Capitolo n. 26 – gold
Geffen appoggió lo scatolone zeppo di specialitá vegan, sul tavolo della cucina – “Tesoro ci sei?”
“Sí Glam, sono qui!” – la voce serena di Jared, arrivava dalla camera da letto.
“Ciao piccolo, ti ho fatto la spesa, ora controllo che mangi e poi torno in ufficio.”
“Grazie…da dove arrivi?”
“Dalla gelateria, ho invitato Syria per due chiacchiere e per divorare una coppa alle creme grande cosí… almeno lei ahahah..” – lo disse raggiungendolo sul letto, mettendosi in ginocchio come Jared, per poi abbracciarlo e baciarlo, prima che replicasse.
“Syria…? Come mai?” – domandó una volta staccatosi, incuriosito.
“Avevo voglia di parlare con lei, è una ragazza sensibile ed intelligente, ma credo che tu lo sappia.”
“Sí… è stata molto corretta, anche se penso che provi qualcosa per me…”
“Prova tanto amore per te Jared… posso capirla…” – disse guardandolo intensamente, spostando i suoi capelli dalla fronte liscia e spaziosa, dove posó le sue labbra, con la tenerezza che Jared adorava – “Ti amo…” – “Anch’io ti amo Glam…ed è tutto cosí… io… io l’ho detto anche a Colin…”
“Cosí come io lo direi a Kevin… ma allora perché non torni da lui?”
“E tu con Kevin…?”
“Nel nostro caso…Potrei addurre ad una questione di tempi. Kevin ha il diritto di realizzarsi, cosí come potevo pretendere che mi seguisse qui? Certo, sarei potuto andare io con lui, ma erano mesi che ad Haiti stavo portando avanti questo progetto…In qualunque momento lo avrei raggiunto, per una pausa, per ritrovarci, salvo imprevisti…”
“Ed io sono stato… l’imprevisto.” – sorrise, ma con perplessitá.
“Potevi fare qualsiasi cosa in qualunque posto del pianeta, ma sei venuto qui Jared… perché?”
Lui abbassó gli occhi, stendendosi, con le mani sul ventre piatto e scolpito, indossava solo un costume a calzoncini, nei colori del Brasile, molto sensuale – “Perché qui c’eri tu…direi che è quasi ovvio, ma per un attimo ho pensato che forse avremmo mantenuto l’equilibrio costruito a Los Angeles in tutti questi anni Glam… Impossibile...”
“Come sta Colin?”
“È proiettato al compleanno di Becki, quando torneró alla End House per un giorno o due… nonostante gli abbia detto che non mi fermeró…”
“Lo credi davvero, Jared?”
Tomo si trattenne per la cena alla End House, insieme ai bambini.
Shannon era sparito, Colin non pervenuto.
In realtá Farrell era in casa, in camera sua, a parlare ancora al pc, ma con Jude.
“Rob voleva davvero annunciarlo in conferenza stampa?” – non riusciva a nascondere il proprio stupore.
“Sí, ma poi l’ho convinto che sarebbe stata una carognata, sia per Susan che per Sienna… Per cui tra una decina di giorni saremo a Malibu, per affrontare entrambi, ma nel frattempo ci godiamo questa vacanza…” – sorrise.
“Vedrai che… andrá tutto bene…” – disse, passandosi le mani tra i capelli corvini.
“Come procede con Jared?”
“Praticamente lo stesso giorno sará qui, per il b-day di Rebecca e lo… riabbracceró, ma…ma ha giá detto che rientrerá ad Haiti, il giorno dopo presumo…” – ammise mestamente.
“Colin posso dirti solo una cosa. Vivila come la classica festa dove i genitori separati presenziano per il bene dei figli. Non fare pressioni, lascia che sia lui a seguire i propri sentimenti, perché tu sei fin troppo limpido, non hai bisogno di esternare o forzare la situazione…”
“Io… io ho solo bisogno di lui, in tutti i modi, mentalmente… fisicamente…sto cosí male e… e prendo dei farmaci…”
“Me ne sono reso conto e sono in ansia per te buddy…”
“Ansia…? Non me ne parlare… mi uccide… e mi impasticco, ma ti garantisco che in questo periodo cercheró di ridurre, non voglio che Jared mi veda ridotto cosí… Non voglio…” – pianse, scusandosi, ma Jude lo confortó con l’ennesimo sorriso.
