mercoledì 21 marzo 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 72

Capitolo n. 72 - sunrise


Denny aprì a fatica le palpebre, sentendo nelle narici il profumo di Tomo: si erano addormentati arrotolati l’uno sull’altro e la barba del croato gli stava solleticando una tempia.
“Ehi … ciao bel ragazzo …” – disse, scrutando gli occhi chiari dell’avvocato.
“Ciao … dormito bene?”
“Alla grande.” – e si stiracchiò, dopo avergli dato un bacio leggero sulla fronte.
“Come siamo casti stamattina.” – lo provocò, stringendo il cuscino sotto di sé.
Tomo gli diede un bacio più vero e Denny lo contraccambiò in modo appassionato.
“Ancora una volta e poi me ne vado … lo giuro vostro onore …” – gli bisbigliò nel collo, salendo a cavalcioni sulle gambe magre di Tomo, che non si aspettava tanto entusiasmo.
“Denny …”
“Non vuoi?” – e fece un broncio adorabile.
Si sentiva libero di essere sé stesso e mille altre persone, con Tomo, che seppure assecondandolo spesso con ironia, provava dei sentimenti di puro affetto per lui.
La bocca di Denny fu molto convincente.


Jared non trovò Colin al proprio risveglio.
L’irlandese camminava nel parco, indossando una vecchia tuta del compagno: quando lo vide, affacciandosi al balcone, il cantante notò quanto Colin fosse dimagrito ultimamente.
Farrell seguiva una dieta rigida, per contrastare gli effetti collaterali dei farmaci assunti per l’ictus, tra cui il facile aumento di peso ed il gonfiore.
Era in una forma splendida.
Jared sorrise, chiamandolo.
Colin gli rispose con un gesto e lui decise di scendere velocemente.
Si lavò velocemente, mettendo i jeans di colin ed il maglione, che l’attore indossava la sera prima, quindi si precipitò allegro in giardino, portandosi anche due fette di torta avanzata dalla festa di Isotta.
“Ne vuoi amore?”
“Ciao Jay …” – e lo avvolse, baciandolo, nascosti dall’ampio cappuccio, che Colin aveva tirato su, per proteggersi dalla brezza mattutina di novembre.
Jared si sentì assorbire da quel gesto, velato da una disperazione palpabile.
Deglutì a vuoto, staccandosi da Colin, che aveva uno sguardo altrettanto triste.
“Cole … è … è solo una settimana, però se non vuoi io …”
“Assolutamente Jay, tu sei libero di fare ciò che senti, specialmente dopo …” – inspirò – “Dopo il terribile trauma che hai subito.” – aggiunse, serrando gli occhi lucidi.
Jared lo baciò di nuovo.
Ripresero poi a camminare, tenendosi per mano.
“Grazie Colin … Spero di rendermi utile all’asilo … ci sono dei bimbi davvero piccoli …”
Farrell gli lanciò un’occhiata rapita – “Sì Jared, come quella bimba, che voleva solo te per il cambio del pannolino, la ricordi?” – e sorrise.
“Certo … ora vive in Australia … Spero sia felice … come i nostri figli Cole.”
“E come noi, Jay … Vero?” – si bloccò, intrecciando più forte le sue dita a quelle di Jared, che gli accarezzò le guance, segnate da mille pensieri bui: “Noi ci ameremo per sempre Colin. Sempre.” – e lo baciò ancora, fondendosi con il suo corpo, che lo stava reclamando, dal primo contatto.
Scelsero le scuderie, ormai prossime al sentiero delle rose; un angolo fatto di coperte e materassi coloratissimi, dove i bimbi spesso giocavano, era l’ideale per farlo: spogliati sommariamente, caldissimi, Colin si congiunse a lui, senza mai separare i loro sguardi.
Era una fusione liquida, continua, progressiva.
Le falangi si rincorrevano sotto gli indumenti, delineando sulla pelle dapprima tiepida e poi via via sempre più umida, arabeschi di puro ludibrio.
Così le lingue, aggrovigliate in una battaglia, poi più docili, nel leccarsi, in un conforto reciproco e bellissimo.
“Sto … io sto … mioddio Jay … eccomi …!”
A Jared sembrò di ricevere una sferzata di luci e colori, capaci di capovolgere le sue pupille, mentre le sue labbra si schiudevano, in cerca di aria, intossicata da umori e grida, soffocate nel suo petto da parte di Colin.
Il moro scivolò, il suo ventre tremava ancora per essergli venuto dentro copiosamente, ma voleva appagare anche Jared, succhiando e nutrendosi di lui, fino al culmine: non si sarebbe fermato, per niente al mondo.


