One shot – Qui, adesso
31 agosto 2011 – California
Il telefono non smetteva di squillare a casa Downey.
Le caselle di posta elettronica sia di Robert, che della moglie Susan, erano intasate di e-mail.
Congratulazioni piovevano da tutte le parti, così doni floreali.
“Quando nascerà il bambino, cosa accadrà?” – chiese la cognata dell’attore americano.
Erano in cucina, per un caffè e quattro chiacchiere.
Susan riposava, dopo l’ecografia di controllo e sua sorella era una presenza preziosa.
“Ti ringrazio per essere venuta, lei si fida solo di te …”
“E di te Robert!” – sorrise, era una donna solare e positiva.
“Certo … vado in mansarda, ci vediamo a cena, devo mettere a punto alcuni dettagli del nuovo copione …”
“Iron man tre? Iniziate a febbraio, vero? Quando …”
“Sì, quando nascerà.” – ed anche Downey sorrise, tradendo comunque un certo nervosismo.
Sparì lungo la scala a spirale, che portava al piano superiore di quella lussuosa residenza di Malibu.
Quando l’aveva acquistata insieme a Susan, dopo il successo planetario di quel personaggio a mezzo tra fantascienza ed un cartone animato, si sentì come un semi Dio, pronto a ripartire e mangiarseli tutti quegli stronzi, che lo avevano emarginato nell’ambiente del cinema, a causa dei suoi stravizi, la droga, la galera, le sbornie.
Un incubo archiviato all’apparenza, ma che continuava a tormentarlo.
“Cazzo di nuovo la segreteria … cazzo!” – e riattaccò.
Ricompose il numero dopo tre secondi – “Ok, lascio un messaggio, d’accordo, come vuoi … Jude … Cristo richiamami!!”
Jude Law era l’unica persona con cui Robert avrebbe voluto parlare della gravidanza di Susan.
Si erano incontrati sul set del primo Sherlock Holmes, altro film campione di incassi, così come si presumeva accadesse anche con il sequel, per il quale avrebbero iniziato le promozioni a dicembre.
Le riprese erano terminate circa sei mesi prima, un periodo durante il quale gli impegni si erano susseguiti, così come parole e promesse, tra loro due, che avevano imbastito progetti, che adesso sembravano infrangersi contro quella consolidata realtà.
Gli applausi arrivavano alle orecchie di Jude ovattate anche quella sera.
Il pubblico era entusiasta della sua performance teatrale a Londra, la critica decretò che era la sua migliore interpretazione, insieme all’Amleto dell’anno precedente: Jude Law era arrivato in vetta.
Solo.
Si ritirò in camerino, rifuggendo richieste di autografi e plausi, complimenti, sorrisi, inviti a cene e party, anche in case della nobiltà inglese, che lo ammirava, soprattutto tra le fila delle signore dell’alta società.
Law era di nuovo uno scapolo estremamente ambito.
Tutte stronzate, si ripeteva mentalmente, sorseggiando il primo drink della serata.
Accese il cellulare, trovando una marea di messaggi.
Li cancellò senza neppure leggerli od ascoltarli.
Un’altra chiamata. Rispose.
“Ehi campione, li hai stesi anche stavolta?”
“Ciao Kevin … sì, missione compiuta.”
“Come stai Jude?”
“Uno schifo, da stamattina non è cambiato nulla.”
“Hai parlato con lui?”
“No … mi ha lasciato sms e tutto il contorno, ma io ho eliminato tutto direttamente.”
“Jude …” – “So di sbagliare, Robert non merita questo trattamento, ma non posso farne a meno.”
Kevin Spacey stava infiammando la città con il suo Riccardo III, un capolavoro.
“Allora posso offrirti la cena?”
“Vado a casa, mi dispiace … Kevin sei un vero amico, ma io sarei una pessima compagnia.”
“Lascialo giudicare a me …” – e sospirò, mettendosi le scarpe.
