Capitolo n. 257 - gold
“Jared …?!”
“Pensavo non ti svegliassi più … ciao Glam.”
Il suo sorriso illuminò la stanza.
“Dov’è Kevin?” – chiese, provando a sedersi.
Geffen era affaticato, nonostante le ore di sonno.
“Ti aiuto, aspetta … aggrappati a me.”
La sua voce gli riempì il cuore e sentire il suo petto contro il proprio, le sue braccia avvolgerlo, gli sembrarono l’unica ragione valida per non arrendersi a quella debolezza.
“Kevin sta preparando il tè.”
“Lo prendo sempre quando mi sveglio … ci mette del miele e mi sento subito meglio.” – abbozzò un’espressione più serena, mentre Jared gli sfiorava la barba incolta.
“Sono uno schifo, vero Jared?” – domandò con una punta di afflizione.
“Assolutamente no.”
“Sembri persino sincero …” – e rise, togliendosi la t-shirt umida di sudore.
Allo stesso modo gli parvero alcune ciocche dei capelli di Jared ed un attimo dopo quelle di Kevin, che si era affacciato sulla soglia, portando un vassoio con tre tazze fumanti.
“Vieni qui amore …”
“Ciao daddy … certo …”
Li strinse entrambi, accarezzando le loro nuche, avvertendo lo stesso profumo, quello del bagnoschiuma che usava anche lui.
Strizzò le palpebre.
“Vado anch’io a farmi una doccia … quello lo bevo dopo … fai buon viaggio Jared, chiama quando arrivi e se avete bisogno di me, sai come trovarmi. Ciao …” – e gli diede un bacio leggero sulla guancia destra, per poi alzarsi faticosamente.
“Daddy ti aiuto …” – disse Kevin con apprensione, dopo avere accolto quella frase di Glam come una stilettata nello stomaco.
“No, faccio da solo.” – replicò con voce incolore.
Jared rimase interdetto, ma preferì salutarlo ed andarsene, senza aggiungere altro.
La porta del bagno era chiusa a chiave.
Kevin voleva bussare, ma poi rinunciò.
Dall’interno provenivano rumori rassicuranti, quindi andò a sedersi sulla poltroncina, aspettando che Geffen tornasse.
Lo fece dopo un paio di minuti, andando a stendersi in accappatoio e sorseggiando la bevanda ormai tiepida.
“Te ne preparo un altro se vuoi …” – disse timido.
“No, vorrei solo una risposta, se non ti dispiace Kevin.” – disse fissandolo severo.
Il giovane annuì – “Qualunque cosa daddy …”
“Davvero? Bene. Una premessa … avrei … uso un termine che non sopporto, ma rende l’idea: tollerato. Sì tollerato, una tua relazione con Chris, perché so di non bastarti più, so di averti deluso, so di non essere all’altezza di un ragazzo come lui, so di avere vent’anni più di te, ma spiegami, SPIEGAMI, perché mi tradisci con Jared?!”
L’ambiente sembrò cristallizzarsi, in un tramonto che non aveva i colori tipici californiani, ma che ricordava un sterile paesaggio lunare, plumbeo, sospeso, come il volto di Kevin.
“Non è … non è successo nulla con Jared …”
“Tu … tu che racconti bugie … la faccenda deve essere molto più seria di quanto credessi!” – il suo tono prese vigore.
Kevin scattò in piedi, serrando i pugni: “La faccenda??!! Cazzo Glam ma ti ascolti?!”
“Certo che lo faccio e vorrei una spiegazione!!”
“Tu la esigi, con cattiveria ed egoismo, sei assurdo, non ti importa di me!! La tua gelosia è mirata unicamente a LUI!! E’ … è … di-disdi-ce-cevole …” – le sue labbra tremarono.
Aveva avuto dei problemi di balbuzie durante l’infanzia, Geffen ne era a conoscenza, ma Kevin li aveva ampiamente superati, dopo alcune sedute da un bravo analista, che seppe ridargli sicurezza in sé stesso.