Owen e Shan si stavano rivestendo, in silenzio, dandosi le spalle.
“Mi hai lasciato un segno… cazzo!” – disse Shan, rabbioso, all’improvviso, nello specchiarsi.
Rice si avvicinó, scrutando il petto dell’altro – “Cosa dici? Non si vede nemmeno…non fare drammi, cos’è il tuo croato fa anche la tac, quando varchi la soglia di casa?” – domandó ironico e sprezzante.
Shan gli molló un manrovescio – “Pulisciti quella fogna quando parli di lui!” – gli urló, ma Owen non voleva subire, non questa volta.
Sferró un pugno sullo zigomo di Shan, facendolo sanguinare – “Contento?!! Ora si vede davvero qualcosa, su quella faccia da stronzo che ri ritrovi!!” – gridó inferocito.
Ripiombarono sul letto disfatto, picchiandosi selvaggiamente.
Shan lo avrebbe ucciso, ne era sicuro, ma sarebbe stato peggio.
I vestiti si ridussero a cenci, i loro muscoli erano sudati ed arrossati dai colpi, i volti stravolti, rigati da lacrime disperate, per differenti ragioni.
Shan inizió a baciarlo, Owen era sotto di lui, assediato dalla sua prepotenza, che si sciolse in qualcosa di terribilmente dolce.
Lo penetró, sconvolgendo entrambi con gemiti convulsi, in un abbraccio che divenne totale.
Le loro bocche non riuscivano a separarsi, come i loro corpi, saldati da un brivido continuo e devastante.
“Eccomi… eccomi Owen…”- mormoró affondando all’inverosimile nell’altro, che tremava e non riusciva a frenare una commozione inconsueta e terribile, affacciatasi ai loro animi torbidi e dimentichi della ben che minima dignitá.
Shannon si sollevó, dopo un orgasmo magnifico.
Strizzó le palpebre stanche.
“Ti amo… io ti amo Shan…” – sussurró Owen, come impaurito.
Il gioco era finito, Chris gettato in un angolo, poi cancellato all’istante.
“É… è un tuo problema. Solo tuo.” – disse, per poi sparire nella notte di Los Angeles.
Capitolo n. 27 – gold
Jared si dimenticó di mangiare e, se glielo avesse chiesto, anche di respirare, solo per stare con Glam.
“Che… che bello sentirti dentro…”
Come un oceano, che lambiva tutte le sue sensazioni, senza manipolarle, semplicemente portandole via, in un viaggio che era appena all’inizio, ma che poteva finire da un momento all’altro.
Geffen era l’uomo che riusciva ad esserci, che poteva anche rimproverarlo, ma l’avrebbe fatto a fin di bene.
Jared capiva che Glam voleva davvero che lui tornasse da Colin e dai figli, ma lui provava un senso di sconforto al solo pensiero.
Una guarigione lunga, necessaria, come piú volte anche Farrell si era ripetuto, per non crollare del tutto.
Ridurre le dosi dei tranquillanti era complicato.
Erano bastate poche settimane per afferrarlo per le caviglie e trascinarlo in un baratro, che Colin pensava appartenere al passato, ma che aveva lo stesso sapore degli abusi di cocaina ed alcolici.
Almeno da questi riusciva a stare lontano, sarebbe stata un’umiliazione insostenibile per Farrell.
Con i bambini era comunque meraviglioso e non dava a vedere quanto fosse dura andare avanti senza Jared; nei momenti peggiori spariva, per poi riemergere in una condizione accettabile.
Le note di Halo rimbombavano nella testa di Shannon, abbandonato su di una panchina, davanti ad un bar che non aveva staccato lo stereo esterno, nonostante una pioggia battente ed ininterrotta da almeno venti minuti.
Shan fissava il vuoto, la moto al suo fianco, il buio che nascondeva i dettagli di quel posto deserto… o quasi.
Una voce lo destó da quel silenzio assurdo.
“Shan… ma sei tu?!”
“Kurt… Kurt!” – era incredulo, scattó in piedi, come se quel piano in granito stesse scottando, volandogli tra le braccia.
“Ma tu guarda se devo imboccarti… quanti anni hai Jared?” – chiese ridacchiando.
“44… per ora… e tu Glam?” – replicó girando il suo sguardo su quello di Geffen, seduto dietro di lui, ancora sul letto.
“54… per ora…” – sorrise, baciandogli il collo.
