Capitolo n. 160 - sunrise
Il loro abbraccio non si sciolse per alcuni minuti.
“Non riesco a crederci … e non capisco neppure cosa stia succedendo Jude”
Le parole di Farrell si scontrarono con i pensieri dell’inglese, che rimaneva come l’amico ad occhi chiusi, quasi serrati, per non incontrare lo sguardo scuro e liquido di un Colin totalmente a disagio.
Il suo fisico perfetto e tonico, quasi vibrava sotto la stoffa sottile della camicia celeste e dei jeans slavati, incontrando la medesima sensazione sul in Jude, che indossava una t-shirt aderente grigio scuro, come i suoi pantaloni.
Quando finalmente tornarono a contemplarsi, la ricerca delle risposte era ormai irrevocabile.
“Cole io devo parlarti di quella notte …”
“Sì … lo immaginavo”
Andarono a sedersi sul divano della suite, restando nel salotto antistante la zona notte e la sala da bagno, chiusi da porte scorrevoli in legno di ebano.
“Vuoi bere qualcosa Jude?”
“Una tonica … grazie” – e sorrise.
Colin gliela porse, accarezzandogli la schiena con il palmo destro e provocandogli un brivido.
Fu anche peggio quando l’irlandese posò un bacio sulla tempia sinistra di Law, appoggiandovi poi la fronte ed inspirando un – “Devi fidarti di me Jude, non scordarlo … Io ti voglio bene”
Si distaccò, versandosi a propria volta una coca cola light, poi rinunciò a berla, strofinandosi la faccia – “Jared non sa che sono qui … e temo neppure Rob …”
“Infatti”
“E’ … strano …” – rise nervoso – “Perché ci comportiamo come due clandestini Jude?”
“Forse perché riguarda soltanto noi … questa situazione, intendo”
“Partendo da quello schiaffo in tribunale?”
“Sì … sì, anche”
“Se tu vuoi recuperare il rapporto che avevamo prima di questo … incidente, in aula, è perché comprendi quanto sia intimo ciò che ci unisce Jude”
“Assolutamente”
“Tu hai” – prese fiato –“Tu hai subito una violenza, la stessa che io ho inflitto a Jared, in modo bestiale, fuori controllo, con la mente in balia dei farmaci, ma non è una buona scusa” – ammise severo, poi continuò – “Forse quell’uomo era ugualmente drogato e questo fattore ti ha portato oltremodo a paragonarlo a me: è di lui che mi vuoi parlare ora Jude?” – chiese diretto.
“Sì … e no, ad essere sinceri, perché … Perché mi ha colpito ed io … sono svenuto, non mi ricordo niente dell’aggressione, ma quando ho ripreso conoscenza … è stato orribile rendersi conto di quanto aveva …” – i suoi battiti accelerarono, poi gli sembrarono assordanti – “Di quanto aveva abusato di me”
Colin gli segnò gli zigomi con i pollici, raccogliendo il volto di Law, baciandogli nuovamente la fronte, i capelli – “Stai tranquillo … parlami Jude … dimmi tutto”
“A-avevo i vestiti strappati …” – balbettò – “il … il suo odore ovunque … I muscoli tesi, la pelle graffiata dal suo passaggio … e poi …” – a quel ricordo si spostò di scatto, addossandosi allo schienale, le palpebre gonfie di lacrime – “Lui … lui mi è venuto dentro … non mi ha risparmiato … ero sporco di questo maiale in maniera assurda” – scoppiò a singhiozzare e Colin lo strinse, vincendo quella distanza minima quanto inconsistente.
Farrell paragonò inevitabilmente quel resoconto dei fatti a ciò che anche Jared aveva provato in quel di Haiti, con l’aggravante di essere stato brutalizzato da chi amava e non da uno sconosciuto, come occorso a Jude.
Ne seguì un silenzio, dove unicamente i loro respiri sembrarono mescolarsi.
“Tu non sei così Colin …”
Jude sembrava avere letto ciò che gli stava passando per la testa.
“Hai ragione … sono stato peggio”
“Non … non voglio crederlo e tanto meno accettarlo” – disse svilito.
