venerdì 16 marzo 2012

Capitolo n. 67 - sunrise


Cody prese fiato.
“E’ una vecchia storia Kurt.”
“Sembra importante. Vuoi dell’altro caffè?”
“Sì, grazie.”
La cena da Marc e Jamie era stata gradevole, ma Brandon aveva avuto troppi momenti di assenza, per non preoccuparlo.
Una volta rientrati all’attico e messo a dormire Martin, Kurt decise di affrontarlo.
“Non dovrei parlartene, per la mia correttezza professionale e per … il segreto d’ufficio, trattandosi di un minore.”
“Un … minore?”
“Infatti.”
“In auto mi hai accennato a quei due ragazzi, Sam e Dean …”
“Si tratta di Dean. Oggi ha trent’anni suppongo, ma all’epoca ne aveva circa sedici, se non rammento male … Sì, insomma non è cambiato fisicamente, per questo l’ho riconosciuto subito.”
“Ok … lui era un tuo paziente deduco.”
“Mi era stato assegnato dai servizi sociali, un caso difficile, un adolescente instabile, ci ero abituato.”
“Subiva violenza Brandon?” – chiese Kurt con un filo di voce.
“Lo capii dopo poche sedute, da un padre surrogato, lo chiamava così, era in affido, ne aveva cambiati almeno una decina, ma l’ultimo … era il peggiore.”
“Quindi tu sei riuscito a farlo parlare?”
“Sì, nemmeno con troppa difficoltà, di certo lui mi vedeva profondamente diverso da quell’uomo, anche se in principio era ostile. Il problema è sorto quando appunto si stabilì la fiducia tra di noi.”
Cody deglutì, serrando le palpebre.
“Quel tizio, un mostro te l’assicuro, dava un unico prezzo a tutto, anche al cibo che Dean consumava …”
“Mio Dio …”
“Un giorno gli portai dei libri, alla seduta intendo, perché doveva preparare una tesina, insomma lo aiutai, andando oltre i miei doveri. Lui … lui si inginocchiò davanti a me, dopo avermi abbracciato felice … Quindi compresi il senso dei suoi incubi … che erano la semplice realtà.”
“Immagino la tua reazione Brandon …”
“Ne fui sconvolto, pur avendo capito che avevano dei rapporti sessuali, ma solo sesso orale, Dean me lo spiegò in sostanza, quando volle dimostrarmi la sua gratitudine … temo che nel tempo le cose possano anche essere peggiorate, non ne ho la certezza, perché … perché io lo abbandonai …” – ed iniziò a piangere sommessamente.
“Brandon …”
“Ero in carriera, rischiavo tutto, anche se non accadde assolutamente niente quel maledetto pomeriggio, te lo posso giurare Kurt.”
“Tu non hai bisogno di giurare con me amore …”
“Lo respinsi, provando a non turbarlo, ma Dean si arrabbiò, minacciando di dire che lo avevo toccato e poi … Poi riuscii a risolvere, lo convinsi … Fu un periodo assurdo … lui mi telefonava dalle cabine intorno alla clinica ed all’università, dove facevo l’assistente, mi supplicava di vederci, di dargli ascolto …”
“Credo che tu abbia arginato un pericolo … anche se mi sento stronzo nel dirlo Brandon.”
“Ed io provai le medesime sensazioni, all’epoca … Quel genitore orribile si accorse del turbamento di Dean e gli impedì di proseguire la terapia, convincendo la struttura ad indirizzarlo da un altro specialista. Ci riuscì … non so con quali conseguenze, però me n’ero liberato, come se avessi raggiunto un obiettivo … Pensai che per lui ero solo un male … Mi sento responsabile, di qualsiasi cosa gli sia capitata in seguito Kurt, gli devo delle scuse.”
“Jamie mi ha parlato di Dean e Sam, ma a mala pena, basandosi su di una chiacchierata avuta tra Marc e Steven credo … In sostanza lui fa il broker, si è realizzato nel lavoro, ma il suo carattere è piuttosto antipatico …”
“Non direi Kurt, oggi mi è sembrato come un … pulcino bagnato … cioè anche con Geffen, sembrava intimorito ed affascinato da lui, poi con Sam, sono certo che ne sia innamorato. Sono una bella coppia.”
“Credo che potremmo sedare i nostri dubbi durante la festa per Julian, spostata a domenica prossima Brandon … sempre ammesso che tu voglia affrontarlo.” – disse con dolcezza, andando a stringerlo.
“Devo farlo Kurt. Assolutamente.”


