Capitolo n. 224 – gold
Colin si svegliò per primo.
Jared era addormentato sul suo cuore, con un’espressione serena.
Farrell gli accarezzò i capelli – “Non lasciarmi più Jared … tu non devi più lasciarmi … metterò la testa a posto, d’ora in poi, te lo prometto.”
Lo disse con un tono leggermente angosciato.
Jared schiuse le palpebre, lentamente – “Tesoro ciao … la testa te l’hanno messa a posto i medici, non preoccuparti.” – sorrise, dandogli un bacio sul naso.
Colin aggrottò le sopracciglia – “Sì … sì hai ragione … devo prendere le pastiglie, ieri sera le ho dimenticate …”
Si alzarono con calma – “Ora torniamo in stanza, facciamo una doccia e vediamo cosa fare con queste medicine, parleremo con Brandon.”
“Chi c’è alla End House? Come sono andate le cose ieri sera?”
“Ci sono Kurt e Brandon, forse Jude e Robert, del resto i loro bimbi sono qui … Vedo l’auto di Phil … ah eccoli, lui e Xavier a bordo piscina.” – e rise, indicandoli –“E per la serata caliamo un velo pietoso Cole, non credo sia riuscita al meglio.”
Il pittore stava dipingendo il petto nudo del compagno, che gli accarezzava gli addominali scolpiti, ricoprendolo di dispetti.
“Xavier ha questa mania dei pennelli …” – ridacchiò l’irlandese, ormai pronto, come Jared, che lo cinse, sotto la propria ala, tornando a baciarlo intensamente.
Downey aveva preso posto su di un lettino prendisole, distante da Derado, insieme alla figlia, che stava sgambettando nel suo ovetto.
L’attore indossava occhiali scuri ed una tuta della Adidas, completata da una sciarpa inconsueta.
Era seduto, intento a coccolare la piccola – “Ehi principessa … tu almeno hai dormito? Papà non troppo …” – disse sommessamente.
Jude arrivò senza fare rumore, sedendosi dietro di lui.
“Ciao tesoro …” – lo salutò esitante.
“Ciao Jude, ben svegliato.” – replicò Robert, senza voltarsi.
“Siete mattinieri, tu e Camy …” – aggiunse timidamente, deglutendo a vuoto e trattenendo una lacrima.
“Sì abbastanza … sarà per il mal di testa.”
Jude appoggiò i palmi sulle scapole di Rob, che ebbe un fremito sottile: il biondo lo baciò poi sulla nuca, leggero, ma caldo – “Perdonami …” – sussurrò, appoggiando la guancia sinistra sulla sua schiena e cercando le sue mani, per intrecciarle alle proprie.
“Perdonarti per cosa, Judsie …?” – chiese Downey, facendo finta di non stare soffocando per un singulto ricacciato come un cattivo pensiero.
“E’ … è terribile fare finta di dormire, guardandoti, voltato dall’altra parte Rob … e sentirti distante … arrabbiato …”
“Solo deluso Jude. Di cosa poi …?” – sorrise mesto, facendo spallucce – “Sapevo perfettamente quanto tu riesca ad amare anche un semplice amico.”
“Colin mi ha raccontato cosa è successo, ci siamo incrociati prima nella sala della colazione, io ero piuttosto confuso, sapevo solo di averti offeso Robert e …”
Downey si girò di colpo, mettendo in mezzo a loro Camilla, che si era assopita.
Ripristinò l’intreccio delle loro dita, baciando le fedi, che si erano scambiati durante il loro matrimonio e togliendosi i ray ban.
“Non dire niente Jude, non serve … Tu ed io ci apparteniamo troppo, per dare spazio agli altri ed a qualche intermezzo spiritoso, forse perché adesso sentiamo il peso del dovere che abbiamo verso il nostro tesoro, che quando ci ha scelto sapeva di avere a che fare con due tipi in gamba, anche se gelosi, possessivi, ma davvero innamorati …” – sgranò le iridi luminose e profonde, arridendo al pianto commosso di Law, che lo strinse forte a sé.
