lunedì 16 luglio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 153

Capitolo n. 153 - sunrise


Stabler arrivò ai piedi della scalinata, attraverso la quale si accedeva al tribunale, su di un mezzo blindato.
Le guardie di scorta lo accerchiavano, strattonandolo come se fosse una belva: era infatti incatenato da manette a polsi e caviglie, la sua tuta arancione spiccava tra quel drappello di uomini in nero, mentre la folla di giornalisti e paparazzi stonava nei completi più vivaci od in semplici jeans e maglietta.
La primavera stava inondando Los Angeles, ma nell’aria c’era ancora odore di pioggia.
L’auto di Geffen arrivò puntuale, seguita dall’hummer, dal quale scesero Vassily, Dean e Sammy, oltre a Peter, che apriva un varco tra i presenti.
Glam, Denny e Marc, li anticiparono, guadagnando i gradini a due a due.
Nonostante le esortazioni dei cronisti, nemmeno una parola trapelò da loro o dagli assistenti dello studio Geffen.

Il giudice era una donna, di mezza età, nativa di New York e da poco insediatasi in California.
Glam la conosceva appena, ma non gli importava.
Con un breve ritardo arrivò anche il ragazzino, che aveva denunciato Stabler, con un nugolo di legali, attirati dal crescente interesse da parte dell’opinione pubblica, che già additava il patrigno del giovane come un mostro.
Come previsto da Geffen, non era tutto così semplice e scontato.
C’era qualcosa di malsano negli occhi di quel giovane accusatore e di certo sarebbe stato l’ostacolo peggiore da superare: una sua eventuale messa in scena, pur di avere un risarcimento e, quel che è peggio, una fetta di popolarità.
Svariate riviste scandalistiche se lo contendevano per un’intervista esclusiva: si trattava soltanto di alzare il prezzo il più possibile, un autentico azzardo.

Ciò che Glam temeva, alla fine accadde.
Lo staff di Stabler aveva trovato un teste chiave, un prete cattolico, che conosceva sia l’imputato che il figlio in affido.
Alle pressanti richieste di un certo Collins, padre Edmund Gramer dovette confermare l’alibi dell’accusato.
“Sì, quella sera il signor Stabler partecipò alla riunione mensile per la raccolta fondi in canonica …” – disse a fatica.
“Ne è certo?” – insistette, quasi pavoneggiandosi, quell’arrogante.
“Purtroppo sì, lo ricordo ed è a verbale, per la ricevuta emessa e controfirmata a fronte della sua cospicua offerta!” – ringhiò il religioso.
“Non ho altre domande.” – e si ritirò, dando palese dimostrazione che il giovane venne davvero pestato da qualcuno che non era Stabler, in quanto risultò impossibile che si trovasse sul luogo dove venne rinvenuto lo stesso, malconcio e privo di sensi, dal lato opposto della città.
Le prove indiziare, che indicava una banda, già responsabile di altre aggressioni, venne così a consolidarsi.

Dean, durante l’intero dibattito, non ebbe mai la forza di incrociare lo sguardo di Stabler, sebbene questi si girasse spesso a cercarlo, con quegli occhi minuscoli quanto pungenti.
In compenso le occhiate di Sammy erano abbastanza esaustive, per fargli capire che correva dei rischi davvero concreti, nel caso non la smettesse di tormentare il compagno, sebbene a distanza.
A Stabler non servivano parole per intimorire Dean: quel passarsi la lingua, tra le labbra sottili e disegnate in una smorfia inquietante, erano state sufficienti per fargli perdere più di un battito.
Era esausto, tanto che quando l’udienza volse al termine, Dean si precipitò nei bagni per vomitare.


