Capitolo n. 184 gold
Gli zii di Colin accolsero con estrema gioia sia lui che Jared, ammirando quanto fosse bella e deliziosa la piccola Isotta.
Rimasero da loro un’intera giornata, rimpinzandosi di specialità irlandesi, prima di trasferirsi al cottage, nei pressi delle scogliere del Moher.
Era un posto davvero notevole, come bellezza ed impatto visivo: Jared ne rimase impressionato, facendo promettere a Colin di tornarci in primavera inoltrata.
“Volentieri… io qui ci starei a vita Jay, con i nostri cuccioli…” – disse sgranando gli occhi ed accarezzandolo, mentre lo stringeva forte.
“Hai ragione Cole… chissà che un giorno non faremo il grande passo e lasceremo la California. Per me casa vuole dire solo dove sei tu ed i nostri figli, sai?”
“Lo so tesoro… grazie… Grazie.” – e lo baciò intensamente – “Io voglio morire qui, lo sai da sempre… è la mia terra, saremo al sicuro, credimi.” – e sorrise, prendendolo per mano e passando dalla veranda al salotto, dove un caminetto acceso creava un’atmosfera calda ed accogliente.
Isy era imbacuccata in un sacco di colore blu, con tanti fiorellini multicolore ricamati.
Oltre al cappuccio, l’avevano protetta con una cuffia e dei guantini buffissimi.
Si era appena svegliata.
“Credo sia da cambiare, pensi tu al biberon Colin?”
“Lo faccio subito, portala in camera, dovrebbe esserci la culla di una delle mie ultime cugine, è antica…”
Quando Jared la vide ne rimase incantato: “Ha anche una di quelle giostrine fatte a mano con il carillon…”
“Sì se la sono passata tutte le mie zie!” – gli urlò dalla cucina.
Jared scelse dall’enorme borsone della bimba, una tutina arancione, con il ricamo “Il mio primo mese di vita”, dono dei parenti di Colin.
“Sei uno splendore principessa…” – e la sollevò, strofinando i reciproci nasi, facendola ridere.
“Ha i tuoi occhi… è proprio tua figlia Jay…” – disse Colin, appena varcata la soglia, cingendolo per la vita.
Jared ripensò a quante volte Geffen gli aveva detto quella frase, anzi, era stata la prima cosa che gli disse, dopo avergli annunciato la prossima paternità.
Strinse le palpebre, provando a trattenere due lacrime, ma non senza puntualizzare – “Nostra figlia Cole.” – con un sorriso spontaneo.
Farrell lo avvolse, cullandolo, mentre Isy giocava con la sua barba – “Andrà tutto bene Jared… te lo prometto.”
Era rassicurante, maturo e consapevole: Jared sentì come una nuova sensazione, convinto che Colin avesse compreso il suo disagio, dovendo combattere ancora con ricordi tanto dolorosi.
Gli apparve come un rinnovato impegno, da parte del compagno, nel sostenerlo in quel percorso verso la loro felicità, loro e di nessun altro.
“Ho… ho tanto bisogno di te Cole… di noi…”
“Lo so… lo sento Jay… metti Isy sotto le coperte, sta già dormendo…” – e sorrise, baciando le manine di quell’angelo, così somigliante al padre, emozionato ed incredulo di fronte al fatto di esserlo diventato.
Colin stese delle coperte, tra il divano ed il focolare vivido e pulsante, come il suo cuore, davanti al sembiante ormai senza abiti di Jared, che con calma lo aiutò a spogliarsi a propria volta.
Farrell si sentiva rapito da mille dettagli e voleva durasse il più a lungo possibile quel momento.
Aveva preso un gel dalla doccia, dopo avere spento le luci nel resto della casa e controllato che le persiane fossero chiuse.
Ormai era buio fuori, ma non voleva che niente o nessuno turbasse la loro intimità.
Si mise in ginocchio tra le gambe di Jared, il cui respiro aumentò gradualmente, mentre le dita di Colin giocavano dispettose dal suo inguine alla sua apertura calda ed invitante.
L’erezione di entrambi li tormentava, per quanto si stavano desiderando, ma il rimandare anche quel contatto, divenne lascivo e tremendamente sensuale.
La bocca di Jared si schiuse, il capo reclinato all’indietro, le palpebre strette, un gemito quasi supplichevole, affinché Colin lo facesse finalmente suo.
Gli sembrò che tutto di lui e delle proprie viscere ruggisse, nel sentirlo dentro, finalmente.
“Cole…!”
