giovedì 11 settembre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 16

Capitolo n. 16 – life






Le foto di Matt, che Mark mostrò a Niall, erano incantevoli.

“E’ davvero bellissimo … Avevo letto la sua storia sui giornali, poi qualcosa mi ha raccontato persino Harry … Ha veramente una doppia personalità?”

Ruffalo annuì, seduto accanto a lui sopra il divano di quella suite costosa.

“Geffen ci ha permesso di trasferirci a Parigi, come se dovesse qualcosa a Matt, nonostante la loro esperienza non fosse stata così edificante”

“Glam è fatto così, ha molto denaro e potere, spesso lo ha usato con criterio, anche con persone come me, che lo conoscono appena”

“Tu lavori per lui, Niall?”

“No, ma è capitato che gli portassi dei documenti, mi offriva una bibita, chiedeva dei progressi di Styles … Sì, insomma, è sempre stato corretto”

“Prima ho avuto come l’impressione che ci fosse molta confidenza tra voi” – puntualizzò a mezza voce l’infermiere.

“Non equivocare, ti prego” – il giovane sorrise onesto – “Lui mi ha sempre trattato come una peste, stravagante con i miei vestiti colorati ed i capelli sparati, mi diceva così quando piombavo nel suo studio, alla stregua di un fattorino per Harry”

“Tu vali molto più di questo e saperti iscritto a Medicina, mi dà una notevole soddisfazione, perché a Chicago ci avevo visto lungo”

Niall arrossì – “Sei gentile …” – ed abbassò lo sguardo, restituendo il tablet a Mark, che lo spense.

“Ora me ne vado” – sorrise imbarazzato l’uomo.

“Perché, scusa?”

“Non lo so … Io credevo volessi restare da solo, dopo che”

Niall scattò in piedi – “Mai detto questo”

“D’accordo, però …”

“Tu lo ami ancora, vero? Giusto per saperlo”

“Niall, la mia storia con Matt è stata tanto seria quanto travagliata: ti ho spiegato cosa è accaduto in Francia”

“Sì, sì, ok, per poco ti ammazzava” – replicò agitandosi.

“Quanti anni hai?”

“Ventuno …”

“Io ne ho quarantasette Niall, potrei essere davvero tuo padre”

“Che sciocchezza” – e tornò ad accomodarsi – “La faccenda età è una baggianata e poi mica ci stiamo fidanzando, no? Stiamo parlando o forse io ti annoio?”

“Assolutamente no, tu mi piaci da morire” – e fu lui ad alzarsi, per bere qualcosa.

Aveva la gola secca, il cuore a mille, nessuno lo aveva mai ridotto in quello stato, nemmeno Matt, con la sua avvenenza spiazzante.

“C’è la piscina … Ce lo facciamo un bagno Mark?” – e, senza nemmeno terminare la frase, Horan era già in boxer, pronto a tuffarsi.

Ruffalo lo seguì con lo sguardo, imitandolo, come se si sentisse in diritto di viverla, quella breve e folgorante pazzia, insieme a Niall, che sguazzava come un pesce.

Niall era simpatico, un po’ frenetico ed eccentrico quanto bastava, per solleticargli mille pensieri e qualche domanda.

Una in particolare, inerente Styles: una cotta per il capo è quanto di più naturale, potesse accadere ad un ragazzino come Niall, anche se Harry era in pratica un coetaneo di quest’ultimo.

Un paio di bracciate e qualcosa in Mark scalpitò, perché si lasciasse andare.

Niall gli andò vicino, ma non accadde nulla.
Ruffalo sapeva dominarsi.
Come nessuno.




Colin si coricò alle sue spalle, avvolgendolo con cura, ma Jared ebbe un sussulto, poi si erse, spostandosi a sedere sul bordo di quel letto ovale.

“Devo chiederti una cosa” – esordì il cantante.

“Ti ascolto Jay …”

“Niente pietismi e niente musi afflitti da sensi di colpa: hai fatto un casino, mi ci hai tirato dentro ed ora lottiamo insieme, come abbiamo sempre fatto Cole, va bene?” – disse fermo, senza girarsi, le dita sottili a stritolare le lenzuola in seta avorio.

“Va bene Jared: ora più che mai”

Leto rise mesto – “Ora più che mai … Anche Glam ha usato parole simili, per descrivere ciò che io provo per te, Colin, nonostante tu mi abbia trasmesso il virus dell’Aids, sai? Non lo trovi buffo …? Buffo come questo ambiente, creato su di un jet, quasi un boudoire …”

L’irlandese prese fiato, accoccolandosi contro la sua schiena un po’ curva e magra.

“Il materasso è comodo … Abbiamo dormito anche per terra, tu ed io, questa è una pacchia”

Il leader dei Mars inghiottì un singulto, ad occhi chiusi.

“Ne abbiamo passate così tante … da non crederci Cole” – e rise, nascondendo il proprio pianto.

Per poco.

“Ho una paura fottuta Cole”

Farrell lo strinse forte, cercando poi la sua bocca, per baciarla, una prima volta e poi ancora ed ancora, finché Jared non fu steso sotto di lui, incapace di fermarlo, mentre l’altro gli apriva delicato le gambe asciutte, per accarezzarlo e prepararlo.

Già nudi e con lo stupore nelle iridi, che si fondevano, mentre altri baci li univano, sembrò semplice ad entrambi fare l’amore.

