Capitolo
n. 20 – life
Le
pesche sulla mensola della nursery, Peter sul tappeto musicale, assecondato da
Colin e Tomo, mentre Shan mostrava al bimbo, divertito da quegli adulti mai
cresciuti, come si usava la batteria in miniatura, a disposizione tra i
numerosi giochi.
Geffen
guardava la scena, fermo sulla soglia.
Contemplava
quel frammento di serenità, come se non fosse successo niente di male.
A
nessuno.
Lula
non era morto, Jared non era malato, Kirill era ancora vivo a New York, tra le
braccia di Vincent.
Sarebbe stato bello.
Invece
era tutto il contrario.
Tranne
quella scena, ad un paio di metri da lui, il cui cuore galleggiava in un oceano
di sensazioni, contrastanti e pure.
Prese
il telefono, digitò un numero a memoria e chiuse la porta, spostandosi nel
corridoio, verso le finestre.
Là
fuori le vette stavano immobili, non potevano fare altro.
Lui,
al contrario, poteva tutto.
“Sì,
pronto”
La
voce di Downey era stupita, perché il nome di Glam, associato ad un suo primo
piano sorridente, che risaltava, come i suoi occhi, sulla camicia blu cobalto,
dallo schermo del suo portatile, lo avevano fatto sobbalzare, mentre consumava
un pasto leggero, nel suo alloggio disadorno.
“Robert
io ti amo”
Gli
disse solo questo, poi riattaccò, dopo una breve pausa di reciproco silenzio,
facendo un respiro profondo.
Fermi
in auto, fuori la pioggia.
Mark
ripiegò il referto, sereno in volto.
“Una
semplice infiammazione muscolare”
“Causata
dal vaccino, per le mie allergie primaverili, lo so” – Niall sbuffò – “Se me ne
fossi ricordato, c’era anche scritto tra gli effetti collaterali”
Ruffalo
lo abbracciò – “Fa niente, ora siamo più tranquilli” – lo rassicurò.
“Dormiremo
meglio stanotte” – rise – “Non so dove … Io non ci torno dal mio socio, ormai
la sua ragazza si sarà sistemata e vorranno rimanere soli”
“Già
… Anch’io non ho molto da offrirti, sto cercando casa: l’università mi ha dato
una stanza all’ostello, per cui … Comunque ho visto un paio di posticini
interessanti”
“Davvero?”
– replicò un po’ teso, giocherellando con un portachiavi.
“Domani
ho giusto un appuntamento con il tizio dell’agenzia …” – ed anche Ruffalo
scrutò il buio, frammentato dalla pioggia sul parabrezza.
“In
università, una stanza, come mai?”
“Mi
hanno offerto un lavoro lì”
“Credevo
andassi alla Foster”
“Anche
in clinica ho un contratto da firmare, però la cattedra di Psichiatria generale
mi lusinga un po’ di più … Sì, insomma”
“Potremmo
vederci tutti i giorni” – lo interruppe Niall, sorridendo limpido.
“Io
speravo anche tutte le notti” – ribatté avvampando l’uomo.
Il
ragazzino gli volò tra le braccia, tremando – “Mi vuoi davvero così tanto nella
tua vita, Mark?”
Si
guardarono, intensi e sul punto di commuoversi entrambi, per quanto erano
emozionati.
Ruffalo
annuì, spargendo poi baci a scatto, ovunque sul visino di Horan, che gli sembrò
ancora più tenero, nella sua disarmante innocenza.
“Vieni
a vivere con me Niall … Vieni con me” – gli mormorò nel collo, sulla bocca,
sprofondandoci nuovamente, in crisi di ossigeno.
Quel
bacio, divenne il sì migliore, che
Mark potesse ambire.
Il
dottor Fisher gli passò gli indumenti sterili, con un sorriso.
“La
sua ripresa, Mr. Geffen, ha dell’incredibile, sa?”
“Me
lo dicono tutti …”
“Sembra
persino più giovane, ma come ha fatto?”
“E’
stato un miracolo … Le persone che mi amavano, hanno pregato molto” – rispose distratto
dalla visione di Jared, profondamente addormentato.
“Mr.
Leto ha quasi terminato il ciclo: il sangue, che ora ha in circolo, è nuovo e
sano, nonché arricchito di elementi barriera, contro il virus” – spiegò serio.
“Come
lo debellerete?”
“Ci
penserà Mason, con il protocollo previsto per l’Aids di tipo uno: finora ha
dato ottimi risultati, con una percentuale del novantotto per cento di
guarigioni”
“Ed
il due per cento, come mai non ce l’ha fatta?” – chiese inquieto.
“Organismi
deboli … Compromessi da malattie pregresse, magari curate superficialmente … Ma
Mr. Leto”
“Si,
lui ce la farà” – bissò secco Geffen fissandolo – “Ora mi scusi, ma devo andare
da Jared.
La
bocca era come un fiore.
La
bocca di Zayn, lo era.
Schiusa
e umida di rugiada.
