giovedì 16 giugno 2011

GOLD - Capitolo n. 193

Capitolo n. 193 – gold



I fianchi di Jude si muovevano lenti, così da permettere ad entrambi di assaporare ogni singola stilla di piacere, inoltrarsi tra le membra di Robert ed il proprio ventre, convulso in mille rivoli sensoriali ed accesi.
Il biondo si chinò per l’ennesima volta a baciare la bocca del suo compagno, raccogliendo le braccia intorno alle spalle di Robert, che lo accolse un istante dopo nel proprio collo, dove Jude amava immergersi, facendo sentire all’altro quanto stesse davvero tremando, non per l’affanno nel possederlo, ma per l’emozione vivida, che gli stava facendo implodere tutto dentro da ore.
Era trascorsa l’intera notte, il giorno seguente ed era di nuovo sera.
Avevano mangiato e dormito su quel letto disfatto, ma, soprattutto, si erano consumati in numerosi amplessi, appartenendosi vicendevolmente.
Le endorfine erano arrivate al limite di un’overdose e Robert ad ogni passo, verso la cucina oppure il bagno, provava continui spasimi, sentendosi addosso il sapore e l’odore carnale di Jude.
Le sue narici, però, venivano investite anche dal profumo dei suoi capelli e della pelle dorata del suo giovane amore, amante, amico.
Per sempre giovane, era così che lo vedeva ancora oggi, dopo ormai otto anni, dal primo incontro, da quel sorriso carico di aspettative, che gli era piombato nel cuore quando glielo presentarono.
Era stata proprio Susan, la ex moglie di Downey, a scegliere Law per la parte di John Watson, per il film campione di incassi Sherlock Holmes e fu lei ad accompagnarlo sul set, nel primo giorno di riprese, quando il marito stava studiando la parte, incuriosito dalla genialità del regista e totalmente immerso nello studio del personaggio.
Eppure il ricordo di quel battito, che sembrò andare a cercare un angolo di paradiso dal quale spiccare, era vivo nella memoria di Robert, che ora stava fissando le iridi azzurre di Jude, fermatosi un secondo prima di venire nuovamente in lui.
“Avremo un figlio Rob …”
“Co … cosa?”
“Un bambino … lo desidero così tanto.”
“Judsie … mio Dio Judsie …” – ed arrise, inebriato di gioia, all’affermazione convinta dell’altro, dandogli un bacio carico di sensazioni sconvolgenti ed irrimandabili.
Jude ricominciò a muoversi, fu l’orgasmo migliore rispetto a tutti i precedenti, perché racchiudeva un significato quasi sacro per loro.


Abiti trasandati, pantaloni e casacca di tute dimenticate in un armadio, di due taglie più comode: abbracciati e con due cuffie pescate in un cassetto del ripostiglio, stretti l’uno all’altro: l’alba era arrivata in fretta, due passi sulla spiaggia di fronte all’attico erano l’ideale per svegliarsi completamente.
Gli occhiali scuri erano uno schermo efficace, per le palpebre stanche, così come il resto di loro e di quei visi appagati all’estremo del concepibile, leggermente pallidi, le barbe ispide, a contorno di sorrisi in compenso accesi e sereni.
“Ti amo Jude … abbiamo già fatto la luna di miele ancora prima di sposarci.”
“Vieni sediamoci Rob, sono a pezzi.”
Si accucciolarono in un angolo tranquillo, senza mai disfare quell’intreccio, che li racchiudeva.
Law si tolse i ray ban, facendo altrettanto con Downey, che si scioglieva nell’ammirare quanto fosse affascinante, anche se distrutto da quei due giorni incredibili.
Avevano esplorato ogni angolo dell’appartamento, trovando il modo di farci l’amore ad ogni costo.
All’inizio con maggiore prestanza fisica, poi rallentando il ritmo, ma senza mai rinunciare ad alcuna delle loro fantasie.
Jude, con l’indice segnò il contorno delle sue labbra, baciandole agli angoli, per poi posarsi al centro, infilandoci piano la lingua, succosa e morbida, fatta di sonno e caffè bollente.
“Ti amo Rob …”
Le loro mani, celate da una coperta, che Rob si era portato, utile per difendersi da una brezza fredda proveniente dall’oceano, si cercavano, con avida curiosità: “Sei bagnato …” – sussurrò Downey, sfiorando la punta del sesso di Jude, che si affrettò a fare altrettanto – “Anche tu …”
Risero piano.
“Ora ci arrestano Judsie…”
“No, ora ci prende un infarto doppio …”
“Lo escludo: abbiamo progetti importanti, non dobbiamo morire …”
“Hai ragione. Ho parlato con Geffen, veramente gli ho scritto un’email.”
“A Glam?” – disse stupito.
“Sì. Il ventisette dicembre, dopo il compleanno di Jared, lui vola ad Haiti e lo accompagneremo se sei d’accordo. All’orfanotrofio ci sono decine di cuccioli, che aspettano dei genitori simpatici come noi.” – e sorrise, sperando di avere fatto la cosa giusta.
Il bacio entusiasta che si stampò su di lui, da parte di Robert, ne fu la conferma definitiva.


