mercoledì 3 settembre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 9

Capitolo n. 9 – life



Law gli aprì con un sorriso, dopo avere controllato dallo spioncino chi avesse suonato, a quell’ora ormai tarda.

“Rob … Sei tornato”

Aveva bevuto, ma non era ubriaco; non ancora.

“Ciao, scusa per”

“Vieni, entra, non rimanere lì, sei fradicio” – e lo tirò dentro, per un polso, facendogli anche male.

Downey ebbe un fremito, incrociando le braccia sul petto.

“Ti prendo una maglia, le bimbe sono rimaste dal nonno” – sembrò confortarlo, dandogli conferma che mai avrebbe bevuto davanti alle figlie.

“Mi fermo un attimo, non affannarti Jude … Per favore” – ed inspirò, bloccandosi all’ingresso.

Law chiuse lento la blindata.

“Sì … Certo … Glam ti sta aspettando in auto?”

“No”

“Strano, credevo fossi da lui” – continuò sarcastico, fronteggiandolo.

“Infatti c’ero, ma è successo un fatto terribile ed io devo chiederti una cosa”

L’inglese inarcò un sopracciglio, come se subodorasse un tranello.

Il che era assurdo, trattandosi di Robert.

“Ti ascolto” – bissò secco, cercando il bicchiere sul davanzale.

“Smettila di”

“Fatti i cazzi tuoi! Mi molli qui come uno stronzo, torni nel cuore della notte per chissà quale triste o melensa ambasciata e poi pretendi di dirmi cosa fare della mia fottuta vita senza di te, eh Rob??!” – gli urlò dal fondo della stanza.

“La mia ambasciata potrebbe non riguardarti, ma, credimi, lo sto facendo nel tuo interesse Jude” – replicò serio e pacato.

“E nel tuo no?!” – rise mesto, piombando sul parquet, scoordinato nei movimenti.

L’alcol iniziava ad avere effetto.

“Certo, anche nel mio, perché riguarda la nostra salute”

“Che diavolo … I reni, forse?”

“No Jude … Si tratta di Colin e di Kirill, ti ricordi di lui?”

“La marchetta, fuggita a New York con Lux? Quel Kirill?”

“Lui. E’ morto di Aids, di tipo due, il mese scorso, tra le braccia di Vincent, che lo ha accudito sino all’ultimo” – rivelò composto, appoggiandosi al muro, sfinito.

Law si prese il viso tra le mani, ridacchiando.

“Colin più Kirill più Jared … Oddio non penserai che” – e lo puntò, aspro all’improvviso.

“Colin ha avuto una debolezza, per via di Jared e Glam, quindi anche tu avresti potuto avere, con lui, non certo con Kirill, la stessa cosa, visto quanto siete intimi, di che ti stupisci, adesso?!” – sbottò.

“Colin ed io non abbiamo mai fatto sesso” – ribatté brusco, rialzandosi a fatica.

Downey gli si avvicinò.

“Non toccarmi! Torna da quel bastardo, che è quanto ti meriti! Ma LUI è già corso da Jared, VERO ROB?!” – e gli rise in faccia, esasperato ed in lacrime.

“Tu e Colin non avrete fatto sesso, ma ci siete andati molto vicini o la tua mente è troppo annebbiata dal brandy?!”

“E quindi le tue deduzioni avrebbero un fondamento di logica, giusto Holmes??!” – ringhiò – “Sei patetico …” – concluse a mezza voce, afferrandolo poi per un braccio, per farlo uscire, con estrema veemenza.

Downey non glielo impedì.



Il colloquio tra Lux e Farrell fu civile ed anche commovente.

Colin arrivò a consolare il francese, provando la sua stessa frustrazione, al pensiero di perdere Jared, anche se la speranza sulla sua guarigione era solida, trattandosi del virus di tipo uno.

Scott lo aveva ampiamente rassicurato, con l’appoggio di Mason, che avrebbe seguito Leto nel corso di una terapia, molto simile ad un ciclo di chemio.


Era stato infatti scoperto che, proprio un principio attivo utilizzato nel trattamento di alcune leucemie, era idoneo a curare e sconfiggere la fonte del contagio originale.

Jared doveva fare qualche sacrificio in più, come un ricambio di sangue, non rimandabile.

“Come quello che fece Geffen?” – domandò l’irlandese, di nuovo a colloquio con i due specialisti, in presenza di Vincent.

Jim annuì – “Sì, dovrebbe infatti andare in Svizzera, perché è lì che hanno migliorato questo tipo di trattamento, arricchendolo di elementi, capaci di rendere più semplice il percorso successivo, con meno effetti collaterali”

“Sì … Sì, ci andremo subito!” – affermò trepidante l’attore, senza accorgersi di Glam alle sue spalle.

Appena se ne avvide, provò un brivido, percorrergli la spina dorsale.

“Ciao … Non sapevo tu fossi qui …”

“Ho portato io Vincent” – gli disse lui asciutto, senza muoversi.

“Quindi sai cosa ci è capitato, avrai anche già visto Jay” – proseguì l’irlandese, ugualmente incolore e teso.

“Sì, ci sono appena stato e lo accompagnerò alla clinica, di cui stava parlando Jim, con il mio jet privato: decolliamo tra un’ora”

“Da quando tu hai? …” – Colin strizzò le palpebre, ossigenandosi, dilatando le narici, per poi ripuntarlo greve – “Ok, tu hai deciso questo in base a cosa?”

Sembrava un duello, senza esclusioni di colpi, dalle conseguenze inattese.

“Ho deciso in base al semplice fatto che tu gli hai fatto sempre del male ed ora gli hai rovinato la vita, nel peggiore dei modi, per la tua incapacità di rimanergli fedele!”

