non è mai scontato.
Quando leggerai questa mia, saró da Glam.
Devo consegnargli del denaro per la fondazione e farci due chiacchiere.
Credo di averti ripreso giá in passato su di lui, ma questa volta voglio sforzarmi di comprendere quanto tu possa amarlo.
Approfitto per dirti ancora una cosa.
Ho cambiato, spero per l’ultima volta, il mio testamento.
A te andrá il sessanta per cento dei miei averi.
A Kevin il trenta ed il resto a quei parassiti dei miei familiari.
Non chiedermi di cambiare idea, perché non lo faró.
Preparati piuttosto a litigare con i loro legali, tanto hai la consulenza gratuita, no? Sto sogghignando, cosa vuoi, ad una certa etá si parla da soli, si ride da soli… Ma non sono ancora rincoglionito!!
Bene, ci vediamo al compleanno di Rebecca.
Se mancherai, manderó l’esercito a prenderti.
Con tutto il mio affetto,
nonno Antonio. §

Jared asciugó ancora una lacrima.
“Ci è andato pesante?”
“No Shan… come sempre è unico…”
“È in ansia, per Colin, per i bambini, insomma siamo tutti perduti senza di te… Vorremmo solo farti capire che aspettiamo il tuo ritorno, ma senza soffocarti… Abbiamo bisogno di te Jared…”
“Anch’io di voi… ma ho bisogno anche di questo ed ho bisogno di Glam, è giusto che tu lo sappia, ma con questo non sto dicendo che ho dimenticato Colin, io lo amo, amo Colin, ma è come se… come se non ne fossi piú capace… è come un blocco o è una voragine, che sto cercando di colmare con il volontariato, con Geffen e…ho tanti nuovi amici…”
“Non avevo dubbi su questo, sei socievole, sei disponibile…E noi ne abbiamo approfittato, anche se eravamo tutti in buona fede.”
“Questo lo so Shan. Lo so.” – tornó a stringerlo, senza piú avere la necessitá di parlare.

Geffen era seduto alla scrivania, contorcendo le mani e sbuffando ad ogni rumore.
Quando Tania gli annunció l’annuncio di Meliti, si piegó, battendo piano la testa sul porta documenti in pelle, poi si alzó per andargli incontro e farlo accomodare.
“Cosa ti porta in questo inferno?”
“Ciao Glam, come stai?”
“Bene…”
“Davvero? Hai un’aria inguardabile! Permesso… Ho portato Shannon da suo fratello, ti ricordi di lui, sto parlando di Jared…” – lo fissó di sguincio, ironicamente.
“Lo ricordo perfettamente.”
“Non avevo dubbi. Senti Glam, qui c’è un bell’assegno per i piccoli…”
“Grazie Antonio… e la predica è compresa nel prezzo?”
“Come no… quanti anni hai? 55 ad aprile?”
“Accidenti, come fai a ricordarlo?”
“Ho buona memoria…Il punto è che sei troppo grande ed hai una tale esperienza di vita, che non credo tu abbia bisogno delle mie romanzine. Che diritto avrei poi di fartele?”
“Stammi a sentire Antonio… Ieri ho detto a Jared di tornarsene da Colin, non cosí esplicito, ma il senso era quello… poi mi sono sentito morire… al solo pensiero che lui scomparisse di nuovo dai miei giorni, perché sarebbe per sempre, dopo quello che è successo… È tutto irrimediabile…”
“Solo alla morte non esiste rimedio, tra persone civili si puó ragionare. E noi siamo qualcosa di piú. Siamo una famiglia.”
“Una famiglia… giá…”
“Stai pensando a Kevin? E fai bene. Fai davvero bene.” – e lo incenerí con un’occhiata quasi spietata.

“Shan non hai bagagli… ma non ti fermi neppure un giorno?”
“No Jared, è stata proprio una missione toccata e fuga…Se vuoi resto e rientro domani o dopo…”
“No… no, hai un compagno ed un figlio stupendi, non trattenerti oltre…non devi…” – il suo respiro si spezzó.
Shan lo stava scrutando con gli occhi lucidi – “Torna… torna insieme a noi Jared…”
Lui non disse nulla.
Shan annuí – “Va bene… va bene, io ci ho provato… Lo scopo della visita non era questo, ma solo farti sapere che io ci sono e che… che ti amo piú di me stesso Jared…”

