mercoledì 13 luglio 2011

GOLD - Capitolo n. 212

Capitolo n. 212 – gold


Jared ritrovò Colin in piedi davanti alla culla di Isotta.
Stava piangendo.
“Tesoro … che succede?”
“Jay … Ciao …” – e lo strinse forte.
La bimba dormiva serena, circondata da sonagli colorati e giochi in gomma.
“Stai bene …? Perché queste lacrimone?” – domandò sereno, pensando ai momenti di commozione, che spesso coglievano il partner quando si trattava dei loro cuccioli.
“Ho … ho tanta paura di perdervi …” – disse affondando il suo viso nel collo di Jared, che sembrava cullarlo.
“Invece ci avrai trai piedi in eterno!” – e rise, baciandolo.
Colin tremò, dal cuore alla gola, senza riuscire a cacciare dalla propria mente il profilo di Justin, che si premeva contro il suo, come ad imporsi, mentre invece era lui che lo aveva trascinato in quel momento di pura follia.
Il più grande timore per Farrell, però, era comprendere se si trattava solo di questo.


“Che fine ha fatto Justin?”
Claudine lo chiese al regista, mentre Colin li spiava dal proprio camerino, dove la truccatrice stava coprendo i suoi tatuaggi.
“Per un paio di giorni non lo vedremo, è malato pare … comunque c’è Gary, chiedi a lui per gli story board.”
“Ok … ehi Colin, oggi niente Justin, dobbiamo parlare con Gary.”
“D’accordo … sono quasi pronto.” – disse abbozzando un sorriso, sentendo un bruciore allo stomaco.
Quel mattino si era precipitato agli Studios, per potergli chiedere scusa, ma, dopo un primo momento di sollievo, nel sapere che Justin non ci sarebbe stato, adesso era in ansia e decise di telefonargli.
Il cellulare del ragazzo era spento.
Si preannunciava una giornata pesante, dovevano girare sino a sera, per cui non c’era modo di liberarsi ed andare a casa sua, per controllare che tutto fosse a posto.
Farrell si sentiva in colpa, con tutto ciò che Justin gli aveva confidato: di sicuro non aveva bisogno di un casino del genere, dopo quella relazione disastrosa.
Complici gli impegni di Jared, che doveva concludere la registrazione con Chris ed avrebbe fatto nuovamente tardi, Colin pensò di andare a risolvere da subito quell’imbarazzante situazione, senza rimandare oltre.


Tomo provò gli ultimi accordi: era da solo in sala prove ed aspettava gli altri, persi a fare un’intervista ed una sequenza di foto, per una rivista del settore.
Chris fu il primo a scappare da tutta la curiosità del cronista, che voleva sapere troppo sul suo legame con Rice e sul loro matrimonio.
Il cantante ne fu infastidito, per l’invadenza di quel personaggio, ma specialmente dal suo sorrisino ironico, come se lo stesse prendendo in giro.
Gettò la giacca in pelle sulla poltrona, senza accorgersi del croato, che lo salutò con un sorriso – “Ehi … ci siete tutti?”
“Ciao Tomo … no, Jared e Shan arrivano tra un venti minuti, c’è un produttore che li sta assillando per un nuovo album dei Mars … dovresti andare a sentire anche tu, forse …” – e sorrise, prendendo il microfono e le cuffie.
“Per carità, non ci penso proprio, non l’ho mai fatto e sono troppo vecchio per queste stronzate ahahah”
Chris si unì a quella risata, facendo spallucce – “Meglio occuparsi della famiglia, vero Tomo?”
“Sì, te ne accorgerai presto, dopo il matrimonio …” – ma su quell’ultimo termine, Tomo abbassò lo sguardo.
“Mi dirà bene la seconda volta?” – domandò l’altro, con fare spiritoso e per nulla polemico.
“Spero di sì … te lo auguro di cuore Chris.” – ed arrossì.
“Grazie Tomo … mi chiedevo se … se volevi esserci …”
“Non lo so, forse Owen non sarebbe d’accordo.”
“Credo che a lui stia bene la cosa … vale anche per Shan.”
“Vedremo.” – e sorrise, iniziando a suonare un pezzo, che Chris aveva appena composto.
Iniziò a cantare: una ballata romantica, su di un rapporto finito male ed all’improvviso, con troppe parole non dette.
Tomo lo fissava, come rapito da quelle strofe e dal ritornello “we could be happy, you know?”, sul quale gli occhi di Chris cambiavano direzione, perdendosi nel vuoto e lasciando infine spazio ad un luccichio inconfondibile.
Sul finire, Tomo si alzò, abbandonando lo strumento, per raggiungerlo ed abbracciarlo.
I loro corpi aderirono per una frazione di secondo infinita, così le loro bocche.
Quando si staccarono, lo fecero di pochi millimetri.
“Non … non dire niente Tomo …” – e tornò a baciarlo con intensità.