“Questo amore per Glam, ce l’ho piantato nel cuore Colin.”
Kevin lo aveva salutato con quella frase, lasciandolo nel disagio più totale.
Farrell stava nuotando sott’acqua, nella nuova piscina interna, costruita recuperando l’ala sud della End House.
Era illuminata da enormi vetrate bianche, panoramiche sul parco, all’inglese, un incubo per chi le puliva.
Jared sembrava fluttuare, per un effetto ottico, al di là delle stesse, mentre si dirigeva alla porta centrale, fatta ad arco.
Teneva sul petto Isotta, ormai addormentata.
C’era un tramonto ormai esangue su Los Angeles e lui era ancora frastornato per quelle poche ore con Glam e Lula.
Aveva carpito gli sguardi di Robert e Jude, immaginando le loro considerazioni.
Rischiò anche una gaffe, nel parlare della passeggiata di Colin con Jude e Camilla, sulla spiaggia, capendo che Downey non ne fosse al corrente.
Fu solo un attimo, c’era una tale confusione di risa e giochi con Lula, i biscotti di Sam, la simpatia di Dean, che rimase colpito dal bimbo, spontaneo e vivace nell’apostrofarli “zii” dopo cinque minuti, assimilandoli letteralmente nel suo universo gioioso.

Colin emerse, scuotendo la testa.
“Sembri Ball …”
Jared rise, dopo avere sistemato Isy su uno dei tanti lettini, intorno al periplo di quella vasca rettangolare.
Si accovacciò, aiutando Farrell ad emergere.
“Tesoro sei qui …” – ansimò Colin paonazzo e non per la nuotata.
“Ciao anima mia …” – e lo baciò.
Il moro provò un autentico terrore, al pensiero che aveva scopato la bocca di Kevin, permettendogli di fare altrettanto, in un’esplosione di libido fuori controllo.
Jared si staccò a fatica, scrutandolo.
“Stai bene Cole?”
“Sì … ora sì … Isotta?”
“E’ lì, nella sua coperta preferita … mangiamo qualcosa?”
“Vuoi andare fuori Jared?”
“No, grazie, mi è bastato il messicano di ieri sera.”
“Ma se non abbiamo neppure cenato …” – e rise nervoso, cercando un accappatoio, nelle cabine apposite.
“Mi ha telefonato Shan … una specie di invito in effetti … ci andiamo Colin?”
“Ok … dammi dieci minuti.”


Il racconto fu simile a quello di Cody, senza che Dean lo sapesse.
Sammy lo stava cullando, al centro del loro salotto, il camino acceso, un vassoio di tartine al salmone, di cui Dean era goloso.
La bottiglia di champagne quasi finita.
“Io non … non voglio creargli dei casini … dopo questa eternità Sammy …”
“E perché dovresti?” – gli sussurrò pacato.
“Non lo so … frequentando amici in comune … questo nucleo allargato …”
“A proposito: si direbbe che quel Geffen ti abbia spento gli entusiasmi!” – e rise, arruffandogli i capelli.
“Sembra … buono … con il suo bimbo almeno … è come fuso insieme a lui, quando lo abbraccia …” – spiegò assorto.
“E non ti sembra possibile, Dean?”
“Credo che … che sia una cosa bella … Sarà una brava persona? Quel cantante famoso lo venera …”
“Jared Leto?”
“Sì lui Sammy … non ti piaceva il suo gruppo?”
“Un casino … ma li ho persi di vista …” – e scrollò le spalle.
“Portavi quel ciondolo, non te l’ho più visto.”
“La triad? Era il loro simbolo, ma deve essermi caduto in un impasto … qualcuno si sarà rotto i denti!”
Dean rise, schernendosi – “Mi prendi in giro … scemo!” – e si aggrappò a Sam, che lo sentì vibrare, tra i suoi bicipiti muscolosi.
“Amami Sammy … amami adesso.”