Il ripresentarsi improvviso di quel difetto, lo spaventò più di ogni altra cosa.
Iniziò a piangere, non riuscendo più a pronunciare altro, sentendosi bloccato.
“Kevin …”
Glam si rialzò, ma lui fuggì, rifugiandosi nella camera degli ospiti.
Fece girare la chiave nella serratura a doppia mandata e poi riprese fiato, tappandosi le orecchie ed accasciandosi, per non ascoltare le urla di Geffen, oltre quella barriera.
“Sì Tomo, potresti tenere Lula ancora un giorno da voi?”
“Nessun problema, tu come stai?”
“Devo fare un paio di visite di controllo e quindi non riusciremmo a stargli dietro, grazie …”
Riattaccò per poi comporre un altro numero.
“Sì Rodriguez, stradale, chi parla?”
“Ciao sono Geffen, come stai?”
“Geffen! Muy bièn … quanto tempo …”
“Già … ascolta avrei bisogno un favore … se ti do il codice di un impianto satellitare, mi localizzeresti un mezzo?”
“Hai l’ordinanza del tribunale …?”
“No, è un hummer, di mia proprietà, non è stato rubato, semplicemente lo sta usando una persona con cui devo parlare …”
L’amico del dipartimento non era a conoscenza della situazione sentimentale di Geffen, quindi pensò a qualche amica dell’avvocato, che gli avesse fatto un dispetto scherzoso.
“Ok … dimmi, vedo cosa posso fare … anche se non potrei …”
“Ci vai sempre alla partita con tuo figlio?”
“Certo … ora ne ho anche un altro!”
“Congratulazioni … ti riserverò tre biglietti allora …”
“D’accordo, mi hai convinto, non ce n’era bisogno … ti mando un sms?”
“Perfetto, sei un amico.”
Quando lesse l’indirizzo, Geffen rimase allibito.
“Mio Dio … ma cosa …?”
Quello era l’ultimo posto dove pensava che Kevin potesse dirigersi.
Seduto sulla spiaggia, a gambe incrociate, il vento a scompigliare quelle chiome ondulate e morbide, come la sua bocca, che Glam avrebbe soltanto voluto baciare, riportandoselo a casa, dopo avergli chiesto perdono per l’ennesima volta.
Poco distante l’abitazione dove Kevin aveva subito quell’attentato, pagando le colpe del suo compagno, reo di avere mandato in galera il pericolosissimo fratello di Antonio Meliti.
I sicari del malvivente gambizzarono il bassista dei Red Close, lasciandolo esanime in quel luogo, dove mai Geffen avrebbe immaginato riuscisse a tornare.
“Tesoro cosa ci fai qui …?”
Si inginocchiò, senza avere il coraggio di sfiorarlo: Kevin guardava l’orizzonte, sfigurato dal pianto delle ore precedenti.
Le sue dita ebbero un fremito, poi iniziò a parlare ed in principio sembrò un racconto.
“Ero un … disadattato. Quando lo psichiatra infantile lo scrisse su quel foglio azzurrino, provai un’immensa vergogna. La cosa peggiorò, guardandomi allo specchio la sera stessa … ero grasso, rotondo e gonfio, mangiavo a qualunque ora, ero terrorizzato dalla mancanza di cibo, anche se non dovevo più lottare per averne, ma non mi entrava in testa … Leggevo il disprezzo negli occhi dei miei … genitori, sì insomma … quegli estranei che avrei dovuto chiamare mamma e papà, senza riuscire neppure in quello … Sono sicuro che se avessero potuto, mi avrebbero reso al mittente, a miss Junsen dell’istituto, scegliendo un figlio migliore, più bello, più sicuro, più magro … Un Jared, ecco, un piccolo, perfetto cucciolo, che da quando è al mondo riesce a fare innamorare orchi e principi … Nessuno sa, il vuoto che porta dentro … Nel mio c’era posto per quello che masticavo ed ingoiavo, masticavo ed ingoiavo senza coglierne il sapore, i colori … non ero mai sazio … Così la mia ribellione divenne lo sport, non ero una cima negli studi, ma avvenne una graduale trasformazione fino ad un ottimo risultato … so che suona patetico, ma quella era la mia vita eppure nulla aveva davvero un senso, nulla Glam, finchè non ci siamo incontrati … Chi c’era stato prima di te, non aveva lasciato alcun segno, eppure potevano essere storie importanti, ma non permisi mai a nessuno di conoscere le mie carenze, mentre insieme a te mi sentivo autorizzato, io ero libero, ero finalmente amato e decisi di appartenerti, ancora prima di accettarti, con tutto il fardello delle tue ex, dei figli, le amanti, gli amori … anzi, un solo amore, Jared.”
