sabato 6 settembre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 12

Capitolo n. 12 – life



Harry posò le chiavi nell’ingresso, notando le risate di Petra, provenire dalla loro camera, dove Louis, con il sorriso più forzato, ma bello del mondo, le stava chiudendo il mini trolley rosa fucsia, dicendole che sarebbe stato un viaggio meraviglioso.

“Sì, con i miei due papà! Non vedo l’ora!” – esclamò entusiasta la bimba, saltellando per la stanza.

Styles si avvicinò, fermandosi solo quando le iridi di Boo lo investirono, spoglie della gioia di un istante prima.

“Io ti amo Louis” – disse come se galleggiasse in un vuoto alienante, pallido in volto, così diverso da quel fotogramma, fisso nella mente del compagno, dove invece era completamente rapito dall’orgasmo, che Niall gli stava procurando, senza alcun rimorso.




Laurie sapeva quanto nuocesse al suo fegato, l’assunzione di quel farmaco, per annullare i dolori alla gamba, ma non gliene importava un bel niente, dal momento che stava facendo l’amore a Jim così bene, da non ricordarsi quale fosse stata l’ultima volta altrettanto speciale.

“Hugh … non … non dovresti”

“Tu stai sotto e taci, io sto sopra e parlo, quindi … taci” – gli disse sorridendo, aumentando il ritmo, aprendolo il più possibile a sé, come entrambi volevano.

Spasmodicamente.

Si baciarono febbrili, venendo insieme, Hugh tra le gambe di Jim e Jim nel palmo destro del consorte.

“Anima mia … anima mia” – gli ripeteva Laurie, inebriato e felice.

Mason si morse la lingua, pronto a chiedergli per l’ennesima volta se stava bene.

“Sì, sto bene Jim … Io sto bene e sono così felice che ti preoccupi per me” – gli disse dolce l’analista, anticipandolo e facendolo ridere lieve, mentre si giravano su di un fianco, ancora intersecati.

“Ti amo zuccone …”

“Lo so … E ti voglio ancora”

“Hugh …”

“Jim!” – gli fece il verso, da simpatica ed inguaribile canaglia, quale era.

Mason iniziò ad accarezzarlo, per tutta la sua rinnovata erezione.

“Visto, non mentivo …” – gli gemette nel collo Laurie, aggrappandosi a lui, come raramente accadeva.

Era bello rifugiarsi in Jim, nel suo candore innato, nella sua integrità purissima.

Si toccarono a vicenda, come le prime volte in auto, incapaci di trattenersi sino all’appartamento, che dividevano, comportandosi spesso da vecchi orsi brontoloni ed acidi, mentre al contrario erano giovani e promettenti specialisti in carriera.

Si amavano già così tanto da non crederci.

Laurie specialmente, così allergico alle relazioni stabili, alle sicurezze, che stranamente lo destabilizzavano od irritavano, inesorabilmente.

Per Mason, però, sarebbe morto.
Ogni giorno della sua vita.




Robert si diresse al davanzale, dove aveva lasciato un mazzo di fiori da sistemare in un vaso, dai colori tenui.

“Dio appassiranno, se non li metto subito in acqua”

“Ok Rob, non agitarti, dammi, la prendo io dal bagno”

“No, no faccio io” – ed il contenitore, sospeso tra le loro mani incerte e nervose, cadde rovinosamente, andando in pezzi.

“Cristo, ma che ho fatto!” – esclamò l’attore, esasperato nel tono e quasi in lacrime, mentre si inginocchiava svelto, a raccogliere quei cocci, nel vano tentativo di rimetterli a posto.

Geffen strinse i pugni, poi, senza indugiare oltre, si piegò verso Downey, raccogliendolo come se fosse fatto di carta.

“Tesoro non agitarti, non è nulla, solo una vecchia cianfrusaglia che”

“Come me, Glam?!” – lo fissò brusco, ormai in piedi di fronte a lui.

L’avvocato prese fiato, senza mollare la presa sulle braccia nude dell’altro.

