ONE SHOT - Londra, 1890
Pov Sir Robert Downey Junior
Le camelie sono fiorite anche quest’anno e ciò coincide irrimediabilmente con la riunione di famiglia a Saint Crox in Engle, la residenza che nostro padre ci ha lasciato in eredità, al sottoscritto ed a mia sorella Susan.
Accigliata ed assorta, dichiara due cuori e Colin, un cugino irlandese davvero alla lontana, risponde con tre picche.
Io passo ed anche il giovane Jared, un amico del sopraccitato cugino alla lontana, artista squattrinato che lui mantiene da circa tre mesi.
Il talento non gli manca e tanto meno la parlantina.
Susan ne è affascinata, ma lui è troppo giovane ed estremamente preso da Colin, che non ha mai nascosto la sua omosessualità, tanto meno con me.
Il capanno di caccia è da sempre il luogo più tranquillo della proprietà.
“A Jared non dispiacerà … ?”
“No Robert … no …”
Mi sussurra piano, questo adorabile parente, dagli occhi scuri quanto I miei, I capelli corvini e soffici, dove affondo le fameliche falangi, che poco dopo esplorano ben altri luoghi caldi ed accoglienti.
Fare sesso con Colin è stata una scoperta magnifica, cinque anni prima.
Ora io ne ho quaranta e lui trenta, ma siamo avidi di passione, come la prima volta, in un pièd a terre in quel di Marsiglia, dove ci derubarono persino, ma fu la vacanza più entusiasmante del secolo, almeno per noi.
I sentimenti erano argomento delicato: ci eravamo … affezionati, nulla di più.
I nostri cuori erano abitati da altri fantasmi.
Per lui, adesso, il meraviglioso Jared, ventitre anni, un cucciolo di uomo, sensuale, acerbo, sublime, dagli occhi di zaffiro, il sapore del mare nei gesti: la sua nascita in quel di Brest, a nord della Francia, da madre americana e padre sconosciuto, lo rende ancora più attraente.
Il corpo di Colin è lussurioso e cavalcarlo un’esigenza irrimandabile, ma dobbiamo smetterla, soprattutto per Jared.
“Non voglio ferirlo …”
“Robert tu non immagini quanto sia spregiudicato, se glielo chiedessi si unirebbe a noi.”
“Non farlo mai, assolutamente!”
E’ aberrante questo scenario, che si affaccia alla mia mente, già abbastanza contorta, ma mi eccita, dannatamente.
Riprendo a mordere la schiena di Colin, che non aspettava altro.
Lascivo di un irlandese, sai sempre come farmi cadere.
Resto da solo, ad oziare tra le lenzuola consunte, guardando vecchie foto.
Un viaggio in Egitto, le sahariane color beige chiaro, i cappelli coloniali rigidi, lo sguardo di Colin su di me.
Era rimasta in mezzo ad un libro di poesie, con un’altra immagine: è LUI, al primo giorno ad Oxford, sembra passato un secolo.
Ho smarrito il mio precedente pensiero, non perché meno importante, solo che mi serve tempo per spiegare quanto amore sento per LUI, appunto.
Il suo nome è Jude, Jude Law, sposato con Sady, una nipote di mia madre.
Hanno due figli.
“Aspetta il terzo, non lo sapevi fratellino?”
“Cosa Susan?”
“Sì, un altro e pensare che la servitù di casa Conwell vociferava su di un illegittimo, proprio con la loro cameriera più giovane!” – mi sussurra.
Sto preparando l’aperitivo e mi tremano le mani.
“Jude è impetuoso, lo sappiamo.”
“E’ uno stupido e lei una gallina, sappiamo anche questo, Rob!” – e ride, sporgendosi sul davanzale per salutare i nuovi venuti – “Yuhuuu Sadi! Jude!! Bene arrivati!”
“Vipera …” – sibilo, ma lei fa spallucce e si precipita a curiosare sui dettagli dell’abito di Sadie, le sue scarpe e tutte quelle sciocchezze irritanti e futili.
Quasi rovescio lo cherry, per il sussulto provocato da un abbraccio improvviso ed un bacio nel mio collo – “Finalmente!”
“Judsie … Dio ma vuoi farmi morire?!!”
Mi abbraccia e mi fa roteare – “Mi sei mancato, mi sei mancato … mi sei mancato …” alla terza, la sua voce è solo un sussurro ed il bacio che ci scambiamo, profondo da togliermi il fiato.
Lo amo da morire.
