sabato 2 luglio 2011

GOLD - Capitolo n. 205

Capitolo n. 205 – gold


Xavier indicava dei gabbiani in volo, concentrati su di una chiatta rimasta al largo.
“Copriti bene la gola, se no prendi freddo come l’altra volta!” – esclamò Phil, sistemandoselo meglio sulla schiena, chinandosi e stringendo le gambe sottili del giovane, che gli avvolgevano la vita.
Ridevano sereni, raccontandosi le ultime ore.
Si rannicchiarono in un plaid, in mezzo a degli scogli, ammirando l’orizzonte del tardo pomeriggio.
I capelli di Xavier ondeggiavano nel vento di gennaio, mentre Phil tentava inutilmente di sistemarglieli.
Lo baciò con tenerezza – “Ti amo cucciolo mio …”
“Ti amo mio adorabile uomo …” – e gli leccò le labbra compiaciuto.
“Sei stanco Xavier?”
“No … se ho le occhiaie è perché lo abbiamo fatto tre volte da stamattina …”
“Tre volte …?”
“Il giro dell’isolato a piedi ahahahahah Phil … dai scherzo … mi sono bastate due, ma la prossima volta …”
“Mi sforzerò un po’ di più, promesso!” – ed iniziò a fargli il solletico, rubandogli altri baci molto intensi.

Colin lesse il copione, seduto sulla poltrona della sala trucco.
Sophia, puntuale e precisa gli diede solo un prodotto anti lucido e gli pettinò sopracciglia e barba.
“Come sta tuo marito? Ed i figli?”
“Tutti bene, forse andiamo ai Caraibi per fine mese Colin, dipende anche da questa produzione o … da te, se accetterai la parte ahhahah”
“Solo se giriamo a Los Angeles, non voglio muovermi, devo occuparmi di Isotta.”
“Sei un papà incredibile …”
“Soprattutto se pensi a com’ero qualche anno fa, sembra un secolo …”
“Già … Jared tornerà in tour?”
“No Sophia, veramente non lo so … Il concerto di Natale era per beneficenza, ma per il resto sarebbe impegnativo, però ne sarei felice, lui lo sa.” – e sorrise soddisfatto per il risultato naturale dell’intervento della donna.
Il regista sopraggiunse chiedendo un parere sulla sceneggiatura, che Farrell diede favorevole.
“Ok, adesso ti passo lo story board, giusto per concretizzare la visione completa, anche se poi si modificherà via via che gireremo le scene Colin.”
“Certo …”
“Justin, puoi venire un attimo?” – gridò, rivolgendosi ad un ragazzo biondo, seduto in fondo al corridoio su di una panca ed impegnato a finire i disegni.
Si avvicinò timidamente.
“Salve …”
“Ciao Justin, piacere Colin.”
“Sì … la conosco … piacere.” – e gli strinse la mano esitante.
“Dammi del tu, anche se forse potresti essere mio figlio.” – e rise scrutandolo.
“Ah non saprei Colin, in effetti ha solo ventidue anni, beato lui! Dunque questi fumetti?”
“Eccoli …”
“Grazie, do solo un’occhiata agli adattamenti che avevo richiesto … mmmm ok! Metti solo il codice di sequenza qui e … qui … Poi Colin sono tutti per te, divertiti, ti ringrazio Justin, puoi andare ci vediamo domani.”
“Buonasera, grazie a voi.”
“Ciao Justin, ci si vede.” – disse Colin, studiando le tavole in bianco e nero che il ragazzo gli aveva passato con un sorriso.