“No, sul serio … magari domani.”
“Ok domani. Ciao Jude.”
“Ciao Kevin, abbi pazienza, ti abbraccio.” – e riattaccò, ingoiando il suo malessere, insieme ad altra tequila.
Strizzò le palpebre, digrignando i denti e scuotendo la testa, lisciandosi la folta barba, richiesta dal personaggio, un rude irlandese innamorato di una prostituta.
Quelle stanze erano vuote delle risate di Robert, del suono del pianoforte, che Jude gli aveva comprato, per ascoltare melodie composte anche da Downey, che cantava insieme al suo ragazzo inglese, quasi sempre prima di addormentarsi abbracciato a lui.
“Ti amo Rob …” – sussurrò, lasciando che due lacrime gli solcassero il volto sfigurato dalla malinconia.
Crollò tra le lenzuola disfatte, in quella camera dove regnava una confusione incredibile, un territorio dove neppure la colf poteva entrare.
Aprì lo sportello del comodino, annaspando sino alla bottiglia mezza vuota, ma di gin: quei miscugli lo avrebbero ucciso prima o poi e l’idea non era poi tanto male, pensò.
La foto dei suoi figli troneggiava severa dal cassettone del settecento, i tre avuti con la ex moglie Sadie Frost, mentre a parte, incorniciata in argento e ghirigori rosa, la sua bambina, nata da una relazione occasionale.
La poteva vedere due volte all’anno, la madre non aveva concesso oltre, pretentendo cinquemila dollari al mese di mantenimento.
In fondo anche la Frost lo aveva spremuto a dovere, quei rapporti erano frutto di rimproveri e punizioni continue.
Jude si sentiva vessato, ma al tempo stesso stronzo, nell’avere perpetrato tradimenti ed ubriacature inopportune.
Con il naso schiacciato nel cuscino, ripercorreva quel bilancio sentimentale: disastroso.
Robert Downey Junior lo aveva folgorato, con quel carattere estroso, dinamico, geniale, con la sua dolcezza, le attenzioni dapprima amichevoli e poi via via sempre più intime.
Erano in simbiosi, lo si vedeva tra un ciack e l’altro, ma non solo professionalmente.
Il loro legame era amore allo stato puro, empatico, carnale, sublime.
Si capivano anche nei lunghi silenzi, assorti nel farsi l’amore anche quando erano tra mille persone, che brulicavano in quella dimensione dalla quale loro si erano distaccati, emergendo felici ed appagati.
Il campanello suonava da un tempo non chiaro a Jude, che scivolò sul parquet, come un sacco di patate.
Ciondolò sino alla blindata, sentendo la chiave girare a vuoto, visto che aveva integrato dei chiavistelli: chi voleva entrare, non ci sarebbe mai riuscito.
La spalancò – “Jude … che cazzo hai fatto??!”
“Rob …? Ma che …” – poi ridacchiò, spostandosi, con un inchino regale – “Si accomodi maestà …!”
Downey buttò la sacca da viaggio sulla prima poltrona oltre l’ingresso, avventandosi poi su Jude, per sostenerlo – “Accidenti sei sbronzo!!”
“Lasciami!! Lasciami bastardo!!” – e lo scostò in modo violento, cercando di tornare nella propria stanza.
“Jude … Jude aspetta … ho preso il primo aereo, ero in ansia per te …”
Law si voltò e con veemenza scagliò un bicchiere rimasto su di un davanzale, contro la parete dietro a Robert, che lo schivò appena – “Questo non è più il tuo posto, credevo lo avessi capito!! Da tre mesi almeno …” – e si accasciò in lacrime, sfiorando con il palmo destro la tappezzeria damascata, rannicchiandosi in posizione fetale.
“Jude … non mi hai mai dato la possibilità di parlarne …” – e si inginocchiò accanto a lui, sfiorandogli il fianco, posando un bacio sulla sua spalla destra.