Justin stava uscendo.
Colin parcheggiò, per poi ripartire, appena lui salì in auto e si avviò verso il centro città.
C’era poco traffico e non fu difficile seguirlo.
“Metropolis … oh cazzo …” – mormorò l’attore, appena Justin si infilò nel parcheggio di una discoteca, che Farrell conosceva solo di fama.
Era il ritrovo più in voga, per i gay di Los Angeles.
Gliene aveva parlato Kurt, che all’epoca frequentava tutti i locali più in, per rimorchiare clienti danarosi.
Poteva desistere e rimandare, ma il volto di Justin non gli piaceva: era molto triste e forse era pronto a fare qualche stupidaggine.
Era anche adulto e vaccinato, ma a Colin non bastava quella corretta motivazione, per lasciarlo in pace alle proprie scelte di vita, che non dovevano riguardarlo.
Si alzò il cappuccio della felpa ed andò a farsi il biglietto alla cassa, dove un bel ragazzo gli sorrise, pur senza riconoscerlo.
Colin si sentì ridicolo, il mondo sapeva che era omosessuale, ma cosa avrebbero starnazzato i tabloid, se qualche paparazzo avesse immortalato quella inconsueta incursione in un posto tanto discutibile.
Chi andava in certi ritrovi, lo faceva in modo disinibito ed esibizionista.
Splendidi modelli ballavano mezzi nudi, su piedistalli, dai quali ammiccavano agli avventori, in cerca di avventure, anche a caro prezzo.
Colin si prese una bibita, faceva un caldo soffocante: forse era una strategia per indurre chi ballava a liberarsi almeno della camicia e restare a petto nudo, così come si accorse che aveva fatto Justin.
Era incastrato tra due culturisti, che se lo stavano baciando, scambiandosi occhiate molto esplicite, su come poteva concludersi quella serata.
La musica era assordante: quando Justin si sentì afferrare un polso e trascinare verso un ascensore panoramico, ridacchiò: forse aveva bevuto o peggio si era drogato, ma aveva solo voglia di svagarsi e non capì che quello era Colin.
Quando furono sulla terrazza deserta, lo scoprì, con estremo stupore: “Tu …?! Accidenti, ma cosa ci fai qui Colin, sei impazzito!!?”
“No, tu sei impazzito a farti sbattere in mezzo alla pista da quei due!!”
Farrell si sfilò la maglia, passandogliela – “Mettila, fa un freddo cane!”
“Ok … grazie … per la cronaca nessuno mi stava sbattendo!” – sembrò ringhiare.
“Ci è mancato poco, ma cosa combini cazzo!?”
“Ma cosa te ne frega, cazzo!!?”
Colin respirò profondamente – “Io … io sono qui per scusarmi … cioè ti ho telefonato, poi sono passato da te, ma stavi andando via …”
“Avevo bisogno di staccare la spina, di prendere la distanza, quello che è successo mi ha stravolto, ok?” – e gli diede le spalle, per nascondere il proprio disagio.
“Justin ascoltami … ho rovinato tutto, la colpa è solo mia, ma possiamo rimediare e restare amici, ho bisogno … io ho bisogno di quello che abbiamo costruito da quando lavoriamo insieme …”
“Ma cosa … cosa diavolo stai farneticando Colin …? Il caso umano non era Geffen, semmai sono io ed a questo punto credo di averti fatto anche pena!”
Colin lo fece voltare, con decisione – “Non dire assurdità!”
“Tu … tu arrivi, mi compri anche un’auto, cosa pensavi? Io non sono la puttana di nessuno!!” – gli gridò, più con gli occhi che con la voce, piangendo per la rabbia.
“Justin … ti ho dato questa impressione …?” – domandò con un tono disperato.
“No … no! Tu eri l’uomo ideale, il compagno amorevole, il padre meraviglioso, il tutto su di un pianeta che si chiama Jared, Jared Leto e non certo Justin!”
“Questo lo so … ma temo di essermelo dimenticato per un istante …”
“Ed adesso ne sei dispiaciuto Colin ed anch’io … tu non puoi sapere quanto.”
“Volevo … volevo rimediare Justin … ora non so più come, vedendoti così incazzato con me …”
“Ma io non sono incazzato con te … sono … sono così stanco della vita che faccio, tu eri una splendida novità Colin, come l’opportunità di collaborare, senza secondi fini, qualcosa di pulito …”
Farrell annuì, sorridendo mesto – “Ora ti porto a casa … cosa ci facciamo qui?”
“Io ballavo e rimorchiavo …” – e rise, mettendosi le mani in tasca.
“Non è così che si risolve la solitudine …”
“Colin non è una questione di solitudine, ma solo di aggregazione con i propri simili … Poi ci si puo’ innamorare anche davanti ad un hamburger o alla cassa di un supermercato, ma dopo quello stronzo, io mi sono chiuso a riccio e forse non volevo più aspettare il momento magico.”
“Ma qui mi sembrano tutti dei debosciati Justin …”
“Sì, ma molto palestrati ahahahh”
“Dai, andiamo.”


