Capitolo n. 74 - sunrise
Jared si addormentò a fatica.
Colin lo aveva tenuto sul petto, provando a confortarlo, dopo la brutta esperienza dell’ospedale.
Il compagno viveva quegli assalti dei fotografi come delle vere e proprie violenze psicologiche ed il sentirsi toccare da persone estranee, in modo tanto invadente, lo gettava in una profonda crisi.
Simile a quella in cui Farrell non riusciva più a trovare una via di sbocco, verso una serena metabolizzazione di quanto accaduto con Kevin.
Aveva mandato un sms a Jude e, nonostante fosse quasi mezzanotte, l’amico si presentò a quell’inconsueto rendez vous, dopo avere spiegato a Robert quanto stava accadendo a Colin, deducendo l’ennesimo casino.
Downey aveva preparato i bagagli per assecondare la richiesta di Chris e si sentì quasi in dovere di perfezionare quella compensazione di altruismo, da parte di Jude verso Colin.
Gli sorrise, dopo avergli dato un bacio profondo e caldo, salutandolo con un “Non preoccuparti Jude, vai pure, ti aspetto sveglio.”
Camilla era già da Meliti, accudita da Pamela e quella serata poteva avere spunti romantici per la coppia, però il mattino era ancora lontano e restava qualche speranza nel cuore di Robert, nonostante quell’imprevisto.
“Non dormi Jamie?”
“Nemmeno tu.” – disse baciandogli lo sterno, avvinghiato a Marc.
“Dispiaciuto per il ritorno a Rio di Gabriel e Thomas?”
“Pensavo restassero a Los Angeles, ma comprendo la loro esigenza di vivere nel luogo che più amano …”
“Sono stati carini stasera … è stata una bella cena Jamie.”
“Ci siamo divertiti e Julian è davvero un bambino buono, nonostante sia così piccolo …”
“Tom Tom sembrava impazzito nel coccolarlo.”
“Gabriel invece non mi sembrava molto convinto, sai Marc? Per lui esiste solo Thomas, a trecentosessanta gradi, come fratello, figlio, amore, amante …” – e rise a metà.
Hopper lo strinse, baciandolo e capovolgendo le loro posture.
Accarezzò il petto di Jamie, che serrando le palpebre, gemette dal piacere derivante da quei semplici tocchi iniziali.
Il baby control li richiamò alla realtà.
Risero complici, dividendosi le incombenze: Jamie in cucina a scaldare il biberon della seconda poppata e Marc a cullare quella peste dai fanali azzurri, che trasmettevano ad entrambi i genitori un amore sconfinato.
La terapia degli abbracci era la migliore, per ritrovare un minimo di pace.
Colin avrebbe voluto dirlo a Jude, ma i reciproci silenzi erano meglio di qualsiasi considerazione.
“Perdonami uk buddy …”
“Perdonato.” – e gli sorrise, distaccandosi piano da Farrell ed arruffando i suoi capelli brizzolati.
“E’ … è tardi Jude …” – disse nervosamente, girando a vuoto in quella stanza distante dal centro della residenza, dove abitava con Jared, ignaro di quella visita.
“Mi sembravi disperato.”
“Rob …?”
“Non pensare a lui, è ok …”
“Sicuro? Ci sono già io che combino casini e rischio il mio matrimonio …” – e deglutì, sedendosi su di un divano in damasco rosso.
“Ok sputa il rospo Colin e cerchiamo una soluzione.” – ribattè risoluto l’inglese, accomodandosi accanto a lui.
“La soluzione alla mia debolezza non esiste Jude!” – disse rabbioso.
“Debolezza …?”
“Lui … lui continua ad avere Jared, a possederlo, anche se sono quasi certo che non abbiano più …”
Law si strofinò la faccia, sconfortato.
“Colin non dirmi che tu e Kevin avete di nuovo”
Il suo annuire secco, interruppe la frase del biondo, che si alzò di scatto.
“Non ci sono speranze Colin! Qui rimestiamo questo intruglio di porcherie da anni!” – esplose severo.
“Non so cosa dire Jude … vorrei parlarne a Jared, prima che Kevin lo faccia con Geffen … è più distrutto dai rimorsi di me.”
“Il che rappresenta il colmo!” – sbottò Jude.
Anche Farrell si elevò, con la medesima foga – “Certo, non sono un idiota, so benissimo quanto Jared e Glam ci hanno calpestati, umiliati, ridicolizzati in passato!”
“Quindi avete pareggiato il conto? Oppure collezionerete una serie di scopate tanto per arrivare in quota?!” – disse sarcastico, ma con immensa amarezza negli occhi lucidi, come quelli di Colin, che si appoggiò alla parete, disfatto da quel perenne fallimento.
“Jared rimarrà ad Haiti … io ripiomberò in un incubo Jude … Non mi vuole accanto, come avevamo fatto in Africa, non posso rimediare ai miei sbagli, perché nel deserto eravamo in un luogo custode del nostro tempo migliore, mentre a Port au Prince io ho … io ho abusato di Jared … Capisci?”
Jude posò i suoi palmi sulle spalle ricurve dell’irlandese, inspirando prima di esprimersi.
