Capitolo n. 79 - sunrise
Jared annaspò tra cuscino e coperta, alla ricerca del suo cellulare, che stava suonando da alcuni secondi.
Rispose senza guardare, la voce impastata – “Cole …?”
Dall’altra parte una pausa contratta, dopo un sorriso iniziale.
“No Jared, sono Glam, stavi ancora dormendo temo …”
“Glam … ciao!” – replicò vivace il cantante, cercando di ovviare a quella che sentiva come una gaffe.
“Buongiorno, ti chiedo scusa, credevo foste già in piedi.”
“Sissignore … tra cinque minuti …” – e rise in quel modo, che scioglieva ogni rammarico in Geffen.
“Ok … sei abbastanza vispo per lavare i piatti e cucinare, cosa ne pensi?”
“Spero di non deluderti.”
“Non lo fai mai, Jared. Ti lascio … sono arrivato.”
“Già al lavoro?”
“Ho un appuntamento con Scott, devo fare una terapia, sai che ogni tanto è necessario.” – disse mite.
Jared si mise seduto – “Glam stai bene, vero?”
“Sì, a parte i reumatismi, li conosci i miei acciacchi.”
“Perché Kevin non è con te?” – chiese con apprensione.
“Ha portato Lula a scuola e poi aveva il dentista, credo … Stai calmo Jared, ti richiamo dopo se vuoi, così saprai se sono vivo ahahhaah”
“Smettila!” – si rannicchiò - “Glam …”
“Ci sono.”
“Lo so, ecco vedi …”
“Tesoro devo davvero scappare, ho i minuti contati, ma ci risentiamo, promesso.”
“D’accordo Glam.” – e trattenne un respiro.
“Ti voglio bene, a presto piccolo.” – e riattaccò, senza lasciare spazio a repliche, di nessun genere oppure ad un odioso silenzio da parte di Jared.
“Non fare cazzate.”
“Ok Jude, serve altro?”
Colin rise, abbracciandolo.
Robert era già in auto con Camilla, ma Law si stava trattenendo per fare la predica al suo irish buddy.
Quando l’inglese lo raggiunse, Downey era assorto e silenzioso.
“Scusami Rob, ma ho voluto redarguire quel pazzo.”
“Pazzo …?”
“Colin non ne combina una giusta, sai come è fatto.” – ribattè allegro, avviandosi verso l’uscita della End House.
“Più o meno … tu lo conosci Jude ...”
“In effetti … Cos’hai Robert, da quando siamo atterrati? Sei distante …”
“In realtà ho provato sollievo nel vedere che Chris e Steven avevano rinunciato all’adozione, almeno per ora, ma poi la loro scelta l’ho vissuta come … come un trauma. Forse non è la definizione corretta Jude.”
“O forse sì.” – sospirò, fermo ad un semaforo.
“Spero non abbiano dei casini, per il resto è un atto di generosità il volontariato che si apprestano a svolgere, se poi pensi che Steven è un eccellente medico.”
“Io li ammiro Rob e penso tu sia orgoglioso di Christopher.”
“Lo sono …” – e sorrise a metà, prendendo la mano di Jude, ritrovandola fredda.
Ne baciò il palmo, trattenendolo aderente alle proprie labbra piene e turgide.
Scivolò sul polso e poi tornò al punto di partenza, strizzando le palpebre.
“Ti amo Jude.”
Law accostò, per stringerlo a sè.
Camy si era già assopita, la macchina le faceva quell’effetto.
“Anch’io ti amo Rob e … e se qualcosa ti tormenta, parliamone: non facciamo come …” – e si interruppe brusco, scrollando la testa.
“Noi siamo noi Jude …” – e nel sussurrarglielo, Downey sorrise, baciandolo con la puntuale passione, che li univa da sempre.
Denny preparò la colazione, senza fare rumore.
Si era già cambiato per andare in udienza, mancavano solo giacca e cravatta, era elegantissimo.
“Il mio completo l’hai messo all’asta su E-bay?” – domandò Tomo ridendo, in piedi contro lo stipite, mentre si stropicciava la faccia.
“Ciao …” – gli rispose l’avvocato con un’inconsueta pacatezza.
“Ciao Denny, ho dormito come un sasso.” – ed andò a sedersi alla penisola.
“Ne sono felice … come del fatto che tu sia rimasto Tomo.”
Il croato lo fissò, sfiorandogli poi un fianco, appena Denny gli fu abbastanza vicino per farlo.
“Vorrei capire alcune cose mio dolce amico …”
“Quali Tomo?”
“Noi abbiamo cominciato tirandoci le palle in continuazione, divertendoci, poi … poi abbiamo fatto …” – Tomo volle riflettere su come esprimersi, ma Denny lo anticipò.