Lula fece capolino dalla sala giochi alla stanza della merenda, dove Glam stava sistemando scatole di dolci e succhi di frutta.
Con pochi passi arrivó da lui, un gigante, tirandolo per i pantaloni.
“Ehi… ciao soldino di cacio…”
Lula sorrise, facendogli il gesto di abbassarsi con il dito indice.
“Che c’é… hai fatto il voto del silenzio?” – domandó ubbidendo alla sua richiesta, sorridente.
“Daddy devo darti una cosa…” – disse a bassa voce.
“Una cosa?”
“Sí… da zio Jared…”
Geffen aggrottó la fronte – “Ok… dammela pure.”
Lula sorrise, gli cinse il collo, schioccando un bacione sulla guancia di Glam, che strizzó le palpebre, ricambiando quell’attenzione, sulla fronte del bambino – “Sei un tesoro… dov’è zio Jared adesso?”
“Di lá, sta mettendo in ordine i peluches…”
“Capisco…Lo porti tu lo spuntino agli altri?”
“Sí! Sono tutti nel cortile a giocare a pallone… posso farlo anch’io?”
“Ok, ma non sudare troppo...” – e gli passó la cesta, colma di cose buone.

Jared era circondato da sacchi colorati, dove stava dividendo i diversi giochi.
Dava le spalle a Glam, che si avvicinó lentamente.
Lo cinse, dandogli un bacio sulla spalla.
“Glam…grazie…” – si aggrappó a lui, che lo tenne per piú di un’ora sul petto, cullandolo, senza aggiungere altro.



Capitolo n. 19 – gold



Glam stese il plaid a scacchi rossi e blu sulla sabbia, sopra ad una grande stuoia, mentre Jared apriva la cesta, per prendere le stoviglie ed apparecchiare quell’improvvisato pic nic sulla spiaggia, in una caletta riparata dagli scogli.
“Hai visto Glam, che carina quella casetta di legno?”
“Sí, l’ho vista… dormiremo lí stanotte.” – replicó sorridendo, aprendo una bottiglia di vino bianco.
“Cosa…?” – Jared si stupí, schiudendo le labbra in quel modo che apparteneva solo a lui.
Glam lo fissó.
Quindi gli andó vicino, baciandolo.
Appoggió la propria fronte a quella di Jared, chiudendo gli occhi – “Ti amo Jared… e mi ero ripromesso di prendermi cura di te, finché saresti rimasto qui… e vorrei farlo, senza piú litigi, anche se temo sia impossibile.”
“Detesto discutere con te Glam…tu sai quello che sento, quello che… che io provo…” – lo bació a propria volta, stendendosi e portandolo sopra di lui, aprendo la camicia di Geffen, inondando di altri baci e sussulti il suo petto.
Lui ricambió infilando le mani sotto alla maglietta di Jared, che inarcó la schiena, accogliendolo tra le sue gambe.
“A… aspetta… Jared non dobbiamo…è pericoloso.” – si tiró sú malvolentieri, riprendendolo tra le braccia, scusandosi per avere interrotto quel momento cosí intenso.
“Ma… ma non c’è nessuno…”
“È una calma apparente… a dire il vero, ci sono quartieri in questa cittá dove si deve girare armati anche alle tre di pomeriggio…Senti, andiamo nella nostra… capanna, ti piace se la chiamiamo cosí?”
“Ok… mi piace…” – ribatté con un bel sorriso, raccogliendo tutto velocemente.

Owen stava parlando con i fotografi, che avrebbero preparato la brochure di presentazione per la sua personale.
Tomo arrivó in quel momento.
“Ehi benvenuto… eccolo qui, è lui l’artista, ci serve una bella foto in bianco e nero, cosa ne pensi Tomo?”
“Ciao… penso che vada bene.”
“Ok… ok, allora ci serve uno sgabello, un telo per lo sfondo… sú sú ragazzi, diamoci una mossa!” – esclamó battendo le mani, scatenando una chiassosa confusione.
Tomo non amava stare in posa, ma quell’ambiente lo stava divertendo parecchio.
Owen era gentile, ma molto professionale.
Quando si accorse di avere il suo sguardo puntato addosso, Tomo arrossí, coprendosi il viso con i lunghi capelli.
“Carina questa! Ahahahah dai, non coprire questi bei lineamenti…” – lo raggiunse, tirandoglieli indietro, sfiorando il collo del chitarrista – “Per favore… cosí, da bravo…” – disse ammiccante.
Quando tutti se ne andarono, Owen lo invitó per un drink.
“Ma se devi andare a casa…”
“No, posso fermarmi ancora dieci minuti… poi vado a prendere Josh, è a nuoto…”
“Capisco… ecco qui, analcolico per te e… un po’ piú carico per me… salute!”
“Alla tua… anzi, al nostro progetto Owen…” – sorrise.