Scoppiò un temporale piuttosto violento.
Era frequente a Los Angeles, che nubifragi simili si abbattessero improvvisamente e soprattutto di notte.
Colin avvisò a casa che avrebbe tardato mezz’ora, voleva fare il pieno all’auto e prendere del latte in polvere alla farmacia all’angolo, prima di salire nel viale per la End House.
Appena varcò i cancelli degli Studios, notò una figura che camminava veloce sul marciapiede verso la pensilina dell’autobus.
Era Justin.
“Ehi ma ti stai inzuppando! Sali!” – gli disse dopo avere abbassato il finestrino di una spanna.
“Grazie!” – rispose l’altro ad alta voce, il rumore dei tuoni sovrastava ogni suono.
“Potevi dirmelo che eri a piedi …”
“Veramente ho un catorcio di auto e mi ha abbandonato anche questa volta … con il mio lavoro non guadagno abbastanza …” – e sorrise mesto.
“Dove ti porto?”
“A casa … sono un disastro, mi dispiace per i tuoi sedili Colin …”
“Tranquillo, questi si puliscono, aspetta che alzo il riscaldamento, se no ti becchi una polmonite.”
Justin gli diede l’indirizzo e Farrell ripartì.
Era una zona distante dai quartieri ricchi di Hollywood, ma decorosa.
“E’ un semplice loft, ma è pulito e per me perfetto, anche per la mia … arte.”
Presero un montacarichi e salirono all’ultimo piano di una struttura datata, ma completamente recuperata.
“Ci sono altri tre appartamenti e la pizzeria al piano terreno, che oggi è chiusa, come hai visto … arrivati, ti faccio strada.”
“Grazie Justin, ci vuole davvero il tè che mi hai offerto.”
“E’ il minimo, sei davvero gentile, ma io lo avevo capito da subito.”
“In che senso Justin?”
“Diciamo che … l’ho sempre pensato di te.” – disse arrossendo.
“Credo di essere una persona … educata.” – e Farrell rise, davanti all’innocenza del suo interlocutore.
“Metto su il bollitore e vado a togliermi questi …”
“Ok, tanto curioso un po’ in giro, ti dispiace?”
“Figurati, è tutto qui … Sul soppalco c’è il letto, di qui il bagno e poi cucina e living davanti a te .”
“I colori sono carini, è luminoso.”
“Sì, lo avevamo fatto su misura per noi, ma non è bastato. Scusa, torno tra poco.”
“Ok …” - ribattè l’attore perplesso, anche se era ovvio che parlasse di un compagna o di una compagno.
Farrell notò una foto, messa di traverso su di una mensola in cristallo, come a volerla nasconderla alla vista di chi passava.
Erano Justin ed un ragazzo moro, altrettanto carino, ma di qualche anno più grande.
“Quella è di tre anni fa …”
Colin si voltò di scatto – “Perdonami, non volevo essere invadente Justin.”
“Ma non lo sei … era il mio ragazzo, ma è finita dopo alcuni mesi dopo quello scatto … Una vacanza in Francia.”
“Mi dispiace.”
“Ce l’ho messa tutta, ma non ha funzionato, lui era … troppo geloso ed … espansivo.” – su quella frase si asciugò una lacrima, gli faceva ancora male parlarne.
Era tornato, dopo una doccia veloce, con un telo annodato intorno alla vita, mentre con uno più piccolo si tamponava le ciocche chiarissime.
Colin lo stava fissando e lui se ne rese conto – “Ho … ho qualcosa che non va Colin?”
“Eh … ? No, guardavo il tuo tatuaggio sulla clavicola …”
“Ah la mia triad!” – sorrise indicandola.
“Sì … la conosco bene.” – e Colin ricambiò il sorriso.
“La brodaglia è pronta, accomodati alla penisola, che prendo le tazze e le bustine … zucchero bianco o di canna … o miele?”
“Va bene tutto Justin, non preoccuparti. Ti piacciono i Mars allora?”
“Da impazzire, ma è tanto che non si esibiscono, a parte lo show per Haiti, io c’ero ed è stato bellissimo … quando Jared ti ha chiamato sul palco e vi siete baciati. E’ importante per tutti noi.” – disse raggiante.
“Noi …?”
“Noi omosessuali.”
“Sì, scusa hai ragione, ma io sono un gay a scoppio ritardato ahahahh”
“Davvero? A tredici anni io già lo sapevo, ma non è stato semplice.”
“Lo immagino, anche Jared ed io abbiamo avuto dei problemi o meglio delle paure, ma le abbiamo superate, con la nostra famiglia, i bambini, la nostra gioia assoluta.”
“Sono splendidi …”
“Vuoi vedere la foto di Isotta, l’ultima arrivata?”
“La principessa Isy, i tabloid l’hanno soprannominata così Colin, a certa gente andrebbe messo il bavaglio a vita, anche se è appropriato.”
Farrell selezionò l’archivio di immagini sul telefonino e gliele mostrò.
“Incantevole … complimenti. L’avete adottata in Europa?”
Colin ebbe un fremito impercettibile – “Sì … sì, come Violet e Rebecca.”
“Ma tu hai anche due figli naturali, per questo dicevi di essere un gay a scoppio ritardato ahahhah?”
“Più o meno …”
“Io invece ti mostro un’istantanea che ho fatto proprio con tuo marito, sei anni fa a Chicago, dopo una serata umplugged!” – e cercò la polaroid in una scatola di scarpe.
“Vedere, come si era conciato il mio Jared?” – chiese emozionato.
“Bello come sempre … ma non invecchia? E’ davvero un vampiro?”
“Sì, tutte le notti lo chiudo in una bara d’oro massiccio, sai, è molto vanitoso ahahah”
“Se ti sentisse Colin … Siete la coppia più affascinante in circolazione da quando state insieme, lo sapete?”
“Anche tu ed il tuo … cazzo, sono un idiota …”
“No … no non temere, eravamo invidiati da amici e colleghi di lavoro, lui poi … poi aveva un locale, si ascoltava musica d’autore, c’erano artisti che esponevano quadri, anch’io avevo fatto una personale, ma erano botte quasi ogni sera, per delle futilità e quando sono finito in ospedale lui si è spaventato sul serio. L’ho minacciato, ero stufo marcio, così ha lasciato gli Stati Uniti e non so che fine abbia fatto. Stavamo a Chicago infatti, dove si era esibito Jared con il gruppo, il primo evento a cui mi portò, come regalo di compleanno … Bei tempi.” – sorrise, chinando la testa.
“E adesso …?”
“Adesso? Solo amici, qualche amica, il mio impiego un po’ precario, nessuna relazione, non voglio saperne per almeno … beh, no, diciamo che se trovassi quello giusto, ma allo stato attuale delle cose sono ancora single.”
“Mi parlavi di una mostra … Ho un amico che potrebbe vedere i tuoi lavori, Owen Rice, hai presente?”
“Le gallerie Rice? Accidenti, ma non credo di essere all’altezza Colin.”
“Dovresti lasciare giudicare a lui.”
“Ci … ci penserò.”
“Perfetto, questo è il mio numero. Ci si vede sul set …”
“Grazie Colin, allora hai firmato il contratto?”
“Lo farò domani mattina. Ci divertiremo.”
“Ne sono certo.” – e sorrise salutandolo.