“Jude … dobbiamo parlare.” – dico timoroso.
“Di cosa? Ah … capito. Lo so, lo so, ora puoi redarguirmi a dovere, un altro pargolo, di cui non mi importerà niente, ma almeno nove mesi di pace! No, di più.” – e ridi scanzonato.
Resto sempre sbigottito davanti al tuo cinismo Jude, ma questa volta stai davvero esagerando.
“Ecco vedi …” - accenno, ma tu mi spingi contro alla tappezzeria, appena cambiata.
“Ascolta Rob, potremo andare in Grecia, come l’ultima volta! Sarà semplicemente divino, tu ed io, la nostra barca, le notti sotto alle stelle, tra le rovine e gli ulivi … ti ricordi, vero …?” – e con un ansito lieve, ti avvicini al mio orecchio sinistro, aderendo a me, soprattutto all’altezza del bacino, dove aumenti la pressione del tuo corpo, che si risveglia insieme al mio.
Mi baci, aggressivo e dolce.
Dei rumori da sotto ci interrompono bruscamente.
“Stanno salendo … portami via da qui Rob.”
“Seguimi.”
Sono solo due stanze, ma sono nostre.
Un quartiere tranquillo di Londra, che abbiamo raggiunto in carrozza, dopo essere sgattaiolati da un passaggio segreto, ricavato per fare accomodare le amanti del mio vecchio.
Geniale.
Ci siamo coricati, senza spogliarci.
Ti tengo sul petto, avvertendo tutto il tuo nervosismo.
“Perché questa inerzia Rob …? Sei stanco o … arrabbiato con me?” – domandi sconfortato.
“Assolutamente Judsie.”
Sento il tuo sorriso, so che adori questo nomignolo.
Mi baci sulla stoffa del panciotto in broccato di seta verde.
“E allora cosa ti sta succedendo oggi?”
“Devo dirti delle cose Jude.” – ribadisco a mezza voce.
Ti alzi e vai al centro della stanza.
“Prima che tu lo faccia Rob, ti chiedo perdono, per prima, per la grettezza con cui ho parlato di … Ascoltami …” – e chiudi i pugni e le palpebre a tempo.
“Quella donna … mia … moglie! Lei mi ha rovinato dal principio e tu questo lo sai!”
“Non alterarti Jude, non serve …”
“Sì invece! Io sono frustrato da anni, da quando si è approfittata di una mia sbornia colossale per farsi mettere incinta!”
“La tua versione è discutibile, visto che era una tua abitudine gozzovigliare e correre dietro alle servette, solo che in quell’occasione ti è capitata una nobildonna …”
Il mio tono è al limite del servile, perché dovrei avere fermezza in queste mie puntualizzazioni, soprattutto perché veritiere ed incontestabili.
“Nessuna si è mai lamentata …” – ridacchi, con penosa rassegnazione.
“In compenso questo incidente con Sadie ti ha portato nella mia vita …”
“L’unico lato buono del mio disastro Rob.” - ed allarghi le braccia, tornando a sederti sul bordo, dandomi le spalle.
Mi avvicino, posando un bacio sulla tua nuca rigida per la tensione: sbottono lentamente i bottoni della tua camicia, senza smettere di sfiorarti la pelle, che progressivamente vado a scoprire, con estremo compiacimento.
“Sei bellissimo Jude …”
Le tue ventotto primavere sono cariche di fascino e sensualità.
Mi afferri i polsi e li baci.
Ti giri e con un piccolo balzo mi sovrasti, strappandomi quasi gli indumenti, che un sarto italiano mi confeziona su misura.
Ti slaccio la cintura, mentre tu armeggi con asole dispettose, restiamo nudi finalmente.
“Amami Jude …” – sussurro, non desidero nient’altro.
Dopo, forse, parleremo.
Sei una visione da questa prospettiva.
Sollevi i miei polpacci, dopo avermi succhiato i capezzoli, leccato lo sterno, baciato gli addominali, tormentato il mio ombelico, esaltato il mio sesso, che si scontra con la tua gola: sei avventato e splendido, capace e sfrontato.
Nonostante la foga, mantieni le tue proverbiali premure, che si materializzano in un unguento scoperto ad Atene, quella città che preferiamo ad altre.
I nostri viaggi sono stati molteplici o, se vogliamo essere impietosi, per ogni tuo erede, almeno due, anche tre nel corso delle gravidanze di Sadie.