“Rob hai visto il mio mp3?”
“No amore…te lo fai questo bagno oppure devo supplicarti?” – sussurró, crogiolandosi tra schiuma e paperelle in gomma colorata.
“Togli quelle signorine ed io entreró subito ahahah”
“Ecco qui, tolte!” – le buttó in una cesta, sbarrando gli occhi, per poi inclinare la testa, con un’espressione da cucciolone, come lo definiva sempre Jude, che si decise ad unirsi a lui.
“Apri le gambe Rob…”
“Aww una proposta oscena!!”
“Maddaiii, se no dove mi siedo, è una tinozza questa!”
“Mmmm lo so, tu sei abituato alla Jacuzzi del tuo amichetto irish…” – disse sinuosamente, leccandogli le spalle, dopo che si era finalmente sistemato, appoggiando la propria schiena sul ventre di Robert.
“Smettila… ma quale Jacuzzi...” – ridacchió.
“Scherzi a parte, come sta Colin?”
“Gli ho telefonato, ma non risponde…temo che non sia cambiato nulla.”
“Tu… tu mi lasceresti in una simile agonia, Jude?”
“Non voglio sputare sentenze… istintivamente direi di no, ma bisogna viverle certe situazioni e, pur non approvando Jared, non posso giudicare questo suo momento… avrá le sue ragioni.”
“Sei davvero diplomatico mr Law… mi baceresti ora?”
“Diplomaticamente?”
“In che senso?” – domandó trattenendo una risata.
“Non ne ho idea, ma se ti fa ridere, a me sta bene tutto ahahhaah…” – e senza lasciarlo obiettare, gli prese il viso tra le mani, assaggiando il suo adorabile sapore.

Shannon si infiló sotto alla doccia, era sfinito.
Il caldo di Haiti e la polvere, lo avevano stancato piú del viaggio.
Aprí tutti i getti, godendosi quel momento nel silenzio del suo alloggio.
Quando tornó nel living, il telefono stava suonando giá da un minuto, cosí scattó la segreteria.
“Papá sono io… ti passo Simon… Ciao Shan, guarda che i bambini sono con me, li porto alla End House da Colin, credo che Tomo abbia avuto un contrattempo, comunque gli ho mandato un sms, visto che ha il telefono staccato. Quando senti il messaggio richiama...”
Shan era come intontito, ma poi corse ed attivó il viva voce – “Simon ci sono! Sono a casa… da poco…”
“Oh ciao, tutto a posto?”
“Sí, ma sono stravolto… senti… potresti dire a Colin che ci sentiamo domani, Jared sta bene… beh insomma, è vivo… Mi ripassi Josh?”
“Ok. A domani. Josh vieni, il tuo papá …”
“Acce… papá dov’è mofo papi?”
“Tesoro non lo so… Comunque non si è dimenticato, sará stato trattenuto, ok?” – sembró rassicurare piú sé stesso, che il bimbo.
Si salutarono, poi Shan aprí i messaggi sul tablet, lasciato in bella vista sulla mensola, per leggere il pro-memoria lasciatogli da Tomo.
§ Ciao amore, non so se rientri… lo spero, mi manchi da morire. Verso le quattro sono alla galleria Rice per la mostra…Ti amo. A presto…mofo §
“Rice, ma questo è sempre tra i coglioni!” – sbottó, vestendosi in fretta e componendo il numero del compagno, ma non era raggiungibile.
Afferró le chiavi della moto e scese in garage, per poi uscirne senza quasi guardare se sopraggiungesse qualcuno.
Fortunatamente la strada era deserta, solo il rumore stridente della sua gomma posteriore, dopo un’accelerata violenta e repentina.