“E’ come una catena Colin, fatta di anelli, che una volta saldati non puoi sganciare e permetterti una scelta: se rimetterli al proprio posto oppure accantonarli o dimenticarli, ma persino gettarli … Ti sei come condannato, per me, a vivere con Jared, ad ogni costo, sedando i tuoi sentimenti, anche legittimi. Cosa provi per Kevin? Te lo sei mai chiesto? E per Justin? Lontano da qui, lontano anche dal tuo cuore, vero? Una soluzione insperata, comoda, ma io so che tu ci pensi, rinnegando l’unica evidenza plausibile: ti eri innamorato di Justin, così ora, probabilmente, di Kevin. Ammettilo.”
Il suo discorso era stato pacato, comprensivo, ma terribilmente concreto.
Farrell si allontanò, incrociando le braccia sul torace, arroccandosi nell’estrema difesa, di ciò che temeva fosse divenuto insalvabile: “Io amo mio marito. La … la nostra incapacità a preservarci dal dolore, temo sia uno dei fattori essenziali per unirci allo stremo di qualunque raziocinio Jude.”
“Raziocinio Colin? … Lo definirei … abominio, contro il rispetto, contro la stima, contro l’amore stesso!” - ruggì.
La sua invettiva si schiantò contro alla schiena di Colin, che se ne andò, senza aggiungere altro.
Tomo portò un vassoio sul letto, baciando la fronte di Denny, ancora immerso in sogni all’apparenza belli, dal suo volto sereno.
Quegli specchi di ghiaccio erano magnifici nella luce del mattino.
“Ciao mofo papi …” – e rise: l’aveva letto su di un cuscino, usato sempre da Josh.
Il croato fece una smorfia buffa – “Ciao splendore.” – e lo baciò.
Denny riuscì ad attirarlo di nuovo sotto al piumino, togliendogli l’accappatoio, affinchè i loro corpi nudi si ricomponessero in un incastro umido ed impaziente di animarsi del loro fare l’amore, scabroso ed intenso.
“Te-tesoro io ho … un … un aereo …” – ansimò Tomo, il cui sesso era già in preda alle mani dell’amante.
“Toccami anche tu … avanti …” – sussurrò Denny nel suo collo, leccandoglielo e distribuendo morsi fugaci e sensuali.
Si masturbarono a vicenda, baciandosi di continuo.
Arroventati da quel desiderio spasmodico di appartenersi, Denny spinse Tomo a pancia in giù, senza smettere di accarezzarlo osceno, ma usando la bocca per leccarlo in quel solco ben disegnato, che eccitava a dismisura il giovane avvocato.
Le sue dita divennero oltraggiose, ma mai quanto la sua successiva invasione, turgida e bagnata, da saliva ed umori.
“Voglio venirti dentro Tomo … lo voglio e basta …!” – ringhiò, mordendogli la nuca, come un predatore, che non gli avrebbe dato scampo.
Culminarono all’unisono, lasciandosi andare a singulti rochi ed animaleschi.
Fu liberatorio ed appagante, ma l’epilogo definitivo si consumò in baci più intimi e speciali.
Gli stessi servirono ad impedire a parole più compromettenti di emergere dai loro sguardi, dove le stesse sembravano fremere, ma non abbastanza per levarsi e confermare un nuovo legame.
“E mi saluti tutti gli amici della scuola papà?”
“Certo soldino.”
“E poi dai un bacio alle maestre??”
“Ehm … chiedilo a papà Kevin.” – Geffen rise, ma quella battuta risultò infelice – “Sai Lula, sono un imbecille!” – bisbigliò, facendogli l’occhiolino.
“Daddy …” – anche Kevin sorrise, prendendo sulle ginocchia Lula, per il suo turno di coccole e saluti.
Owen si era proposto di accompagnarli all’aeroporto, ma Geffen aveva provveduto con Vassily.
Mentalmente Shannon gliene fu grato: aggregarsi a loro e rivedere Tomo, non era semplice.
“Ok, il jet del nonno è pronto …” – disse Kevin, dopo avere risposto ad una telefonata del pilota.
Si avviarono, dopo una miriade di baci ai cuccioli ed un arrivederci ad Owen e Shan, che si strinsero, provando sensazioni contrastanti.
Owen gli aveva prospettato una nuova adozione, ma Shannon tergiversava da mesi.
L’occasione di quel viaggio, poteva comprendere anche una loro visita alla fondazione, per concretizzare un progetto, che restava comunque soltanto negli intenti di Rice.
Jared e Colin erano già nella saletta di attesa, con Sam e Dean, bersagliati da foto e clip, che il cantante dei Mars gli mostrava sul proprio i-pod.
C’erano immagini anche del Marocco e Colin quasi trasalì nel vederle.
Voleva trattenersi, ma poi un – “Almeno da lì non mi hai cacciato.” – pronunciato ridacchiando velatamente isterico, diede piuttosto fastidio a Leto, che si sforzò di non cogliere l’allusione.
Law e Downey giunsero con Steven e Chris, in fibrillazione, mentre Geffen con Kevin fu l’ultimo ad approdare nella zona del check in.
“Ci siamo tutti? Allora si va.” – esclamò affabile, scrutando ogni singolo volto dei presenti, rivelatore di stati d’animo drasticamente differenti.
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