Capitolo n. 261 - gold
Il salone era stato addobbato con centinaia di fiori, con al centro un tavolo imbandito di qualsiasi prelibatezza, sovrastato da un enorme lampadario in cristallo, tipicamente austriaco.
C’era una luce quasi fastidiosa alle pupille di Jared, che indossò dei vistosi occhiali scuri.
“Sembri una diva anni cinquanta amore … che ti prende?” – gli disse dolcemente Colin, portandolo via veloce dai flash dei paparazzi autorizzati.
“Ho un’irritazione, forse non sono più abituato alla luce dei riflettori …” – replicò imbarazzato.
Si sentiva fuori posto e, soprattutto, avrebbe voluto festeggiare il b-day del compagno in perfetta solitudine.
“Cole ascolta … dopo, vorrei parlare un po’ con te … lo facciamo così raramente in queste settimane.”
“Certo tesoro, ma sei certo che vada tutto bene? … Mi sembri così strano …” – e lo strinse, isolandosi in una saletta, mentre gli invitati arrivavano dai diversi corridoi.
C’era aria di baldoria ed allegria, ma Jared era pallido ed avrebbe voluto andarsene.
“Vorrei … tornare a Los Angeles, a casa … mi sto pentendo di avere accettato questo ruolo, anche se è straordinario lavorare accanto a te Cole …” - e si tolse i Carrera, uno dei tanti regali di Farrell, che lo fece stendere su di un divano, senza smettere di accarezzargli il viso tirato, ma splendido.
“Io ti amo Jay e farò tutto ciò che mi chiederai, anche prendere un volo stanotte e sparire dall’altra parte del mondo, ok?” – e sorrise.
Jared inspirò a fondo – “No … Oddio sono un melodramma … avevo … avevo solo bisogno di stare con te …” – e si aggrappò a lui, con vigore e disperazione.
In quel gesto, Colin comprese le carenze quotidiane dell’altro, a cui mancavano le conferme di Geffen, non poteva essere diversamente, anche se l’attore irlandese stava maturando altri timori.
“Torniamo di là Colin, andiamo, ho voglia di bere champagne e fare le ore piccole!” – disse con una improvvisa esaltazione.
“D’accordo … ma dovrai darmi un paio di minuti, ho dimenticato una cosa nella suite …”
“Sì, certo … ci ritroviamo nella sala … Muoviamoci.” – e rise, asciugandosi le lacrime, che non era riuscito a trattenere.
I bagagli di Jared erano vuoti, Colin aveva poco tempo.
Passò all’armadietto del secondo bagno, dove Jared faceva l’idromassaggio, ma anche lì nulla.
Prese una sedia, ci salì ed iniziò a tastare il sopra dell’armadio.
Trovò un piccolo beauty da viaggio.
Quando lo aprì, trovò un vero arsenale di antidepressivi.
Le boccette erano tutte a metà e, anche se le etichette erano state rimosse malamente, lui conosceva bene quei veleni – “Cristo … Jared …”
Crollò fino a sedersi, come un sacco vuoto.
Quando bussarono, Colin sobbalzò, risalendo veloce e sistemando ciò che aveva scoperto.
“Vengo!” – esclamò nervosamente.
Era Justin.
“Ehi, scusa, ma mi hanno mandato a cercarti Colin … Ti senti bene?” – domandò incuriosito dal suo rossore in volto.
“Certo … sono pronto, ti seguo.” – ribattè, provando a nascondergli quanto fosse sconvolto.
Su di un tavolo rotondo erano stati riunite decine di regali per Farrell, che iniziò ad aprire senza reale interesse quei doni, seppure graditi ed accompagnati da biglietti spiritosi e colorati.
Una band stava suonando dei pezzi classici, moderni, rock, ma a metà del ricevimento un rullo di tamburi attirò l’attenzione dei presenti.
Robert prese un microfono e con aria scanzonata si mise al centro di quel palco improvvisato – “Ok, spero non siate tutti ubriachi, specialmente il festeggiato, sai Colin, ehi Colin sono qui!!” – e gli fece un cenno saltellando, tra l’ilarità generale per la sua verve comica innata – “Dicevo, adorato irish buddy, SPECIALMENTE tu, perché non vorrai mica farti vedere sgangherato dai … tuoi figli!??”
Farrell spalancò le palpebre nella direzione di un fascio di luce colorata, puntato su di un portone, dal quale entrarono i bimbi della End House, tra gli applausi.
C’era anche Camilla, scortata dalla baby sitter di fiducia di Jude e Robert, gli unici a sapere di quel simpatico complotto.
Jared e Colin corsero loro incontro increduli.
“Ah ecco l’artefice della sorpresa, con una splendida signora! Ciao Antonio, ciao Pamela!” – esclamò Downey, mentre ormai era il caos, tra abbracci, risa e coccole.
C’era anche Isotta, in braccio a miss Wong, che era stata perfetta nello scherzo al pc, visto che erano tutti alloggiati nell’albergo di fronte, all’insaputa della troupe.
Meliti ci sapeva fare, sia nei colpi di scena, che negli ingressi trionfali, salutando come un faraone, con a braccetto una meravigliosa Pamela, che mostrava orgogliosa un bel pancino.
Xavier e Phil si precipitarono da lei, accogliendola con estrema gioia.
Colin piangeva, Jared era come in trance, sopraffatto dall’emozione.
Avevano una simbiosi con quei tesori preziosi e sembrava ad entrambi di rinascere, nel poterli rivedere e stringere sui loro cuori agitati.
Colin diede con il biberon la camomilla ad Isotta, tenendola sul petto, incantevole allo sguardo di Jared, che in quegli istanti ritrovava completamente il suo amore per lui.
