venerdì 10 febbraio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 43

Capitolo n. 43 - sunrise


Chris aprì la busta, estraendo un biglietto dello stesso colore, avorio pergamena, sul quale c’era una semplice riga § Ore otto, pronto per uscire, mi raccomando. Ti amo, Steven §
Mancavano un paio di ore, più che sufficienti per una lunga doccia e l’ardua scelta tra i vestiti, che Boydon gli aveva regalato durante la settimana, impegnandosi in uno shopping al quale il medico non era abituato.
Si era comunque divertito, coccolandolo come nessuno.
Owen aveva fatto altrettanto ai tempi della loro relazione, ma spesso Chris si sentiva a disagio, di fronte a tanta opulenza ed ad una sottile ossessione di farlo felice a tutti i costi, che tormentava i gesti di Rice, seppure in buona fede.
Ogni tanto Chris pensava ad Owen, con un malinconia affettuosa, che non influiva minimamente sul suo rapporto con Steven.


Glam riunì in una sacca le costruzioni di Lula, cercandolo con lo sguardo nel parco.
Kevin transitò dalla camera armadio alla loro stanza, impegnato in una telefonata divertita con Brian.
Quando riattaccò, cinse Geffen per la vita, stampandogli un bacio sulla bocca, per poi sorridergli – “Stanno bene, Dublino è piovosa, hanno preso un loft accogliente e forse presto gestiranno un disco pub gay … Interessante, non credi daddy?”
“Parecchio, un nuovo inizio …” – disse guardandolo affettuoso ed attento alle sue espressioni.
Kevin era sereno e pieno di progetti.
Un disco con una band emergente, l’acquisto di un pacchetto azionario per un’innovativa azienda informatica ed un viaggio da definirsi con Glam e Lula, ovviamente.
“Ci vieni in spiaggia? … C’è solo Jared con Isotta, oltre al nostro soldino di cacio …” – domandò esitante.
Ci sarebbe dovuto andare senza avvisarlo, ma proprio non ce la faceva.
“Mi dispiace, è un bel programma per il pomeriggio, non fa nemmeno più caldo, ma mi aspettano in sala di registrazione, scusami daddy …” – e lo baciò ancora, con quel candore, che sotterrava letteralmente Geffen sotto i suoi sensi di colpa, ormai incancreniti dalle tacite richieste da parte di Jared.


I gazebo proteggevano i piccoli dai raggi del sole di fine settembre, ancora minacciosi per la loro pelle delicata.
Il cantante dei Mars non era da meno: usò parecchia crema sia per sé stesso che per Isotta: lei rideva felice per quelle coccole, associate ad una cantilena, che Jared le cantava abitualmente.
Si erano sistemati su dei lettini, Lula dormiva profondamente, avvolto nell’asciugamano con il quale Glam lo aveva frizionato, procurandogli un solletico esilarante.
L’avvocato si era portato il pc, per controllare diverse arringhe, preparate da Denny.
“Devi proprio?”
“Cosa Jay?”
“Lavorare …” – disse timido.
“No, ma … ok, lo spengo. Gliene stai mettendo troppa Jared.” – e rise.
“Mai abbastanza per la nostra cucciolina, vero Isy? Ora vai da pa … da zio Glam.” – si corresse immediatamente, fulminato da un’occhiataccia dell’altro, che aveva chiarito il suo punto di vista su certi argomenti spinosi, con una e-mail inviata a Jared il mattino precedente.
Lui l’aveva letta con attenzione, accettando il buon senso contenuto in quelle righe scarne, ma decise a non lasciare dubbi.
Glam la prese sul petto, tormentandole la fronte spaziosa con la barba accennata del suo mento, ammirato con dolcezza da Jared, che gli sfiorò la spalla con una carezza – “Grazie …” – sussurrò, per poi allungarsi, nascondendo il volto nel braccio sinistro e forse una lacrima inopportuna, come quell’intera situazione.
Colin volle assistere a quella sequenza, carica di emozioni a lungo represse, secondo la propria analisi mentale.
Aveva incontrato Kevin per caso, dopo essersi liberato da un impegno con la sorella; non sapeva di quell’appuntamento di Jared e quando il bassista gliene parlò, si fece accompagnare, parcheggiando sulla balconata, che sovrastava la caletta privata di Meliti.
Era un luogo sicuro e piuttosto inaccessibile da paparazzi, visto che per arrivare a quella piazzola occorreva un pass, posseduto esclusivamente da tutta la famiglia di Antonio.
Kevin si appoggiò al muretto, giocherellando con un portachiavi – “Posso sapere come mai siamo venuti qui? Io ho da fare Colin, se mi accompagni, come hai promesso …” – e sorrise, noncurante di quanto stavano facendo Glam e Jared, peraltro senza alcuna implicazione evidente, ma non per Farrell.
“Tranquillo … ti ci porto subito.” – replicò, inspirando prima di andarsene.


