Capitolo n. 39 - sunrise
La pelle della schiena di Jared era liscia, leggermente dorata, lui non amava il sole, Glam l’aveva imparato.
I suoi jeans sgualciti, abbassatisi involontariamente di qualche millimetro, dopo che si era voltato, riaddormentandosi, rivelavano la mancanza dell’intimo, ma soprattutto quel principio di solco, incastrato in due glutei ancora perfetti.
I suoi piedi, ma anche le caviglie visibili, erano come disegnati ed armoniosi, con il resto del corpo, allungato al fianco di Geffen, che alle sue spalle lo stava scrutando, girato anch’egli sul fianco sinistro, il braccio piegato sotto la testa appesantita dai farmaci e da quel vino, proibito dal medico.
Era fresco, come l’ambiente in cui si stavano riposando, dopo il pranzo e quell’amara chiacchierata sugli ultimi avvenimenti.
Geffen era come stremato, nel non riuscire a vederlo felice.
Pensò a quando l’aveva incontrato la prima volta.
Anzi, di quando ne aveva sentito parlare da Colin, uno dei suoi assistiti più celebri ed incasinati.
“Sai quel ragazzo, l’attore che ha girato con me in Marocco …”
Le frasi di Farrell erano timide, inaspettatamente, lo sguardo basso, così distante dalla sua consueta spavalderia, nel cazzeggiare insieme a Glam sulle reciproche conquiste femminili.
“Non lo conosco Colin.” – replicò l’avvocato, distrattamente.
“Si chiama Jared … Jared Leto, è un cantante, ha un gruppo rock … io … io lo amo Glam.”
“Che stai dicendo? Posa quel Martini.”
Geffen non era scandalizzato, neppure completamente stupito, considerato che Farrell era spesso ubriaco ed abusava di cocaina, quindi poteva anche essere autentica quella rivelazione, se ridotta ai minimi termini: una scopata con un bel giovanotto, semmai una sbandata indolore, che Colin avrebbe superato davanti ad un bel paio di tette, serviva giusto un locale notturno, ma in fondo non erano affari di Glam.
Appunto.
L’irlandese protestò contro la sua apparente superficialità.
Geffen gli rivelò in seguito che al contrario, lui aveva visto ben più di un semplice capriccio, in quel breve racconto da parte di Colin, che per la prima ed unica volta, gli era sembrato innamorato per davvero di un’altra persona.
Quella splendida persona era Jared Joseph Leto: un nome che aveva inciso nelle carni, lo confessò a Glam e che nessuno sarebbe stato in grado di cancellare o guarire.
Come dargli torto?
I fatti diedero ragione a Colin ed aprirono un abisso nell’esistenza di Glam, proprio nell’istante preciso in cui glielo presentò.
Jared possedeva il candore rubato da mani lerce, che anche Glam conosceva: e non aveva peso se sotto forma di abusi sessuali o botte o soprusi psicologici.
La sua mano destra, come mossa da un istinto spontaneo, stava delineando il suo profilo, dalla nuca, alla scapola, ai fianchi sottili, finchè Jared non afferrò quel polso, attirandolo a sé, mormorando qualcosa affondato nel cuscino e permettendo a Geffen di stringerlo, aderendo a lui.
Il legale più pagato di Los Angeles non si era spogliato, ma Jared come un cucciolo ribelle cambiò posizione, voltandosi verso di lui, ancora intontito, le sue labbra nel collo di Glam, le sue dita a scorrere tra bottoni ed asole di quella camicia azzurra, come gli occhi del suo padre in affitto: quando le sue narici si intossicarono del suo buon odore di uomo, le palpebre del cantante divennero fessure, dalle quali sembrarono saettare due schegge rubate a qualche stella caduta nell’oceano poco distante.
Le sue braccia lo avvolsero, la sue guance si alternarono al centro del petto di Glam, come a strofinarsi ed annusarsi: Jared si sentiva a casa, poteva tornare a riposare sereno, nessun demone l’avrebbe portato via.
“Ti amo tanto Glam …”
Glielo doveva dire per forza, gli stava scoppiando nel cuore e Geffen reclinò il capo, arrendendosi ed abbracciandolo a propria volta, soffocato dalla commozione e dalla morsa impetuosa, di cui il suo cuore era divenuto ostaggio per l’ennesima volta.
Cosa diavolo stava ascoltando?
Chris se lo domandò, nel percepire una musica inconsueta, arrivare dalla cucina.
Era lirica.
C’era un profumo allettante, rimescolato alle note de Il trovatore, l’avrebbe scoperto un minuto dopo, quando raggiunse Steven, impegnato ai fornelli.
“Ragù alla bolognese, spero ti piaccia, mia nonna era italiana.”
Il suo sorriso era dolce, il tono educato e naturale, come se vivessero insieme da tempo immemore, mentre invece Chris non sapeva neppure se definirlo un conoscente, ma gli rimescolava troppo i battiti al sangue, per ritenerlo semplicemente tale.
“Ciao dottore … ho poltrito un sacco …”
“In effetti è quasi ora di cena, come vedi …” – e rise solare.
Era bellissimo, anche se aveva una lieve pancetta, Chris poteva intravederla dalla piega del maglioncino in cotone, altro che addominali scolpiti, ma basta con tanta apparenza, si andò a ripetere, nell’avvicinarsi a lui, che gli porse il cucchiaio di legno – “Assaggia e dimmi se è salato per i tuoi gusti.”
“Piano che scotta … soffiaci sopra Christopher.”