Jared colse il momento, per ansimare sul suo petto, invadendolo con carezze e piccoli morsi – “No… no! Adesso cerca di mangiare, altrimenti ti picchio!”
“Sul serio?!” – domandó con aria divertita.
“Fidati. Avanti, che è buono… almeno credo ahahahh”
“Polpette di seitan e verdure, buonissime!” – esclamó lui, davanti ad una smorfia di Glam.
“Se lo dici tu…all’alba porteranno delle attrezzature per Sebastian, non posso mancare…”
“Ok… mi sbrigo…”
“No, fai con calma Jared… faccio una doccia e vado, ok?” – ancora un bacio sulla spalla e si alzó.
“Lo sai che io nemmeno mi lavo, se tu non ci sei?!?” – gli urló dietro, ma Geffen scoppió a ridere, indicandogli il vassoio e sibilando – “Finiscilo! Se no… zac!” – e gli mimó un taglia gola, poco rassicurante.
Shannon raccontó tutto a Kurt.
Si erano letteralmente rifugiati nella casa sul mare, che Kurt aveva avuto a titolo di donazione, per la nascita di Martin, da quel Crane che era stato il suo incubo, ma che poi diventó una persona tollerabile e che lui aveva frequentato con una certa regolaritá, prima di trasferirsi a New York City.
“Conosco bene Owen Rice…”
“Era… era un tuo …”
“Sú dillo Shan. Era un mio cliente, verissimo.”
“Kurt non volevo che tu rivangassi il passato…” – mormoró tormentandosi le ginocchia, seduti sul divano al centro del living.
“Il passato, come si dice?... I mattoni che costruiscono le mura del nostro presente…? Comunque, era un uomo bello e virile, lo ricordo cosí, ma anche molto solo… Veniva spesso a Los Angeles, anche quando era ancora con quel suo compagno, a Londra, che poi lo ha tradito… non so se conosci i dettagli…”
“A dire il vero li conosco attraverso Tomo, perché è a lui che ha raccontato questa storia…Sembrava fosse interessato a lui… all’inizio.”
“Forse lo era. Lui voleva solo scopare, dopo quella delusione, ma con me poteva farlo, senza coinvolgimenti, ma con te… Mio Dio, avete giocato pericolosamente ed ora non so davvero come ne uscirai Shan… Ti è entrato nel sangue o sbaglio?”
“Owen non merita qualcosa di pulito…Non permetteró a questo stupido cuore di perdersi… Io non posso, io non DEVO!” – esclamó, battendo i pugni sul tavolo in cristallo, dove le birre aperte da Kurt, erano rimaste intatte.
Jude era al telefono con Sienna da piú di un quarto d’ora.
Pessimo segno.
Parlottava, appoggiato allo stipite della porta della suite, che richiuse vedendo la chiamata.
Era in procinto di uscire per cercare un ristorante con Robert, ma furono interrotti.
Downey aspettó paziente che finisse, fumando una sigaretta sul balcone, ma tendendo l’orecchio per sentire cosa si dicessero.
Quando tornó da lui, si rese conto che era turbato.
“Che succede piccolo?”
“Abbracciami… e… non chiedermi niente, non adesso…scusami Rob…”
La cena non era piú importante, nulla lo era piú di Jude, dei suoi momenti no, dai quali Robert cercava di portarlo lontano, per non sentire troppo il male di vivere.
Capitolo n. 28 – gold
Jude voleva solo estraniarsi da quello stato d’animo e Robert lo sapeva.
Bastava un’occhiata tra loro, anche una semplice parola, perché lui avesse cura del compagno, piú giovane ed a volte ingenuo nel credere di potere gestire una vita, che tutto era, fuorché semplice.
Lo lasciava libero di sfogarsi, anche in un letto, quando il silenzio era indispensabile per riportarlo alla serenitá.
Il suo corpo era solo un tramite, dove Jude poteva perdersi, possedendolo, anche senza quel trasporto amorevole, anche facendo solo del sesso, per Robert non era un problema.
La prima cosa era Jude, poi lui poteva anche venire dopo, sino alla fine.
Le lacrime, la fragilitá, erano lo stadio successivo.
Downey lo teneva a sé con calma, cercando di farlo parlare, perché qualcosa era successo con Sienna e, viste le loro intenzioni, sarebbe stato utile prepararsi.
