Capitolo n. 202 – gold
Camilla e July dormivano serene, mentre le auto che le trasportavano parcheggiarono nei pressi del cimitero, dove c’era la tomba di Syria.
Tutti scesero, dirigendosi verso una statua di donna con ali d’angelo.
“Ciao piccola …” – mormorò Jared, posando un grande mazzo di gigli bianchi.
Li sistemò accanto a delle rose albicocca, sicuramente portate lì da Geffen, prima della sua improvvisa partenza.
Fu un momento toccante, soprattutto per Colin, che la ringraziò per avere donato a lui ed al compagno, la splendida Isotta.
Tra i vasi inserirono una scatoletta, dov’era contenuta la tutina, che proprio Farrell le regalò per la nascita della piccola.
“Ormai non le va più bene, cresce sai? …” - Jared si commosse – “Così abbiamo pensato che ti avrebbe fatto piacere tenerla qui con te Syria.” – e sorridendo si rialzò, tra le braccia di Colin.
Shannon, Tomo, Robert e Jude rimasero in disparte, ma poi posizionarono altri fiori multi colore, dicendo compostamente una preghiera.
Kevin chiuse l’ultimo trolley, con un’unica certezza, lui e Geffen sarebbero andati al freddo.
Fece scorta di maglioni ed inserì anche lo snow board.
La classica vacanza invernale, che forse lo avrebbe riportato in Svizzera.
Quando sentì girare la chiave nella serratura, si precipitò vero la blindata, volando al collo di Glam – “Bentornato daddy!” - e lo baciò.
“Tesoro … che bello vederti.” – rispose alle sue attenzioni con un sorriso carezzevole.
“Sei stanco?”
“Mi riposo solo un paio d’ore e poi andiamo.” – disse sbuffando, guardandosi intorno.
“Potremmo farlo domani mattina … per dove poi?”
“Colorado, Aspen, uno chalet di un collega, Brian per l’esattezza.” – rise, grattandosi la nuca e sorseggiando un tè caldo, preparato da Kevin nel frattempo.
“I bambini sono alla End House, Lula voleva salutarti, ma gli ho detto che lo vedrai al nostro ritorno.” – disse esitante.
“Sì, perfetto. Faresti una doccia con me cucciolo?”
“Certo … ad Haiti com’è andata?”
“Ci sono due nuove principesse a bordo, July e Camilla, sono splendide.”
“Sono contento per loro …”
“Camilla, la figlia di Robert e Jude ha la sindrome di Angelman, ma ciò non li ha fermati, sono stati fantastici, Sebastian mi ha raccontato l’emozione del momento … Sono ammirevoli.”
“E tu dov’eri daddy?” - domandò incuriosito.
“In mezzo a delle scartoffie.”
L’acqua era tiepida e piacevole.
“Girati, ti lavo la schiena Glam.” – sussurrò amorevole, senza smettere di baciargli il petto, mentre il suo uomo gli stuzzicava i capezzoli, tra il pollice e l’indice, abbassandosi a succhiarglieli, senza assecondare la sua richiesta – “La mia schiena puo’ aspettare.”
Precipitarono sul letto dopo cinque minuti.
Risero per quanto fossero scivolose le lenzuola di seta, imbrattate da acqua e schiuma, tanto che finirono sul parquet, trovandolo più comodo e meno pericoloso.
Le risa di Kevin si diffusero per la stanza e Glam ricordò le prime volte che lo trovava già addormentato, con la cena intatta lasciata sul tavolo, dove lo aspettava per ore, che Geffen trascorreva in studio a preparare le arringhe del giorno dopo.
Mai una lamentela, mai un rimprovero, la comprensione di Kevin era assoluta, così il suo entusiasmo nel trascorrere con lui anche solo cinque minuti a colazione.
In compenso trascorrevano insieme almeno tre vacanze all’anno, dovunque Kevin volesse, facendo l’amore tutti i giorni e tutte le notti.
Erano tempi felici, in cui il pensiero di Jared era divenuto flebile alla mente di Glam.
Il jet di Meliti atterrò nella mattinata del 31 dicembre.
Antonio stava aspettando tutti i suoi ragazzi a casa, insieme a Phil e Xavier, che sembrò impazzire davanti a Camilla.
“La cambio io! Dio che meraviglia!”
“Ecco Robert, abbiamo già un baby sitter ahhahah”
“Sì Jude, ma del resto Xavier ce lo aveva promesso.”
Un ottimo pranzo rallegrò ulteriormente gli animi, soprattutto quello di Antonio, che si fece fotografare con le sue nuove nipotine.
Ascoltò poi con attenzione i dettagli sulla condizione di salute di Camilla, assicurando che il reparto di ricercatori, che lui stesso sovvenzionava da tempo, stava lavorando sodo per raggiungere nuovi successi.
James aveva fatto dei progressi e Colin era fiducioso, come del resto Jude e Robert.
Quando furono soli, nella stanza a loro riservata, per un sonnellino pomeridiano, prima del veglione, misero Camilla tra loro e Jude le teneva le manine, baciandole con cura.