Capitolo n. 20 – gold



Owen stava riordinando i documenti, che la sua assistente gli aveva lasciato da firmare su di un tavolo di fortuna.
Era completamente solo.
Si alzó da una sedia in metallo nero, pronto ad andarsene, quando Shan piombó nella sala.
Si fissarono, per un interminabile istante.
“Dov’è Tomo?” – il suo tono oscillava tra il furente ed il costernato.
“Salve… Tomo? È andato via da un pezzo…”
Shan si guardó intorno, vedendo le Polaroid appese ad una bacheca: sotto ad alcune un punto interrogativo e solo ad una un cuoricino, tracciato con un pennarello rosso.
Strappó l’istantanea, puntandola verso Owen.
“Che cazzo significa?!!” – urló.
“Sentimi bene, datti una calmata, è solo un gioco, uno scherzo.”
“Ma io non sto scherzando!!!”
“Se non te ne vai subito chiamo la polizia e non so cosa ti sia messo in testa, perché qui non è successo niente!!” – ribatté con veemenza, mentre un rivolo di sudore scendeva dalla tempia, sino al collo, dove le vene pulsavano.
“Invece a me è chiaro cosa ti sei messo in testa tu, caro mr Rice!” – cosí dicendo gli andó incontro.
Owen retrocesse, scontrandosi con la scrivania improvvisata – “Ma cosa vuoi da me??!”
“Voglio che tu stia lontano da Tomo, hai capito?? Noi abbiamo un figlio, una famiglia, non metterti in mezzo!!” – le sue parole fendevano l’aria, mentre le sue mani avevano afferrato per il bavero Owen.
“Tomo non è una tua proprietá!”
La sua uscita peggioró le cose.
Shan gli diede un ceffone.
Owen rispose con un pugno nello stomaco.
Il batterista dei Mars si piegó tossendo, poi si scaglió su di lui, sollevandolo di peso e sbattendolo sul ripiano, tra depliant, matite e blocchi per appunti.
“Sei solo un frocio di merda!!”
“Frocio… frocio di merda?? Ti sei bevuto il cervello, sei un animale!! Lasciami!!!” – cercó di divincolarsi, ma Shan era piú determinato a dominare la situazione.
I loro respiri si fecero affannosi, Shan si mise a cavalcioni su Owen, bloccandogli le gambe, stringendolo per i polsi, le braccia piegate all’indietro, oltre alla sua testa, che freneticamente si agitava, come i suoi occhi tremolanti ormai.
Improvvisamente le sue iridi azzurre si chiusero, liberando due lacrime e la stessa cosa accadde a quelle di Shan, verdi e lucide, disperate almeno quanto quelle dell’avversario.
Le dita iniziarono ad attenuare la presa, scivolando sui palmi di Owen, mentre i due continuavano a guardarsi, a perdersi.
Shan si abbassó con tutto il corpo, baciando Owen, affondando la sua bocca in quella di lui, che la accolse avida, quasi famelica, come la sua lingua, che esplorava il palato e la gola dell’altro, finché le sue braccia non lo cinturarono, come le sue cosce.
Si strapparono i vestiti, poi Shan lo tiró giú, girandolo e brandendo i suoi fianchi.
“Cristo… scopami… scopami ti prego…”- Owen gemette prima per quella supplica, poi nel sentirlo entrare dentro di sé, con un’unica spinta.
Shan aprí le labbra, cercando ossigeno, mentre quella di Owen si apriva a cercare ossigeno.
Colpi, alternati a sberle su quelle natiche perfette e pallide, morsi mescolati a baci, sulla schiena candida di Rice, che urlava frasi oscene, che coronavano i singulti gutturali di Shan, che stava godendo bestialmente di quell’atto.
Owen inizió a toccarsi, masturbandosi, mentre l’altro lo scopava vigorosamente.
Quando fu sul punto di venire, Shan si ritrasse, provocando un sussulto in Owen, che si ritrovó in ginocchio un attimo dopo, preso per i capelli, che l’altro non lasció finché non smise di venirgli in bocca, invadendo anche quella, deglutendo ed ansimando, mentre l’altro ingoiava e languiva che non smettesse.

Geffen stava in piedi, alla finestra, come ipnotizzato dalla luna piena, che si specchiava nelle onde, che si rincorrevano a metá di quella notte.
Beveva del tè freddo, lasciando cadere qualche goccia sui pettorali, appoggiandosi poi allo stipite, sorridente.
“Glam…Sei bello sai…?”
Jared era raggomilato tra i cuscini e le lenzuola tormentate dal loro amplesso, lo stava fissando da qualche minuto.
“Ehi… credevo dormissi… è comodo il nostro letto?”
“Sí, comodissimo… rimani lí…e non accendere luci…” – si raccomandó, ridendo piano, per poi arrivare a lui, con due falcate eleganti.
Il corpo di Jared era perfetto, sempre allenato, asciutto e virtuoso.
Dapprima accarezzó i capezzoli di Glam, poi li succhió, infine si abbassó, leccandolo sino all’inguine.
“Dio Jared… no… no, non… non devi…” – ma era inutile.
Senza poterlo vedere, precipitato in quell’anfratto sotto al davanzale, Geffen poteva solo a sentirlo.
Abituatosi all’oscuritá, riuscí a scorgere il viso incantevole di Jared, che lambiva e pompava il suo sesso, con le mani e la bocca.
Gli accarezzó i capelli, spostandoli dalle guance madide di sudore, mentre il suo busto si imperlava, gocciolando su Jared, che sembrava esaltarsi ancora di piú per quel dettaglio.
“Tesoro… sto…per esplodere...” – disse quasi contorcendosi, per poi sollevarlo, spingendolo contro il muro – “Prendimi… prendimi Glam…” – lo imploró, cingendo il suo collo, dove affondó un ultimo bacio, mentre Geffen si svuotava nuovamente in lui.




GLAM GEFFEN



JARED LETO

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