Jude si strofinó gli occhi e poi si soffió il naso, con il kleenex che Robert gli aveva passato, accarezzandogli i capelli scompigliati e poi il volto bellissimo.
“Adesso vieni qui e prova a raccontarmi…se te la senti Jude…”
Lui si rannicchió sul cuore di Downey, pronto ad aprirsi.
“Lei… lei ti ha insultato…” – esordí nervosamente.
“In che modo…?” – domandó dolcemente.
“Ha detto che passo tutto il mio tempo con te…definendoti…quel vecchio stronzo e drogato…” – deglutí, affondando le dita nella pelle di Rob, che sorrise – “Ha detto questo?... Ho quasi 51 anni… diciamo che non sono piú giovanissimo…” – ridacchió – “Poi… stronzo… sí, lo sono stato, ha ragione Sienna, per tanto tempo, prima di incontrare uno splendido ragazzo inglese…Cos’altro?... Drogato? Solo di te, Jude…Sono stato un tossico, lo sanno anche le pietre, ma mi sono ripulito una dozzina di anni fa, quindi potrebbe anche sgolarsi nel ripeterlo, ma la veritá resta questa e, se sono una persona migliore, lo devo all’amore che ci lega da otto anni.” – concluse deciso, poi lo bació profondamente.
“E adesso… c’è ancora qualcosa che quella donna ha detto di noi?”
“Che… che siamo due … puttanieri…”
A quel punto scoppiarono a ridere come pazzi.
Era paradossale: le sue accuse si basavano su questa teoria che i due inseparabili attori se la spassassero in giro per il mondo, con la scusa del lavoro, in chissá quali festini, a base di orge e cocaina.
Quando si calmarono, Robert aprí una bottiglia di champagne e propose a Jude di brindare alla loro splendida interpretazione, se la Miller aveva cosí equivocato – “Per il mio compleanno, a Malibu, le daremo davvero un duro colpo…In ogni caso parleremo prima con un legale, quindi anticipiamo la nostra partenza tesoro e se Colin ci ospitasse, tu potresti tenergli un po’ di compagnia ed io consultare un divorzista...”
“A proposito…Colin ha dei problemi…con gli psicofarmaci…”
“Potremmo portarlo da un medico di mia fiducia, non deve assolutamente crollare, non ora, se Jared torna per la festa della bimba…Certo posso capirlo… io non sopravviverei se tu…”
“Non accadrá mai!” – e lo strinse forte, colmandolo di attenzioni per il resto della notte.
“Dove diavolo sei stato!!??”
Tomo avrebbe vomitato anche le tonsille, se avesse continuato ad urlare in quel modo.
Shan era tormentato da un’emicrania terribile, ma non voleva rimandare quel confronto: “Cristo smettila…Sveglierai Josh…”
“Josh è da Colin!” – ringhió furioso.
“Ok… ti devo parlare…”
“Davvero Shan?! Per dirmi cosa?!! Che ti trascuro, che ce l’hai con me perché passo troppo tempo dietro alle mie sculture?? O si tratta di Rice?? Cosa cazzo di sei messo in testa!!??”
“Rice? Cosa …?”
“Sí, Owen Rice! Io non ci vado a letto, non mi interessa, anche se lui ha fatto il coglione all’inizio, ma erano solo parole! È da quel momento che sei strano, che sei cambiato con me! Cosa credi che non me ne sia accorto…” – disse sconfortato, trangugiando dell’acqua, che per poco non lo strozzó.
Shannon gli si avvicinó, ma lui lo respinse, con poca convinzione.
Finirono sul pavimento, in ginocchio, abbracciandosi e piangendo.
“Io… io sono pronto a lasciare perdere questa stupida mostra, se il risultato è questo…” – singhiozzó disperato, mentre Shan non smetteva di sfiorargli i capelli e poi la fronte con baci leggeri, che presto diventarono piú intensi – “Sei… sei la mia vita Tomo… tu sei la mia famiglia…Ho piena fiducia in te… non ho… non ho mai dubitato…”
Il mondo delle bugie, era quello in cui Shan ormai aveva deciso di abitare.
Era intenzionato a dire tutto a Tomo, ma la sua costernazione e tutte quelle foto, che dai ripiani lo fissavano, con i sorrisi del loro bambino, con i successi della loro band, con il fratello Jared, che era sempre stato il ribelle, ma dov’era il suo Jared…?
Era tutto cosí difficile senza di lui.