“E’ insostenibile signor Geffen, lo deve capire!” – sbottò Sam, una volta giunti alla Joy’s House.
Kevin aveva preparato il pranzo, aiutato da Tim e Lula.
Al loro arrivo, aveva accolto Glam separatamente, chiedendo l’esito di quel primo round.
Erano rimasti abbracciati per qualche minuto, nel quale Kevin si perse, emozionato e confuso.
“Che pace … è stato un massacro là fuori …” – poi Geffen tornò a scrutarlo – “Dov’è nostro figlio Kevin?” – gli domandò dolce.
“E’ con Tim … tagliano insalata da stamattina … stanno bene insieme …”
“Ne sono felice, passo a salutarli e poi ci ritiriamo in studio per discutere il da farsi: Dean è distrutto, Sam incazzato e, quel che peggio, senza più stimoli per combattere.”
“A volte bisogna arrendersi daddy …” – disse sconfortato.
Glam gli diede una carezza e poi un bacio sulla tempia destra – “No tesoro, contro certi maiali non si deve fare un solo passo indietro. Andiamo ora”

Cody si era unito a loro, per dare una consulenza specifica alla debacle psicologica, in cui era caduto Dean.
Si erano appartati in una saletta, distanti dalle proteste di Sam e dal rigore di Geffen.

“Lui mi … fissava … e mi spogliava, anche se non poteva toccarmi davvero … è stato orribile.”
“Dean l’hai appena detto: non poteva, non è successo niente di fisico, anche se il suo imporsi è stato certamente peggio, dopo tanto tempo.”
“Un tempo in cui avrei dovuto dimenticarlo Brandon?” – chiese con una punta polemica.
“Un tempo in cui tu sei cresciuto ed hai incontrato l’amore autentico, quello che sognavi, a cui ambivi, vero?” – chiese diretto.
Dean annuì, asciugandosi una lacrima.
“Sammy non reggerà … Lui è così buono con me, però non posso pretendere l’impossibile!”
“Nulla lo è veramente per Sammy, che ti ama così tanto … Sei al centro del suo mondo e niente potrà mai scalzarti da quello che avete conquistato. Insieme.”


Hopper rientrò a casa.
A Geffen bastava Denny e lui voleva seguire da vicino l’evoluzione della crisi di Jamie.
Nonostante le belle parole di chi lo circondava, il ballerino era precipitato in un antro oscuro, colmo di pessimismo e rabbia.

“Ciao tesoro …”
“Marc … ciao, hai visto questa?”
“Di cosa si tratta …?” – domandò calmo, cambiandosi.
“La mia dieta!”
“La tua … ah sì, l’e-mail di Foster”
“Sì, appunto: una cloaca di grassi, sotto forma di formaggi, carboidrati, patate, legumi … Diventerò un bidone!!” – urlò piano, per non svegliare Julian, rimasto sul divano per un sonnellino dopo il pasto di mezzogiorno.
“E’ per aiutarti Jamie, poi chi ti dice che ingrasserai?” – replicò lui stringendolo.
“Succederà invece! Senza contare l’inattività forzata, non brucerò più calorie, mi imbruttirò!”
Hopper sorrise – “E’ questa la vera ragione?”
Jamie si divincolò, singhiozzando – “Scherzaci pure, ma quando mi guarderai con compassione, accorgendoti di quanti bei palestrati incontri in piscina o durante la lezione di spinning, allora ne riparleremo!! Io mi consumerò in scenate di gelosia sempre più patetiche e tu scapperai a scopare con qualche bellimbusto, ecco!!”
Ormai il suo pianto dilagava, ma ci voleva ben altro per sfinire Marc.
“E’ questa la fiducia che riponi in me, Jamie?”
“Non si tratta di questo!”
“Invece sì, ma per te è difficile ammetterlo. Quindi sarei il solito coglione, che rincorre l’uomo più giovane e prestante, dimenticandosi di avere accanto una persona meravigliosa quale tu sei? Così, tanto per buttarsi via, per non andare da nessuna parte, Jam?!” – si alterò di poco, ma poi afferrò il consorte per le braccia, con più veemenza.
“Io voglio un altro figlio con te, ecco dov’è concentrata il mio interesse Jamie, cazzo!! Sei ciò che voglio, di cui ho bisogno, sei mio marito e mi hai donato Julian, visto che è unicamente tuo il merito per questo dono, che abbiamo ricevuto entrambi!”
“Marc …”- si piegò, come abbattuto da quelle sue affermazioni, seppure cariche di amore – “Perdonami …”
“Amore mio” – mormorò Hopper, avvolgendolo e baciandolo con trasporto e tenerezza estremi.
La bufera sembrò passata, almeno per quel giorno, che non trovava una fine serena.
Per nessuno.




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