Capitolo n. 144 - sunrise
Glam buttò nell’ingresso il trolley, la sacca con l’abbigliamento da montagna in una cassapanca, poi sbuffò, guardandosi in giro.
L’impresa di pulizie aveva lasciato la villa in perfetto ordine.
Lui aveva preferito anticipare il rientro di un paio di giorni, motivandolo con la preparazione della causa Stabler, ma era una scusa.
Lo sapeva Jared, lo sapeva Kevin, ai quali aveva lasciato un saluto via sms.
Entrambi lo chiamarono.
“Sì pronto …”
“Ciao Glam, volevo sapere se eri arrivato bene”
“Sì Jay, grazie, ora mi faccio una doccia e poi mi metto al lavoro”
“Sul serio?” – rise nervoso.
“Ho un arretrato spaventoso e non voglio fallire in aula con Dean: da testimone diventerà parte lesa ed accusatore, voglio che abbia giustizia.”
“So che ci riuscirai” – e tirò su dal naso.
“Sei sulle piste?”
“No … cioè più o meno, passeggio per il bosco, ci sono i bimbi alla città di ghiaccio con gli altri … mi sono perso, ecco”
“Sempre il solito Jared” – e sorrise.
“Ti voglio bene Glam” – mormorò in un unico respiro.
“Anch’io ti amo piccolo, ma adesso devo … io devo proprio andare, un bacio” – e riattaccò, sentendo crepitare in una lieve interferenza il ciao mesto del suo interlocutore.
Geffen si preparò un tè, sentiva freddo, ma non ne era preoccupato.
Il cellulare vibrò di nuovo: era Kevin con Lula.
“Ehi ciao …” – rispose loro in video chiamata.
“Ciao papà!! Siamo nell’igloo io e papi!! C’è anche Tim”
“Siete abbastanza coperti? Ciao Kevin, Tim …”
“Ciao …” – ricambiarono quasi all’unisono i due giovani.
“Sì, sì, guarda! Me li ha comprati zio Tim!” – ed il bimbo mostrò divertito un paio di muffole multi colore.
“Carine …” – e rise.
“Glam noi rientriamo domani sera”
“D’accordo Kevin, mi porti il cucciolo?” – chiese pacato.
“Sì … Ma se hai da fare ci pensiamo io e Tim” – propose con un mezzo sorriso.
“Se vi fa piacere vi aspetto per una pizza, tutti e tre, poi potete anche fermarvi per la notte, qui c’è molto spazio …”
“Lo so Glam … ok … Che ne dici Tim?”
“Approvo” – e prese in braccio Lula, che annuiva entusiasta per quel programma inaspettato.
“Allora è deciso … Buona giornata, vi abbraccio.” – e si congedarono con tranquillità.
“Los Angeles eccoci qui …”
Jude spalancò le ante scorrevoli sull’ampio terrazzo vista mare del loro attico, mentre Robert pensava a Camilla, distrutta dal viaggio.
“Che schifo …” – aggiunse a bassa voce, strizzando le palpebre.
Downey lo raggiunse a passo leggero, avvolgendolo da dietro e posando un bacio sul suo collo, abbronzato ed in risalto sotto la camicia bianca.
“Grazie amore …” – disse Law, stringendo i polsi dell’americano, per poi voltarsi e baciarlo intensamente.
Quel contatto sapeva di buono, di caldo ed accogliente, di caffè appena preso al locale sotto il palazzo, dove andavano spesso a fare colazione con la figlia.
Il cielo era carico di pioggia, in quel tardo pomeriggio, se ne poteva avvertire l’odore: Jude inspirò, fissando Robert, infine lo spinse verso il divano, scivolando tra i tendaggi avorio, sollevati dal vento, in una danza ipnotica.
Era il dopo barba di Downey ad intossicare le narici di Jude, che voleva riconquistarlo, anche se il compagno gli appariva come una terra sconosciuta.
Lo spogliò con avidità ed ardore, mentre Rob, esterrefatto, si sarebbe lasciato fare qualsiasi cosa da lui.
Jude spingeva il suo bacino tra le gambe del marito, le loro mani intessute in arabeschi madidi e lucenti, gli umori gocciolanti per l’eccitazione estrema.
Le bocche non si erano mai distaccate, mentre le dita di Jude, finalmente, si fecero spazio nel canale stretto e bollente di Robert, che si inarcò, gemette forte, si arrese ed abituò velocemente a quell’intrusione legittima.
Apparteneva a Jude, a lui soltanto.
“Fottimi …” – ansimò il moro, spingendosi verso il suo sesso, la cui punta ormai gli era entrata dentro e non avrebbe esitato oltre nell’affondare e ritornare, per poi rinnovarsi ed inturgidirsi maggiormente in successive spinte, al colmo della lussuria più vivida.
Le cosce di Robert divennero come un groviglio, poi si sistemarono nella posizione ottimale, permettendo a Jude di muoversi fluido e continuo.
“Mioddio, mioddio …” – andò a ripetere, succhiando, leccando e baciando spasmodico Robert, che arrideva a quel loro ritrovarsi come se fosse un miracolo.