Insostenibile.
Capitolo n. 29 - gold
La festa sulla spiaggia era stata organizzata dai ragazzi della mensa per i poveri, integrata nella fondazione Geffen ed annessa all’ospedale della stessa.
Glam e Jared arrivarono insieme, vestiti entrambi di bianco, scalzi e con una bottiglietta di birra ciascuno, giá vuota a metá.
Si tenevano per mano.
Tutti sapevano della loro amicizia e della situazione sentimentale di Leto con il compagno Farrell, dei loro figli, della End House, tutte notizie a cui la stampa internazionale di tanto in tanto si insinuava, senza peraltro ottenere dichiarazioni dirette dei protagonisti.
Era noto anche il contributo dei due artisti all’organizzazione di Geffen ad Haiti, per cui erano ufficialmente dei benefattori.
Del resto lo stesso avvocato aveva detto chiaramente che la presenza di Jared era estemporanea e che nessuno doveva importunarlo, a nessun titolo.
Il che fu chiarito sia ai responsabili dei vari servizi, sia a tutti coloro che facevano parte dell’ampio staff ben retribuito da Glam.
I volontari erano benvenuti, ma Geffen li ospitava e li assisteva a proprie spese.
Lui aveva dato piú volte dimostrazione di generositá, comprensione e presenza, ma anche di fermezza e severitá.
Glam si mise a sedere, restando alle spalle di Jared, che si sistemó, chiedendogli di abbracciarlo.
Geffen sorrise, fissandolo, mentre Jared lo guardava, girando la testa – “Ti dispiace..?”
“Cosa amore..?”
Jared sorrise – “Che.. che gli altri vedano cosa proviamo..”
“Io vedo soltanto te.. e non solo questa sera..”
Si strinsero, mentre Syria e due sue amiche si univano alla chiassosa compagnia.
Lei accennó un saluto verso Jared, che voleva mantenere con lei un’amicizia serena, ma senza andare oltre il chiarimento che c’era stato sulla loro notte insieme.
Sul viso della ragazza i sentimenti parlavano chiaramente di un coinvolgimento totale verso di lui, che aveva cercato di essere gentile, ma risoluto nel dare subito un taglio, onde evitare dolorosi equivoci.
Ricambió il gesto, restando comunque appoggiato al petto di Glam, che salutó a propria volta, ma sempre a distanza, la giovane.
Lei bisbiglió qualcosa ad uno degli assistenti del dottor Rodriguez, che fissó per una frazione di secondo Geffen.
“Glam.. mi baceresti..?”
Lui lo fece, accarezzandogli la guancia destra, mentre Jared avvolse il suo collo, prima con le dita, poi con la bocca – “Voglio sentirti dentro.. ovunque.. per ore..” – ansimó.
Geffen fece scivolare la sua lingua calda e voluttuosa fino al piccolo orecchio di Jared, un’altra parte perfetta di lui – “Mi avrai.. in tutti i modi che vuoi Jay.. vieni, andiamocene..”
Sparirono, tra il suono della risacca delle onde ed il crepitio dei faló.
Lungo le scale, sui vari pianerottoli, ad ogni piano, non riuscivano a staccarsi: con i loro baci arrivarono sino alla porta dell’appartamento di Jared, che aprí a fatica la blindata, richiudendola poi con foga, mentre Glam lo prendeva in braccio, ridendo e facendolo roteare per il living, sino alla camera da letto, sul quale si buttarono spogliandosi velocemente.
Jared si inginocchió al lato di Glam, baciandolo tra le gambe, succhiandone il sesso con gioia e passione.
Era felice, ogni parte di lui lo diceva chiaramente.
Il suono del palmare di Geffen disturbó quell’attimo di magia e sensualitá.
Era caduto tra le lenzuola - “Ehi.. piccolo.. lo.. lo spengo subito.. aspetta..” – ma poi vide che era Kevin.
Le sue chiamate erano cosí rare, quanto preziose, come le email ed i brevi video che mandava a Glam, dalle cittá dove avrebbe suonato con la band, raccontando dettagli divertenti, con quella voce e quell’allegria contagiosa, che apriva un solco nel cuore di Geffen, tagliato a metá tra i sentimenti che provava per Kevin e quelli per Jared.
Era tutto assurdo, una partita dalla posta davvero alta, una sola vita non sarebbe bastata a Glam per capire cosa volesse realmente, se mai avesse dovuto scegliere.