“Cazzo Cole, fermiamoci … Non puoi ammalarti, non devi … Pensa ai”

“Io ci penso ogni istante, Jay, così a te, a noi … E non ho mai messo in conto di rinunciare a nulla di quanto abbiamo conquistato” – ed estrasse un preservativo, dalla tasca dei jeans, scivolati sulla moquette.

Lo indossò, senza mai perdere un briciolo della propria eccitazione.

Era di un materiale nuovo, lo si leggeva sulla confezione ormai strappata.
Incolore, inodore, lubrificato di gel asettico, ma straordinariamente gradevole al contatto.

La carne di Jay si dilatò, mentre lui gemeva e singhiozzava nel collo di Farrell.

Farrell fu inebriato dal calore di quel corpo così arrendevole, che in alcuni punti già mostrava i segni del contagio.

Una piaga arrossata sotto il costato, un’altra tra le scapole.

Anche Jared le notò riflesse in uno specchio poco distante.

Inorridì.

“Dio … sono malato Cole” – balbettò, provando a scostarlo da sé.

L’attore lo strinse ancora più solido, acuendo il ritmo dei fianchi ed ingrossandosi in lui, irrefrenabile.

“Ed io di te Jay … di te, amore mio” – gli respirò tra le labbra, poi lo baciò di nuovo, venendo copioso e bollente, al punto che il consorte riuscì persino a percepirlo, attraverso quell’odiosa barriera di plastica.




Kevin posò il vassoio sul davanzale, schiudendo di poco le persiane.

I raggi di luce, sembrarono giocare tra i suoi capelli biondi ed in ordine, come il resto, da un paio di giorni.

Tim aveva addosso ancora la maglietta del pigiama e gli shorts coordinati.

Il marito non aveva più fatto sesso con lui o meglio, non glielo aveva più imposto, con la brutalità, che solo un alcolizzato molesto, può detenere.

“Avanti dormiglione, è tardi” – disse allegro il bassista, zuccherandogli il cappuccino.

“Buongiorno … sei di ottimo umore” – e tirò su dal naso.

“Infatti ed abbiamo un po’ di cose da fare”

“Tipo?” – chiese con circospezione.

Kevin inclinò il capo verso sinistra, senza perdere il sorriso.

“Tu non hai più fiducia in me, vero Tim?”

“Dovrei cambiare idea? Dopo le ultime settimane?”

“Lo farai, se credi in noi, come me” – bissò sereno.

Tim inspirò.

“Ok, come vuoi, però prima vorrei avere la possibilità di dire alcune cose, che mi tengo qui” – ed indicò il proprio cuore – “… da un casino di tempo” – e si alzò.

“Dimmele, avanti” – lo esortò Kevin.

“Perfetto! Riguardano Lula e quanto la sua perdita mi abbia distrutto, senza che nessuno si degnasse di chiedermi come stavo, quando invece soldino avrebbe fatto di tutto per darmi coraggio! Perché se non te ne fossi reso conto, è per merito suo se io sono tornato più di una volta da te!” – affermò con un tono increspato dal dolore più puro e sincero, che travolse Kevin, ineluttabile.

“Ti chiedo perdono Tim” – e provò ad azzerare la distanza, per abbracciarlo, ma il giovane si riallontanò, scagliando la colazione sul parquet.

Si bloccò, tremando, osservando i frammenti di porcellana, le chiazze di latte, il riverbero dell’argento di vasellame e posate.


“Mi dispiace Kevin …”

“Non è nulla, tesoro mio” – e lo strinse da dietro, fremendo quanto lui.

Piangendo quanto Tim.


Fecero l’amore.
Perdonandosi, finalmente.




Christopher raccolse il suo sfogo.

Downey sembrava un bambino, tra le sue braccia forti e muscolose, anche se acerbe in suo confronto.

“Non dovevo … Io non dovevo parlargli in quel modo, ma era necessario, tu lo capisci questo, vero Chris?” – domandò stravolto da un pianto ed un’angoscia irreversibili.

“Tu gli hai semplicemente detto la verità, papà … E questo Glam lo sa, credimi”

Robert annuì, distaccandosi da quel conforto colmo di tenerezza ed apprensione, verso il suo stato di salute.

Aveva un aspetto orribile.


“Ora perché non ti fai una doccia, ti sbarbi ed usciamo da questa topaia? Che ne dici?” – propose il musicista, cercando dei vestiti puliti, nell’armadio vuoto.

“Porto questa roba da quando sono arrivato … Non mi va di uscire, non mi va di fare niente!” – replicò rabbioso.

“Ed a niente ti servirà rimanere qui: hai dei figli, hai delle responsabilità, non puoi gettarti via così … Glam Geffen saprà perdonarti, quando sarà il momento”

“Io l’ho mortificato e non dovevo, non dopo l’amore, che lui mi ha donato”

“Un amore parziale Rob … Un amore, che tu dovevi dividere con Jared, con Kevin e chissà quanti altri … Persino con quel Matt Miller: lo sai che è tornato in città?”

“Ma che dici …?”

“E’ ricoverato alla Mayer, me l’ha detto Steven, ieri, dopo che gli ho riportato Clarissa”

“Matt è a Los Angeles? Io … io devo avvisare Glam … Immediatamente.”


 CHRISTOPHER

 KEVIN


 ROBERT



 TIM








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