Capitolo n. 27 – life
Le bollicine
risalivano nel bicchiere, ondeggiando come spighe nel vento.
Un vento dorato, al
sapore prezioso di champagne.
Una bottiglia
speciale, per un’occasione speciale.
Taylor Kitsch se ne
era fatta portare una al tavolo, per il nuovo ingaggio, propostogli da Stone.
Sapeva che Colin
Farrell ci aveva messo una buona parola ed anche Derado, con il quale aveva
lavorato in passato, di sicuro ne aveva tessuto le lodi.
Adesso doveva solo
dimostrare il suo valore ed il risultato di un anno, trascorso in Europa a
studiare recitazione e dizione, con una compagnia di lavoro teatrale, rimasta
comunque a Londra.
Senza di lui ed il
suo splendido volto.
Anche Jude lo notò,
ma solo al quarto bicchiere di whisky, seduto al bancone, di quel locale
frequentato in prevalenza da artisti e starlette.
Un po’ traballante,
si avvicinò al giovane.
“Ehi, te la scoli
tutta tu, quella?” – ed indicò il secchiello del ghiaccio.
“No, anzi … Vuoi
farmi compagnia? Per me sarebbe un onore, accomodati pure” – e gli fece spazio
sopra al divanetto, dove ancora non si era aggregato nessuno.
Taylor aveva pochi
amici a Los Angeles e quei pochi erano spariti durante la sua assenza: alcuni
trasferiti a New York, altri letteralmente irreperibili.
“Stai girando, Jude?
Scusami per il tu”
“No, no, fai pure …
E’ un piacere … Cazzo che buono” – e trangugiò altri sorsi.
“Vacci piano, mi
sembri già su di giri abbastanza” – e rise, strappandogli quasi la coppa dalla
mano sinistra.
“Ehi, come ospite fai
un po’ schifo, sai?” – biascicò ridicolo.
Taylor scosse il
capo, tirandosi indietro i lunghi capelli castani.
“Ok, magari chiamiamo
un taxi e ti accompagno dove vuoi, che ne pensi?” – propose svelto, notando
l’arrivo di alcuni paparazzi, che avrebbero gettato in pasto al gossip trash,
le immagini poco edificanti di un divo ormai in declino, almeno personale.
Il divorzio di Law
era ancora l’argomento preferito in certi salotti di Los Angeles, tra biechi
moralisti ed incapaci colleghi, invidiosi da sempre non solo del suo talento,
ma soprattutto dell’unione con Downey.
La loro ricchezza,
poi, suscitava invidie ad ogni livello, non solo mediatico.
“Dai ti porto via”
“Ma io voglio restare
qui e”
Taylor lo tirò su
malamente, sgattaiolando verso una saletta laterale, che portava sul retro.
La sua auto era
parcheggiata lì, per evitare il traffico del boulevard ed infilarsi subito in
strade secondarie, per arrivare al palazzo dove abitava da poco.
Provò a chiedere a
Law dove preferisse andare, appena mise in moto.
Inutilmente, visto
che l’inglese stava ormai russando, riverso sul sedile.
“Dio, speriamo non
vomiti …” – mormorò l’attore, per poi avviarsi lento, in direzione del proprio
loft.
Jared pettinò calmo
le chiome di Isotta, mentre lei faceva altrettanto con la bambola, che i
genitori le avevano portato dalla Svizzera.
“La chiamerò Hope” –
esordì la bimba, sorridendo felice, sotto lo sguardo anche di Colin, appoggiato
allo stipite.
Erano nella sala dei
giochi e dei doni.
Lì, la coppia, spesso
ritrovava la magia degli anni trascorsi insieme, dei momenti migliori, con quel
nutrito esercito di pargoli, ormai in parte cresciuti.
“Speranza …” –
sussurrò Leto, chiudendo gli occhi per un attimo.
Farrell andò a
sedersi alle sue spalle, per abbracciarlo, con tenerezza.
“Come ti senti,
amore?”
“Sto bene Cole, non
preoccuparti” – ed inspirò profondo.
A volte, per la
tensione, gli mancava il fiato, anche senza fare sforzi.
“Li hai quasi più
lunghi di lei” – Colin sorrise, raccogliendo alcune ciocche del marito, tra le
mani gelide.
“Non per molto …
Cadranno, me l’ha detto Jim”
“Quando?”
“In una e-mail … Pensava
di no, ma hanno cambiato i protocolli, per chi è come me”
Si guardarono.
“Come te … In che
senso Jay?”
“Un catorcio” – rise
piano, rifugiandosi nell’incavo della spalla dell’irlandese.
Isotta ormai era in
piedi, pronta per andare a tavola.
“Ceni con noi, vero
papà? L’hai promesso …”
Il cantante annuì,
forzando un’espressione serena – “Ma certo principessa, tu inizia ad andare e
dì a Miss. Wong che ci uniremo a voi tra un quarto d’ora, ok?”
“Ok!” – rise allegra,
scappando via.
“Come è bella …”
“Sì Jay, come Syria …
Ed anche tu ci hai messo un certo impegno” – provò a scherzare, incapace di
trattenere le lacrime.
Si abbracciarono forte.
“De devo prendere
l’anti vomito … Mi aiuti Cole? Ho le gambe molli”
Gli accadeva sempre
più spesso.
“Certo amore …
Aspetta …”
Un’ombra si allungò
dalla porta a loro, illuminata alle spalle dalla luce del corridoio.
Era Geffen.
“Scusate il ritardo
…” – e si affrettò a dare anche il proprio sostegno a Jared, che lo guardò con
immensa gratitudine.
La stessa, che
abitava i quarzi di Farrell.
“Sei puntualissimo
invece, vero Jay?”