“Hai ragione sai? … Ci siamo presi un momento di svago ed è stato un disastro, possibile che non riusciamo più a divertirci Rob?”
Gli segnava gli zigomi, cospargendoci baci ed appoggiando la fronte a quella di Downey – “Certo, anche se siamo genitori impegnati …”
“E … e spaventati?” – disse preoccupato, volgendo lo sguardo a Camilla, che li stava di nuovo osservando curiosa.
“Tu lo sei Jude?”
“No, se sei con me Rob …” – e lo baciò, con tutta la dolcezza, che solo loro riuscivano a scambiarsi, da quando erano un’unica persona felice.
Shannon fu ferito dai raggi di un sole primaverile, che lo investirono, filtrati dal parabrezza di un’auto di grossa cilindrata.
Era rannicchiato sul sedile del passeggero, seminudo.
Fece uno scatto, strofinandosi la faccia ed accorgendosi che al suo fianco c’era Rice, nelle stesse condizioni.
Sul tappetino un paio di bottiglie di whisky praticamente vuote.
“Cazzo … cazzo Owen svegliati!!” – gli urlò, scrollandolo.
A fatica ed imprecando, anche il gallerista riprese conoscenza, tossendo e chiedendosi cosa fosse accaduto.
Farrell si mise in poltrona, dopo avere ingerito una pillola di colore viola.
Sbuffò, slacciandosi la camicia ed allentando i pantaloni, che sentiva stretti: il dottor Cody gli aveva spiegato che quelle sostanze avrebbero potuto provocare un aumento di peso, cosa che gli dispiaceva, dopo tutti gli allenamenti fatti per l’ultimo film d’azione.
Jared era ancora sotto ai getti tiepidi, si stava insaponando e lo chiamò – “Cole non vieni? Puzzi come un caprone ahahahahah” – anche se non era vero, il moro si annusò, come un animale, ricordandosi del cognato batterista, che spesso prendeva in giro, per quella sua aria truce, da sopravvissuto della foresta amazzonica.
“Torna qui! Mi laverò dopo!”
Jared si palesò in uno splendore estatico: rivoli di schiuma ed acqua scivolavano dal collo sino alle sue caviglie.
Colin abbassò le tapparelle con il telecomando, inspirando piano – “Chiudi a chiave e mettiti qui … per favore …” – disse, schiudendo le gambe ed indicando il proprio inguine, che Jared scrutò per un secondo di troppo – “Non farmi aspettare!” – protestò l’altro, incitandolo a non rimandare oltre.
Il cantante dei Mars era come ipnotizzato da quella voce roca e dalla sequenza di ordini, che gli venivano imposti: “Da bravo adesso Jay … fammi stare bene …” – e si scese i jeans, per poi sfilarli del tutto, gettandoli in un angolo.
“E i tuoi boxer Cole …?”
“Li ho persi …” – e rise, piegando il capo verso sinistra, per poi afferrarlo per la nuca, e spingerlo verso la propria erezione, ormai impaziente.
“Cole …” – ma Jared non fece in tempo ad aggiungere altro, che il sesso del suo compagno gli era già arrivato alla gola.
“Non perdere tempo … cazzo se sei bravo piccolo …” – un tono che sapeva di avido e malsano, quello che giunse su questa frase a Jared, che stava quasi soffocando per l’irruenza con cui veniva praticamente costretto a quell’atto sessuale.
Le sue gote si arrossirono per lo sforzo, tanto da liberare un pianto dalle sue gemme turchine, ultima cosa su cui Farrell posava la sua attenzione, troppo impegnato a gustarsi il piacere sordo di quel succhiare imposto.
Jared si sforzò di vivere il momento con quella complicità spregiudicata, che spesso contraddistingueva i loro rapporti, ma era complicato, quasi impossibile.