“Sei la nostra stella … hai illuminato il nostro cammino …”
“Sì come un arcobaleno Camy …”
“Una volta era Rebecca a trovare i soprannomi!” – disse ridendo, per poi baciare Downey con trasporto.
Geffen ravvivò il fuoco nel caminetto.
Kevin aveva disfatto i bagagli e versato una cioccolata calda.
“Ecco tieni … cos’hai lì daddy?”
“Una foto … l’ho trovata in un vecchio dossier, è di Lula e dell’assistente che lo registrò, quando lo portarono alla fondazione.”
“Dio che occhi … il nostro piccolo, ma guardalo …” – e gli cinse le spalle, fissando l’istantanea.
“Sì … occhi grandi e colmi di sogni, che mi aspettavano, sempre sorridenti … mi anticipavano il suo … amore, ancora prima di qualsiasi parola.”
Le parole di Glam sembravano inanellarsi, come in un incastro che lo stava incantando, le iridi non puntate sull’immagine del bimbo, bensì abbandonate nel vuoto.
Kevin si staccò lentamente – “Ho … ho freddo daddy, vado a cambiarmi.”
“Cosa, scusa?” – ebbe un sussulto, ma l’altro era già sparito in camera.
Cenarono in un chiassoso ristorante, lasciando il locale con una bottiglia di champagne a testa, ormai vuota a metà.
“Dobbiamo finirle daddy!” – sbraitò Kevin, ondeggiando da un auto all’altra, mentre Geffen era più sobrio e resistente.
I fuochi di artificio li distrassero: si bloccarono sotto ad un porticato per ammirarli.
“Buon anno tesoro …”
“Buon anno Glam …” – e si baciarono.
“Dio che mal di testa … Kevin …?”
Geffen era solo, tra coperte e cuscini sgualciti.
Barcollò sino all’ingresso, dove vide il trolley di Kevin.
“Ehi … ma stiamo già partendo?” – chiese confuso.
“Ciao Glam.”
“Kevin … ciao, buongiorno.” – e gli sorrise, non ricambiato.
“Ho preparato del caffè, ci sono anche dei biscotti.”
“Sì … va bene, ma …”
“Il mio volo è all’una, ho ancora un po’ di tempo.” – disse tornando verso la cucina.
Glam sentì mancargli un battito.
“Cosa … cosa sta succedendo? Kevin!” – ormai era del tutto lucido e nervosamente gli si avvicinò, per avere una spiegazione.
“Vado via daddy. Io … io non voglio più stare con te.” – replicò convinto, anche se il suo tono era pacato, ma spezzato dal dispiacere.
“Kevin … sei … impazzito?!”
“No …” – sorrise mesto – “No, Glam … ma non voglio iniziare un altro anno, con gli stessi fantasmi, gli stessi incubi. Ho bisogno di respirare e di … ritrovarmi, perché ho smarrito dignità e stima in me stesso, da così tanto tempo da non ricordare quando è iniziata la mia agonia.”
Geffen lo afferrò per le spalle, scrutando il suo viso disperato, almeno quanto il proprio.
“Kevin comprendo il tuo disagio, ho sbagliato, ho sbagliato un mare di cose con te, per via di Jared questo lo so benissimo, ma dammi un’ultima possibilità!”
“No. La tua supplica è comprensibile, specialmente perché abbiamo un figlio, ma tu saprai spiegargli la mia scelta … e non dimenticarti di dirgli che lo chiamerò ogni giorno, sul telefonino che ha ricevuto per Natale … Lo farai, vero Glam?”
L’avvocato annuì, tremante.
Un attimo dopo lo strinse sul petto, poi tornò a guardarlo – “Kevin … facciamo l’amore … un’ultima volta …”
“Sì … certo daddy … lo voglio anch’io.”
Tra le sue gambe, Glam si muoveva intenso quanto sconvolto, baciandolo di continuo, divorando la visione di lui il più possibile, senza alcuna speranza che cambiasse idea.
Venne insieme a lui, accasciandosi un istante dopo, accolto da Kevin, che gli accarezzava la nuca, mentre Glam posava il viso sul cuore del suo ragazzo ancora innamorato.
Lo aiutò ad indossare il giaccone e poi glielo chiuse, alzando il bavero ed aggiustando la sciarpa ed il berretto in lana.
Kevin sorrise.
“Grazie daddy, per … tutto. Non cercarmi, ti dirò io quando mi sarò fermato in un luogo preciso.”
“Sì … sì, farò come vuoi.”
Suonarono al citofono.
“E’ il mio taxi … adesso devo proprio andare Glam, abbi cura di te e cerca di essere felice. Non averne paura …” – e si sporse per un ultimo bacio.
Gli zigomi di Geffen, la sua bocca, le palpebre, ogni cosa in lui fremeva, mentre un’unica frase rimbombava nella sua testa § Non lasciarmi … ti prego non lasciarmi! § - ma non aveva il coraggio di pronunciarla.
Doveva restituirgli la sua libertà, Kevin la meritava a pieno.
“Ciao Kevin …”
“Addio daddy.”
Nessun commento:
Posta un commento