“Assolutamente … E
provvidenziale, come un miracolo … Questo lo sai Glam, vero?” – e si appoggiò
al suo petto.
Spazioso, presente.
“Sono pronto a
mangiare gli intrugli di Miss. Wong: mi definirei quindi un martire” – rise,
fingendo di stare bene.
Aveva la morte nel
cuore, lacerato dal fotogramma di Law, che spuntava dalla camera di Robert,
accaldato e soddisfatto, per esserselo ripreso.
Per una notte o per
sempre, non aveva più alcuna rilevanza.
Geffen voleva
convincersene.
Harry spense il
tablet, con la tipica espressione di chi era stato beccato con le zampe nel
barattolo di marmellata.
“Cosa guardavi?” –
domandò Louis, sistemando il vassoio sopra al letto, dove avrebbero visto un
film a cartoni, con Petra, ancora impegnata a mettersi il pigiama nel bagno lì
accanto.
“Mi … documentavo” –
e lo riaccese, mostrando una serie di foto di Mark.
“Che significa Haz?”
“Si chiama Ruffalo,
quelli di Dallas, commerciano in oli combustili, petrolio grezzo, carburanti vari
… Hanno anche catene di alberghi, ristoranti e diversi centri commerciali
sparsi un po’ per il mondo”
“Miseria e lui è …?”
“No, Mark si direbbe
la pecora nera: la biografia familiare dice che fa l’infermiere, però era quasi
psichiatra, nonché docente in attività … Pare che sia molto ricco, comunque”
Boo aggrottò la
fronte, perplesso – “Forse conosceva già Niall, del resto anche Horan lavorava
in ospedale, poi ora si è anche iscritto a Medicina”
“Tutto è possibile …
Sembra un brav’uomo”
“Non ne ho idea e non
mi interessa Harry” – puntualizzò secco, mentre la figlia si stava precipitando
da loro.
“C’è un particolare, sai?
Mi è venuto in mente dove e quando ne avessi sentito già parlare”
“E dove sentiamo?” –
bissò sempre più infastidito Tomlinson, stringendo sul petto Petra.
“Al mio vecchio
studio … Fu Geffen a nominarmelo, perché Ruffalo era il compagno di Matt
Miller: Glam li aiutò a fuggire a Parigi, liberando quel pazzoide dal manicomio
cittadino … Si vede che Mark ha troncato con quello svitato” – bisbigliò, per
non turbare la bambina, ormai troppo concentrata sui titoli di testa di quel
lungometraggio sul Libro della giungla.
“Buon per lui, per
Niall intendo, anche perché non credo che questo Mark possa avere due relazioni,
a meno che non sia uno che ami rischiare l’osso del collo: mi ricordo la storia
di Miller, io non ci dormirei”
“Neppure io …” –
sospirò Styles – “Speriamo bene …” – e sorrise imbarazzato.
Boo non gli diede più
retta, preferendo il gelato alla loro orticante conversazione su Horan.
Le prime gocce di
pioggia iniziarono a cadere, mentre i commensali stavano assaggiando una strana
zuppa alle alghe, sbirciandosi a vicenda ed abbozzando sorrisi di convenienza,
per Miss. Wong, molto fiduciosa sul buon esito di quel convivio.
Pochi minuti e fu il
diluvio, tipico per Los Angeles e le sue estati sempre più instabili,
climaticamente.
Peter ed Isotta si
fiondarono verso un balcone, attratti dai lampi e dai tuoni o, più
verosimilmente, in fuga da quella brodaglia verdastra.
“Pepe torna qui! Isy
anche tu” – li richiamò Geffen.
Isotta rise,
indicando qualcosa nel parco – “Papi Glam, vieni!”
“Che c’è cucciola?” –
brontolò bonario, alzandosi da tavola.
Shan e Tomo si
spiarono, poi puntarono Jared, che fece un cenno d’intesa a Colin, che annuì.
“Dunque vediamo, cosa
…”
“Non è zio Rob?!” –
si intromise Pepe.
“Si sta bagnando come
un pulcino!” – esclamò la piccola.
“Oh mio Dio …” –
mormorò Geffen, imboccando l’ampio salone d’ingresso, per recuperare un
ombrello all’entrata, oltre la cui soglia sembrò come volare.
Corse verso Downey,
ormai zuppo e tremante, ma fermo nella sua postazione iniziale.
L’avvocato si chiese
mentalmente da quanto fosse lì, in piena ansia per la sua salute, alquanto
delicata.
“Tesoro! Ma sei
impazzito Robert!” – e lo avvolse, sentendolo gelido.
“Glam … Vuoi
sposarmi?” – e gli porse un cofanetto in plastica rosa tenue.
L’attore lo aprì,
rivelando due fedi, con delle strane incisioni.
Geffen non le
riconobbe subito.
“A quest’ora ho
trovato solo uno store di musica e gadget aperto … Sono dei Mars … Credo le
abbia disegnate Jared …” – spiegò, in lacrime.
“Robert …” – Geffen arrise
alla sua richiesta, commosso e stupito.
“Te … te lo richiedo,
prima di svenire”
“Sì … SI’!!” – e lo
sollevò, baciandolo, per poi farlo roteare, ripetendo, tra un bacio successivo
ed un altro, quel sì, ebbro di
felicità.
Jared dalle finestre,
stava sorridendo, con Isy e Pepe accovacciati sul davanzale, contro il suo
busto, sostenuto da Colin, altrettanto sereno, nell’assistere a quella scena.
“Jay, tutto bene?”
“Come non mai, Cole …
E’ davvero bello vedere Glam così … Davvero, amore.”
TAYLOR RIENTRA NEL CAST, PER UNA STORYLINE PIU' CONSISTENTE, QUESTA VOLTA;-)
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