Il medico fu risoluto e preciso.
Lo schiavo Esca doveva bloccare sul tavolaccio operatorio, il proprio padrone, Marcus, legionario romano, decorato con onore e congedato, per gravi ferite di guerra.
Proprio su una di esse si erano concentrate le cure del dottore, che aveva deciso di intervenire per rimuovere l’infezione, ormai pericolosa, che rischiava di compromettere l’arto definitivamente.
Marcus tremava, ma nel suo sguardo orgoglio e coraggio non si sarebbero mai spenti, soprattutto davanti agli occhi cerulei e concentrati su di lui di Esca.
Il giovane apparteneva alla banda dei briganti, che oltre i confini del vallo occupavano zone ostiche a Roma ed a tutto ciò lui rappresentasse: un concentrato di odio, la prima volta che si incontrarono, quando lo zio di Marcus scelse Esca come schiavo per il nipote.
La cosa non era gradita a nessuno dei due, ma un antefatto importante già li univa.
Marcus lo aveva salvato da morte certa, durante un combattimento nell’arena locale, dove un massiccio gladiatore riuscì facilmente a sopraffarlo, soprattutto perché Esca si era rifiutato di combattere in quel modo volgare, in quanto puro spettacolo di morte.
C’era un’estrema fierezza nei gesti di Esca, era un combattente, ma sapeva ubbidire in silenzio ed assistere Marcus con devozione.
Il riverbero del fuoco accompagnava i suoi incubi: Marcus era in preda al delirio.
Esca lo tamponava con pezze bagnate, passandogli di tanto in tanto del vino, per annebbiare i suoi sensi e sopire gli spasmi, che sembravano divorare il suo sembiante.
“Esca …”
“Sono qui.”
“Ho … ho sete …”
“Hai appena bevuto, prendo dell’acqua se vuoi …”
“No, ancora vino, ti prego …”
Il suo mormorio era spezzato e supplichevole, le sue iridi gonfie di pianto, cristallizzatosi sulle tempie.
Esca sollevò il suo capo per la nuca, passandogli la ciotola colma di nettare dolciastro – “Grazie … sei … un vero amico.”
Esca si mise a sedere sul bordo di quel giaciglio accogliente, così diverso dal pagliericcio dove lui riposava.
“Non siamo amici.” – disse con un mezzo sorriso.
“Sbagli …”
“Sono il tuo servo. Questa è la verità.”
“Non … non è vero …” – ma su quelle parole, Marcus inarcò la schiena, lacerato da una fitta più acuta delle precedenti.
“Cosa ti succede? Chiamo qualcuno?”
“No Esca … no … parlami … raccontami di te …”
“A cosa serve? Come se ti importasse …”
Marcus gli afferrò il polso, catturando poi il dorso della mano destra profumata di oli essenziali, che Esca aveva usato per lavargli i capelli intrisi di sudore e polvere, portandosela alle labbra, per posarvi un bacio – “Non ho altri che te …” – era un sussurro, ma Esca pensò fosse solo frutto della palese ubriachezza dell’altro.
Marcus sembrò leggergli nella mente – “Sono più lucido di quanto credi …”
“Perché non dormi? Provaci almeno …”
Un paio di ore dopo, Esca doveva cambiare la fasciatura.
Prese il necessario, riempiendo un catino al vicino laghetto, antistante la villa, per poi tornare silenzioso all’alloggio di Marcus.
Lo zio ed il suo anziano collaboratore, Stefano, stavano riposando nell’ala opposta dell’ampia abitazione.
Poteva fuggire in qualsiasi momento, ma aveva consegnato il proprio pugnale a Marcus, insieme alla sua libertà personale, sentendosi in debito e promettendogli che mai lo avrebbe tradito od ucciso.
Marcus mostrava un’espressione più serena, aveva sfebbrato.
La sua tunica era inzuppata e maleodorante, ma Esca aveva ricevuto precise istruzioni: non doveva muoverlo o spostarlo almeno sino al mattino seguente.
“Dove sei …?”
“Bentornato. Ora penso alle tue bende, poi proverò a lavarti …”
“Veramente avrei un problema più impellente …” – disse con tono simpatico.
“Quale …? Oh … ho capito, aspetta!”
Il ragazzo si guardò intorno, cercando qualcosa da utilizzare per consentire a Marcus di urinare.
“Esca … sbrigati … ho bevuto troppo …”
“Resisti! Hai sconfitto un esercito ed ora … ah eccola! Pensi che tuo zio si adirerà?”
“Non ne ho idea … l’anfora che usa Stefano per innaffiare gli aromi da cucina … nascondila, non vorrai mica mangiare qualcosa dopo che io …”
“Taci e falla, avanti!”
