Capitolo n. 11 – life
Alla sua Aston
Martin, il dottor Laurie, non avrebbe mai rinunciato.
Così a come
sfrecciare sulla costa, mentre accompagnava al Dark Blue il suo Brent.
Tamburellando sul
volante, sorrideva ai passanti, che storcevano il naso al volume della musica,
che esplodeva fuori le casse del suo impianto stereo.
Brent, rosso
peperone, sbirciava un cd datato.
“Ma chi sarebbe
questo capellone?”
“Un cantante
italiano, roba anni ottanta o forse prima” – rispose distratto dal traffico lo
psicologo – “Bel ritmo, vero Brent?!” -
e sterzò sgommando verso il piazzale del ristorante, ormai affermatosi con una
buona clientela, tra l’aspra concorrenza losangelina.
I due si stupirono
nel vedere appollaiato Louis, sopra al muretto, ad aspettarli.
“Fratellino!” – Brent
gli corse incontro, radioso nel ritrovarselo lì.
Brendan lo salutò,
con una pacca – “Ehi come butta?” – ed intanto ballava, dimenandosi a modo suo,
anche per scaricare lo stress, come insegnava a tutti coloro i quali gli
contestavano la sua poco professionale abitudine.
“Ciao Brent, posso
parlarti?” – domandò Boo piuttosto serio.
“Ok, dai entriamo,
tanto devo aprire … Brendan pensi tu alle saracinesche ed ai bidoni della
spazzatura?”
“Ok provvedo!” –
replicò togliendosi la giacca, non senza piroettare tra il bancone del bar ed i
tavolini, con le relative sedie capovolte sopra, tutte da sistemare – “Penso io
anche a queste piccolo, voi parlate” – e rise, allacciandosi un grembiule nero.
Louis lo osservò in
quelle manovre, inarcando un sopracciglio.
“Ma sta peggiorando?”
– bisbigliò all’ex capitano.
“Ovvio che sì, ma non
lo vedi?” – e sorrise innamorato – “Per questo lo amo così tanto.”
Geffen impostò la
curva scalando le marce a mano.
“Odio l’automatico”
“Sì lo so daddy …”
Geffen lo sbirciò,
rasserenato dal fatto che Kevin non aveva mai smesso di chiamarlo in quel modo,
così affettuoso, anche se adesso appariva incolore e distante.
“Ci fermiamo in un
posto, ti lavi, metti dei vestiti puliti e poi ti riaccompagno da Tim, ok?” –
gli propose con aria serena.
L’ex sbuffò, teso –
“In un posto? Uno dei tuoi pied a terre, forse?”
“No, è solo un … Un
cottage, uso foresteria, dello studio insomma”
“Ecco, appunto, come
dicevo io” – e rise svogliato, appoggiando la tempia destra al poggia testa
ergonomico del sedile.
“Senti Kevin”
“Scopiamo e poi mi
riporti a casa da mio marito? Quello che TU hai scelto per me, così come avevi scelto
Lula e poi che cosa, vediamo” – incalzò polemico, come se la rabbia gli fosse
riesplosa tutta di colpo nel cuore e nello stomaco.
Geffen accostò, con
estrema calma, girandosi poi a suo favore, per fissarlo, senza alcuna veemenza.
Le sue parole, invece,
furono un vero e proprio sfogo.
“Kevin stammi a
sentire, io sono stufo marcio di sentirmi incolpato per cose che non ho fatto o
deciso: ti sei innamorato di Lula al primo sguardo, così di Tim, hai lottato
per averlo nella tua vita, lo hai sposato, certo con la mia benedizione e
quella di nostro figlio, che era anche del tuo nuovo marito o sbaglio? Perché
se sbaglio qualcosa, tu devi dirmelo
ora oppure darci un taglio e per sempre!”
Kevin lo stava
scrutando, il corpo rigido, la testa vuota, anche per il dopo sbornia.
“Noi … Noi volevamo
un bimbo tutto nostro prima che …” – e gli si spezzò la voce.
“Lo so tesoro, io
questo lo so e lo sapeva anche soldino e nulla è perduto, se solo tu lasciassi
posto all’amore, che hai dispensato generoso in questi anni, dando un bel
calcio a questo risentimento, che ti porti appresso, come una zavorra, ormai
ingestibile”
Kevin annuì – “Guarda
come mi sono ridotto …”
“Per colpa mia, ok?
Dallo a me questo peso, posso sopportarlo, perché ti amerò sino alla fine dei
giorni, perché tu sei importante, ma non guardarti più indietro, ricomponi i
pezzi di questo disastro e riprenditi Tim, prima che sia troppo tardi”
“Inizierò pelando
patate e poi perfezionerò le mie doti culinarie”
Louis sembrava così
convinto di quel discorso, che Brent non ebbe esitazione a credere ad una nuova
prospettiva, che, però, precludeva quella principale.
“Ma i tuoi studi Boo,
la tua laurea, manca così poco”
“Fanculo
Paleontologia, non me ne importa un cazzo” – bissò sconsolato.