Colin lo strinse maggiormente, ma scrutandolo senza indugi, i loro visi ad un centimetro – “Ti rivoglio nella mia vita Jude … rivoglio il modo in cui mi guardavi quando ero in difficoltà, schierandoti dalla mia parte, anche se non era giusto”
“Giusto o sbagliato, tu eri ciò che io”
Ad entrambi sembrò quasi una pausa teatrale.
“Cosa, Jude?”
“Daddy scusa, Lula ha terminato i compiti, io andrei …”
“Come …? Perdonami Kevin, stavo scrivendo la mia arringa iniziale contro Stabler o almeno ci provavo.”
Geffen si tolse gli occhialini, massaggiandosi le tempie, ma un istante dopo sentì le dita capaci di Kevin fare altrettanto con le sue spalle.
“Rilassati … Dio come sei teso Glam” – mormorò appena, in piedi alle sue spalle.
“Ho dormito poco …”
“Allora perché non vai a stenderti con nostro figlio?” – propose sorridente.
“Sarebbe bello, ma sono in alto mare … i tuoi progetti per il pomeriggio saranno migliori dei miei” – sorrise a propria volta, sentendosi meglio.
Kevin non smise di allentare la morsa dei suoi nervi, togliendogli la casacca ed agendo direttamente sulla porzione di pelle intorno alle scapole.
“Stai un po’ giù, sposta il pc e le scartoffie … I miei progetti daddy? Passeggiata con Tim, per negozi … mi è presa la mania di fargli regali, pensi mi sia rincoglionito?” – rise solare.
“Allora stavo messo così, quando lo facevo anch’io con te?” – ribatté in modo simpatico.
“Temo di sì daddy … quando si sta con i ragazzini” – e risero all’unisono.
“Ok …” – e posò un bacio sulle sua nuca – “Devo proprio andare Glam”
“Divertitevi” – e si voltò, provando a rivestirsi.
Kevin buttò sulla poltrona quell’inutile indumento e lo baciò intenso.
“Lo faremo Glam …”
“Kevin … siamo divorziati … non ci si bacia così tra ex”
“Sempre a fare polemiche” – gli bisbigliò, leccandogli l’interno dell’orecchio.
“Polemiche?”
Kevin rise, sfuggendogli come un folletto dispettoso – “A domani, passo a prendere Lula verso le dieci! Pranzeremo da Barny, se vuoi sei il benvenuto, ciao ciao!” – e sparì oltre la veranda.
Jared sbagliò accordo per l’ennesima volta.
Chris controllò Clarissa nel trasportino, senza dare peso a quegli inconvenienti di percorso, mentre Shannon sbuffava vistosamente e Tomo ridacchiava, in memoria dei bei tempi.
“Quel pianoforte è forse di seconda mano Jay?”
“Shannon taci!” – ringhiò Leto junior.
“Dormito male? Colin russa??” – bissò di rimando il batterista, facendo l’occhiolino al croato ed ammiccando a Chris, appena tornato al microfono.
“Dai riproviamo …” – propose lui con calma, sorridendo a Tomo, che arrossì.
Shan si mise a tossire per poi battere sui piatti laterali come un mezzo forsennato – “Ok io mi alleno!” – sbottò, facendo innervosire di più Jared, che uscì sulla terrazza a fumarsi una sigaretta.
“Non avevi smesso?”
Il tono di Milicevic era dolce e comprensivo.
Jared scrollò le spalle.
“Sei felice con Denny?” – chiese brusco, senza guardarlo, troppo concentrato sull’orizzonte, tra oceano e cielo, tersi e carichi di suoni.
“Sì, molto.” – replicò deciso il moro.
“Allora perché avvampi quando Chris ti degna di uno sguardo o mio fratello ti corteggia e fa il geloso spudoratamente?”
Tomo inarcò un sopracciglio.
“C’è astio nella tua richiesta Jared, non curiosità … Pazienza, sono abituato ai tuoi …” – sorrise – “egocentrismi. Comunque succede perché sia Shan che Chris sono stati importanti nel mio percorso e li ho amati sul serio” – ricalcò con eleganza l’ultima parola.
Jared roteò di scatto, le iridi colme di vergogna.