Lo fece, ubbidendogli, felice di farlo, se fosse stato un altro, gli avrebbe detto cose sul tipo “ … mica sono scemo, lo vedo che fuma!”, invece Chris si sciolse in quel che sentì un sorriso ebete – “Divino.” – anche quel termine non gli apparteneva del tutto, ma era esaustivo.
“Ora la pasta, ecco … puoi anche usare il tocco francese.”
“Come il tocco …?”
“Così.” – e la spezzò deciso, tra l’indice ed il pollice – “Direi che è perfetta, se ti fidi.”
“Sì … io mi fido di te Steven.”
Violet corse incontro a Colin.
“Papi!!”
Lula la seguì, vedendo che alle spalle dell’attore stava arrivando Kevin.
“Papake!!”
Farrell si girò – “Ehi Kevin, ciao …”
“Ciao Colin, come stai?”
“Bene, voi tutto a posto?”
“Sì, a posto …” – disse pensando a come Colin lo considerasse un’unica persona con Glam, anche in sua assenza.
“Questo campo estivo è davvero attrezzato.” – aggiunse guardandosi intorno, mentre Kevin allacciava le scarpe a Lula, che non amava particolarmente i lacci.
“Papake andiamo a mangiare la pizza??!!”
“D’accordo amore, lo sai che stasera offre papà, visto che ha preso l’auto nuova, senza neppure dircelo!” – e rise, dopo avere inviato un sms al compagno poche ore prima, rivelandogli quanto scoperto per caso, vedendo nella corrispondenza una fattura per il primo tagliando della fuori serie.
Quando Geffen lo lesse, sprofondò nel sedile: Jared era appena sceso, salutandolo con un bacio innocente sulla fronte – “A presto.” – disse prima di sparire nel viale, dove aveva lasciato la bicicletta legata ad una palma.
In realtà non era successo niente tra di loro, a livello fisico, ma questo non giustificava la ripresa di quel frequentarsi eccessivamente intimo.
Si erano negati anche un contatto minimo, un baciarsi più convinto, ne sentivano il bisogno assurdo e totale, ma Jared sapeva quando fermarsi, senza correre l’inutile rischio di mettere Glam in ulteriore difficoltà.
“Squisiti … anche la torta di carciofi Steven … ma sei sceso a fare la spesa?”
“Sì, è stato inevitabile, il tuo frigo gridava vendetta. Ancora un po’ di Chianti?”
“E’ superbo, ma … mi sto ubriacando, temo …”
“Solo euforia, niente di grave.”
“La tua diagnosi è rassicurante … anche il resto di ciò che fai da quando … sei arrivato nella mia vita Steven …”
“Mi lusinga.” – disse, controllando l’ora.
“Devi andare?”
“No, ma aspettavo una telefonata di un collega, che deve essersi perso in sala operatoria.”
“Tu fai anche … cioè gli interventi.”
“Sì sono chirurgo, ma da quando ho cambiato reparto, mi occupo di terapie e rianimazione. Cinque anni di pronto soccorso sono stati deleteri, ero uno straccio.”
“Capisco … una cosa del genere rovina i rapporti …”
“Sì Christopher, diciamo che li logora, vaporizzandoli.” – e rise mesto.
“Era importante?”
“Chi, scusa? …”
“La persona che hai …”
Il medico annuì – “Ho avuto alcune storie serie, una specialmente ed avrei voluto sposarmi, creare una famiglia … Poi ci sono gli egoismi reciproci, non sono un santo, la carriera ti inebria di soddisfazioni, ma ti toglie molto negli affetti ed anche lei … si chiama Janet, lavorava in cardiologia, prima di trasferirsi a Toronto, aveva prospettive allettanti, quindi la nostra convivenza è naufragata miseramente.”
“Mi dispiace Steven …”
“Grazie per la solidarietà … Temo che il tuo mestiere di cantante …”
“Non sono mai stato la rock o pop star con le fan nude nel camerino … sì insomma, io sono gay e neppure i ragazzi a dire il vero … che cazzo sto dicendo ahahahah”
“La verità e ti sono grato, sei bellissimo nella tua purezza. E … devo ammettere che questo Chianti sta tagliando le gambe anche a me, oltre che sciogliere le nostre lingue …” – ed aggrottò la fronte perplesso.
“Facciamo un brindisi?”
“Certo Christopher.” – replicò con una dolcezza ipnotica.
“Al … al nostro domani … con … con più amore possibile …” – balbettò, per poi commuoversi.
“Christopher …”
“Perdonami … è … la sbornia … no, sono lucidissimo …” – ammise, tirando su dal naso, per poi proseguire diretto e limpido – “Mi sono sempre fatto scopare ed usare dagli uomini sbagliati, me ne sono innamorato, perché non ammettevo di farcela da solo ad andare avanti, questo è il mio problema Steven, mancanza di autostima e tendenza all’autodistruzione. E’ che … il mio cuore è intrappolato in questo corpo così imbarazzante …”
Boydon schiuse le labbra, come stupito – “Il tuo corpo è una meraviglia, così le tue fattezze, un simulacro incantevole Christopher … Devi imparare ad accettarti ed a volerti bene, non è complicato come credi.”
“Ho … ho bisogno di qualcuno che me lo insegni allora …”
Steven gli prese delicatamente le mani, restando seduti l’uno di fronte all’altro, divisi da quel tavolo quadrato ed apparecchiato con cura, tra candele accese e stoviglie da lavare – “Sarei onorato di farlo Christopher.”
“Un … un passo alla volta, giusto …?” – domandò malinconico.
“Giusto.”
Nessun commento:
Posta un commento