Geffen seguiva con attenzione quel susseguirsi di ricordi ad alta voce, anche se in parte conosceva il passato di Kevin, che si voltò a guardarlo a quel punto, proseguendo.
“Lui arriva, sparisce, poi riappare, che io sia presente od assente, tu per lui ci sei sempre stato e questo è qualcosa di insopportabile, ma a te non importava, perché insistevi, ci ricadevi, nonostante rinsavissi per poco, provando a convincermi che io ero più importante di lui, ma erano balle, il mio cuore andava in pezzi e rimanevo solo a raccattarli, come le briciole di te, STUPIDO UOMO, UN AUTENTICO COGLIONE, ECCO COS’ERI!! E lui, lui a farsi scopare da chiunque, per riempire i propri vuoti, senza, però, esserne mai sazio, SENZA MAI FERMARSI!! …” – singhiozzando, si era elevato, insieme al volume del proprio discorso, alterandosi, sconvolto, ma irrefrenabile.
Geffen non aveva mai abbassato lo sguardo e si parò davanti a lui, senza reagire, finchè non avesse terminato il proprio sfogo.
“Jared ti ha reso succube, ho voluto crederlo per tanto tempo sai? … Era più tollerabile …” – rise alienato – “ … Già, tollerabile Glam … invece sei stato in realtà quello di cui io avevo bisogno, insieme a Jared … sei diventato parte di lui … l’hai completato … ed io volevo prendermi qualcosa di te, amandolo … volevo riprendermi il mio uomo … VOLEVO TE GLAM, TI HO SEMPRE VOLUTO E NON LUI!! Sei così … stupido … ed io … così … inutile …” – e crollò.
Geffen lo raccolse, posando sulle sue tempie dei baci dolci – “Adesso calmati … calmati Kevin … lo so di essere uno stupido, ma avevo anch’io bisogno che qualcuno me lo dicesse e tu eri l’unico ad essere … autorizzato …” – sorrise, portandolo in braccio sino all’auto.
Glam era arrivato con un taxi.
Si mise alla guida, dirigendosi verso un vicino resort, dove prese una suite per la notte.
Kevin si sentiva svuotato.
Glam lo accarezzava, aspettando che fosse lui a permettergli di andare oltre.
“Ho tanta paura daddy …” – mormorò.
“Lo so … è la stessa che ho provato io non trovandoti stamattina, l’attico era vuoto, di te, di Lula … ero un uomo finito, che ha commesso troppi sbagli …”
“Ho amato anche quelli e tu lo sai …”
“Perdonaci … raccolgo il fardello anche degli altri, di chi ti ha maltrattato, io per primo Kevin … Kevin ti amo …” – i suoi baci ripresero, il suo tocco divenne progressivo, ma non invadente.
Le loro iridi si incontrarono.
“Perdonaci Kevin …”
“Ti perdono … papà … ti perdono … mamma … ti perdono miss Junsen …” – gli sembrò di sollevarsi in volo, ma non di respirare, finchè non dissolse anche l’ultima ombra – “Ti perdono Glam … ti perdono.”
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