Aveva un buon profumo e Jude ebbe l’impulso di baciarlo, ma ci rinunciò, corroso dalla rabbia – “L’hai fatto a sufficienza, quando mi hai comunicato che il test era positivo … hai cancellato tutti i nostri sogni, con una semplice frase, sei stato bravo Robert … Mi hai sempre preso in giro …”
“Ma di cosa stai parlando piccolo …?”
Jude lo incenerì con i suoi occhi di ghiaccio, che sembrava staccarsi e saettare nella sua direzione, ferendolo in tutti i punti vitali: “L’avresti lasciata … per me … te ne sei dimenticato??!!” – gli urlò piano, ad un centimetro dal volto, disfatto dalle ore di volo e dalla prostrazione per quelle settimane senza Jude nei suoi giorni.
“L’avrei fatto, ma non ne trovavo il coraggio e poi … Te l’ho spiegato, poi tutti gli ingaggi, mesi assurdi senza mai un attimo di respiro, tu eri in Europa e …”
“Io ero in Europa??? Sono stato dieci giorni a Malibu, prima di andare in Austria, dopo gli Oscar, per starti vicino, sarei tornato prima possibile e l’ho fatto!!”
“E’ stato un fine settimana meraviglioso a New York, non l’ho dimenticato cucciolo …”
“Non chiamarmi in quel modo Robert!! Sei una testa di cazzo, un coglione!! Ma mai come me che ti ho dato retta in questi tre anni!!!” – si rialzò, strattonandolo con veemenza.
Downey scattò in piedi a propria volta, puntando il dito contro la sua schiena – “Tu hai avuto una figlia!! Hai messo incinta quella ragazza, ho passato l’inferno in quel periodo!!”
“Quella non era niente!! E non mi concede neppure di vederla la …” – e si morse le labbra.
Robert allargò le braccia – “Sì … era una bella follia, il tuo volerla adottare con me, liquidando chi l’aveva partorita … Peccato che a lei convenisse usarla, per spillarti più quattrini possibile!” – ringhiò rammentandosi le discussioni e la delusione per quel progetto fallito miseramente.
“Sarebbe stata la nostra bambina … era un bel sogno …” – mormorò Jude, piegandosi maggiormente.
Robert lo avvolse, attirandolo alle sue labbra, per baciarlo, consolandosi vicendevolmente, ma Jude lo respinse di nuovo.
“Vattene … e fai tanti auguri a Susan, ne avrà bisogno.”
“Perché dici questo?”
“Con un marito del genere …”
“Che genere?”
Law si fermò sul divano, versandosi la prima cosa che gli capitò a tiro.
“Prima o poi ti troverai qualche ragazzino, te lo scoperai, mentre lei combatterà tra diete, isterismo, pannolini da cambiare … o forse no, ci penserà la solita baby sitter …”
“Quella invece sarebbe di tua pertinenza, eh Jude?” – disse sarcastico.
“Vaffanculo …” – biascicò.
“Ti sono sempre stato fedele!!” – gridò Robert inferocito.
“Anch’io o non mi credi??!!” – ribattè di rimando Jude, con la stessa disperazione.
Downey crollò davanti a lui, afferrandogli il volto – “Smettila con questa merda, non gettare via quello che appartiene solo a noi, amore … ti supplico …” – e lo baciò, questa volta senza incontrare resistenze.
Quando si staccarono, tremanti, Jude prese una rinnovata distanza – “Non si torna indietro Rob … Ho persino … ho …”
“Cosa tesoro …?” – domandò angosciato.
“Ho fatto una vasectomia, per non combinare altri casini … Anche se non ho più toccato una donna da febbraio, dopo avere lasciato Sienna e tu lo sai che è la verità … tu lo devi sapere …” – e ricominciò a singhiozzare.
“Una … vasectomia?? Ma quando …?”
“All’inizio di giugno …”
“Senza dirmi nulla? Io … io ti sarei stato vicino, perché mi hai escluso, noi stavamo …” – e si interruppe, sentendo una fitta allo stomaco.