Jared ritrovò Colin nel lettone, con Violet, addormentati come ghiri, dopo il saggio di danza, andato a meraviglia.
Miss Wong glielo disse, prima che salisse al piano di sopra per salutare i figli ed andare a stendersi, sfinito dalle prove dello show di beneficenza, che si sarebbe tenuto alla vigilia di Natale.
Isotta era sveglia e sgambettava, pronta per il cambio ed il biberon delle dieci di sera.
Jared la prese sul petto, accarezzandole la schiena e portandola sul fasciatoio.
Notò delle istantanee sul mobile dove tenevano il necessario per la piccola: erano di poche ore prima, dal pediatra e poi in gelateria.
In un paio di scatti c’era anche Glam, con in braccio la loro principessa: sorrideva, baciandole una manina e giocando con lei, entrambi radiosi.
Colin immortalava ogni istante di Isy, ormai era un’abitudine.
Jared respirò più a fondo.
La figlia era a posto, aveva digerito e poteva tornare a nanna.
Lui decise di sedersi un po’ in poltrona, aspettando che si assopisse: prese il cellulare e compose un sms, che poi cancellò.
Si massaggiò le sopracciglia ed infine decise che era meglio andare a coricarsi, senza disturbare nessuno, né lì e tanto meno altrove.


Il petto di Chris saliva e scendeva, cercando di riequilibrare il respiro.
Era soddisfatto, Rice lo capiva da come inarcava i piedi, ancora stimolato da quanto avesse goduto, nel prendere Owen per la prima volta.
Il gallerista si avvicinò ai capezzoli del giovane, succhiandoli con cura: Chris schiuse in modo osceno la bocca, gli piaceva, non esitò a dirlo ad alta voce.
Rice non fu da meno: “Sei terribilmente arrapante tesoro … vieni qui.”
Era pronto per lui.
Chris ingoiò due dita ed iniziò a toccarsi, appena furono abbastanza lubrificate: si penetrò da solo, destando in Rice una libido ancora più carica.
Toglieva il fiato.
“Prendimi adesso Owen.” – sembrò ordinargli, offrendosi generoso.
Alzò le gambe appoggiandole al dorso sudato dell’inglese, piegandole poi per attirarlo a sé.
Owen si masturbò per alcuni istanti, usando le prime gocce del proprio desiderio spasmodico per scivolare meglio in quella fessura già abbastanza dilatata.
Un unico affondo, era la cosa migliore da quando aveva imparato a fare l’amore ad un uomo.
Chris urlò, in quell’immensa casa nessuno poteva sentirli.
Rice artigliò i glutei compatti del suo ragazzo americano, spingendo così forte da farlo piangere di gioia.
“Sentimi … è abbastanza duro per te Chris?”
Aveva voglia di scopare, era chiaro, dopo numerosi amplessi fatti di estrema premura, quello era il momento che anche il cantante dei Red Close stava aspettando e voleva viverselo senza esitazioni.
Gli risultò spontaneo annuire a quella domanda dell’uomo che non smetteva di dirgli “ti amo” al momento giusto: quando si chinò per baciarlo, Chris lo fissò per una frazione di secondo, che a Rice apparve eterna – “Sono tuo Owen … fammi ciò che vuoi.” – disse convinto.
Si ritrovò a pancia in giù, legato alla testata con la cintura di Gucci, una delle tante, che Rice collezionava da anni: lo riprese duramente – “Ti … ti farò male …” – ansimò, per poi mordergli la nuca come un animale in calore.
Chris voltò la testa, leccandolo sul mento ed azzannandolo a propria volta – “Fottimi e basta.” – ribattè con furia, aprendosi ulteriormente a quei colpi frenetici, che sembravano non finire mai.
Si sentiva straziato ed amato al tempo stesso.
Era stupendo, ma purtroppo non infinito.
Rice durò abbastanza, ma non quanto Chris sperava.
Lo torturò uscendo e poi rientrando in lui, prima di esplodere, insistendo su quella porzione speciale, che li faceva svenire una volta pervasa di sperma.
Sembrava tutto perfetto.

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