Piansero nel venire simbiotici e caldissimi.
Jude, uscendo a metà del proprio orgasmo, volle finire Robert nella propria bocca, ingoiando appagato e sublime, per poi rientrare in lui e svuotarsi completamente.
“Ma allora Flora non scherzava!”
Geffen spalancò la blindata, ritrovandosi davanti Scott, che gli saltò al collo, abbracciandolo.
“Sei fradicio … ciao Scotty …”
“L’auto mi ha piantato in asso ad un chilometro da qui, niente k-way, nemmeno un ombrello … Ho fatto una camminata pre-cena, spero tu abbia qualcosa in frigo, ho una fame!” – e rise, fissandolo.
“Sì … cioè spero … non ho mica guardato”
“Controlliamo subito!” – disse allegro il medico, distaccandosi malvolentieri dall’amico.
“Ho … ho seguito il tuo consiglio … ho preso un minimo di distanza” – disse impacciato Glam, seguendo Scott in cucina.
“Ne sono felice …” – replicò lui a mezza voce, palesemente soddisfatto per quella scelta inattesa.
“Scott ascolta … volevo parlarti di … di noi”
“Di noi Glam …?”
“Sì insomma, di questo legame, che sta dirottando su binari per me sbagliati … Non voglio rovinare ciò che ci unisce” – spiegò serio.
Scott deglutì a vuoto, poi gli andò vicino, posando i palmi sulle spalle di Geffen, che sentì aumentare le pulsazioni.
“Che cosa avremmo sbagliato, esattamente?”
“Questa … questa confidenza Scott, questa intimità” – replicò poco convinto.
“Intimità?” – aggrottando la fronte, Scott annuì – “Hai ragione Glam” – e lo abbracciò completamente, cinturandogli il busto, più massiccio del proprio ed appoggiando il viso di lato, sul suo petto, mettendo in contatto la loro pelle.
Geffen lo racchiuse a propria volta, tra quelle braccia così ambite da molti, più giovani di Scott, era quello il suo unico pensiero.
“Tu non mi vorrai mai Glam …”
“Scott che”
“Che diavolo dico …?” – inspirò, senza avere la forza di affrontare il suo sguardo.
Ci fu un black out.
Le lampade di emergenza azzurro tenue si accesero immediatamente.
Il temporale si era impadronito dell’imbrunire, così la bocca di Scott fece con quella di Glam, all’improvviso.
Era un bacio che nulla aveva di casto.
Scott voleva baciarlo sul serio, senza limiti.
Geffen non glielo impedì, soggiogato da una confusione ingestibile.
Riuscì soltanto a roteare insieme a Scott, spingendolo piano contro il muro, dove Glam appoggiò le mani aperte, mentre lui restava aggrappato al suo collo ed esplorava quel connubio con maggiore coinvolgimento.
Scott baciava benissimo, Geffen glielo aveva visto fare tante volte, quando si divertivano con sconosciute avvenenti in locali alla moda.
Una macchina da sesso, quella la fama che il dottore si era conquistato, per prestanza e capacità.
Quei ricordi sembrarono cadere a grappolo dalla mente di Geffen alle parole di Scott – “Solo una volta, solo stanotte … anche se io non l’ho mai fatto così …” – e quasi si schernì, tremandogli sul cuore.
Glam lo strinse forte, baciandolo di nuovo, prendendo lui l’iniziativa, mentre si ripeteva mentalmente che era sbagliato, che era inutile e che avrebbero mandato a puttane il loro storico affiatamento.
“Sono così felice Rob …”
Vederlo respirare sul proprio addome, era per Downey la visione più incantevole al mondo.
Gli accarezzò i capelli, tagliati cortissimi, ma pur sempre soffici, ad incorniciare quel viso sensuale, che apparteneva a Jude.
“Vado a prendere qualcosa da bere cucciolo … torno subito” – un bacio, poi Robert si alzò, raggiungendo la dispensa.
Aprì uno sportello, curiosando tra bottiglie di liquore.
Era nudo e proporzionato nelle forme asciutte ed allenate, con le scapole in evidenza, irrequiete quanto la sua colonna vertebrale.
Jude lo stava ammirando, poi gli fu addosso, mettendosi in ginocchio, dilatando la sua fessura, così pronta a rinnovare quell’accoglienza carnale e tumida, percorsa prima dalla sua lingua, poi dalle falangi affusolate, che lasciarono il posto al suo sesso, dopo avere spostato Robert prono sul tavolo poco distante.
Afferrargli con la destra un fianco e la sinistra la capigliatura folta, fu un tutt’uno, immediato e torbido.
Lo scopò selvaggiamente, procurando ad entrambi un piacere galvanizzante.
Robert si teneva ai bordi, cercando di mitigare l’attrito del proprio busto al ripiano, sentendosi bruciare e colare, due sensazioni diverse, che rimescolandosi gli stavano procurando uno svenimento.
La sua libido venne infine colpita da una sferzata, quando la sua prostata fu sommersa da Jude.
Cadde con lui, accasciandosi, cercandolo per tenerlo a sé.
Lo avrebbe cullato sino all’alba, senza sapere che Jude lo voleva ancora.
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