“Dove sei Denny!?”
“Capo scusi, ho avuto un problema con l’auto …”
“Vengo a prenderti allora, dammi l’indirizzo.”
“Cazzo …!” – sibilò a denti serrati, mentre Tomo stava impazzendo nel cercare un abito conforme alla sobrietà del tribunale.
Denny era più muscoloso, quindi tutto gli stava aderente e sexy.
Alla fine spuntò miracolosamente un completo, che l’artista aveva usato per una premiazione dei Mars, a Parigi.
“E’ un pochino lucido …” – sogghignò – “Ma almeno è nero, elegante!” – e rise.
“Allora dove sei?” – ribadì Geffen, alla guida della sua Ferrari per i viali del lungo mare.
“Ecco … ha presente … dove vive Tomo?” – ammise nevrotico, come se si trovasse su di una graticola.
“So dov’è, va bene arrivo.” – e riattaccò, grattandosi la nuca.
Nel frattempo anche il telefono di casa stava suonando.
“Stamattina tutti in piedi presto, che strazio!” – esclamò Tomo, vedendo che era Shannon.
“Ma porca … sì pronto, ciao Shan.”
“Buongiorno! Ho appena lasciato Josh a scuola, che ne dici di offrirmi la colazione?” – chiese allegro.
Il suo entusiasmo si smorzò, quando l’ex gli sussurrò di essere in compagnia e che si sarebbero visti un’altra volta.
“Con chi sei scusa, Chris forse?” – insistette, con tono polemico.
“Ma non dire cazzate Shan …”
“Ok … vai al diavolo!” – e chiuse, sentendosi ribollire.
La sua curiosità reclamava un riscontro, quindi Shannon svoltò per esaudire i dubbi, che lo stavano tormentando.
Fu superato da Geffen, proveniente da una via laterale, ma non si riconobbero a vicenda, non subito almeno.
Quando Glam inchiodò davanti all’entrata di Tomo, la perplessità di Shan aumentò.
Riconobbe infine Denny: di corsa il giovane si infilò nel bolide rosso fuoco, che ripartì immediatamente.



“Dove pensi di andare, rock star?”
“Lo so capo, non è proprio il la mise adatta … ma sarei dovuto ripassare dal mio alloggio ed avrei perso altro tempo …”
Glam sbuffò – “Deduco tu abbia trascorso la notte da Tomo.”
“Già …” – ed aggiustandosi i capelli, Denny inforcò gli occhiali da sole.
“Non sono fatti miei, però mio figlio frequenta Tomo, Shan ed Owen, quindi cerca di non incasinare ulteriormente questo pasticcio.”
“Quale … pasticcio …?”
“Come se non lo sapessi Denny.” – disse risoluto.
“So che Tomo ha qualche strascico con Shannon … ok, ogni tanto si fanno una scopata!” – affermò nervoso, per poi ammutolirsi.
“Lo sospettavo … E dove collochi la tua presenza?”
“La mia … Senti Glam, avevi ragione.”
“Su che?”
“Non sono fatti tuoi.”


“Lo devo riconoscere Tomo, te li scegli tutti molto affascinanti!”
Shannon calpestava lo zerbino, mentre Tomo lo stava guardando storto.
“Accomodati.” – disse come svuotato.
“Allora sentiamo, questo Denny o come si chiama”-“BASTA!” – tuonò il moro, raccogliendosi i capelli a coda.
Shan si versò della tequila, tremando.
“Bevi a quest’ora del mattino??”
“No! … io … scusami, non so quello che faccio Tomo.”
“Lo vedo.”
“Perdonami …” – e tentò di avvicinarsi, ma l’altro si andò a sedere sul divano, accendendosi una sigaretta.
“Sto solo cercando di andare avanti Shan, con o senza di te, va bene?! E poi Denny è un amico.”
“E gli presti i tuoi vestiti …?”
“Cosa??”
“Era un mio regalo!” – inveii il batterista, asciugandosi con l’avambraccio sinistro una lacrima ribelle.
Tomo si rialzò – “Ma cosa cazzo vuoi tu da me, lo potrei sapere una volta per tutte??!”
Shannon indietreggiò, appoggiandosi al muro, all’improvviso inerme.
“Io … io ti amo e non … non sopporto l’idea che qualcuno possa toccarti …” – disse mesto, indebolito dalla tensione.
Tomo si segnò i lati del naso con i pollici, mentre la cenere della Camel precipitava sul parquet.
“Ecco … il nostro amore è diventato questo, dopo anni Shan … cenere nell’aria … L’abbiamo arso vivo, con le nostre bugie, gli sbagli, i tradimenti … E tu non fai che perseguitarmi, illudendo quelle misere speranze di tornare insieme ad ogni tua escursione nel mio letto o … dove capita …” – rise amareggiato.
Shannon si avviò alla blindata, senza più avere il coraggio di reggere il suo sguardo.
Il clic secco della porta, sembrò decretare una fine annunciata, per un qualcosa che non era riuscito a sopravvivere alle rispettive scelte, frantumando le loro vite in maniera irreparabile.



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