Lo sentiva così forte, salirgli dal cuore e pervadere ogni fibra del suo essere, da mescolare paura ed appagamento in un modo assurdo e spesso ingestibile.
Era ricaduto nella trappola degli psicofarmaci, per riuscire a lavorare, per sorridere, avvertendo continui contraccolpi al suo organismo, a tratti debilitato da quel disordine, che andava ad influire la regolarità dei suoi pasti e nel prendere sonno.
“Siete bellissimi …” – mormorò, appoggiandosi allo stipite.
“Jay …?”
“Io ti amo Cole …”
Farrell rimise con cautela la piccola nella culla, ormai si era assopita.
Prese per mano Jared e tornarono nella loro camera.
“Devo dirti delle cose Jay … devo assolutamente farlo, anche se vorrei essere davvero da tutt’altra parte, ma spero che la presenza dei nostri cuccioli possa aiutarci a fare le cose con serenità …”
“Quali … quali co.cose? …” – balbettò, andando a sedersi al centro del letto con Colin, che sorrise, ma con angoscia evidente – “Essere sinceri e poi … e poi trovare una soluzione.”
“Soluzione per …?”
“Non agitarti Jared.” – disse raccogliendo in sé tutta la calma possibile.
“Ok … posso … posso avere un bicchiere d’acqua? … Anzi, no, vado io a prendermelo in bagno …”
“Rimani qui Jared, so che vuoi andare di là e prendere una pasticca di quelle che nascondi, ma non è questa la via giusta, posso assicurartelo.”
Leto abbassò il capo, come sconfitto.
“Sarai stufo marcio di vedermi frignare, ho ragione Cole …?” – iniziò a singhiozzare, faticando ad esprimersi, come se gli mancasse l’aria.
“Hai torto. Sei mio marito e ci siamo assistiti da sempre, anche nei momenti peggiori, come l’anno scorso … Jared io so che tu non riesci a superare il trauma di Justin, ti sta logorando e scavando come un parassita, un abisso in cui scivoli ogni giorno di più.” – affermò convinto, ma pacato, per non inquietarlo maggiormente.
Jared non parlava, controllando il respiro, per non avere un attacco di panico.
“Ero … ero convinto che l’unica ragione fosse Glam, la nostalgia di lui, probabilmente ne avvertirai sempre, soprattutto nel vederlo realizzato al fianco di Kevin, io posso capirlo, io voglio assimilarlo questo fatto, perché non sono capace di farci nulla, non posso né controllarlo e tanto meno cancellarlo dal tuo cuore, lui esiste e se solo trovaste un equilibrio, potresti darti quella pace e dedicarti finalmente e completamente a noi ed alla famiglia che ci siamo costruiti con enormi sacrifici Jared: credimi, non ti sto rimproverando.”
Le mani di Farrell non avevano mai lasciato quelle del cantante dei Mars, erano calde, solide, sicure.
“Colin … io … io vorrei … dimenticare … Justin … persino Glam … io vorrei …”
“Sono successe troppe cose, ci siamo fatti troppo male Jared … Ci siamo perduti e ritrovati, ma io non sono mai stato felice lontano da te. Sai … sai andando indietro nel tempo, potrei … potrei ricordare nitidamente i giorni in cui me la facevo letteralmente sotto al pensiero di avere un uomo nel mio letto e nel mio futuro, anziché una bella donna, dei figli, quella che mio padre definiva una famiglia all’onore del mondo … Cazzo lui usava quell’espressione ed il nonno sogghignava, te lo ricordi, vero?” – le sue pozze di inchiostro si ravvivarono di commozione, ma andò avanti, senza volere cedere allo sconforto.
“In effetti non lo stimava granchè, diceva che era rozzo e si sentiva un Dio con quel pallone tra i piedi, ma aveva talento … così io, delicato e gentile … mi scompigliava i capelli, ripetendomelo, tu non sei come lui figliolo, tu sei delicato e gentile … Francamente mi dava fastidio, termini del genere si usavano per descrivere un fiore, pensavo …” – rise – “Il mio talento non era nulla in confronto al tuo e soffrivo anche di un senso di inferiorità in quel deserto … Sapevi anche suonare e … e cantavi … ed io ero talmente cotto di te, da aggiungere alla paura principale, anche quella di non conquistarti ed … ed averti … invece ti sei innamorato di me e non hai avuto esitazioni nel confessarmelo, ricordi?”
Jared annuì, dandogli un bacio sulla tempia sinistra, nel momento in cui Colin abbassò la testa, emozionato.
“Ed abbiamo preso la prima di molte altre decisioni fondamentali, complicate, dolorose Jay … tu ed io, contro il mondo … forse ci siamo arresi, quando le circostanze sono divenute insostenibili, ma siamo anche stati capaci di riprenderci ciò a cui ambivamo dall’istante preciso in cui ci siamo trovati: cioè noi ed unicamente … noi.” – e lo baciò, tremando.
Quando si staccarono, Colin aggiunse un’ultima considerazione.
“Non volevo ferirti … non volevo vendicarmi … non volevo un altro uomo, andando con Justin … Ho perso il senso di noi, per un piccolo, insignificante frammento di tempo, dove ho sbagliato, ho semplicemente sbagliato, ho gravemente sbagliato, destinando a lui e non a noi, un battito del mio cuore … mi pento e ti chiedo perdono Jared, ricambiando con il mio, di perdono, per ciò che tu hai fatto, per i battiti del tuo cuore, che hai rivolto altrove e sono pronto ad aiutarti, perché è ciò che voglio, te lo ripeto … Jared io voglio te, io … amo … te.”
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