Farrell rise stranito – “Cazzo, tu … Glam, tu non immagini che pochi giorni fa, ho persino provato a convincere Jared a perdonarti, a fare un passo indietro, nonostante avessimo entrambi appoggiato Kevin, contro di te”

“La tua generosità mi spezza il cuore” – e fece un passo avanti.

Mason e Scott lo imitarono.

“La sfida all’O.K. Corral andate a farla da un’altra parte” – si intromise duro l’oncologo – “Qui ci sono persone malate e questioni più urgenti a cui provvedere!”

“Jared è mio marito, è il padre dei miei figli ed io non mi perdonerò mai di avere avuto una leggerezza così grave, da mettere in pericolo la sua salute, ma mai permetterò a TE od ad altri di avere cura di lui, hai capito, razza di stronzo?!!” – e gli volò addosso, provando a sferrare un pugno, che colpì il vuoto.

Geffen lo cinturò, strattonandolo contro alla parete, impedendogli di divincolarsi, anche per una disparità di forze assai notevole.

Lux si mise in mezzo, imprecando – “Ma siete impazziti??!!” – gridò, aiutato poi dal resto degli amici a sedare quell’ira incontenibile e reciproca.

“Stai lontano da lui, non ti permettere Glam, NON FARLO ALTRIMENTI TI AMMAZZO CON QUESTE MANI!!”

Farrell era fuori di sé, ma Glam non era da meno.

Nessuno dei presenti riuscì a trattenerli ed appena si riavvicinarono abbastanza, scoppiò una zuffa piuttosto animata, dapprima da insulti, poi da un rispettivo pianto, così simile, da confondere i loro ansiti.

Stremati, dal timore di perdere Jay e non tanto dalle botte superficiali ed inutili, si strinsero come mai prima di quel momento, che avrebbero cancellato volentieri dalle loro memorie.

“Io … io non ci vivo senza di lui” – balbettò Farrell, devastato.

Geffen gli diede una carezza, con la tipica gestualità compassionevole di Lula – “Non accadrà … Te lo giuro Colin” – poi tirò su dal naso, in maniera infantile – “Ce li hai i passaporti?”

“No … Cioè forse in macchina, sì ci sono, volevamo fare un viaggio con Jay” – disse smarrito.

“Ok, passiamo alla End House e recuperiamo il necessario, però prima devo chiamare Robert … Assolutamente.”



Zayn si accasciò, sfinito, sul busto di Liam, che lo accolse gemendo quanto lui, per essere venuti nello stesso momento.

“Anima mia …” – sussurrò il vulcanologo, ammirandolo con infinita tenerezza.

Scopare in quel modo lo turbava ancora, lo destabilizzava, lui, che in ogni circostanza si dimostrava maturo e consapevole.

Per Malik era diverso.

Esprimere voglie, fantasie, capricci, a letto o sopra il tavolo della cucina, come appena arrivati nel loft, che avevano preso in affitto, senza neppure arredarlo completamente, significava essere accettati dal proprio amico, complice, amante.

Pensare a Payne come fidanzato, un po’ lo urtava: sapeva di cappio e lui di responsabilità ed impegni, ne aveva già assunti a sufficienza con la famiglia, il padre e l’università.

George Malik sarebbe arrivato presto a Los Angeles e la proposta di una collaborazione ai nuovi scavi in Egitto, era una prospettiva allettante, ma anche tenuta segreta a Liam, fuori dai giochi, per altre imprese di monitoraggio, probabilmente in Asia.

La distanza, forse, non avrebbe giovato al loro rapporto, però era presto per discuterne: meglio spiare i biglietti per la crociera in Norvegia ed i suoi splendidi fiordi, dono dell’archeologo, per i successi di Zayn negli studi e non solo.

Malik senior aveva dato la benedizione al legame con Payne.

Come se fosse una cosa seria.



Lux si era sbarbato ed aveva preparato una cena di mezzanotte, dopo avere salutato la governante, in partenza per le ferie, come il resto dei suoi collaboratori domestici.

Solitamente a luglio l’affarista sigillava la residenza californiana, per trascorrere gran parte dell’estate in Provenza e Costa Azzurra, ma i piani imminenti erano a zero, così l’appetito.

La bistecca al sangue e le patate di contorno sembravano chiamarlo idealmente ad accomodarsi, ma il campanello lo distrasse.

Era Louis.

“Ciao Vincent so che vorresti stare in pace e che io sono l’ultimo coglione che” – disse d’un fiato, interrotto dalla morsa dei bicipiti di Lux, che lo catturò solerte.

“Mon petit entra, sta diluviando!”

E Boo stava piangendo.

“Scusami … Io non so cosa … E’ che sbaglio sempre e sono talmente inutile”

“Cosa avete mangiato tutti a colazione oggi, eh?” – provò a scherzare, tamponandogli la chioma ribelle, con un asciugamano.

“Ho litigato con Harry”

“Per Zayn?”

“No, lui non centra con i miei errori …”

“Ma quali errori piccolo?” – gli sorrise affettuoso.

“Posso rimanere? Solo una notte, promesso”

Era bellissimo.

Spettinato, gli occhi grandi, da cerbiatto impaurito.

Lasciarsi andare sarebbe stato così facile.
Inevitabile.

Solo che Vincent camminava con la morte dentro: così aveva pensato, nel momento in cui apprese di essere portatore sano del virus, che gli aveva ucciso Kirill.

Nemmeno un miracolo avrebbe salvato chi, malauguratamente, fosse rimasto contagiato da lui.

Nemmeno un miracolo.










Nessun commento:

Posta un commento