“Cos’ha Colin stasera? Non mi pare di compagnia come al solito.”
“Abbiamo avuto … una piccola crisi Shan …”
“Crisi?”
“Nessun tradimento, non correre subito alle conclusioni.” – protestò, mentre camminavano sulla terrazza di villa Rice.
Il batterista voleva fumare, ma doveva farlo di nascosto da Owen, impegnato alla play station con Julie e Farrell stesso.

“Ne vuoi parlare fratellino?” – e lo avvolse, prima con la sua voce roca e poi con le sue ali tatuate.
“Colin vuole un altro figlio. Molto semplice.”
“Cosa?!”
“Lui è stato fantastico, come sempre, nel propormelo … anzi, nel chiedermelo … Mi ha scombussolato ed io ho glissato, ma poi … poi mi sono sentito in trappola, assurdamente, lo riconosco, anche Glam me lo ha fatto notare.”
“Cristo, ma sempre da quello tu devi scappare ogni volta che tu e Colin avete un problema??!” – inveii alterandosi.
Jared scivolò via da lui, lasciandolo appoggiato al muro in mattoni a vista.
“Perché lo odi così?!”
“Non odio Geffen e sai che a suo tempo gli avevo anche parlato, dicendogli che probabilmente sarebbe stato meglio che tu rimanessi al suo fianco, Jared!”
“So che mi hai appoggiato, ma non è mai stato il nostro … destino …” – ed inghiottì un singhiozzo.
“Tu lo ami … lo ami anche più di prima Jared, cazzo!” – gli sibilò, ad un centimetro dal viso contratto.
“Ho … ho freddo, rientriamo Shan, per … per favore.” – concluse svilito.
“Come vuoi. Ci sono già io che vivo nella menzogna, tu almeno potresti evitarlo ed essere felice!”
“Ma io sono felice Shan!! … e poi … di cosa parli …? Non vorrai dirmi che …”
“Ora chi tira le conclusioni Jay?”
“Mi sembrano ovvie … o Tomo non centra?”
“Tomo sarà una costante nella mia esistenza, ma sono un coglione e lo faccio soffrire. Sono un uomo di merda. Contento?”
Jared inspirò, deluso.
“No … non che non sono contento Shan … Ti immaginavo felice con July ed Owen … posso aiutarti?”
“Sai badare appena a te …” – e rise amaro.
Tornarono a stringersi.
Un conforto mesto, ma ancora indispensabile, per sopravvivere ai rispettivi errori.


“Daddy ho un po’ di febbre” – era vero – “Resto a dormire qui … ti dispiace? Vassily sta arrivando con i pigiami per Lula.”
“Tesoro sarà qualche virus, qui in reparto c’è un’epidemia purtroppo … mi dispiace …”
“Anche … anche a me daddy …” – disse strozzato dal pianto.
“Cos’hai Kevin?”
“Niente … sono … sono solo triste daddy … scusami … scusami per ogni cosa …”
“Kevin …? Se è per il litigio, abbiamo superato l’ostacolo, noi siamo una famiglia.” – disse convinto.
“Vorrei solo andarmene … da qui … per sempre daddy. Noi tre, lontani dalla California, dagli Stati Uniti …”
“Fuggire non serve Kevin …” – disse sconfortato.
“A noi … a me servirebbe daddy … mi manchi Glam … mi manchi così tanto.”
“Io ci sono Kevin, so di disattendere spesso le tue aspettative, di mettere a dura prova la tua pazienza e la tua bontà smisurata, ma ti amo … ed adoro amarti …”
“Vorrei bastarti … So che molte persone contano su di te … è l’egoismo … è colpa mia daddy.”
“Non ne hai, credimi. Sta arrivando Vassily … Ora riposati tesoro.”
“Ciao Glam …”


Nel mezzo della notte, il busto caldo di Geffen aderì alla schiena nuda di Kevin, che annaspò nel cuscino, credendolo un sogno.
“Daddy …”
“Sono qui … Non me ne andrò Kevin. Dormi …” – e gli diede un bacio, raccogliendo il suo zigomo, mentre con il pollice gli segnava il mento.
I battiti di Kevin si moltiplicarono, placandosi poi, avvolto come da un bozzolo, in grado di proteggerlo senza incertezze.




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