One shot – E’ solo un bacio > The eagle tales
Lo bacia.
Il sapore di Marcus sa di buono, anche in questo caso, mentre le loro lingue combattono, ribellandosi a quel sentimento divenuto proibito.
Esca ha imparato che tutto di Marcus riesce a rimestare il suo sangue, anche quando lo sottomette o lo riduce in ginocchio, tra le sue gambe, come la notte precedente, per altre attenzioni.
“E’ un bacio, solo un bacio, Esca.”
Inghiottire il suo sesso non è semplicemente questo, ma Esca non trova la forza di dirglielo o ribellarsi, come in altre occasioni, quando ad un comando inopportuno, il ragazzo oppone un parere discordante.
Lo zio di Marcus urla talmente forte, che Esca arriva di corsa dalle cucine.
“Eccolo il tuo schiavo, il tuo schiavo, hai compreso Marcus?? Te l’ho comprato perché ti servisse e non per discutere con te!!”
Lo afferra per la nuca, spingendolo in un anfratto, strappandogli la veste misera, per frustarlo: “E’ così che lo devi trattare, hai capito??!”
Le sue grida si mescolano ai tuoni di un temporale primaverile, in un giorno che entrambi vorrebbero dimenticare: Esca per le ferite, per le quali non emette un solo lamento e Marcus per non essere capace di portarlo via da una simile ed ingiusta furia.
Il fratello di suo padre è generoso ed ospitale, ma per lui esiste unicamente la stirpe romana, in quanto eletta e superiore a tutti quei barbari, che avevano decimato la loro nobile famiglia, ma che la stessa aveva massacrato senza alcuna pietà.
Esca li odia per questo, ma con Marcus è diverso.
La brezza è fredda, a metà dell’imbrunire, come l’acqua in cui si lava, lento ed accorto, nel pulire escoriazioni e tagli, dove lo zio ha infierito.
I passi di Marcus sono noti alle sue orecchie vigili: zoppica ancora leggermente, per la ferita riportata in battaglia.
Le sue spalle hanno un ulteriore fremito, quando è la bocca di Marcus a toccarle, con un’attenzione ignota.
“Fa male?” – chiede roco.
“No.”
“Sicuro?” – insiste tagliando l’aria con quel tono velatamente angosciato, come se si trattenesse nell’esternare la sua reale preoccupazione.
“Certo. Posso andare a riposare o ti servo ancora?”
Marcus gli si pone davanti, accucciandosi come Esca, ma lui si solleva repentino: vuole evitare un confronto, che gli sta già spaccando il cuore a metà.
Il legionario lo segue, non demorde tanto facilmente.
“Credi che io ti usi anche quando” – “TACI!”
Di lui Marcus ammira la fierezza, da quando l’ha visto in quell’arena, salvandolo da morte certa: ad Esca deve avere dato fastidio essere risparmiato per l’intervento di un romano, ma a Marcus non importa.
“Non ti toccherò più.”
E’ una sentenza, ai sensi di Esca appare tale, un istante prima che vadano in frantumi.
Raccoglie legna, mentre Stefano, il servo dello zio, sventra dei pesci per la cena.
Ci sono degli ospiti, un senatore ed il figlio, pronto a partire in battaglia.
Esca li spia, vedendo che in quel giovane non c’è nulla di eroico ed impavido come in Marcus, sia nel parlare che nel sembiante, più consono ad un politico, di bassa levatura peraltro.
Eppure lui è sano ed adatto ad affrontare pericoli in combattimento, non ha un arto lesionato irreparabilmente come Marcus, che di elogi e decorazioni avrebbe fatto volentieri a meno, pur di rientrare in quell’avamposto, per il quale aveva ricevuto il comando.
Storia vecchia, gli ripete lo zio dal suo arrivo in quella villa confortevole, deve pensare semmai ad una moglie, agli eredi, discorsi che irritano Marcus, ripetuti durante il desinare.
Esca rimane a disposizione, ma lontano dai loro sguardi, carichi di disprezzo, tranne quello di Marcus, che sembra lampeggiare, nel riverbero del fuoco dei bracieri, alla ricerca di lui.
