domenica 25 marzo 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 76

Capitolo n. 76 - sunrise


Geffen aprì la blindata, mentre Jared aveva un’aria incredula alle sue spalle, al contrario di Sam e Dean, che volevano soltanto andare a dormire.
Colin e Kevin stavano in disparte: conoscevano bene quell’alloggio, ma pensavano, come Jared, che Glam l’avesse venduto a suo tempo.
“La transazione non era andata a buon fine …” – sembrò giustificarsi, mentre i raggi del tramonto, diffusi da qualche minuto nel living, investirono anche la sua mente di ricordi e nostalgia.
Jared gli passò oltre, posando il bagaglio, scrutando l’ambiente.
“Incredibile … è come quando l’ho lasciato …” – mormorò, facendo guizzare le iridi vivaci da un angolo all’altro dell’appartamento.
Vide la lavagnetta, con quella scritta: “Sans souci … nessuno l’ha cancellata …”
Geffen alzò le tapparelle, arieggiando l’ambiente, ma tutto sapeva di fresco e pulito.
Colin aprì il frigo, cercando qualcosa da bere e notando che c’era di tutto al suo interno: Glam non lasciava mai niente al caso.
“Voi dormirete nel lettone ed io sul divano!” – esclamò il cantante ridendo felice.
“Guarda che te ne ho fatto sistemare uno singolo da quella parte Jared …” – disse pacato Glam, ma avrebbe voluto che gli altri sparissero, lasciandolo da solo con quel ragazzino di quasi quarantasette anni, emozionato come il primo giorno di scuola in quel contesto saturo di contrasti.
Lo avrebbe semplicemente cullato, senza pretendere nulla da lui e da sé stesso, se non un rimpianto dolce di ciò che non erano riusciti a consolidare, per mille ovvi motivi.
Quelle rimembranze dolorose sembravano non stancarlo mai, non saturarlo a sufficienza per concretizzare quelle decisioni o scelte nette, di cui aveva accennato a Jared sulla tomba di Syria.
Kevin uscì in terrazza, sentendosi strangolare dai sorrisi di Jared e di Glam, persino da alcune battute divertenti od aneddoti, che sembravano sgorgare dal cuore di entrambi.
“Ce la caveremo.” – disse improvviso Leto, fissando sia Colin che Glam.
L’avvocato annuì, preparando un aperitivo, mentre l’irlandese strinse a sé il compagno, chiedendogli cinque minuti di pace, distante da quella confusione.
Jared lo prese per mano, portandolo su di un balconcino laterale, dov’era rimasta una poltrona da giardino, comoda per due.
“Mettiamoci qui Cole …” – e nel dirlo con voce tranquilla, accostò la porta finestra, abbassando la tenda a sacchetto, nei toni dell’arancio e del bianco, diffusi ovunque ed immutati.
“Ti ringrazio Jay … speravo di dormire con te stanotte, visto che il jet decolla domani … Chris e Steven hanno preso una decisione inaspettata, ma meravigliosa e non c’è motivo di restare oltre … O mi sbaglio …?”
Jared si inginocchiò tra le sue gambe, baciandolo senza dire ciò che Farrell sperava.
La sua fronte scivolò su quella dell’attore, le sue mani massaggiavano lievi il suo collo, dove le ciocche di Colin si stavano allungando.
Un altro bacio, più forte, pronto ad esplodere in un assalto reciproco, come due belve sopraffatte dal desiderio di sbranarsi, per sopravvivere o semplicemente prevalere sull’avversario: erano giunti a questo, si domandò mentalmente Colin.
Avrebbe voluto non piangere, come se rovinasse quella tensione, in parte erotica, come se non avesse più la capacità di gestire il loro cammino.
Si sentiva fragile, allo scoperto, senza difese.
Jared non avrebbe fatto nulla di male ad Haiti eppure Colin stava vivendo quel distacco come uno strazio senza soluzione.
“Noi staremo insieme sino alla tua partenza Cole … se hai pensato il contrario, sbagliavi.” – e rise, abbracciandolo energicamente.
“Possiamo stare tu ed io Jay … senza questo casino? Ho visto che c’è un ristorante vicino alla spiaggia, ci andiamo?” – e si sforzò di sorridere, provando il bisogno spasmodico ed odioso di prendere una di quelle pillole, che Brandon gli aveva concesso, in caso di improrogabile necessità.
Quell’espressione dello psichiatra apriva nei ragionamenti di Colin una sequenza di circostanze, che talvolta si era divertito ad elencare, ovviamente distorcendone il senso serio e trasformandole in una sorta di gag.
Il tempo di giocare gli sembrava finito, Colin diede un termine preciso al suo stato d’animo: depressione.
Di quelle peggiori.
Jared sembrava librarsi – “Andiamoci subito Cole, è ciò che voglio anch’io.”
Farrell poteva fraintendere e rivoltare ogni sua esternazione gioiosa.
§ Figurati, non vedi l’ora, così ti togli questo dente e poi mi darai una sonora pedata, destinazione California! § - pensò Colin, dandosi del pazzo direttamente.
Doveva prendere quel veleno, ma una telefonata di Jude arrivò a salvarlo.
Parlando con lui, l’attore sembrò liberarsi da quel demone.
“Come procede irish buddy?”
“E’ … è ok, sto portando Jared a cena … lui ed io, capisci?”
“Mi sembra perfetto Colin … Non dimenticare le mie raccomandazioni …” – e rise in quel modo che Farrell adorava, gli sembrava che Jude si protendesse verso di lui, avvolgendolo di una comprensione amorevole e complice.
“Ho … ho bisogno di questo Jude …”
Law pensò si riferisse a Jared, ma Colin stava parlando di lui: non era importante che il suo uk buddy cogliesse quel dettaglio, non in quell’istante.
Ora era Jared che respirava nelle sue iridi, poi nel suo collo, nel bagno del locale, dov’erano giunti alla svelta, lasciando Geffen e compagnia nel loft, dove decisero di ordinare cibo dal take away sottostante.