“Non è stato sesso tra noi Tomo, almeno per me.” – affermò convinto, però senza impeto.
“Abbiamo condiviso dei momenti, che per me sono stati importanti Denny. Tu ci sei stato, hai avuto la dolcezza e la disponibilità di avere cura di me: è stato un comportamento forse inaspettato da parte tua, ne sono stato colpito …”
Il legale sorrise, inserendosi tra le gambe di Tomo, che rimase seduto, mentre lui era in piedi, ma avvolto dalle braccia del chitarrista.
Denny appoggiò la fronte sulla sua spalla, lasciandosi poi serrare completamente in quella morsa amorevole.
Le loro labbra quasi si corsero incontro, avide di esplorarsi, con gioia.
Eppure entrambi sentivano come un freno, alimentato dalla paura di fallire ulteriormente, buttandosi a capo fitto in un rapporto senza futuro.
“Devo … devo andare Tomo …” – mormorò Denny, tremante.
Il moro si alzò, riprendendolo sul cuore, spargendo carezze sulla schiena di Denny, che cercava altri baci, come ossigeno vitale.
Jared passò a vedere lo studio dove si era piazzato Steven, per somministrare i primi vaccini.
Sebastian, il fratello di Pamela, era in Nuova Guinea, presso una nuova struttura di accoglienza.
“Come vedi Jared, si era liberato un posto.” – disse Boydon sorridendo.
“Sebastian era simpatico e ben voluto, come sarai tu Steven.” – disse guardandosi intorno e notando le foto con Syria ed una scolaresca.
Boydon provò un lieve disagio.
“Lei è la mamma di Isotta, giusto …?”
“Sì Steven, è Syria … Qui era felice.” – ed annuì, incrociando le braccia sul petto, dov’era rispuntata la sua triad, in oro bianco.
“Volevi che ti misurassi la pressione?”
“Grazie doc!”
“Mettiti sul lettino, arrivo tra un secondo … Hai preso le vitamine?”
“Più o meno … la crostata di Sammy era più appetitosa.” – e rise gioviale.
“Ovviamente. Ok procediamo.”
Lo visitò accuratamente, destando in Jared un notevole senso di pace.
“Ok adesso i linfonodi ed abbiamo finito.” – Boydon sorrise, premendo sull’inguine, le ascelle ed infine il collo di Jared, che solo allora sentì una vaga inquietudine.
“Sono ok, vero Steven?”
“Perfetto.” – e gli arruffò i capelli, arridendo alla sua irrequietezza.
“Dov’è Chris?”
“All’asilo, stava dipingendo delle ringhiere …”
“Lo raggiungo, così sfuggo alle marmitte!” – e svanì, lasciando nella stanza il profumo del suo shampoo e di quella sua leggerezza di esistere, che tutti amavano incondizionatamente.
Sam infornò il pane e quattro teglie di pizza.
Amava cucinare salato, anche se la sua specialità restavano i dolciumi.
Denny lottava con centinaia di pomodori e cipolle, che il compagno gli aveva chiesto di pelare e sminuzzare, con l’ausilio di altri tre “disgraziati”, in lacrime come coccodrilli, così da ottenere un sugo per i cuccioli, che stavano stampati al vetro con i loro nasini, in attesa della merenda.
Avevano soprannominato Sam “il gigante”, mentre Dean era “occhi belli”.
Erano elettrizzati da quell’esperienza e dall’avere tanto affetto, dando in cambio così poco.
Dean spesso li osservava, seppure orfani, quei bimbi erano pronti a sorriderti comunque.
In fondo era la loro forza, quello stare uniti e legati, dopo una tragedia familiare oppure un cataclisma, in quel nido sicuro, che Geffen aveva costruito con estrema volontà.
Lui era “daddy”, la scritta era nelle didascalie delle foto, sui disegni, in alcuni albergava una sorta di venerazione, anche tra il personale.
Dean si chiedeva come mai l’avvocato non avesse preferito restare lì, con Jared, Lula ed Isotta: ormai sia a lui che a Sammy erano chiare le dinamiche del loro rapporto, così come permaneva qualche perplessità sul comportamento di Glam, non sempre limpido e sincero.
Il broker si riservò di esaudire i propri dubbi direttamente con Jared, alla prima occasione.
“Che scusa hai usato con Glam?”
Colin preparò un tè, versandone due tazze.
Kevin era fermo davanti alla finestra della biblioteca, intento a seguire i giochi tra Violet e Rebecca.
“Daddy è in ospedale, da Scott.”
“Per una chemio?”
“Non esattamente … Gli fanno un’iniezione e poi fanno un monitoraggio per un paio d’ore. Durante la notte solitamente ha qualche problema, ma non grave.” – ed inspirò greve.