Una limousine attese Chris all’entrata del suo palazzo.
Lui provò un brivido gradevole.
Il ristorante era al trentesimo piano di un grattacielo a picco sull’oceano.
Un panorama mozzafiato, che impressionò Chris, come la tavola apparecchiata in una saletta riservata, dove un cameriere impettito lo scortò.
“Prego, mister Boydon la raggiunge tra cinque minuti.”
Servirono un aperitivo; nel mentre Steven arrivò.
“Ciao tesoro …” – mormorò, massaggiandogli le spalle e baciandolo tra i capelli – “Resta seduto Christopher, sei l’ospite d’onore …”
“Ciao Steven … ti ringrazio, sono … frastornato …”
“Credo tu sia abituato a questi locali ed ad un trattamento speciale … spero di donarti qualcosa in più amore …” – e lo baciò intenso, appena furono da soli.
Chris comprese quanto Steven non volesse dare spettacolo, anche se era spontaneo negli approcci, ma sempre con quel limite dettato dal rispetto che aveva per il giovane e non tanto perché si vergognasse di loro.
Del resto per lui era un’esperienza nuova e sconvolgente, quindi Chris non voleva fargli pressioni di alcun genere.
Era perfetto, semplicemente perfetto.
Mangiarono con calma, a lume di candela, senza essere disturbati da nessuno.
“Il cibo è squisito … i miei piatti preferiti …” – disse raggiante Chris.
Steven annuì – “Ho svolto accurate indagini … questa è la nostra serata Christopher …” – e gli prese il polso con delicatezza.
“Faremo un … passo avanti dottore?” – chiese inclinando il viso di una bellezza disarmante.
“Lo spero davvero tesoro.” – confermò Boydon, sorridendo di rimando a quella reciproca aspettativa.


Farrell prese un trolley dal mobile dove lui e Jared li ammassavano, dopo gli innumerevoli spostamenti.
“Ehi … non ti trovavo. Ciao Cole.”
“Ciao … già di ritorno? Volevo farti una … sorpresa.” – disse con un’aria stranita.
“Vedo … dove stai andando Colin?” – chiese perplesso.
“Stiamo andando … tu ed io, con Isotta, i gemelli e qualche amico, anzi, solo due e Lula.”
“Non capisco … in Svizzera?” – ed abbozzò un sorriso tiepido.
“No o forse sì, diciamo che Kevin ha tramato con me, quindi lo saprete molto presto.”
Jared si mise in poltrona, rannicchiandosi – “Giusto oggi eravamo al mare … con Isy, Lula e Glam …”
“Sì, l’ho saputo da Kevin, me lo sono trovato davanti al Cheers, una casualità.” – affermò puntandolo con quei suoi quarzi scuri.
“Ah ecco … quindi avete deciso all’improvviso …” – “Appunto.”
“Per me … va bene Cole.”
“Ne ero certo, domani mattina si parte.”