Quella
che stillò dal corpo di Liam, dal suo sesso turgido e vibrante nel suo palmo,
tra le sue dita madide.
Confinati
in un angolo, poco distante dal letto, il sembiante di Malik, seduto ed addossato
alla tappezzeria da rimuovere e quello di Payne, inginocchiato e proteso verso
il compagno, ansante ed avido di ulteriori attenzioni.
Liam
ansimò qualche parola, che Zayn non comprese bene.
Il
primo si alzò, dirigendosi verso il bagno – “Dammi un secondo … Mi … mi stai
distruggendo Zee”
Malik
ridacchiò, anche per quel nomignolo, che Liam aveva preso ad usare da qualche
giorno.
Liam
che frugò velocemente in un sacchetto, una custodia per rasoi, praticamente
nascosta tra la biancheria, nello scomparto più alto, dell’armadio a muro.
Ne
estrasse una boccetta di polverina bianca.
Gli
bastò una pista, per riprendere forze
e grinta.
Quella che gli era sempre
mancata, nella vita.
Le
sue mani si posarono sul suo braccio sinistro, con delicatezza.
“Glam
…”
Anche
ad occhi chiusi, Jared era in grado di riconoscere quel tocco.
Era
ampio, caldo, confortevole.
Era
il padre, che lui voleva ancora.
“Ciao
piccolo, non stancarti”
Cinquant’anni,
ma, per Geffen, era sempre un bambino, quel Jared Joseph Leto, capace di
spezzargli il cuore.
Un cuore di carta.
Il
cantante inclinò il capo, verso di lui, così lo sguardo.
“Sei
ancora arrabbiato con me?” – e gli sorrise lieve.
“No,
tesoro, solo con me stesso e tu questo lo sai” – inspirò – “E’ difficile
ingannarti”
“Tu
non l’hai mai fatto Glam …” – respirava a fatica.
“Ora
devi rilassarti e”
“No,
no, devo dirti una cosa … Ci pensavo all’alba … Ho capito che era di nuovo
giorno” – esitò, volgendosi verso le vetrate, per guardare la splendida
giornata di sole all’esterno della clinica.
Quindi
tornò ad osservare Geffen.
“Noi
vedi, commettiamo un errore fondamentale … Noi deboli, intendo, ma non voglio
essere commiserato …”
“Non
sono qui per questo, Jay” – sorrise triste.
“Dicevo
che … io con Colin ho … ho fatto tanti sbagli e lui mi ha ricambiato procurandomi
spesso un dolore ingestibile, finché non veniva metabolizzato da … da questo
idiota, a cui tu, ora, tieni la mano”
“Tu
lo ami, non serve altro ad ognuno di noi, per accettare chi si desidera
veramente e tu vuoi Colin, lo vuoi da tutta una vita … E non è un errore Jared,
non pensarlo nemmeno”
“Voglio
chi mi fa male, come se avesse lasciato un segno ed è … come un’ossessione Glam
… Chi mi ha fatto del bene, invece, è come se non esistesse, come se … fosse
dato per scontato …”
“E
quando se ne va, allora te ne accorgi” – rise malinconico – “Oh sì, conosco
questa storia, l’ho vissuta con Kevin, se ho capito il tuo discorso … Il tuo
dilemma” – sospirò pacato.
“Ti
amo Glam”
“Lo
so”
“Allora
come mai non riesco a” – tossì.
“Stai
un po’ zitto” – Geffen sorrise – “Stai un po’ zitto …” – volle ripeterlo, quasi
impercettibile, scendendo a baciargli il polso, da dietro la mascherina
sterile.
Jared
si era assopito di nuovo.
Un
ticchettio attirò l’attenzione di Glam.
Era
Pepe, oltre il vetro, che stava bussando leggero, in braccio a Colin, che gli
stava sorridendo con gratitudine.
Di
lì a poco sopraggiunsero Kevin e Tim, che accolsero immediati Peter tra le loro
braccia, portandogli dei doni a sorpresa.
Geffen
si unì a loro, salutandoli con gioia.
Shannon
e Tomo rientrarono da Jared, lasciando gli altri nella saletta per i
visitatori, insieme a Pepe, entusiasta per i regali ed i sorrisi di quei nuovi
zii.
“Venite,
vi porto a pranzo, così parliamo un po’” – propose l’avvocato – “Colin ti
aggreghi, vero?”
“Sì
… Ok Glam, non ho nemmeno fatto colazione … Jay si è persino arrabbiato”
“E’
incredibile quanto si preoccupi del prossimo, quando è lui ad essere in
difficoltà, ma, diversamente, non sarebbe Jared” – replicò calmo.
“Già
… Allora andiamo?”
Kevin
e Tim presero le manine di Peter, sollevandolo, come se fosse su di un
altalena.
“Papi
guarda, so volare!!” – esclamò solare il bimbo, prima di salire in ascensore.
Sì, lui sapeva volare.
Nessun commento:
Posta un commento