Capitolo n. 255 - gold
Una goccia, un’altra goccia, ancora una.
Quella bottiglia di vetro, girata a testa in giù, sembrava non avere mai fine.
L’ago nella vena di Geffen, pizzicava fastidiosamente.
Kevin seguiva tutte le sue espressioni di indolenza.
“Ti fa male da qualche parte daddy?”
Le sue domande non avrebbero voluto risposte, ne aveva una paura incontrollabile.
“No … questa volta comunque è peggio delle altre … puoi abbassare ancora di qualche grado il condizionatore, piccolo? Sto bruciando …”
“Certo lo faccio subito …”
“Mettiti una sciarpa oppure vai in sala d’aspetto … non occorre che …”
“Non pensarci neppure per sogno!” – protestò, cercando poi la mano di Glam, che gli sfiorò gli zigomi vibranti di dispiacere – “Sei il mio angelo Kevin … ti voglio così bene …” – poi respirò a fondo addormentandosi, come sempre avveniva a metà della seduta.
Gli occhi di Kevin si riempirono di lacrime.
Avrebbe voluto urlare, ma poi si rannicchiò, avvinghiandosi al braccio di Geffen, pur restando seduto su quella seggiola scomoda.
Voleva solo andarsene da quel posto e portare via il suo uomo, possibilmente lontano da Los Angeles, insieme al loro bambino: Kevin avrebbe dato tutto ciò che possedeva per realizzare quel progetto, in verità molto complesso da esaudire.
“Vienna in questo periodo è meravigliosa, così Salisburgo, ci sono delle fioriture nei giardini dei palazzi d’epoca davvero straordinarie, vi piacerà!”
Derado era entusiasta del reportage fotografico, che un collaboratore gli aveva passato, per dare conferma alle location previste per il film.
Gli attori erano d’accordo, anche se qualcuno sembrava assente.
“Jared mi stai ascoltando …?”
“Cosa? … Sì certo, le fioriture … Dove alloggeremo?” – e sorrise imbarazzato.
“Ve lo comunicherà la segretaria di produzione … ok, allora proposte, suggerimenti …? Ma dove sono finiti Brian e Justin?”
La sera precedente …
Justin varcò la soglia di casa con uno strano presentimento.
Vide un trolley nell’ingresso e lo riconobbe come quello di Brian.
“Sono tornato …” – disse come al solito, sentendo i battiti del proprio cuore aumentare, mano a mano che procedeva verso la camera da letto, dove trovò il compagno.
“Ehi … dove stai andando?”
Brian lo lacerò nel mezzo, con quello sguardo severo e scuro, che gli apparteneva nei momenti di rabbia e costernazione.
“Siete fotogenici, sai? Di Farrell lo sapevo, di te potevo immaginarlo.” – e gli tirò un tablet, con dei file aperti in successione.
Justin li scrutò, stringendo quell’aggeggio elettronico tra le dita gelide.
“Posso spiegarti … e poi te ne avrei comunque parlato … ma non di ciò che pensi tu.” – disse con il fiato corto.
Si sentì pervadere dal panico, capendo che l’altro non gli avrebbe dato molto spazio in quella conversazione.
“Non serve, non più almeno. A me basta notare le persone come si guardano e anche se non ci vai a letto, le mie conclusioni le ho tratte, stammi bene.” – ed infilò il corridoio frettolosamente, soprattutto per non farsi vedere piangere.
Justin rimase come paralizzato.
Voleva essere onesto con lui, semmai prendere una pausa, ma ora che lo stava perdendo, si sentiva morire.
“Brian … Brian … BRIAN!!!”
Lo rincorse, prendendo le scale, ma fu inutile.
Lo vide uscire dal sottopassaggio, proveniente dal garage sotterraneo.
Per poco Brian non lo investì, ma non accadde nulla di grave, per cui proseguì, rallentando appena, nel vedere Justin in piedi.
La pioggia aveva accompagnato quella notte, verso un’alba grigia ed opprimente per entrambi.
Justin raggomitolato nell’accappatoio, che sapeva ancora di Brian e questi abbandonato su di un letto, in uno dei tanti motel sul lungomare, a fumarsi una sigaretta dopo l’altra e scolare birra, fino ad intontirsi.
Colin fece una telefonata.
“Irraggiungibili Phil, non so che dirti …”
“Probabilmente Brian e Justin hanno litigato.” – disse con distacco Jared, guardando i bambini giocare nel parco di villa Meliti.
Tomo e Chris avevano in custodia Josh, Lula e July, mentre lui aveva portato Violet e Becki, a casa da scuola per un imprevisto alla mensa.
Robert lo fissò per un breve istante, mentre Jude andò a sedersi accanto al cantante dei Mars.
“Per … per quelle foto …?”