Le sue carezze erano calde e copiose, come i baci, che si rinnovavano in intensità e forma, divenendo sempre più audaci.
Boydon possedeva in un modo nuovo l’esistenza di Chris, di ciò il ragazzo se ne era reso conto con il passare di quelle poche settimane, con estrema gioia.
“Sei … morbido Steven …” – disse leccandogli il collo massiccio, mentre con le braccia e le gambe si avvinghiava a lui, impegnato nello sforzo di non schiacciarlo, ma solo di dargli un benessere sconosciuto.
Lo fece girare con lentezza, staccandosi a fatica dalle sue labbra – “Ti amo Chris … ti amo da impazzire.”
Forse Steven aveva speso cinque minuti a riflettere su quanto fosse ammattito, nel frequentare una rock star con vent’anni di meno rispetto a lui e scoprendo di avere un orientamento gay, provando una felicità totalizzante nel desiderarlo.
Lo lubrificò con un gel recuperato in uno dei suoi scaffali in studio, preparandosi psicologicamente a consumare un atto sessuale, che lo eccitava al solo pensiero.
Cercò di non perdere la concentrazione, distribuendo baci sulla nuca di Chris, scendendo alle sue scapole, succhiandole, come la pelle segnata dalle vertebre, che si inarcavano di continuo.
“Mioddio Steve …”
I loro ansiti crescevano, al pari delle rispettive eccitazioni.
Convulsamente il braccio di Steven raggiunse il cassetto del comodino, dove aveva riposto dei preservativi, all’insaputa di Chris, che nell’accorgersene, ebbe come uno scatto repentino.
“Che succede?” – il tono di Steven sembrò precipitare in un baratro.
“Cosa stai facendo?” – domandò Chris, come indispettito e deluso.
Boydon deglutì a vuoto, rendendosi conto di avere fatto una cazzata madornale, non poteva definirla altrimenti.
“Christopher … la mia intenzione era unicamente quella di … di avere riguardo per te e …”
“Per me??” – ormai era seduto contro lo schienale, raccolto a riccio di fronte a quell’amara constatazione, seppure spietata.
“Il motivo è per gli uomini che ho avuto?? Ti ho raccontato tutto di me, delle stronzate in cui mi sono buttato via … o … o perché sono stato stuprato??! Tu dovresti saperlo che non ho malattie!! Mi … mi hai curato …” – balbettò singhiozzando – “Mai avrei immaginato che tu mi avresti fatto sentire diverso!!” – gli urlò in faccia, per poi fuggire via, coperto da un lenzuolo posticcio.
Boydon si diresse nel bagno, pacato come al solito: si lavò le mani, dopo avere indossato un accappatoio bianco.
Accese una sigaretta, pur avendo smesso da mesi, senza mai privarsene all’interno della sua valigetta.
Buttò fuori il fumo, affacciato al balcone e lasciando in pace Chris per qualche minuto, pur essendo una tortura sostenere quel distacco.
Spense la Camel in un vaso di gerani fioriti e gli andò accanto sul divano.
Chris aveva acceso la tv, su di un canale di cartoni animati, ai quali non era minimamente interessato.
“Ti dispiace se …” – ma lui lo anticipò, spegnendo il plasma con il telecomando.
Steven raccolse i propri pensieri, con umiltà.
“L’ultima cosa che volevo, Christopher, era rovinare questo momento. Siamo adulti, ma io … più di te, è … palese …” – sorrise mesto – “Sono imbranato, lo riconosco, avrei dovuto decidere insieme a te come … come farlo … Ti giuro che non pensavo alle malattie, credimi.” – e si inginocchiò ai suoi piedi.
Chris gli accarezzò le tempie, confortato da quelle ennesime premure.
“Ho fiducia in te Steven, non immagini quanto … non so neppure spiegartelo …” e si inginocchiò anche lui, stringendolo con forza.
“Amore … mi sei mancato … vorrei respirarti senza sosta, da quando ci svegliamo insieme a quando ci riaddormentiamo … Christopher sei il dono migliore che abbia ricevuto da quando sono al mondo.” – e lo guardò, perdendosi nel suo sguardo incantevole.
Si baciarono, spogliandosi: Steven prese in braccio Chris, fino al loro talamo.
Ricominciò a toccarlo, ma questa volta unendo le loro bocche, dilatandole ad ogni affondo, almeno quanto la fessura alla pressione delle dita di Steven.
Chris cosparse quell’unguento sull’erezione del suo compagno, che sentiva il ventre contrarsi in spasmi lascivi, ma mai quanto iniziò a penetrare il suo cucciolo d’uomo.
Steven fece una pausa, confortandolo con baci sugli zigomi madidi, estasiato dalla bellezza di Chris.
“Non fermarti … io sono tuo … non dimenticarlo mai.”
Affondò fluidamente, con spinte progressive, gemendo con Chris per quanto la loro libido fosse esaltata da impulsi devastanti.
Steven si sentì come implodere, nessuno gli aveva mai trasmesso tanto.
Ormai erano un incastro grondante di umori.
Vennero all’unisono, Chris per primo, masturbato vigorosamente da Steven, che si ingrossava in lui, stimolato anche da quell’azione tumida e bollente.
“Sì … sei mio … sei mio Christopher …” – disse ansimando, commosso ed entusiasta da quella loro prima volta, coronata da ulteriori baci, che sembrarono senza fine ad entrambi.




CHRIS


STEVEN

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