“Finisce sempre così … tra di noi … Cole …”
“Non sai … quanto hai … ragione Jay …” – ad ogni intercalare, tra una spinta e l’altra, poche parole, quasi un singhiozzo dalla gola di Colin, che lo stava opprimendo contro il muro di una toilette angusta.
Jared era aggrappato a lui, le sue cosce segnate dalla presa troppo decisa di Colin, che si sentiva morire, nel colpirlo, bagnandolo in modo esacerbato e dissoluto come non mai.
Farrell gli aveva artigliato la nuca, tormentandogli la chioma liscia ed a caschetto, in quel look, che ogni tanto Leto rispolverava, con sommo gradimento del consorte.
“Sto … venendo Jay … non … non muoverti … non cadere adesso …”
Così iniziò a risalire in lui, grondando di umori da Jared, che ansimava, sconvolto da un’estasi dirompente.
La medesima forza sembrò ridurre Colin a rannicchiarsi, convulsamente, tra le gambe di Jared, che stava tremando, dopo essere tornato in piedi, le dita stremate tra le tempie e gli zigomi del suo uomo.
“Non … non devi farlo Cole …” – disse confuso e sconvolto da quell’orgasmo, che sentiva diffondersi nell’addome, ma sarebbe stato estremizzato da un divenire, tra le labbra di Farrell, capaci e sublimi.
I loro sguardi si ritrovarono, nel culmine estremo, come in una simbiosi telepatica.
I loro cuori sapevano dove fosse l’unico posto dove trovare un senso compiuto, ma Colin e Jared sembravano allontanarsi da esso, così stupidamente.


“Tre mesi …”
“Sì papà … per-perché piangi …?” - Chris balbettò, stritolato nell’abbraccio di Robert.
Si erano fermati tra gli scogli, dopo una lunga passeggiata, per smaltire un pasto abbondante.
Jude era rimasto in albergo al computer con villa Meliti e Camilla, mentre Steven stava facendo altrettanto, ma con la direzione del suo ospedale.

“Mi ha scioccato la vostra … scelta Christopher … ne sono orgoglioso, ma anche spaventato … Siamo ad Haiti, ci sono spesso disordini …” – spiegò l’americano, contemplandolo e lasciando che solo le loro mani restassero intrecciate, quando si misero sulla sabbia.
“E’ … qualcosa di nostro Rob … mio e di Steven, perché non eravamo pronti per portare nelle nostre vite un bimbo, semmai il contrario … porteremo il nostro percorso, il nostro amore, nell’esistenza di tanti cuccioli.” – disse radioso ed innocente.
“Tu avrai sempre il mio … sostegno …” – ma nei suoi inchiostri, affiorò la parola § amore § nitida e sincera.
Chris si sentì pervadere dalla certezza di avere finalmente raggiunto il meglio del loro legame: si strinse a Robert, pronunciando un “Grazie …” colmo di riconoscenza.


Le stelle si spensero, tra le nubi di un temporale improvviso, tipico per l’isola.
Cole e Jay correvano, tra scrosci tiepidi ed elettrizzanti, tenendosi per mano e bloccandosi di tanto in tanto per roteare, baciandosi e ridendo felici.
L’andatura di Robert e Chris era altresì rapida e quasi divertita, tra pozzanghere e lampi di luce.
I suoni roboanti di quei tuoni, battevano nel petto di Glam, fermo davanti al davanzale; Kevin si era assopito, toccandosi nel punto in cui Geffen lo aveva preso ripetutamente, riuscendo a farlo godere di nuovo, senza inibizioni, seppellendo i suoi traumi.
Era la magia folle di quei luoghi: Glam se ne convinse, spegnendo l’unica sigaretta della giornata e serrando le palpebre, come un sipario, dinanzi ad una platea deserta.



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