“Era più semplice domare un branco di ribelli sanguinari …”
“Calmati, ti giro dal lato sano, dovresti riuscire …”
“Sì … ti ringrazio … funziona … siano lodati gli dei …”
“Io sarei grato a questa brocca di fortuna …” – sospirò Esca, palesemente divertito dalla circostanza.
“Ho fatto … ecco … perdonami.”
“Per cosa?”
“Sembra una pretesa eccessiva, che tu mi debba confortare anche in certi bisogni …”
“Penso sempre che potrebbe essere peggio.” – e rise, smorzando poi quella sua reazione spontanea, davanti agli occhi profondi di Marcus, che non si erano mai abbassati.
Lo stavano accarezzando, a distanza, poteva sentirlo nitidamente, il tocco invisibile di Marcus, che correva dal centro del suo petto alla bocca di Esca, che si affrettò a svuotare e poi sciacquare il recipiente, sperando di ritrovarlo assopito al suo ritorno nella stanza, ma sbagliava.
“Potresti darmi qualcosa di asciutto Esca? Oppure semplicemente togliermi questo sudario e coprirmi con un lenzuolo pulito? Te ne sarei debitore a vita …”
“Sì … certo … dovrò strapparti questa veste lurida …”
“Fallo.”
Esca obbedì, liberando finalmente Marcus da quella tortura.
Il suo corpo era scultoreo ed abbronzato.
La sua virilità ispirata dall’odore di Esca, odore di buono, caldo e rassicurante.
“Ti sono affezionato …” – disse Marcus all’improvviso, con l’impeto di chi non riesce a trattenersi oltre.
“Hai bisogno di soddisfare un capriccio …? Se è così guarda altrove, romano.”
“Ti … ti voglio bene.” – provò a ripetere, forse non riusciva a farsi capire, l’incredulità dell’altro era palpabile.
Con un gesto nervoso, Esca prese un telo di lino e coprì l’intimità dell’altro – “Non è mia abitudine giacere con gli uomini!”
Nell’affermarlo arrossì vistosamente.
“Parli come se ti trattassi alla stregua di una meretrice …” – ribattè severo.
“E tu parli in maniera dissennata, traviato da chissà quale sortilegio oppure semplicemente dall’ambrosia!”
“Non sai quanto stai sbagliando … sbarra l’uscita, anche se nessuno ci disturberà. Resta vicino a me, posso anche ordinartelo, ma non mi abbasserò a questo. Io ti conosco meglio di chiunque.”
Il chiavistello fece un rumore secco; ne seguì un respiro, dal profondo di Esca, in balia di un ardore confuso.
Si denudò, Marcus sorrise.
“Non gioire, lo faccio perché … Non mi dai altra scelta.”
Si distese, esitando.
“Voglio solo tenerti sul cuore …” – e lo avvolse, sotto la sua ala sinistra.
Lo baciò tra i capelli, appena Esca appoggiò la testa sulla clavicola di Marcus, che lo ricoprì con cura.
“Non ho freddo …”
“Non importa Esca, voglio che tu stia bene.” – disse dolcemente, tornando a guardarlo.
Si baciarono, scivolando l’uno verso l’altro, assaporandosi con dovizia.
Era spasmodico ogni respiro, cresceva e si dilatava, come le rispettive bocche, vittime di un’urgenza lasciva, nell’esplorarsi.
“Toccami adesso …” – fu l’unica cosa che il guerriero riuscì a pronunciare, nel breve intervallo in cui si staccarono.
Esca annuì, brandendo con capacità il membro di Marcus, che sussultò, tormentandosi per non riuscire a muoversi liberamente.
Ciò non gli impedì di ricambiare, con lo stesso gesto dapprima amorevole e poi sempre più osceno, come le loro grida, soffocate da altri baci.
Esca scaraventò a terra il telo macchiato dai primi umori di Marcus, aumentando il ritmo di quella masturbazione, ricevendo lo stesso trattamento, che lo portò in un’estasi febbrile.
“Mar-marcus … io … io sto per …” – gemette, per poi affondare con la fronte nel collo dell’amante, singhiozzando quasi per l’emozione di arrivare a quell’orgasmo all’unisono con lui.
Fu liberatorio ed appagante, sembrò infinito eppure compiuto e bellissimo.
Marcus raccolse qualche goccia di loro, mescolandola all’ultimo contatto delle loro lingue, prima di arrendersi al richiamo di Morfeo.
“Così questa è la tua natura …” – “Mai prima di te, Esca … davvero mai.”
THE END
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