Sembra una tortura ed è così che Marcus la percepisce, nelle occhiate di compassione di quell’arrogante, che probabilmente si nasconderà come un coniglio al primo vero attacco.
Si congeda, dopo essersi infervorato nel ricordo della legione del padre, argomento spinoso, che adombra i suoi sporadici sorrisi.
Esca lo segue, come il cane il suo padrone, senza però abbassare la testa, come lo zio vorrebbe, gli ha detto anche questo mentre lo puniva.
Frasi laceranti, peggio del nerbo, per l’orgoglio di Esca.
Marcus lo sa, il desiderio di dimostrargli quanto lui è diverso da quel vecchio scorbutico gli sembra un’ossessione, mentre si rigira nel letto nervosamente.
“Esca!”
E’ nella camera accanto, deve semplicemente correre quando Marcus lo reclama, senza perdere tempo, qualsiasi cosa stia facendo, lo zio è stato chiaro, sin dal principio, quando lo strattonò fuori da una sorta di gabbia lurida, inveendo “Lavati, puzzi come un maiale!”
Quel coltello, che Esca poi avrebbe consegnato a Marcus, garantendogli l’immunità dalla propria vendetta, sembrava rovente nascosto tra gli stracci che indossava e sarebbe stato semplice sventrare quell’anziano prepotente, ma per andare dove poi?
Esca si precipita, mordendosi le labbra, umiliato in quanto succube di quella lista di imposizioni incontestabili.
Marcus lo fissa, nudo, in piedi di fronte a lui.
Nasconde qualcosa, che subito si rivela.
“Il tuo pugnale Esca. Riprendilo. Sei libero.”
Sembra che quelle parole affoghino nella gola di Marcus, come se il pronunciarle gli costasse una fatica immensa e disperata.
“Libero di fare cosa?” – chiede di rimando con asprezza.
“Eppure comprendi il mio idioma, non farmi ripetere.”
“Ti costa tanto?”
“Cosa Esca?”
“Ammetterlo.”
Marcus inspira, dilatando le narici in modo impercettibile, ma di cui Esca si accorge puntualmente quando si altera per varie ragioni.
“Ammettere cosa?!”
“Che sei diverso Marcus. Come … me.”
“In sostanza uguale a te?” – domanda con un sorriso derisorio.
Esca spegne le palpebre, consapevole che è stato il primo ad arrendersi a tale evidenza.
“Infelice.” – conferma sommesso.
Marcus gli strappa la tunica, Esca non ha null’altro addosso, se non le mani di quel legionario, un attimo dopo, per molti attimi successivi.
Lo butta al centro dell’ampio talamo, che non conoscerà alcuna donna, Esca ne è convinto: lo apre virile e devastante, ma le iride liquide e tempestate di azzurro del britanno, sembrano inondarlo di superbia, perché non è lui a conquistare, in quanto già totalmente conquistato.
Marcus si ferma e poi scivola, giungendo alle sue labbra contratte ed incerte: le fonde, sa di caldo e spezie, di fiducia ed affetto.
Si guardano, adesso.
I loro corpi sigillati ed aggrovigliati, come i vimini di una cesta.
La fronte di Esca cerca quella di Marcus, rivelatrice di un sollievo.
“E’ solo un bacio. E tu sei mio Esca.”
“Lo so.”
Esca lo sente sorridere, affondato nella sua spalla, che Marcus abbandona improvviso, scendendogli tra le gambe.
Si impadronisce del suo membro, con inattesa devozione, tormentandolo di baci, per poi succhiarlo ancora, fino all’estremo divenire, di cui si nutre, con superba ingordigia, sconvolgendo Esca, ebbro di orgasmi sconosciuti.
Il tempo si ferma, così il loro contrarsi.
La voce di Marcus accarezza i suoi pensieri.
“Avevi ragione. Siamo uguali.”
Esca lambisce le sue chiome corvine, con le dita tremanti, annuendo sereno, finalmente.
THE END
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