“No. No, tu non sei una vecchia cianfrusaglia Robert”

Fu come lo disse, che ammutolì l’artista.

“Tu sei l’uomo che io voglio sposare e questa volta lo farò, se lo vorrai, senza tirarti indietro” – e gli porse le fedi, che teneva nella tasca dei pantaloni, dalla mattina almeno.

“Glam”

“Glam cosa? Glam, sì, lo voglio? So che non è semplice, però i documenti per il divorzio saranno pronti appena darai il tuo assenso e dopo una settimana diventerai mio marito: hai questi giorni per rifletterci Robert, durante il nostro viaggio in Svizzera, per curare Jared”

“Nostro …”

“Certo, tu verrai con me, avevi dei dubbi?” – bissò deciso, attirandolo a sé per un bacio profondo ed assoluto.

Perché lui era Glam Geffen.
Ed era tornato.


Somigliava ad una cantilena, che Matt ripeteva, rannicchiato e ciondolante, sulla poltrona della sua camera, alla clinica Mayer.

Anche Matt Miller era tornato, dopo un lungo soggiorno a Parigi, insieme al fidanzato Mark, l’infermiere che si era occupato di lui, già ai tempi del ricovero alla casa di cura/prigione, dove il giovane venne praticamente rinchiuso, dopo i fatti di Haiti, ma, soprattutto, l’aggressione a Geffen e Lula.

Considerato persona pericolosa ed inaffidabile, la diagnosi sulla sua doppia personalità lo condannò inesorabilmente ad un isolamento, dal quale venne liberato da Glam stesso, che gli offrì un’ultima chance.

Andarsene, per giunta con un nuovo amore: Mark.

Mark che non aveva avuto alternative, dopo un periodo piuttosto tranquillo, durante il quale Matt dava segni di miglioramenti e lo spettro di Alexander stentava sempre più a manifestarsi.

Fu un’illusione: sul finire della primavera, ricominciarono le crisi, sempre più gravi e pericolose.

Mark venne aggredito e solo la sua presenza di spirito, impedì a Matt di accoltellarlo.

L’uomo non sporse denuncia, ma riportò immediatamente l’ex dentista in patria, imbottendolo di psicofarmaci.

Matt appena vide Geffen in tv, sembrò esaltarsi ed iniziò a ripetere la frase finale di quell’intervista rilasciata dal legale dei vip, nuovamente sulla cresta dell’onda ed ignaro del suo ritorno a Los Angeles.

Adesso, nel suo loculo, come lo definiva egli stesso, Matt Miller era inebetito dalle medicine, smagrito e nevrotico, schiavo di incubi ed allucinazioni.

L’amore per Mark sembrava essere svanito; così come avrebbe voluto fare anche questi, mentre sorseggiava un cognac, al bancone del Dark Blue.


“Un altro, grazie” – chiese gentile a Brent, che lo stava studiando da un po’.

Mark Ruffalo era un bel tipo.

“Magari qualcosa da mangiare?” – propose il ragazzo, sorridendo.

“No, solo cibi liquidi” – scherzò lui, con un sorriso persino tenero, nonostante fosse in uno stato di evidente angoscia.

“D’accordo, un secondo giro, offre la casa”

“Ti ringrazio … Fate così con i nuovi clienti?”

“Sì, può darsi” – Brent rise, rispondendo poi ad una chiamata di Brendan.


“Me la dai una cola? Grazie”

Niall entrò trafelato, chiedendo la bibita ed accomodandosi sullo sgabello accanto allo sconosciuto, nuovamente con il bicchiere vuoto.

Ruffalo si strofinò la faccia – “Ehi, una cola per il biondino, offro io”

Era un po’ brillo, non si sarebbe mai rivolto in quel modo a nessuno.

“Faccio da solo, grazie” – sbottò Niall, infastidito, anche se il tizio aveva un buon dopo barba ed era vestito elegante, nella sua t-shirt nera aderente ed i pantaloni griffati.

“Scusa, volevo solo”

“Non mi va di bere con te, non so chi sei e se vuoi abbordare qualcuno, cambia locale!”