“Ja.. Jared.. perdonami.. devo rispondere…”
Lui non aveva ancora rinunciato, alzó gli occhi, ferendo quelli di Glam, che con la massima dolcezza lo allontanó da sé, sollevandosi, per cambiare stanza.
Sentí la loro conversazione, capendo subito che era Kevin.
Per nulla amareggiato di ció, cercó di sedare subito la rabbia che gli saliva dallo stomaco, nel vedere come si fosse mosso Glam in quella circostanza.
Nella mente un semplice ragionamento – § Poteva richiamarlo domani.. poteva mandargli un messaggio mentre io facevo una doccia.. §
“Ok.. divertiti Kevin.. certo.. certo tesoro, la leggeró quando torno a casa.. sí.. infatti.. ok, a presto. Ciao.”
Chiuse la telefonata e tornó da Jared, che era rannicchiato tra le lenzuola.
“Ti.. ti chiedo scusa..” – comprese al volo quella sua leggerezza.
“Adesso hai tempo anche per me? Per scoparmi? O devi sentire qualcun altro?” – disse senza guardarlo.
Glam si allungó, prendendolo delicatamente per i fianchi, voltandolo – “Jared era Kevin..”
“Lo so chi era!” – si mise seduto, spostandolo.
“Jared non rovinare questa serata..”
“Io la rovinerei!!?” – urló, dandogli un primo schiaffo, poi un altro, ancora uno e Glam gli afferró i polsi – “Ora basta!! Cazzo Jared!!!” – lo spinse sotto di lui, infilandosi tra le sue gambe, alzandogli le braccia, bloccandolo – “Lasciami!! Sei uno stronzo!! Uno stronzo fottuto!!” – il suo volto fu investito da un fremito ed un pianto irrefrenabile, disperato.
“Ho ucciso un uomo per te!! E sono morto per te Jared, cosa diavolo devo ancora dimostrarti!!? Dimmelo!!” – il suo grido era drammatico, la sua morsa invece sembró allentarsi, sino a liberare Jared da quella falsa prepotenza.
Si alzó, cercando poi i vestiti.
Jared piangeva, senza muovere un solo muscolo, fermo in quella strana posizione, come se qualcuno lo avesse messo su di una croce.
Glam infiló solo i pantaloni, dove ripose il cellulare, per poi andarsene, senza voltarsi indietro.
La luce dell’alba ferí le sue iridi azzurre.
Glam bofonchió qualcosa, stiracchiandosi sul divano del suo studio, lamentandosi per la schiena indolenzita.
Prese un sorso di acqua e poi selezionó il viva voce ed il numero di Jared sull’apparecchio della sua scrivania.
Suonava libero, ma nessuna risposta.
Pensó che fosse incazzato.
Gli mandó un sms – § Voglio sentire la tua voce.. smettila di fare il bambino.. Jared..§
Ancora due tentativi, inutili.
“Cazzo!” – esclamó, provando sul fisso.
C’era la segreteria – “Jared.. Jared dobbiamo parlare, alza questa maledetta cornetta!... Jared! Ok, vengo da te. Aspettami, per favore..” – concluse esasperato.
La casa era ancora immersa in una semi oscuritá.
Jared non aveva ancora tirato sú le tapparelle.
Forse era uscito presto.
Un rumore, peró, veniva dal bagno.
Era la doccia, rimasta aperta.
Glam decodificó subito quel suono familiare, precipitandosi a vedere se era successo qualcosa.
Jared era riverso sul pavimento, il telefonino sulla mensola degli asciugamani, un bagno schiuma rovesciato, accanto ad una spugna di mare.
“Jared!! Dio.. amore.. svegliati..!”
Lo spostó subito, portandolo avvolto in un telo, sopra al divano del salotto.
Nessuna ferita da caduta, niente lividi.
Era svenuto, Glam lo capí vedendo che si stava riprendendo in stato confusionale.
“Jay.. ehi.. cosa è successo?”
“Glam.. dove.. dove sono?”
“Ad Haiti.. non ti ricordi?”
Lui tossí, aggrappandosi poi a Geffen – “Mi.. mi è caduto il gel.. e mi sono abbassato per.. non ho piú visto niente.. ho.. ho paura.. cosa mi succede?”
“Nulla.. nulla amore.. solo un calo di pressione.. ora andiamo da Rodriguez..”
