mercoledì 20 luglio 2011

ONE SHOT - BISOGNO DI NOI

ONE SHOT - Bisogno di noi


Pov Sherlock Holmes


Fa troppo male.
Questa notte.
Ogni sua stella, è come un piccolo martellio, che ferisce le mie iridi, tremolando verso l’orizzonte.
Mi manchi.
Uno stillicidio, il rincorrersi delle ore, senza di te John.
So che una parte di te mi sta ascoltando ed un’altra mi sta pensando, ma non serve a niente, adesso.

Lei ti ha portato via, poteva accadere in qualsiasi istante, da quando ci conosciamo, ma se almeno fosse stato in principio oppure nel mezzo …
Riesco ancora a raccontarmi frottole, sul fatto che non mi sia innamorato di te, dal primo momento.
Vorrei dimenticare, ma senza cancellarla, quell’emozione fatta di sale e petali, mentre annusavo una camelia dischiusasi all’alba e tu stavi leggendo un libro, preso sopra ad una bancarella poco distante da casa nostra.
Nostra …
Allora non era ancora nostra, non che ora noi si abbia qualcosa di nostro.
Ero immerso nel dedurre se quello fosse o meno il fiore caduto dall’occhiello di Sir Thompson, assassinato la sera prima al teatro dell’opera, che tu mi guardasti.
Era necessario respirare?
No … perché erano le tue iridi ad infondermi ossigeno e voglia di continuare a vivere, adesso che aveva un senso.
Il bocciolo precipitò in una pozzanghera, ma tu lo raccogliesti.
“Le è caduto questo signore …”
“Holmes … mi chiamo Holmes …” – balbettai.
Tu, che hai infuso la sicurezza più divina, nel mio essere altezzoso e vuoto di sentimenti, mi facevi esitare.
“John … John Watson, medico e lei …”
Niente. In verità molte cose, ma non mi sentii piccolo piccolo, mi annullai in te.
Era ciò di cui avevo più paura, ma che mi diede più piacere, soddisfazione, orgoglio: amarti John, John Watson.
“Sherlock … investigatore privato.”
“Sì … la conosco, onorato.”
Le tue bianche falangi, emersero da un guanto in pelle di capretto nocciola, li conservo ancora, sì, va bene, te li ho … rubati.
Con tutte le cose che tu rubasti a me, amore …
Erano tue, nessun furto, ci mancherebbe.
John ti amo.
Lo vorrei scrivere sulla mia pelle, come un carcerato, uno di quegli orribili segni indelebili, che con il tuo nome diverrebbero pura poesia.
Io ti amo … John.
Eri dentro di me, così a fondo, da non comprendere se fosse giorno o notte, se avessi caldo o freddo, se esistessi o meno.
“Ommioddiooo …”
La tua voce si piantò nel mio orecchio sinistro, i tuoi fianchi nei miei, il tuo sesso …
Quindi era quello l’amore carnale … quello autentico, non semplice, non gradevole all’inizio, forse neppure nel mezzo, ma alla fine di sicuro.
Tremavi.
Quasi più di me, che non riuscivo più a riaprire gli occhi.
Era impossibile sopportare l’idea che tu potessi non essere reale, invece c’eri, immenso e dolce.
Nel baciarmi le tempie, “Va … va tutto bene Sherlock … io … ora …”
No ti prego, non uscire da me John, è ancora presto, vorrei addormentarmi così, tenendoti in me, nell’assurdo di me, nel luogo che non conoscevo, quello che solo tu hai illuminato.

Sento i tuoi passi.
Volevi portarmi l’invito alle tue nozze ed hai rimandato in eterno.
E’ un’ottima scusa per farmi visita e giustiziarmi.
So bene come finiscono queste cose John.
Le comodità del focolare domestico, sono sirene ammaliatrici.
L’avventura era uno stimolo continuo, per trattenerti, affascinarti, conquistarti.
Entri.
Un lieve bussare ti precede, certo non è l’ora canonica per dispensare inviti a nozze a parenti ed amici, ma tu hai preferito immergerti nelle tenebre, per poi apparire sulla soglia di questa confusione perenne, che è la mia camera.

“Buonasera Sherlock …”
“Direi che potresti darmi la buona notte Watson.”
Che sarcasmo inopportuno, quale vigliaccheria, non riesco neppure a voltarmi, ma tu sei riflesso nei vetri, no, sbaglio, sei riflesso nelle stelle.

Incedi, sommesso, le spalle curve, sotto al peso della tua scelta? Probabile.
Mi giro di scatto, come un pagliaccio, che vuole sorprendere un bimbo smaliziato, che ha appena finito di gustarsi zucchero filato o caramelle.
Mary è deliziosa, vero?
Cogliesti già …? O forse no …
Ma che accidenti importa, in fondo …
“Bentornato, anche se solo per una cortesia protocollare Watson.” – dico sicuro, ma di cosa?
Sorridi.
“Stai bene, John …?”
Il tuo pallore mi inquieta.
“Sono … stremato, sono tre notti che non dormo ed il giorno è anche peggio.”
Appoggio le mie dita sulle tue sopracciglia, le rimarco, come ad imprimerle nel mio cervello stanco.
Nel mio cuore, stanco.
“E’ … è successo qualcosa dottore?”
“No Sherlock, non è … cambiato nulla.”
Retrocedo.
Mi chiudo, incrocio le braccia, ma tu sciogli questo nodo, che ha buona compagnia, con quello allo stomaco e l’altro in gola.
“Stringimi … ti prego Sherlock …”
Lo faccio immediatamente, colmo di stupore.
Stai liberando un pianto dapprima lieve, poi sempre più consistente, sino a dilatarsi in singhiozzi amari.
“John … Mio Dio John …? Cosa ti prende?”
Torno a fissarti, devi dirmelo e devi farlo subito!
“Era assurdo … la tua felicità, sacrificata per la mia infelicità … Non credi?”
“Pensavo … io John pensavo che tu ne fossi innamorato.”
“Non abbastanza … ti, ti ricordi di questa …?” – ed estrai dal portafogli un frammento di pergamena, in cui hai avvolto qualcosa.
Una camelia.
A guardarla bene non è appassita, anzi, è semplicemente conservata e perfetta.
Sorrido e mi sembra di vivere tutta la gioia del mondo, senza avere fatto nulla.
“Credevo di averla perduta John …”
“L’hai semplicemente lasciata in un libro, che avevo comprato quel giorno.”
Già, il tuo libro John … Una raccolta di poesie.
La pagina conserva ancora il segno della sua corolla.


Lord Byron.
Così più non andremo

Così, più non andremo
In giro senza meta,
Nella notte fonda
Anche se il cuore vuole ancora amore
E la luna risplende luminosa.
Perché, come la spada logora il suo fodero,
L'animo consuma il petto:
Deve placarsi allora il cuore
E l'amore stesso riposare.
Così, anche se la notte fu creata
Per amare; anche se il giorno
Ritorna troppo presto: noi
Più non andremo in giro senza meta
Alla luce della luna.

***

Usciamo, camminando piano, baciandoci, custoditi da questa coltre delicata e rassicurante: non abbiamo bisogno dell’assenso altrui, non abbiamo bisogno di urlare il nostro amore.
Noi, abbiamo soltanto bisogno di … noi, John.
Per sempre.

THE END



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