“Il suo fisico è già piuttosto provato, ricordo che in montagna”
“Non voglio parlare di Glam.” – lo interruppe secco – “Ti prego, Colin.”
L’attore controllò l’orologio.
“A breve mi collego con Jared, ci sta aspettando.”
“Tu ed i vostri figli?”
“Infatti … dalla nursery, se no chi li tiene i gemelli, Isy ed Amèlie …” – disse sorridendo.
“Se lo avessi saputo …”
“Kevin stammi a sentire: se continui a cercarmi esiste un motivo, che vorrei tu mettessi da parte immediatamente.”
Il bassista si contorse le mani, intrecciandole poi dietro alla nuca, nervosamente.
“Ti chiedo di essere onesto Colin, con me e con te stesso!” – e sul finale strinse i denti, come a schiacciare il senso di inadeguatezza, in cui Farrell sembrava averlo relegato di colpo.
Colin sgranò quelle iride fluide e schiette, come le sue asserzioni.
“Non posso negare di avere dell’affetto per te, anzi, i miei sentimenti vanno ben oltre, se penso a come ci siamo amati Kevin, però … però è stata una fusione fisica, che di certo ha condizionato le rispettive emozioni, falsandone l’essenza.”
“In poche parole Colin, scopiamo alla perfezione, ma i sentimenti stanno a zero?”
Farrell si avvicinò.
“Non lascerò Jared per stare con te.”
La sua fermezza si espresse senza variazioni di volume ed inflessione.
Kevin deglutì, incassando quel fendente, senza scomporsi: non distolse lo sguardo dall’irlandese, che mettendosi le mani in tasca, cercò il proprio palmare, per verificare la presenza di messaggi, il cuore in gola, una sudorazione fredda, che andava ad imperlare la sua pelle nascosta dalla camicia a quadri, rubata a Jared.
“Passa una buona serata Colin.”
Gli passò oltre, salutandolo con quell’augurio sterile e gelido.
Lula si rannicchiò sotto l’ala di Glam, che Vassily aiutò a stendersi sul letto, dopo esserlo andato a prendere in clinica.
“Fatti i compiti soldino di cacio?”
“Sì papà, mi leggi la favola del ranocchio?”
“Ok … Grazie Vassily. E’ arrivato anche Peter?”
“Sì Glam, la Ferrari è in garage.”
“Bene … allora questa storia del principe …”
“Ranocchio!” – Lula rise, cercando di cingere il busto di Geffen, più vasto dei suoi arti sottili.
“Scott ti ha fatto la bua, papi?”
“No …” – sospirò, dandogli un bacio su quella testolina ribelle.
“E’ arrivato un messaggino!” – esclamò, prendendo l’i.pod di Glam, che si ricordò di non avere dato più notizie a Jared.
Il cantante le stava reclamando, con una sequenza di emoticon buffe.
“Lula scrivi a Jared che sono in forma.”
“Okkei!” – e velocemente compose quel riscontro, mandando anche molti baci al suo zio preferito.
“Fatto!! Come mai non sei rimasto con zio?”
“Ci ha cacciati …” – e rise.
“Lui si diverte con gli zii Sammy e Dean, giusto?”
“Lo spero …”
“E tu papi qui con noi?”
“Non vorrei essere altrove Lula …”
Il bimbo si mise in ginocchio, dandogli poi una carezza delle sue, che partiva dalla tempia di Geffen sino al suo mento – “Io resterò sempre con te papà.” – disse serio.
“Ma … non dovevi sposare Violet?”
“Mmmm sì!! Io, lei ed i nostri Lulini staremo sempre con te!”
“Grazie Lula …”
“E tu … starai con papà Kevin …”
“Se mi sopporterà …” – e rise, sollevandosi per respirare meglio.
“E … e vorrai sempre bene anche a zio Jared, vero?”
“Lula vedi … sono essenziali, mi hanno donato spesso il loro tempo, ma papà Kevin è stato in assoluto il più comprensivo ed io non meriterò mai abbastanza la sua devozione … Lo amo da impazzire.”
“Lui lo sa?” – Lula lo sussurrò, simpatico e complice.
“E’ … inciso nel suo cuore, da quando ci siamo sposati.”
“Anch’io un giorno sposerò Violet e zio Jared farà un bel discorso, come al vostro matrimonio!” – e tornò ad accucciolarsi.
“Non mancherà di farlo, ne sono sicuro.”
“Sì papà … spero solo sia meno triste, questa volta.” – e si assopì.
Kevin li aveva ascoltati, ritirandosi poi verso il corridoio semi buio, come se la sua non presenza potesse disturbarli, sentendosi un intruso.
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