“No.. non voglio.. ho sete..”
“Sí.. bevi con calma.. hai mangiato qualcosa..?”
“No.. da ieri sera.. non credo.. no..”
Gli preparó subito un pasto caldo, mentre Jared si reidratava.
Prese il piatto e lo imboccó, risedendosi sul bordo del divano – “Mastica con calma.. sei comodo?”
“Sí Glam.. non.. non ci riesco..” – scoppió a piangere, deglutendo a fatica il primo boccone.
Tremava – “Jared.. ora calmati.. ti supplico calmati.. io sono qui, non è successo niente.. va.. va tutto bene, ok?” – lo strinse.
Prese poi un budino al cioccolato – “Questo riesci a mandarlo giú?.. Fallo per me.. Poi andiamo a letto e dormiamo.. Non me ne andró finché non ti sentirai meglio..”
“Davvero..?”
“Sí.. davvero..” – sorrise, accarezzandogli i capelli, poi lo bació – “Ti amo cosí tanto Jared.. io ti amo da sempre.. e non smetteró mai.. e questo dovresti saperlo.. in fondo al tuo cuore..”
Jared sembró trepidare su quell’affermazione.
“Ho.. ho bisogno di te Glam.. ho bisogno di ció che tu mi fai provare..”
“Lo so Jared… lo so piccolo..”
Si abbandonarono ad un sonno leggero, fatto di parole dette sotto voce, sfiorandosi anche con i pensieri.
Glam sapeva delle carenze affettive di Jared, la mancanza del padre, la sua adorazione per il fratello Shannon, ritrovatosi a fare l’adulto troppo presto, ma alla fine con gioia, perché destinatario di tanto amore era il suo Jared.
Appartenere all’amore di cosí tante persone, di lui, di Colin, di Glam, di Kurt, di Syria, della madre, dei figli, era appagante, ma mai completo.
Era come una condanna.
Jared si sveglió ritrovandosi ad un centimetro dalle labbra di Glam, che stava russando piano; era adorabile, non poteva essere suo padre, la differenza di etá non era sufficiente per quel gioco mentale, come accadeva a Kevin, che con quel daddy colmava a propria volta un vuoto, cosa che a Jared non era permesso di fare, come in un meccanismo perverso.
Era l’unica cosa che poteva invidiare al compagno di Geffen, anche se tutti gli equilibri sembravano essere saltati, quando invece erano piú solidi di prima.
“Glam.. ehi.. Glam..”
Una piccola smorfia, buffa e sorniona, prima di svegliarsi da solo.
Jared rise come un bimbo.
Fecero subito l’amore.
Fu bellissimo, a Jared sembró di librarsi in volo, un vento caldo, l’orgasmo di Glam dentro di lui, un posto sicuro, il suo sguardo amorevole, a cui non riusciva a rinunciare.
Capitolo n. 30 – gold
“Sicuro di non volere portare Josh?”
“Sí Tomo, ci sará troppa confusione e poi sai come lavorano i paparazzi, vogliono sempre strumentalizzare le cose che facciamo…”
“Giusto… Amore…vieni qui…” – disse, allungandogli le mani.
Lo strinse baciandolo, mentre Shan si aggrappava a tutto per non pensare ad Owen.
Erano trascorsi pochi giorni, senza messaggi, senza piú nemmeno parlare di lui insieme al compagno, che evitava di nominarlo, ancora convinto di avere provocato Shannon, inutilmente geloso.
La Los Angeles che contava era tutta presente all’evento della galleria Rice.
In effetti il lavoro di Tomo era giá apprezzato, ma se Owen diceva che era un investimento azzeccato, allora tutti i pesci abboccavano e, anche in questa occasione, quasi tutti i pezzi furono venduti.
Entusiasmo alle stelle, anche Colin era tra i vip invitati, insieme a Robert e Jude, che si aggregarono, dopo una telefonata a Rice, che li rivide con molto piacere.
Nelle loro case aveva piazzato qualche quadro di pregio ed erano diventati amici.
I locali dell’esposizione erano al piano rialzato di una sorta di torre di vetro, fatta di altri tre piani, uno per gli uffici, il secondo con terrazza panoramica e zona relax, mentre all’attico Owen aveva ricavato un loft spazioso ed iper tecnologico.
Shannon salí a fumarsi una sigaretta e godersi il panorama del pomeriggio soleggiato, in piena solitudine.