“Mi dispiace Tomo …”
Lui lo abbracciò, con la stessa tenerezza, della quale erano invasi gli specchi cristallini di Chris, dopo avere ascoltato quell’acceso scambio di battute.
Il giovane era uscito a cercarli, perché ormai Steven stava per passarlo a prendere e voleva almeno provare un pezzo scritto da Jared.
“A posto …?” – sussurrò Tomo.
Leto annuì, schernendosi in direzione di Chris: lui non faceva parte della loro dimensione, anche se non avrebbe mai voluto offenderlo.
Ogni centimetro del suo corpo.
Colin lo avrebbe come onorato e celebrato, senza invaderlo, per fare scomparire in Jude qualsiasi rancore verso di lui.
Si erano fatti un tuffo in piscina, dopo avere mangiato un pasto leggero in camera, poi erano risaliti a docciarsi, giocando come due bimbi, scoprendosi oltre il dovuto ed il lecito.
Farrell si ripeteva mentalmente che doveva accadere, tra loro, presto o tardi, anche se non avrebbe mai consumato un amplesso completo con Jude, ma il trasporto che li stava consumando ed unendo, poteva essere anche più grave agli occhi dei rispettivi compagni, ignari del loro appuntamento.
Si allungarono tra lenzuola di seta e cuscini spaziosi, come il letto che li accolse nella penombra dorata, filtrata dai tendaggi in pregevole damasco velato.
Colin sigillò le loro bocche, prima di scendere a succhiargli i capezzoli, mentre le dita si cercavano ed intersecavano.
Quelle di Jude sembravano vele, alzate dal vento, ai lati del suo capo, mentre le braccia di Farrell erano forti e vigorose nel spingerle ed aprirle, mentre gli addomi ondeggiavano l’uno contro l’altro, senza quasi mai slegarsi.
Colin poi si trattenne con affondi progressivi sul suo ombelico, facendo perdere la cognizione del tempo a Jude, vittima disponibile di quel carico di attenzioni scabrose.
Al fine l’attore si riempì le guance dell’erezione del suo UK buddy, che lamentò oscenamente, per una miriade di sensazioni arrivate dirette al suo cervello, precipitato nella confusione e nel ludibrio.
Quando Farrell lo mise a pancia in giù, il mondo divenne di troppi colori.
L’aria era intrisa dai fluidi e dai fiati inebriatisi di frutta succosa, con la quale si erano praticamente imboccati, divertendosi nell’annullare qualsivoglia razionalità.
La lingua di Colin, abile e diretta, lo schiuse senza preavviso.
Jude perse ogni inibizione, permettendogli di fare ciò che voleva, ma Farrell non sarebbe mai andato sino in fondo.
“Toccami …” – ansimò Law, inarcando l’addome e permettendo a Colin di masturbarlo senza ostacoli.
Fu accontentato e l’orgasmo trovò un compimento totale.
Colin baciò le sue cosce, l’inguine, succhiando l’incavo dietro le ginocchia di Jude, poi scivolò alle caviglie, leccandole e mordendole, come se fosse un dispetto complice quanto adorabile, preposto a smorzare l’erotismo di quei momenti.
Quando si ritrovarono occhi negli occhi, Jude cercò l’eccitazione di Colin, saziando la propria mano, pronta a farlo godere, ma senza riuscirvi.
Farrell voleva finirsi da solo: si mise in ginocchio a lato di Jude, che lo ammirava nella sua prestanza e disinvoltura spontanea.
“Dove …?” – gemette Colin.
Jude si piegò, quasi imponendo una fellatio terribilmente bella e feroce, ai sensi di Farrell, che capitolò.
Il marito di Jared, poteva avvertire lo stringersi delle tonsille del suo amante, intorno alla punta del proprio sesso ormai pronto ad esplodere.
Ne seguì un devastante apice, fluido e generoso, del quale Jude si nutrì, avidamente.
Colin non era un mostro.
Colin era di una perfezione interiore ed esteriore assoluta: Jude idealizzò quell’istante, eliminando qualunque colpa dalla natura di un tradimento conclamato, ma che avrebbe nascosto per il resto della sua vita a chiunque.
Ne era convinto.
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