Farrell lo polverizzò con un’occhiata veloce, provando una fitta allo stomaco quando Jared annuì.
“Vado a prendere un po’ d’aria …” – disse, prendendo poi per mano Colin e sorridendogli – “Vieni con me amore …?” – “Certo … noi facciamo una pausa, a dopo.” – concluse mesto.
Kevin per poco non sfondava la porta, Brian aprì appena in tempo.
“Cosa … cosa ci fai tu qui?” – biascicò spostandosi per farlo accomodare.
“Dopo il tuo messaggio di stanotte … Ho fatto prima che ho potuto, Glam ha fatto la sua terapia e non è una bella giornata …”
“Dovevi rimanere con lui.” – disse riprendendo lucidità.
“C’è Pamela con lui ed anche Xavier …”
“Ok … vuoi una Becks?”
“No grazie e smettila anche tu, cazzo … Cosa pensi di fare?” – disse sconfortato.
“Sarò un attore molto presto … come quell’irlandese del cazzo … forse così … così Justin mi vorrà …” – e si accasciò sul materasso, iniziando a piagnucolare, in preda ad una prevedibile sbornia triste.
“Oddio, non ti ho mai visto in questo stato per un uomo … sei proprio innamorato …” – e sorrise, scompigliandogli i capelli.
“E ti pare strano? Adoro Justin, lui è … è tutto ciò che voglio.”
“Allora vai a riprendertelo.”
“L’ho mollato, perché lui stava per fare la stessa cosa! L’ho soltanto anticipato …”
“Ascolta, qui non combini niente di buono, ti andrebbe di andare nel vecchio alloggio di Glam? Sempre che nel tuo ci sia rimasto Justin …”
“Sì lui è lì … credo … ma non voglio creare problemi.”
“Daddy lo usa solo come archivio, non ci va quasi mai, è arredato e vuoto, cosa ne pensi?”
“D’accordo … se insisti …”
“Ok maldido, tieni il quinto ghiacciolo al limone, ora non sei più paonazzo!” – e scoppio’ a ridere.
Pamela era un tornado per casa.
Preparò una torta che piaceva a Kevin e i biscotti preferiti di Lula, mentre Xavier restava con Geffen, a stordirlo di chiacchiere.
“Il nostro guapito nascerò ballando!” – esclamò il giovane divertito dall’entusiasmo della futura mamma.
Glam si sistemò meglio sui cuscini – “E chi la ferma …? E’ fantastica.” – e sorrise, sentendosi meglio.
“Ha molta energia e positività, quindi spero la trasmetta al piccolo … Lula non vede l’ora di giocarci, vuole persino dargli il biberon e poi va in giro raccontando che lui e Violet avranno dieci bimbi ahahahah”
“Sì questa cosa non mi giunge nuova … che esagerato il mio soldino di cacio … mi manca, sai se ne hanno ancora per molto a villa Meliti?”
“Dipende dalle fisime di Jared ahahahah No, scherzo, comunque Phil tra baci e cavalcate stile Valchiria, penso che prima o poi riceverà un bel cazzotto da Colin … anche se tra i due non so chi è il più geloso e possessivo.”
“Lo sono entrambi, forse Jared in modo più infantile, a volte, mentre Colin più istintivo …”
“Già l’animale di casa!”
“No Xavi, quello è Shan … a proposito, anche lui ed Owen hanno risolto …”
“Pare di sì, perfetta armonia, fino al prossimo colpo di testa … Non li trovo molto affidabili, conoscendo poi Owen …”
“Uh sì, eri uno dei suoi protetti …” – e ridacchiò.
“Ok, ok, lo ammetto, mi divertivo con lui e facevo pure lo stronzo, la prima volta che ho incocciato in Shan poi ahahaah per poco mi ammazza! Ero un tantino antipatico …”
“No, eri solo sulle difensive … Suonano, vai tu?”
“Sì, certo.”
Lula era tornato: corse subito da Geffen – “Il mio papààà!!!” – e gli si arrotolò intorno, ricoprendolo di baci e coccole.
“Piano piano nino!! Vieni che ci sono i nodi di cioccolato pronti!”
“Yummm papi … posso?”
“Ovvio, se me lo chiedi con questi occhioni … senta bella signora potrei averne uno anch’io?”
“Nada de nada! El dottor dice a digiuno fino alle otto di sera e sono soltanto le sei!”
“Ok … che rigore …”
“Non rompere maldido! Lulito adelante!! In cucina!”
La partenza per l’Europa era stata fissata due giorni dopo.
“Ti ho preparato un bagno Glam …” – disse asciugandosi le mani con una salvietta, dopo avere sparso dei sali profumati nell’acqua.
“Ok … grazie, magari dopo … vieni qui.” – e gli tese le mani.