“Tu sei socio di
questo posto, ci hai messo dei soldi, ne hai pieno diritto a farne parte, ma in
una posizione diciamo dirigenziale …”
“Non ne ho la
preparazione: dovrei sovraintendere a chi, a cosa? Non so fare un fico secco
Brent, per cui devo iniziare dal basso, sorbendomi la mia bella dose di
gavetta”
“In effetti …”
“Tu sarai il mio
capo”
“Veramente in cucina
abbiamo uno chef ed un aiuto …”
“Allora io sarò
l’aiuto dell’aiuto, che ne pensi?” – e sorrise solare.
“D’accordo … Noi
chiudiamo lunedì, per la pausa estiva, solo una settimana, ci alterniamo al
ristorante all’angolo come turno, quindi se ne riparla il primo agosto”
“Ok perfetto, devo
solo anticipare il viaggio alle Hawaii con Harry e Petra, nessun problema, ora
corro a dirglielo”
Gli occhi di Niall,
sembravano dilatarsi, in quella visione dall’alto verso il basso, tra le
proprie gambe, che Harry aveva di lui, mentre il ragazzino lo stava facendo
venire con la bocca, inginocchiato sul parquet dell’ufficio, scricchiolante,
come la sua esistenza ormai.
“Mio … mioddio Niall
…” – ansimò, la camicia aperta sul busto tatuato e vibrante, i pantaloni
calati, così i boxer, sui mocassini di marca.
Il biondino era
completamente vestito, dalla vita in giù, su infradito comprate al discount,
mentre la sua t-shirt era volata sulla poltrona di Styles, dopo che l’avvocato
gliela aveva sfilata, in un moto di foga, desiderio, delusione, dopo l’ennesima
lite con Louis.
Louis che era appena
entrato, chiedendo permesso, senza finire la frase, spettatore di quella scena
inattesa.
O forse no.
Deglutì a vuoto,
scontrandosi con gli smeraldi di Haz, liquefatti, prima dall’estasi e poi
dall’imbarazzo.
Niall si coprì le
labbra, con il palmo sinistro, il fiato corto, il volto quasi viola.
“Ecco sì, bravo,
pulisciti bene …” – disse in un soffio Tomlinson – “E tu rivestiti, sei
ridicolo, volgare ed inguardabile” – riprese un minimo di tono, rimanendo
immobile.
“Boo …”
“Boo ora torna al
loft e prepara i bagagli: decolliamo stasera per il resort, vedi di essere
puntuale, il taxi passa alle otto e trenta, se vuoi unirti a me ed a Petra”
“Louis ascoltami, è
la prima volta che” – Niall lo disse rialzandosi, agitato e tremante.
“In quanto a te,
Niall, se ti ritrovo al nostro ritorno, con o senza Harry, ti spacco quel bel
faccino da angelo, che non sei, credimi!” – e se ne andò, sbattendo la porta e
lasciandoli lì, allibiti e sconvolti.
Colin abbracciò
Robert, dopo essere entrato nel living di Palm Springs.
“E Jared?”
“E’ in ospedale, un
po’ debole, preferiscono trasportarlo con l’ambulanza sino al jet di Glam; ora
c’è Shannon con lui … Vieni con noi, vero?” – chiese fiducioso.
“Hai … Hai più
sentito Jude?”
“In auto, mentre Vas
mi portava qui, l’ho chiamato … Era a casa, con le bimbe” - rivelò con
emozione.
Farrell aveva la
barba di due giorni, ma si stava riprendendo.
“Ok …”
“Non mi hai risposto
Rob” – e gli sorrise, gli occhi lucidi.
Downey crollò sulla
poltrona – “Io credevo di sapere molte cose” – sorrise adorabile, alla vista di
Geffen, che era appena giunto in veranda.
“Jude è in pensiero
per te, mi ha detto che avete discusso, però lui non era in sé”
“Non lo è mai, quando
si tratta di noi” – l’attore scosse il capo.
Glam si palesò.
“Papi!!”
Peter arrivò giù
dalle scale, sorprendendo l’irlandese.
“Ehi ciao, tu sei un
altro amico del mio papà?!” – chiese fermandosi davanti a Farrell, mentre
Geffen lo sollevava con gioia.
“Sì … Ma tu chi sei
amore?”
“Pepe! Ehm Peter …”
“E’ una lunga storia
Colin …”
“Ah Colin, che ha
sposato Jared!” – intervenne il cucciolo, rammentandosi le fotografie di
quell’album, che Glam gli aveva mostrato, dopo non poche insistenze.
“Sì sono io” – e
sorrise intenerendosi, sino a prenderlo sul petto.
“C’è anche Jared?”
“No Peter, Jay non si
sente bene”
“Ha la bua?”
“Purtroppo sì …
Comunque guarirà presto, vero Glam?” – e puntò il legale, che stava ancora
guardando Robert.
“Noi faremo il
possibile per aiutarlo”
“Siete in partenza?
Per dove …?” – domandò Downey, compostamente.
Geffen lo prese per
le mani – “Volevo parlarti di questo Rob, hai ricevuto il mio messaggio?”
Il moro annuì, per
poi seguirlo al piano di sopra.
“Colin giocheresti un
po’ con Peter, mentre noi”
“Sì Glam, tranquilli,
noi ce la caveremo, giusto Pepe?”
“Giusto!” – esclamò
lui, facendo l’occhiolino a Robert, che non aveva la stessa certezza.
Non più.
EMMETT J. SCANLAN IS BRENDAN LAURIE :)
Nessun commento:
Posta un commento