Scendi a baciarmi ancora, manovrando il tuo membro in una penetrazione mirata a farmi impazzire.
Sei dentro di me.
Abituarmi a questa passività è a tratti snervante, ma per te farei qualsiasi cosa.
Qualsiasi cosa Judsie.
Il nostro sudore sembra sigillare l’unione che ci lega, mentre ti ergi di poco, gocciolando e sorridendo, appagato dal sopraggiungere di un orgasmo abbondante, con cui mi inondi, mentre il tuo palmo destro si riempie di me.
Mi hai toccato per tutto il tempo, mescolando i tuoi gesti a spinte sempre più profonde.
Boccheggio e poi mi inarco: è devastante e terribile, soprattutto perché appena sei mio, so già di averti perduto.
Susan sta controllando le posate a tavola.
Sadie la sta ubriacando di parole, sulle caviglie gonfie, che già teme, sulle nausee ed il peso.
Passeggio per i corridoi, come un secondino, che controlla i detenuti nelle loro celle.
Dorate, in questo specifico caso.
Jared sta lavorando un blocco di marmo.
Ha addosso solo un paio di bragaccie bianco latte e Colin, che lo soffoca, come un rampicante esotico.
Sembra scocciato.
“Sei ancora ammorbato del suo odore.” – ringhia, mentre l’altro lo blocca per la vita sottile.
“Non dire sciocchezze, mi sono fatto anche un bagno!” – la sua risata irrita anche me.
Il ragazzo si volta, puntando lo scalpello alla gola di Colin.
“Sai Farrell, potrei farti un bel buco e …” – ma un bacio a bruciapelo, smorza la sua focosa irruenza.
I palmi di Colin fanno scivolare quei pantaloni posticci, Jared non ha altro: arpionano i suoi glutei sodi, mentre il suo ventre respira alterato dagli spasmi.
La polvere di Carrara illumina a sprazzi la figura atletica di Jared, in diversi punti, con ghirigori luminescenti.
Colin si abbassa i calzoni, crollando su di un divano poco distante, restandogli sopra, per prenderlo senza alcuna cura.
Jared inizia a piangere, ma si avvinghia a lui, come se non potesse più vivere senza quel dolore progressivo.
Ben presto le sue espressioni mutano nel piacere più assoluto, paragonabili solo a quelle di Colin, che brutalmente si appropria ancora una volta della sua innocenza.
Sono perfetti, come la migliore scultura di Jared, che prenderà forma prima o poi, magari scoprendo che non ha il volto di Farrell.
“Questa minestra è buona.”
Jared, talvolta, sembra un bambino curioso e pervaso di stupore.
“Sono solo verdure … prendine ancora.” - Susan sembra materna nell’assecondarlo.
“Hai progetti per le vacanze Colin?”
“Sì Jude. Voglio portare Jared a New York.”
“Co … cosa?” – balbetta incredulo.
Farrell gli sorride – “Sai che mantengo sempre le mie promesse.”
Jared ricambia il suo sorriso, finendo in fretta anche il secondo, come se non vedesse l’ora di rimanere da solo con lui, per ringraziarlo a modo suo.
“E tu Jude?” – replica Colin, senza alcun interesse peraltro.
“Robert mi ha proposto una crociera verso la Grecia e non ho potuto dirgli di no.” – e mi fissa.
Deglutisco, sentendo le iridi di Sadie investirmi, come un treno in corsa.
“Sì … ecco …”
“Ma è un progetto favoloso!” – sottolinea mia sorella, che Dio la benedica; Sadie ride ed aggiunge che potrebbe rimanere con lei nel frattempo.
“Foresta nera, Sadie! Ho degli amici, che mi ospiterebbero per tutto agosto, cosa ne pensi? Lunghe passeggiate, i boschi …”
“La birra …” – sogghigna il cugino irish ed io gli mollo un calcio negli stinchi.
“Va bene Susan, tu cosa ne pensi Jude?”
“Sei libera di fare ciò che più ti aggrada cara, anche i bambini saranno entusiasti.” – ribatte lui, lottando con delle olive, a contorno della faraona arrosto.
E’ insopportabile la sua indolenza, non fa nulla per nasconderla, ma, in compenso, appena riesce infila la mano sotto alla tovaglia e mi sfiora lascivo.
Il mio cuore si confonde, le mie gote si accendono ed io rovescerei l’argenteria, i cristalli, le porcellane, pur di possederlo sul desco imbandito ad arte, come un animale.
Colin comprende le mie fantasie e si umetta le labbra.