Tentò di sfuggirli alla fine, ma Colin diede ancora un colpo di reni, per svuotarsi senza alcuna delicatezza, tanto da provocargli un conato di vomito, che lo fece fiondare nel bagno, dove diede di stomaco.
Tremante si gettò nuovamente nel box, per togliersi anche il sapore di Colin, che ansante sembrava immerso in un’altra dimensione.
Jared ricordò all’improvviso una scena simile, che si era verificata anni prima, proprio a Los Angeles, dopo un incontro con il cast di Alexander ed una seguente cena, dove Colin abusò di vino e rum, tanto da stordirsi ed infastidire i presenti, che se ne andarono insultandolo: tutti tranne lui, che non voleva mai abbandonarlo.
Finirono in una suite, sopra al ristorante e le cose andarono degenerando tra loro.
Colin lo travolse con veemenza, per poi prendere Jared con la forza, dopo averlo sottoposto a quella specie di tortura, che si era appena ripetuta nella loro camera.
Era assurdo, ma Jared iniziò a comprendere che Colin ripiombava ormai puntualmente in situazioni precedenti, pronunciando persino le stesse esternazioni.
Si vestì velocemente, constatando che Farrell era crollato in un sonno greve ed artificiale: doveva parlarne subito con Brandon, prima che la memoria di Colin andasse definitivamente in corto circuito.
Glam si ritrovò Kevin avvinghiato a sé, con delle scritte oscene e fosforescenti sugli avambracci, di certo opera di Xavier.
“Ehi … buongiorno …” – gli disse con un bacio.
“Ciao daddy … ieri sei sparito … Brian ti ringrazia per avere messo in salvo il suo Justin.” – e sbadigliando, si avvinse ancora di più.
“E tu come lo sai?”
“Un sms di mezzanotte, sono al resort, sani e salvi e riconciliati, dopo quello spiacevole equivoco.”
“Che fortuna … e che party disastroso.” – e nel dirlo provò ad alzarsi, ma Kevin lo trattenne per la vita.
“Dove pensi di andare daddy?” – chiese divertito.
“Vado a prendere Lula, è ancora da Colin.”
Kevin si appoggiò alla testata, perplesso – “Cos’hai? Dopo sbornia pesante …?”
“No amore, sono solo …” – “Depresso daddy?”
“Forse. Riguarda noi, no, anzi, riguarda il tuo …”
“Il mio cosa …?”
“Continuo a credere che tu non voglia rimanere Kevin, non con lo spirito giusto.” – replicò convinto, rifuggendo il suo sguardo severo a quel punto.
“Hai sempre preteso molto da me, Glam e non che con ciò io ti debba rimproverare, anch’io ne sono responsabile, ma avresti messo a dura prova la pazienza di un santo … Nel periodo in cui mi sono dedicato al mio lavoro, hai lasciato che vivessi un sogno, un po’ come a ripagarmi di tanti … sacrifici e mi addolora definirli così, ma visto che è un termine ricorrente, in questo scambio di cuori, tra di me, te, Jared … Sei stato onesto nel farmi la cronaca di quella scenata e del rammarico di lui, nell’averti perduto, per colpa di Colin, ma era un po’ egoistico, cosa che tu non vorrai mai vedere nei gesti del tuo … Ok, lasciamo stare daddy, è tutto inutile.” – e si diresse in cucina, facendo finta di rovistare nel frigorifero.
Geffen lo seguì, avvolgendolo con cura, asciugando la frustrazione, che zampillava dai suoi scrigni preziosi.
“Se mi hai ascoltato, Kevin, sai bene come ho reagito a quello sfogo di Jared … Non conta nulla per te il mio desiderio di non anteporre più nessuno al nostro futuro, tuo, di Lula e mio, che non sono niente senza di voi?”
“Daddy …”
Glam memorizzò ogni sua espressione, sollevandolo poi con rinnovata gioia: “Ora riesco a vederti … a ritrovarti Kevin … ed in te c’è qualcosa, che nessuno possiede e che mi porta a volerti più che mai … vuoi … vuoi sposarmi?”
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