Jared si mise seduto tra le gambe di Geffen, accomodatosi in poltrona, nel salotto del villino, dove ormai avevano creato il loro strano rifugio.
Il cantante dei Mars chinò il capo, consentendo a Glam di accarezzarla con dolcezza e calma.
“Adoro quando fai così … mi sento al sicuro e non ho più paura …”
“Anche in me svanisce ogni timore, quando tu ci sei, Jared …”
“Tornerò presto e poi … poi potresti venirci anche tu, non sei il legale della produzione?” – domandò flebile, tornando a guardarlo.
“I farmaci mi stanno creando qualche problema …”
“Co-cosa?” – chiese allarmato.
Geffen sorrise – “Nulla di irrimediabile, ma condizionano le mie scelte, come gli spostamenti, il sonno, l’appetito.”
“Hai perso altro peso?”
“No … cioè sì, un paio di chili, ma ho rispolverato questi vecchissimi jeans, ci andai ad un concerto dei Genesis … come diresti tu? La mia musica da dinosauro, vero?” – e rise piano.
Jared con un gesto fulmineo, si appese al suo collo, dandogli un lungo bacio.
Quando le loro bocche si staccarono, Geffen cercò l’ossigeno necessario a sopravvivere – “Adesso credo che … che farò quel bagno …”
“Sì … come desideri …” – sussurrò Jared, per poi baciarlo con rinnovata intensità.
Nella sua mente, Geffen si ripeteva un’unica frase § Non farmi questo, non permettere che accada … § nonostante volesse con tutto sé stesso il contrario: farci l’amore sino a sfinirsi, come in passato.
Era lì, che doveva restare quel rimpianto: Glam se lo impose.
Permise a Jared di lavarlo, con attenzione amorevole, poi lo tenne sul proprio petto sino a sera, come abitudine, assaporando la sua pelle nuda, che si scontrava con la sua, in un dormiveglia fatto di sorrisi e lacrime, nient’altro, anche se i rispettivi sessi cercavano il tocco sapiente di entrambi, per darsi un piacere unico, che fu nuovamente rimandato o represso, per il bene di tutti.
“Dove sei stato?”
“Ciao Colin … in giro.”
“In giro dove?”
Jared posò la propria sacca, dove teneva appunti, un libro, il lettore mp3, cellulare, cinquanta dollari ed una carta di credito, Evian e cerotti.
Estrasse l’acqua minerale e ne bevve un sorso.
“Nei soliti posti … perché quest’aria inquisitoria?”
“Non hai risposto alle mie chiamate, volevo portarti fuori a cena, ma niente, irreperibile!” – ribattè stizzito.
“Possiamo andarci benissimo, sai che rientro sempre alla stessa ora.”
“Tu conosci i miei impegni giornalieri, mentre io no!”
“Oh sì … come le tue uscite al bar con gli amici …” – e sorrise con una smorfia.
“Jared sei davvero …”
“Uno stronzo? Vorresti negarlo? Solo grazie alla rete vengo a sapere certe cose.”
“Hai incontrato Glam?” – il suo tono divenne brusco.
“Glam? E se anche fosse? Certo che l’ho incontrato, dovevo firmare le liberatorie per Derado.”
Era vero, aveva espletato quella pratica, ma non nello studio legale.
Un minuscolo dettaglio.
“Sì … ma dove?”
“Dove cosa?”
“Dove l’hai incontrato?!”
“Ma sei impazzito Colin?? E smettila, io Glam lo vedo tutte le volte che voglio, lui sta male, hai capito, quel medico ha detto un mare di balle, gli intrugli che gli spara in vena sono peggio della chemio!” – sbottò, liberando anche due lacrime di frustrazione.
“Io … io non ne sapevo niente … mi dispiace per lui …”
“A me dispiace non dirti le cose, consapevole di farti arrabbiare, ma tu fai altrettanto e poi finisce che litighiamo e … e …” – stava singhiozzando.
Farrell lo strinse baciandolo, mentre i suoi pollici asciugavano quei rivoli salati.
Spinse delicatamente Jared nella cabina armadio, dove stava cercando un completo da indossare per uscire insieme al suo ragazzo americano.
Chiuse a chiave e spense le luci principali, lasciando l’ambiente in un riverbero bluastro.
Si spogliarono con frenesia, atterrando poi su di un futon, che avevano rubato nel nido giapponese.
Le membra di Colin pulsavano, pronte a riceverlo – “Prendimi … non lo fai mai abbastanza … io ti appartengo Jared …” – gemette, eccitandolo maggiormente.
Fu un amplesso prolungato allo spasimo.
Ne avevano bisogno, così come il rassicurarsi di continuo, ostaggi di quel mondo, che a volte li amava troppo, rischiando di dividerli irrimediabilmente.
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