“Sì stavamo insieme … una settimana dopo invece era stato tutto polverizzato, dalla lieta novella …” – mormorò, credendo di essere intrappolato in un brutto sogno, che non finiva mai.
“Sì … è mio figlio, credevo che …”
“Lo amo già, questo bimbo Rob, perché è parte di te, ma non di noi, purtroppo e sarebbe persino assurdo il contrario.” – disse mesto, ma lucido.
Si diresse al bagno, per dare di stomaco.
Robert gli massaggiava la schiena: i suoi palmi caldi, uno sulla fronte di Jude, che si liberava, l’altra tra le sue scapole, rassicurante ed affettuosa.
“Non ti lascerò mai Jude …”
La sua voce lo accarezzava, insieme a tutto il resto.
Seguì un lungo bagno, senza altro da dirsi, solo le loro dita, che intrecciandosi sembravano scambiarsi i reciproci pensieri avviliti.
L’alba li ritrovò abbracciati e nudi, sotto ad una coperta, nel loro letto, ancora assonnati.
“Ti preparo un caffè Rob …”
“No rimani qui … rimani e parliamo come abbiamo sempre fatto Jude.”
Law si mise seduto, poi si ristese girandosi sul fianco ed abbracciando il guanciale sgualcito – “Lo preferisci a me, Judsie?” – e sorrise, spostandogli una ciocca di capelli.
“Sembro un clochard … me lo dicono in tanti.”
“Davvero Jude? Per me sei fantastico … ma ho visto le foto, eri trasandato certo, ma terribilmente triste ed io stavo impazzendo …”
“In pochi sanno di noi, ma mi sono sentito davvero umiliato, quando le agenzie di stampa hanno iniziato a confermare la notizia, per non parlare dei reporter, che volevano un mio parere al riguardo … c’era qualcosa di canzonatorio nel loro tono o forse sono io ad essere paranoico.” – e sbuffando andò a cercarsi una sigaretta.
“Da quando fumi?”
“Un vizio più, uno meno … credo sia colpa di Kevin.”
“Kevin? Kevin chi?”
“Spacey … lo conosci benissimo.”
“Già cavoli, è in scena anche lui, giusto? Lui … sa?”
“Sì Robert, con qualcuno dovevo parlarne e Sienna non era il massimo.”
“Hai ragione, lei non approva …”
“No, non è proprio così, lei mi ha augurato ogni bene, ma avvertendomi che avrei sofferto ed aveva ragione.” – e schiacciò la cicca nel posacenere orrendo, che Robert gli aveva donato tempo prima, a forma di rana.
“E’ stata dolorosa …?”
“Cosa Rob?”
“La vasectomia.”
“No … una sciocchezza e poi non ho fatto quella definitiva …”
“Capisco, ma avrei preferito saperlo e …” – “Non ero solo, c’era … c’era Kevin con me, non mi ha lasciato un solo istante.” – ed andò a risedersi sul bordo.
“Già … non hai pensato che lui si stia innamorando di te?”
“Non posso impedirglielo Rob, per me è solo un amico e non c’è mai stato bisogno di puntualizzarlo, Kevin non si butta per ricevere un rifiuto, è troppo in gamba per sorbirsi una batosta simile …”
“Ma per te ne varrebbe la pena Jude, correre il rischio, intendo …”
Law rise acido – “Ma sentilo, tu il rischio non l’hai voluto correre sino in fondo, con me, nonostante l’amore assurdo che ci ha devastato l’esistenza.”
Downey si alzò rivestendosi con calma.
Jude non disse nulla e non lo trattenne, quando riprese il bagaglio, richiudendosi la porta alle spalle.
Kevin lo trovò riverso su di una panchina, sul retro dello stabile, dove aveva preso un appartamento in affitto.
“Jude …?!” – lo soccorse, pensando che si sentisse male, ma stava solo dormendo.