Chris si stava ubriacando del profumo di Tomo, quel dopo barba glielo aveva regalato lui.
“Ti … ti sento così tanto …” – ansimò, soffocandolo sul proprio petto, mentre il moro lo stava colpendo dove Chris poteva solo perdersi.
Lo baciò, allungati di traverso su quel materasso enorme, posto al centro di una suite dove si erano rifugiati, raccontando menzogne differenti ai loro compagni, ma con l’unico obiettivo di fare l’amore ancora una volta.
“L’ultima … non si ripeterà … vero Tomo …?” – gemette, sentendolo venire come un ruggito, invadente e totale.
“Taci … taci piccolo … ti adoro Chris … ti adoro.” – ed aumentò il proprio ritmo, straziandosi con un vigore assoluto.


La pelle di Justin era morbida e perfetta.
Il sudore la imperlava, dalle tempie al suo busto magro, così i suoi fianchi, che sembravano creati per essere custoditi dai palmi di Colin, che lo stava baciando e guardando, mentre i loro corpi si univano e si scontravano, troppo diversi, ma ideali per quell’amplesso carico di dolcezza e coinvolgimento.
Farrell deglutì, socchiudendo le palpebre, e raccogliendo meglio le gambe di Justin, arrivando sino in fondo a lui, facendolo gridare piano, per poi tornare a baciarlo, sulle tempie, poi le labbra, rassicurandolo con un sorriso, che sembrava sbocciare sui rispettivi volti, intrecciati armoniosamente.
Tutto divenne liquido, la forza di dirsi qualcosa annullata, in un orgasmo, che riempiva tutti i vuoti tra loro, che si erano ritrovati a baciarsi sul montacarichi, dopo un silenzio soffocante.
Era stata una sequenza al rallentatore, dilatata e confusa, ma via via più nitida, pulsante, come i muscoli tesi e contratti del giovane – “Sono … io non ho più fatto l’amore …” – “Non ti farò male … non te ne farò mai Justin …”
Colin era di una bellezza assurda da quella prospettiva e, di rimando, Justin gli appariva come un angelo da salvare, amare, coccolare e preservare da altre delusioni, quando proprio lui stava rappresentando il futuro peggiore che potesse capitargli.
Avrebbe voluto respingerlo, opporsi al suo vigore tenero e sconvolgente, ma entrambi stavano cercando qualcosa senza saperlo, soprattutto Colin, che aveva azzerato i sensi di colpa verso Jared, che stava tornando dai loro figli, che non si preoccupò per il suo ritardo, il lavoro causava spesso dei contrattempi.
Isotta gli sorrideva e lui si sentiva realizzato, come non mai: “Papà arriva tra poco … ora accontentati di me cucciola …” – le sussurrò, arridendo al pensiero che lui era il padre naturale, ma Colin sembrava in simbiosi con Isotta, tanto da prevalere come figura genitoriale tra loro.
Tenendola sul cuore, Jared si affacciò alla finestra, vedendo che Geffen stava tornando al suo suv insieme a Lula, che correva felice nel vialetto, dopo avere lasciato lo zaino al suo papà, che lo seguiva sorridente.
Dalla sacca cadde qualcosa e Lula tornò indietro, per poi tuffarsi tra le braccia di Glam, che si era accovacciato, per poi rialzarsi, baciando quella testolina vivace e sempre in fermento, tra giochi ed attività scolastiche.
“Quei due sono proprio innamorati.”
“Kurt! … Non vi aspettavo …”
“Non volevo spaventarti … “ – e sorrise, prendendo Isotta, che si era sporta per avere altre coccole.
“Guardala qui, come sei deliziosa … Jared, ma Colin che fine ha fatto?”
“Farà tardi, questo film lo sta assorbendo, ma girano qui ed è questo che conta. Lui non sopporta di essere troppo distante da noi …”
“C’è da capirlo. Come si potrebbe rinunciare ad una felicità, come la vostra?”



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