Quell’invasione era sgradevole solo in un primo momento, ma in quel modo che si mescolava al piacere, da risultare persino ancora più gradita ed agognata.
Colin si sporse, aderendo a lui il più possibile, dopo avergli sistemato le cosce intorno ai fianchi, che davano il ritmo al loro magnifico congiungersi.
Gli spasmi che gli invadevano il ventre, erano come vampate di energia pura, così che Jared lo avvolse con decisione, come a non volerlo più lasciare andare via.
Cercò i suoi baci, perdendo nella gola di Colin tutti i singulti che nascevano spontanei dal suo stomaco e ricevendone in cambio altri, così come il suo sesso, largo e duro, che sembrava indomito e terribile.
Colin si fermò, tremando con il volto sulla spalla sinistra di Jared, per poi riprendere quella corsa folle, roteando da principio il bacino, in un modo inconsueto – “Sei mio… senti quanto sei mio Jared…” – gridò nei suoi occhi, dapprima con lo sguardo, poi con la voce roca, capace di mandare in visibilio tutti i sensi dell’americano.
Riprese a colpirlo, avendo ritrovato il punto più sensibile in lui, con una semplice deduzione, con una percezione estatica di Jared, nello sbarrare le iridi, in quel preciso istante in cui la punta del membro di Colin aggrediva la sua prostata, ormai sconvolta da un principio di orgasmo devastante.
“Ommioddio… Cole…Coleee!!”
“Ssssttt…” – lo zittì con un bacio a stampo – “Svegli nostra figlia…” – e gli sorrise radioso, in quel riverbero rosso dorato, senza smettere, mordendosi il labbro inferiore, cercando disperatamente di resistere, ma senza successo: “Sto… sto venendo… Jay… piccolo mio... !!”
Colin non aveva mai smesso di toccarlo, per farlo godere con lui, ma completò il tutto, scendendo veloce a raccogliere il piacere di Jared, leccando e pompando con un’intensità che lo fece quasi svenire.
Fu fantastico e Jared glielo ripeteva, come se fosse stata la loro prima volta.
Si accoccolarono per pochi minuti.
Isy era sveglia e reclamava uno spuntino e la ninna nanna di Jared, che corse veloce sotto alla doccia con Colin, ridendo felice.
“Dacci un attimo principessa!”
Si lavarono con la stessa gioia, come due ragazzini che si sentivano finalmente emancipati nella loro sessualità.
Le emozioni si moltiplicavano in Jared, come se quella di Colin fosse una vera terapia d’amore, per donargli sicurezza e stabilità rinnovate.
Quando tornarono, Colin prese Isotta sul petto e Jared li osservava.
Pianse.
“E’… è davvero mia figlia… ho avuto una figlia…”
Si coprì il viso, con i palmi incerti e singhiozzò sorridendo.
“Sì Jay… ed è stata una ragazza bellissima a donartela…” – mormorò, prendendo dalla valigia una foto di Syria – “Eccola qui, la tua mamma Isy…” – e sistemò la cornice in argento sul tavolo, dove aveva piazzato la seggiolina che usavano per trasportare la loro principessa.
Si assentò pochi istanti, per poi ripresentarsi con una torta, adornata da un’unica candelina.
“Il primo mese di Isotta, festeggiamolo tutti insieme Jared.”
“Sei… incredibile Colin James Farrell…”
Chris stava cantando con estrema partecipazione emotiva, un pezzo scritto dai fratelli Leto.
Shannon lo ascoltava, coadiuvato da Robert, che era esperto di musica.
“Hai inciso un paio di album, vero?” – gli sussurrò il batterista dei Mars.
“Sì, ma sembra passato un secolo…”
“Che fine ha fatto Jude?”
“E’ a fare compere con Xavier, temo stia impazzendo…” – e ridacchiò.
Chris si bloccò – “Papi! Un po’ di silenzio!” – e mise un broncio molto carismatico.
“Quello usalo per sedurre le tue fans, Chris!” – ribattè il moro, strizzando l’occhiolino al suo giovane amico.
All’arrivo di Tomo il cantante si rabbuiò, ma all’ingresso di Kevin, qualcosa si accese in lui.
Una volta da soli in camerino, Downey volle sottoporlo ad un breve interrogatorio.
“Sembri un inquisitore papi…”
“Chris ascolta, hai combinato qualche casino, vero? Sono troppo vecchio ed esperto per…”
“Tu non sei vecchio!”
Robert sorrise, facendo spallucce – “Ok, mi conservo bene, ma tu rispondi alla mia domanda, per favore.”