Mark lo scrutò perplesso, poi scoppiò a ridere.

“No, dico, ma per chi mi hai preso? Potrei essere tuo padre, peraltro” – affermò più lucido.

Niall si rialzò – “Vado alle macchinette qui fuori, che è meglio” – ed imprecando piano, uscì all’aperto, sotto il portico, dove i led dei distributori, lampeggiavano di  azzurro e di viola.

Ruffalo lo seguì, dopo avere lasciato venti dollari a Brent, basito per l’ingente mancia.





“Voglio dimettermi … La commissione mi sta ancora addosso”

Mason lo disse, senza guardare Hugh, restando abbracciato a lui, sotto la sua ala protettiva.

Laurie puntava il soffitto – “Per Geffen? Ancora questa storia?”

Il cellulare dello psicologo si illuminò.

“Lupus in fabula!” – esclamò, sollevandosi dal cuscino, per rispondere a Glam.

La notizia della proposta a Downey, lo fece ridacchiare.

“E quindi?”

“Quindi cosa doc? Se mi avesse risposto subito di sì, sarebbe stato un buon segno, no?”

“Dio Glam, ti sei sposato mezzo mondo e l’altro mezzo te lo sei portato a letto e vieni a chiedere a me di strategie di corteggiamento ed affini!” – lo canzonò, baciando il polso sinistro di Jim, sorridendogli con le iridi accese su di lui ed il suo respiro amorevole.

“No, questo no, però ho voluto prendere tempo, dandogli del tempo, sono il solito codardo …” – replicò amareggiato.

“Ma no, è stata una scelta logica, diciamo educata, proprio tutto il contrario di quanto ci si aspetterebbe da uno come te” – e fece una smorfia, scimmiottando a bassissima voce la ormai mitica frase “Io sono Glam Geffen e sono tornato!” – facendo ridere di gusto Mason, come se fossero dei veri monelli.

“Già sono tutto fumo e niente arrosto …” – proseguì lui, un po’ svilito.

“No, no, quando ti impegni, sei fantastico, come ad incasinare la vita del mio ragazzo, con quelle teste d’uovo dei suoi dirigenti interni”

“Cosa vuoi dire Hugh, di che blateri adesso?”

“Ehm niente Glam … E’ che se tu non fossi risuscitato come Lazzaro, quei coglioni non penserebbero che Jim è diventato una sorta di stregone, con la pozione magica nascosta in saccoccia, da vendere a qualche colosso farmaceutico, per poi fuggire nei mari del sud, come se nulla fosse!”

Geffen inspirò greve – “Ah, di questo si tratta … Bene, ci penserò io, non preoccuparti e dì a Jim che risolverò la cosa prima di partire. Mi basterà una telefonata” – ribatté serio.

“Quando fai così mi spaventi” – e per poco non gli partì una pernacchia, che Mason fece morire sul nascere, con un bacio bellissimo.

Glam aveva già riattaccato.


“Chissà di che cosa stava parlando …?” – bofonchiò Laurie, dopo avere informato il consorte, sulla risolutezza di Geffen a tirarlo fuori da quel pasticcio.

“La nuova ala pediatrica: mancano tutte le attrezzature, ecco di che stava parlando”

“Paga lui il conto?”

“Ovvio che sì Hugh … E’ un benefattore, non scordiamocelo mai”

“Noi per primi” – concluse Laurie, prendendo una foto di Nasir da sopra il comodino, dove il baby control rimandava le sue risatine allegre, mentre il figlio guardava i cartoni, appena sveglio dopo il sonnellino post pranzo.

“Oggi vi porto al luna park, che ne pensi Jim?” – propose saltando giù dal loro giaciglio sfatto.

“Abbiamo il pomeriggio libero, sfruttiamolo al meglio, sono con te, sempre” – l’oncologo si unì a lui, dritto in piedi sulle proprie gambe, anche se per poco tempo, senza l’ausilio del bastone.

Andava bene così.
Anche così.









Nessun commento:

Posta un commento