Ci si mette anche lui a mandarmi in paranoia.
Per fortuna viene servito il dolce e poi potremo disperderci nel parco o ovunque, pur di respirare aria fresca.
Mi allontano.
Ho bisogno di un minimo di raccoglimento.
Sembra un labirinto, che percorro in tondo, fino a ritrovarmi nuovamente con gli altri.
Esistono tanti angoli bui, tra le fontane ed i gazebo, circondati da roseti.
Colin prende una tazza di caffè anche per me.
“Tieni … come stai Rob?”
“Grazie. A pezzi.”
“Cosa ti tormenta? Ogni volta che appare quel dandy, sembri mutare in qualcuno che non conosco.”
“Forse esiste un momento in cui è il contrario, Colin?” – sorrido.
“Certo … quando … lasciamo stare.”
“No, parliamone.”
“Ed a quale scopo? So di essere un semplice sfizio per te Robert.”
“Abbiamo condiviso qualcosa di speciale invece … Non parlarmi così Colin, non lo sopporto.”
“Perché vedi ciò che sei, attraverso le mie accuse?”
“Accuse … di cosa mi stai biasimando Colin?!”
“Di non farti valere con lui!” – sbotti furioso.
“Abbassa la voce, diamine!!”
“Cosa temi? Che Jude si avveda dei nostri momenti speciali?!”
“Io … io non sono come te Colin e poi Jared non ha una moglie a carico con tanto di prole!”
“Che debole difesa. Per lui cambierei il mondo.”
Jared sopraggiunge e Colin lo avvolge, baciandolo incurante di qualsiasi commento di disapprovazione.
I domestici, le signore del circolo del bridge, che si sono aggregate a Susan e Sadie, lo stesso Jude.
Se voleva essere una lezione, credo di averla assimilata.
Jude se ne va ed io vorrei inseguirlo, ma credo di avere dato già abbastanza spettacolo.
Mi sento un verme.
I miei passi, dapprima incerti, si susseguono sempre più convinti.
Jude ciondola nei pressi delle scuderie, dando calci ad invisibili bersagli, le mani in tasca, lo sguardo perso.
“Rob … ma siete impazziti?”
“Sì, forse! E la sai una cosa?? Sono stufo marcio di questa commedia!”
“Quale commedia accidenti?!”
“Io … io volevo dirti delle cose importanti, su di noi!”
“E allora dille!!”
Indietreggio, sentendomi smarrito, abbandonato ad una sorta di esilio del cuore.
“Ti amo Jude e voglio viverti … ma comprendo soltanto ora, che non la pensi come me.” – dico amaro, ma in piena resa.
Il tuo silenzio lacera l’assordante verità, che non mi dà scampo.
Mi ritiro in buon ordine, ti ho disturbato abbastanza.
Il mio pianto bussa alle porte della notte, ma mi rannicchio come un ladro, nella soffitta dell’ala est, così da non tediare neppure le tenebre, che inghiottono ogni cosa, protettive e rassicuranti.
Il transatlantico è spettacolare, per dimensioni e confusione brulicante, di passeggeri, equipaggio e curiosi.
Colin e Jared sono appollaiati su di una balaustra ed arridono al mio arrivo.
“Finalmente, non ci speravamo più!!” - esclama il moro, stritolandomi con i suoi bicipiti robusti.
“Ragazzi avrò cambiato idea un milione di volte, ma alla fine mi avete convinto …” – dico agitato, al pensiero di andare negli Stati Uniti.
“Abbiamo avuto successo con tutti e due!” – interviene solare Jared, guardando oltre me.
“Tutti e due …?”
“Buongiorno, scusate il ritardo.”
La voce allegra di Jude invade ogni singola particella del mio organismo in sovraccarico di emozioni.
Mi giro, forse è solo un’allucinazione.
Sbaglio.
“Amore …” – il mio sussurro sembra un grido, che sale dal mio animo improvvisamente felice.
“Ciao Rob … sei pronto a salpare?” - e mi sfiori gli zigomi, con le dita affusolate, custodi di una sconfinata tenerezza.
“Sì … sono pronto a cambiare il mondo.”
Sembriamo fonderci, custodendo questa preziosa volontà, frutto di un sentimento pulito e definitivo.
Le sirene della Queen Mary ci stanno esortando a salire a bordo.
Ti prendo per mano, così fa Colin con Jared ed è come volare.
Sì, come volare.
THE END
Nessun commento:
Posta un commento