Sapeva di vino e tabacco – “Cazzo Jude … alzati dai …”
“Pensavo arrivassi prima … mi faccio schifo …”
“Adesso saliamo e ti dai una ripulita. Hai fame?”
“No … non voglio niente … mi dispiace …” – ed iniziò a frignare, mentre Spacey ridacchiava – “Ecco ci mancava la depressione dell’ubriacone … miseria se pesi!”
Il tè era amaro, ma gradevole.
“Preparo altri sandwich?”
“Sono buoni Kevin … non pensavo di riuscire neppure a mangiarli …”
“Sei stato bravo, adesso fila a nanna, domani devi essere a Venezia o l’hai dimenticato?”
“Venezia … io e Robert ci siamo stati l’anno passato, in gran segreto e …” - nel dirlo i suoi occhi si riempirono di lacrime.
“Jude …”
“Vorrei cancellarlo … vorrei …”
“Non è vero Jude.”
“Lavo i piatti Kevin …”
“Lascia stare, c’è una signora che provvede ogni mattina a sistemare i miei macelli … vai a dormire.”
“Ok … a domani, grazie per tutto …”
“Figurati.” – e lo congedò.
Nel mezzo di quella notte, Spacey fu svegliato da un fruscio.
Si ritrovò vicino Jude, sbarbato, appena uscito dalla doccia.
“Cosa ci fai tu qui?” – domandò piacevolmente stupito.
“Voglio stare con te Kevin, qui, adesso.” – replicò convinto, sporgendosi per baciarlo.
Le loro bocche si sfiorarono appena: Spacey si ritrasse, ma con una delicatezza amorevole – “Non fare stupidaggini Jude … alla mia età non posso permetterti uno sbaglio del genere …” – e sorridendo, posò un bacio sulla tempia di Jude.
“Non … non mi vuoi?”
“In ogni momento Jude e sacrificherei qualsiasi cosa per te, ma la mia posizione renderebbe tutto semplice, non è una gara con Robert, io non sono migliore di lui, semplicemente abbiamo fatto scelte differenti, con le conseguenze del caso. Come vedi sono solo come un cane e non certo per mancanza di occasioni, ma non trovo mai sincerità e disinteresse nell’animo di tanti bei giovanotti aspiranti attori o cantanti, mi capita chiunque ahahahah”
Era dolce nell’enunciare quelle considerazioni pulite.
“Io ti amo Kevin … sei il mio migliore amico … mi credi spero.”
“Sì, ti credo Jude, ti … ti amo anch’io, mio meraviglioso amico.” – e si strinsero, addormentandosi castamente.
La laguna aveva colori magnifici al tramonto.
L’assistente di Law lo aveva avvisato via sms che il motoscafo sarebbe arrivato dopo dieci minuti.
Quando vi salì, si rese conto che c’era solo un uomo alla guida del natante e non la solita segretaria di produzione, il pr ufficiale della mostra del cinema, nonché il reporter accreditato.
Guardò meglio, schiudendo poi le labbra in un’espressione stupita: “Rob …?!”
Downey si voltò, con un sorriso radioso – “Ehi, ti comunico che è in atto un rapimento e che Sodemberg mi ucciderà quando riuscirà a prendermi !”
Jude annullò la distanza tra loro, abbracciandolo e baciandolo forte – “Ma tu sei un pazzo Rob …”
“Anche tu se credevi che un figlio ci avrebbe diviso … Jude, ci ameremo più di prima, perché è questo che sento e non smetterò mai di dimostrartelo.” – disse deciso.
“Chi … chi ti ha detto dove trovarmi?”
“Un certo … Kevin … mi ha spiegato che avevo ancora una possibilità, prima che lui ci provasse sul serio con te: volevo strozzarlo, ma mi sono sentito davvero una nullità davanti alla sua fermezza …”
Jude appoggiò il capo sul suo petto, non voleva altro da quel tempo così speciale, che Robert rese indimenticabile.
THE END
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