Kevin sistemò i pochi vestiti nell’armadio in legno massiccio.
Gli piacevano gli arredi della stanza, dove Brian lo aveva scortato.
“Il turno inizia alle nove … sei sicuro di volerlo fare Kevin?”
“Certo e non voglio neppure la paga Brian!” – e rise.
“Ok … il pub e la casa le ho comprate grazie al tuo aiuto economico, anzi potrei dire che sono tuoi.”
“Ma che cazzata, ci tenevo ad aiutarti, sei stato uno dei pochi amici che … sì insomma, uno dei sopravvissuti a quell’orfanotrofio di merda, come me.”
“Non ricordarmi quel posto.” – e lo abbracciò.
“Vorrei seppellirlo nella memoria, ma non ci riesco Brian. A proposito, hai una donna?”
“No. Veramente ho un ragazzo … Non lo sapevi?” – e sorrise malizioso.
“Ops … mi sono distratto aahahahh”
“Ma non è una cosa seria … scopiamo ogni tanto.”
“E’ di Dublino?”
“Sì, è a mala pena maggiorenne … a trentasei anni dovrei darci un taglio con certi poppanti.”
“Ho sempre preferito gli uomini maturi …”
“E il tuo avvocato, Kevin?”
“Abbiamo anche un figlio, a Los Angeles ho lasciato entrambi e non ne vado fiero, ma quando ho capito che lui aveva in testa e nel cuore ancora il suo primo ed unico amore, mi sono sentito straziare qualcosa qui …” – e mentre lo raccontava, si era seduto sul materasso.
Brian rimase in piedi appoggiato allo stipite, a scrutarlo in ogni espressione.
Era alto, magro, ma con tutti i muscoli allenati, occhi e capelli scuri, voce a tratti roca e sensuale.
“Mi avevi scritto che era una cosa che … tolleravi Kevin.”
“No, io capivo, ma … eravamo in montagna per il Capodanno e lui … lo so, ho digerito bocconi più amari, però ha detto delle cose e … sì insomma, parlava di Jared, indirettamente e sembrava preda di un incantesimo. E forse lo è stato da quando si sono incontrati, ma per me è stato il punto di non ritorno.”
“E … il vostro bimbo?”
“Sta soffrendo, era inevitabile, ma rimedierò.
“Hai più parlato con … come si chiama?”
“Glam … anzi, daddy, perché potrebbe …” – e qualcosa in lui si spezzò.
Chiuse i pugni e strizzò le palpebre, respirando profondamente – “Ok Brian, andiamo al lavoro?”
“Come vuoi. Ti offro il primo giro di birra.”





ADD CAST > JUSTIN


ADD CAST > BRIAN

Un omaggio ai due dei protagonisti forse più amati della serie QAF, che personalmente non conosco a fondo, a parte questi due personaggi, di cui ho visto alcune scene su You Tube ;) Ovviamente in Gold, pur avendo gli stessi nomi del telefilm, non c'è alcun altro riferimento (a parte il loro lavoro, che peraltro non conosco nei dettagli, per cui ... Baci meg XD

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