One shot > Adesso dormi > Colin & Jared
The Xander Tales
Dormono insieme.
E’ già qualcosa, da circa due settimane.
Un mese di riprese, dopo i campi di addestramento e preparazione ad un film, che avrebbe segnato le loro vite.
Colin di solito crolla vestito, sul bordo del materasso, ma non rinuncia a stringere sul petto Jared, che a propria volta lo trascina nel mezzo, per evitare di cascare, come è già successo, per il troppo bere.
Jared si fa schifo quando è ubriaco, deve per forza vomitare, mentre quell’irlandese cocciuto, beve come una spugna e senza un motivo apparente, almeno finchè non è venuto a galla, quel fottuto motivo.
“Non mi conosco davvero … se qualcuno me lo insegnasse …”
Era abbastanza sobrio, ma la canna che aspirava con un misto di ingordigia e rassegnazione, alteravano i contorni di quella camera.
“Sentiti libero di parlarmi Cole … di ciò che vuoi, intendo.”
Jared fa spesso un tentativo per indurlo ad aprirsi, ma non funziona.
Eppure sembra il contrario tra loro, quando Colin si avvinghia a Jared, senza che accada nulla, forse sogna, mentre l’odore di Jack Daniel e di lui ammorbano l’aria, il cuscino, la maglietta di Jared.
Jared deve anche lavarsi, dopo avere dato di stomaco.
Anche quando è lucido si fa una lunga doccia.
Senza accendere la luce, annaspa nel cassettone e cerca un boxer ed una delle prime t-shirt con il logo della sua band.
Spesso suona la chitarra, nei momenti di pausa o quando si rifiuta di uscire per fare le ore piccole con Colin e gli altri.
Degli altri, comunque, gli importa meno di niente.
Quando non punta un paio di tette, anche a Farrell non importa granchè di quella chiassosa compagnia, di colleghi e lavoranti.
E’ amico di tutti, come Jared, non sono divi, non sono snob, sono semplici ed affascinanti, eppure estremamente complicati.
Le sue dita sono fresche, il resto bollente, così Colin per questo motivo deve essersi tolto casacca e jeans.
Ha degli slip un po’ stretti, Jared ridacchia, sistemandosi a quella che definisce una distanza di sicurezza dalle gomitate di Colin, quando non lo stritola, come se fosse uno di quegli orsetti di peluche, ai quali si rimane affezionati per sempre.
Sì, gli danno fastidio, forse in lavanderia hanno scambiato alcuni capi, è soltanto un’ipotesi, per non fantasticare su altro, pensa Jared.
Colin si muove, grugnisce, lo fa puntualmente, lamentandosi – “Dove sei …?” – e lo afferra, “Cazzo Jay, lo sai che …”
Che cosa?
Una sola volta glielo ha spiegato, fatto pesante, Jared che urlava, pugni, schiaffi, Colin piangeva, singhiozzando come una scolaretta, il ragazzo di Bossier City non sapeva più come definirlo, ma era talmente incazzato che persino epiteti scadenti diventarono ottimi.
“Perché ti riduci così Colin, cazzo!!”
“Jared …” – in posizione fetale sembrava supplicarlo, senza dirgli nulla.
“Io dormo sul divano … fottiti.” – l’ultima parola un sussurro.
“Jared torna da me … dormo male se non ci sei … lo sai …”
Lo sai, lo sai, non faceva che ripeterglielo, in occasioni differenti, Jared doveva sapere tutto e non per quei cinque anni in più, che si portava addosso benissimo, non per avere vissuto un’infanzia sgangherata, mentre Colin si crogiolava in una famiglia bene di Dublino, al sicuro: erano entrambi allo sbando, ma la volontà di riscatto di Jared era mille volte più solida rispetto a quella del suo ossigenato nuovo migliore amico.
Eravamo rimasti a quello straccetto di stoffa sottile e bianchissima, tra le gambe muscolose ed abbronzate di Colin, che aumentò le smorfie, poi se ne liberò, cercando il lenzuolo, per coprirsi.
Jared mise un terzo cuscino in mezzo e Colin ci inciampò, “Che cazzo …?” – uno sbadiglio, l’ennesima imprecazione, via quell’ostacolo, Jared era lì, Jared c’era.
Sempre.
Sentirselo dappertutto nudo, schiacciato da un lato, il braccio sinistro di Colin intorno alla vita, il destro sotto al cuscino di Jared, quindi sotto la nuca di Jared, che si scostò un minimo, ma era la bocca di Colin quella che stava sprofondando nel suo collo, umida, bollente, come il suo inguine.
Jared evitava volutamente di concretizzare nei suoi sensi quel particolare, davvero scottante.
Saltuariamente lo sbirciava, sotto ai jeans attillati di Colin, dandosi dell’idiota.
Jared aveva una ragazza, un’attrice, ma si erano lasciati, lei lo aveva mollato, lui ci aveva sofferto, ne parlava unicamente con Colin, perché lui la conosceva, gli era simpatica, ma da quel momento perse anche quella minima stima.
“Capitolo chiuso.” – Jared lo disse e non affrontarono più la questione.
Colin gli toglie quel cencio, che gli ruberà, nascondendolo nel trolley, lo custodisce ancora oggi, ma dei suoi boxer non gli interessa, è più magro di lui.
“Levali …” – bofonchia, ma sa di buono, ora lo sta guardando.
“Levali Jay … per favore …”
“Tu non hai la forza di farlo?”
“Io … io non so se tu vuoi …”
“Sei qui con me Cole?”
Annuisce.
E’ imbranato oppure un tantino scemo?
§ Io sono scemo. § riflette Jared, perché Colin è bellissimo ed è pronto, per qualcosa che Jared gli ha chiesto con centinaia di segnali, alcuni espliciti, alcuni velati.
“Dovremmo … usare qualcosa …”
La voce è timida, ma le sue mani esperte.
Colin è capace ad accarezzarlo, dove arriva, con un’eccitante frenesia.
“Li ho … comprati oggi …”
“Perché?”
“Perché cosa Colin?”
“Perché proprio oggi?” – e sorride e Dio quanto è bello, sono carboni quelle due pupille visibili grazie alla candela rimasta accesa.
“Ci speravo.”
“Cazzo”
Ridono, Colin lo mette ovunque, in qualsiasi conversazione, iniziano a fare battute e quelle due solide erezioni, scemano.
“No dico Jay … che siamo bestie?”
“Ma che cavol” – lo bacia.
Colin lo bacia tanto intensamente da fargli provare prima un vuoto nello stomaco, poi un qualcosa di simile ad una propagazione di scintille o schegge, dal cervello alla spina dorsale.
“Ti amo Cole”
Glielo dice, è la verità, prendere o lasciare.
“Ti amo Jay”
E’ sincero, che Jared ci creda o meno.
Lo bacia ancora.
I baci aumentano, ma sono contemplativi e sereni.
“Adesso dormi Jay …”
“Sì … dormiamo.”
“Domani noi …”
“Come scusa Cole?”
“Domani lo facciamo … senza.”
“Senza.”
“Ok.”
“Ok … notte Cole.”
“Buonanotte Jay.”
THE END
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