Sentí le risa di Owen arrivare dall’interno del solarium, mescolate a quelle di una voce piú giovane.
Shan si incuriosí, soprattutto perché poteva vederli, senza che loro si accorgessero di lui.
Era con un ragazzo di poco maggiorenne, almeno a prima vista, che era stato accreditato sulla brochure come una nuova scoperta, tanto che aveva esposto una serie di fotografie ritoccate a mano, con una tecnica nuova ed interessante.
Stava assediando Owen, in modo divertito, ma anche provocatorio – “Eddai… portami di sopra…” – “Non se ne parla Tim, lasciami perdere ahahahh…!”
“Owen sei mesi fa non facevi cosí il difficile!” – protestó imbronciandosi, era proprio carino.
Rice lo prese per le spalle, fissandolo – “Adesso torniamo di sotto e ti comporterai bene, ok Tim?”
“Assolutamente…” – sospiró, strofinandosi contro la patta dei pantaloni in seta di Owen.
“Cazzo smettila…” – la sua voce si alteró, ma non abbastanza per fermare Tim, che gli morse il mento, poi lo leccó, finendo per baciarsi con lui, che non riuscí piú a resistergli.
Lo spinse in ginocchio, liberandosi da cintura ed abbassandosi i pantaloni di poco, quel che bastava – “Dai prendilo, se proprio lo vuoi cosí tanto!” – gemette.
Nella mente di Shan e tra i suoi denti una sola parola, pronunciata a mezza voce – “Maiale…!”
Una fitta allo stomaco, mentre Owen, sudato e smanioso veniva sulla lingua di Tim, che si dimostrava molto capace ed avido di lui, riprendendo a succhiare come un forsennato, portandolo ad un secondo orgasmo dopo pochi minuti.
Quando ebbero finito, Rice si sistemó alla meglio, ma Tim voleva continuare – “Allora… mi porti di sopra?”
“No…ma… domani ti chiamo, ok?”
“Ok…torno giú, dov’è il bagno?”
“Dietro di te, seconda porta a destra…scusami, devo rispondere al cellulare…”
In effetti stava suonando e con quella scusa si infiló nell’ascensore interno, mentre Shan saliva per le scale, immaginando che volesse cambiarsi in casa.
Aveva ragione.
Nella foga della telefonata, Owen lasció la porta aperta e Shan si infiló nell’ingresso, richiudendola.
Quando salutó l’interlocutore, finalmente si accorse della sua presenza, sbarrando le iridi chiare e penetranti.
“Shan… cosa diavolo…?”
“Era… era quasi un bambino, quello di prima…”
“Ma che … cosa cazzo dici? Quello un bambino? È solo uno stronzetto qualunque che venderebbe anche la madre pur di avere attenzione da me o da qualsiasi altro esperto d’arte di questa cittá!” – sbottó furioso.
“Esperto di cosa? Esperto del cazzo vorrai dire!” – ribatté avvicinandosi.
Seguirono dieci secondi di pieno silenzio, poi Owen sorrise – “E… esperto… del cazzo?... Ma lo sai che non hai tutti i torti? No… no davvero…”
Quella strana tensione tra loro si sfogó in una risata, quasi clamorosa, quanto improvvisa.
Shan lo afferró per le braccia, attirandolo a sé, per baciarlo ovunque potessero arrivare le sue labbra.
Owen spense le luci, portandolo sul letto, insinuandosi sopra di lui, inondandolo di baci e carezze – “Ti… ti prometto che non lasceró segni Shan…”
“Prendimi Owen… voglio sentirti dentro…ti prego…”
Lo bació con maggiore intensitá, mentre il suo sesso conosceva finalmente le membra calde e pulsanti di Shannon, che quasi incroció le gambe sopra ai fianchi di Owen, che non riusciva piú a controllarsi, sorridendo felice, i loro occhi che si fondevano, come i sussulti di un orgasmo simultaneo.
Shannon riuscí a venire, senza toccarsi, talmente era eccitato e stimolato da pulsioni incontrollabili – “Ti amo… ti amo Shannon… Omiodiomioddio!!...” – l’urlo di Owen si tuffó nella gola dell’amante, che sembrava volerlo inghiottire.
Tremante, ma appagato, Shan lo abbracció forte – “Ti amo Owen… ti amo…anch’io…”
Poi pianse.
SHANNON
TOMO
OWEN
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