venerdì 9 marzo 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 62

Capitolo n. 62 - sunrise


Pamela fece le porzioni di lasagne, ordinate da Antonio al suo ristorante preferito, per gli adulti, mentre Jared e Jamie preparavano biberon e pappe, per i cuccioli presenti alla festa di per Julian.
Lula e Josh reclamarono il bis di pasta al forno, mentre Camilla ed il piccolo Hopper, insieme a July, dovettero accontentarsi di una “triste brodaglia più o meno liquida” – come l’apostrofò il nonno sogghignando.
Glam passò un piatto della versione con verdure a Jared, che ne sembrò entusiasta.
“Non sai cosa ti perdi marziano!” – gli bofonchiò Geffen.
“Non parlare con la bocca piena!” – replicò lui ridendo.
Glam gli sfiorò l’avambraccio destro, seduti l’uno di fronte all’altro, Jared sul divano e l’avvocato su di un tavolino basso nel soggiorno.
Quella lusinga non sfuggì a Kevin, che li stava spiando da qualche minuto, senza accorgersi di Colin, dietro di lui, impegnato a fare altrettanto.
“Andiamo a sistemarci da qualche parte anche noi Kevin?” - gli chiese piano.
Il bassista sembrò destarsi da un sogno, quasi infastidito.
Sospirò rassegnato “Non si lasceranno mai.” – chinando il capo.
“Kevin …”
“Scusami Cole, sono le mie paranoie, ogni tanto riaffiorano e non riesco a darmi pace.” – e si diresse in terrazza, senza aspettare repliche, ma Farrell lo seguì.
“Glam e Jared si stanno comportando bene.”
“E chi dice il contrario Colin?” – ribattè seccato.
“Tu sembri farlo, proprio adesso.”
“Mi riferivo alla loro eterna intesa, ha un non so che di speciale, di … di non mio.”
“Penso che anche tu abbia un legame unico con Glam, se vuoi saperlo. E Jared non potrà mai vivere le stesse emozioni, perché sono una tua esclusiva.” – dichiarò l’attore convinto.
“Ovviamente il discorso vale anche per te e Jared.”
“Appunto Kevin.” – e sorrise.
“Ehi ragazzi non fate gli asociali.”
“Daddy … non … non li stiamo facendo …” – disse imbarazzato nel trovarselo davanti.
“Prendevamo solo una boccata d’aria, gelosone!” – e ridacchiando, Colin rientrò velocemente.
Geffen lo seguì con lo sguardo interrogativo e poi tornò a gravare su Kevin, con quegli specchi azzurro ghiaccio.
“Se hai un problema, parlane con me tesoro.” – e gli cinse i fianchi, spingendolo in un punto nascosto e semi buio di quell’ampia veranda.
“Daddy cosa stai facendo …?”
“Faccio quello che tu mi stai chiedendo da quando sei arrivato.” – gli sussurrò nel collo, iniziando a baciarlo, succhiarlo, morderlo, per poi arrivare alle labbra di Kevin, rinnovando quella sequenza di attenzioni sporche e sconvolgenti.
“Daddy …” – ansimò, in preda ad un’ebbrezza di sensi incontrollabile.
“Girati …”
“Ma sei pazzo!!?” – protestò inutilmente, sentendo i jeans scendere con i boxer, con un paio di strattoni, le mani di Glam ovunque, a palpeggiarlo osceno, lubrificandolo con poca saliva nel tormentarlo con le dita caldissime.
“Mioddio Glam … smettila … smet” – ma il palmo sinistro di Geffen lo zittì, impedendo al suo grido silenzioso di varcare i suoni ed il vocio proveniente dall’interno, nell’istante in cui lo penetrò, risalendo in lui deciso e spietato.
Vennero entrambi in pochi minuti, riducendo i rispettivi abiti in uno stato pietoso.
Glam rimediò rubando un paio di t-shirt appese e lavando entrambi con l’acqua dell’impianto di irrigazione delle piante.
Kevin era sconvolto, ma non riusciva a smettere di baciarlo e stringerlo, colmo di lui e della massima gioia.


“I nostri vicini stanno dando un party Sammy …”
“Chi scusa?”
“Credo sia quell’avvocato, collega di … Denny, si chiama così, giusto?”
Sam lo abbracciò alle spalle, dandogli un bacio sulla nuca.
“Chris e Steven forse stanno andando da loro … guardali, sono appena usciti dal nostro portone.”
“Li vedo, sì … ci sono altri due …” – Dean aguzzò la vista e riconobbe qualcuno che Sam non conosceva.
“Oh mio Dio …”
“Che c’è Dean?”
“Quello … quello è il dottor Cody … Uno psicologo.” – e deglutì a vuoto.
Sam lo voltò a sé, con delicatezza – “Non mi dirai che lui è il tuo …”
“No! No, assolutamente, ma è stato il terapista a cui mi mandarono gli assistenti sociali quando avevo sedici anni … sai per … cioè io mi comportavo in modo ostile, a causa di ciò che … che subivo.” – quasi balbettò, lasciandosi stringere da Sam, che provò un’angoscia latente.
“Dean perché sei tanto sconvolto? Comprendo che questo Cody possa ricordarti un periodo orribile …”
“Sì, è … è come tornare in quel corridoio … l’odore del disinfettante … era un centro di ascolto, ma ti trattavano come un numero … un codice …”
“Lui era così?”
“No, non direi … andiamo a letto Sammy?” – chiese, mordendosi le labbra e socchiudendo le palpebre.
Sam lo baciò, restituendogli la voglia di respirare.


Colin guardava attraverso i vetri della finestra i lampioni sparsi nel parco della End House.
Amava il modo in cui il signor Wong aveva disposto i roseti e tagliato ad arte l’interminabile siepe, che delineava un percorso tra due laghetti ed i gazebo, dove spesso si riunivano gli amici per le ricorrenze più svariate.
Quel luogo sembrava impregnato dalle loro risa, dagli scherzi, dai colori di palloncini, il profumo buono delle torte preparate da Pamela e le battute di Meliti.
L’irlandese inspirò, ritrovando nelle narici un altro aroma gradevolissimo: quello del doccia schiuma appena usato da Jared, che si era allungato avvolto in un telo blu, come le sue iridi, che lo stavano accarezzando.
“Cole …”
“Sì amore, sono qui.” – gli disse sereno, ammirando le sue fattezze sempre incantevoli.
“Io ti amo Cole …” – e gli tese le mani, denudandosi.
Farrell abbassò le alogene al minimo, raggiungendolo con l’urgenza di chi lo bramava come l’ultimo desiderio od una pozza nel deserto o l’aria, che investe i polmoni, dopo un’apnea asfissiante.
Jared era il cielo, sopra di loro, era l’inamovibile e costante fascio di stelle, che guidavano il cammino di Colin e dei loro numerosi figli.
Erano nove, ma Colin ne voleva un decimo, senza avere il coraggio di dirlo al suo sposo.
Specialmente ora, dopo avere cullato Julian, un fagottino di cui si erano innamorati subito i partecipanti a quel benvenuto, incasinato e tenerissimo.
In qualche modo avrebbe trovato il sistema, ne era certo.






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