“Sì, ho fatto ciò che mi andava, OK?! Tanto a fare il bravo ragazzo, ci si rimette sempre!” – e si tolse la fede in oro rosa, scambiata a suo tempo con Tomo, per quelle loro nozze in Spagna, che tanto lo resero fiero del loro legame.
La buttò nel cestino.
“Chris…”
“Lui… lui mi ha trattato di merda come tutti gli altri!!”
Esplose in un pianto, che Downey provò a consolare.
“Non toccarmi!” – e lo respinse –“Sai… tu sai quanto sei importante per me Rob e cosa provo, ma intanto non serve, un altro fallimento!!”
“D’accordo Chris… perdonami, non volevo toccarti…”
“Ti lascerei fare qualsiasi cosa, se servisse a…” – e si piegò sulla seggiola, raccogliendosi in una difesa estrema e disperata.
“Cosa centra Kevin in tutto questo?”
“Ci ho scopato… VA BENE?! SEI SODDISFATTO ADESSO CHE LO SAI?!”
Kevin irruppe in quel momento: “Ma che succede? Chris… ti si sente dalla sala…”
“Vaffanculo anche tu!!” – inveii nella direzione del compagno di Geffen.
Downey era stupito da quella rivelazione, più che altro perché credeva che Kevin rimanesse fedele a Glam per tutta la vita.
“Vi lascio da soli, meglio che… che vi chiariate le idee, prima di combinare altri guai.” – ed uscì.
Kevin era furente – “Ma perché cazzo glielo hai detto??!!”
“Di cosa hai paura, eh??! Che quel puttaniere del tuo uomo ti molli??!!”
A quell’ennesima invettiva, Chris ricevette una sonora sberla, ricambiandola con un’altra, di manrovescio, per poi concludere il tutto in un’animosa azzuffata con Kevin.
Quando il sangue iniziò ad uscire dalle loro gengive, si fermarono.
Erano finiti nei due angoli estremi di quello spazio angusto, a fissarsi come belve ferite.
Chris gattonò sino al bassista, porgendogli un kleenex – “Io non… non volevo Kevin…”
L’altro lo afferrò per la nuca, baciandolo con irruenza.
Convulsamente si spostarono sino alla porta, restando sul pavimento, ma chiudendo a chiave, mentre si stavano già strappando i vestiti.
Kevin sollevò Chris con un gesto repentino, sbattendolo faccia al muro, mordendo la sua pelle profumata dal collo alle scapole, mentre lo teneva bloccato e lo invadeva con la punta del proprio sesso turgido e pronto a prendersi tutto ciò che entrambi volevano.
“Mi… mi ffai… mmale…!” – protestò il più giovane, costretto a subirlo, ma avido di lui, come non mai.
Il suo balbettio eccitò maggiormente Kevin, che con un colpo di reni entrò, senza risparmiargli un urlo, che soffocò baciandolo crudo ed asciutto.
Allo stesso modo lo stava scopando, facendolo sanguinare, ma a Chris non importava: si sarebbe lasciato ammazzare da Kevin.
Ben presto i reciproci umori migliorarono la situazione.
Ancora pochi affondi e Kevin era pronto a godere: “Masturbati stronzo…!” – ringhiò all’orecchio di Chris, che non esitò ad ubbidirgli.
Quando tutto si consumò, Kevin provò una sensazione orribile.
Era come se qualcuno avesse bruciato il suo io più profondo, consegnando a quel giorno un nuovo Kevin, che lui non voleva riconoscere.
Fuggì dal teatro, rifugiandosi nel suo attico, dove quasi si barricò.
Riempì la vasca da bagno, con la malsana idea di affogarsi, sentendosi già morto.
L’arrivo di Geffen lo fece desistere da quegli assurdi intenti.
In fondo si stava comportando come la maggior parte dei bastardi, gay o etero, in giro per Los Angeles.
Tutto gli fece schifo, spingendolo a vomitare anche l’anima, prima di presentarsi a Glam, che non si era neppure accorto della sua presenza.
“Amore non dovevi essere alle prove?” – disse sorridente, nel ritrovarselo davanti.
“Ho… ho l’influenza…dovranno cercarsi un altro bassista.”
Glam gli sfiorò gli zigomi – “Hai la nausea…?”
“Sì… ho … ho dato di stomaco… torno a letto, vieni anche tu?”
“Ok… non farmi preoccupare…ti adoro Kevin…” – e lo baciò sulle tempie, amorevole e dolce.
Kevin si sentì immeritevole di tante attenzioni.
Era assurdo, ma quel baratro si era appena aperto e lui ci era caduto completamente.
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