Capitolo n. 16 – life
Le foto di Matt, che
Mark mostrò a Niall, erano incantevoli.
“E’ davvero
bellissimo … Avevo letto la sua storia sui giornali, poi qualcosa mi ha
raccontato persino Harry … Ha veramente una doppia personalità?”
Ruffalo annuì, seduto
accanto a lui sopra il divano di quella suite costosa.
“Geffen ci ha
permesso di trasferirci a Parigi, come se dovesse qualcosa a Matt, nonostante
la loro esperienza non fosse stata così edificante”
“Glam è fatto così,
ha molto denaro e potere, spesso lo ha usato con criterio, anche con persone
come me, che lo conoscono appena”
“Tu lavori per lui,
Niall?”
“No, ma è capitato
che gli portassi dei documenti, mi offriva una bibita, chiedeva dei progressi
di Styles … Sì, insomma, è sempre stato corretto”
“Prima ho avuto come
l’impressione che ci fosse molta confidenza tra voi” – puntualizzò a mezza voce
l’infermiere.
“Non equivocare, ti
prego” – il giovane sorrise onesto – “Lui mi ha sempre trattato come una peste,
stravagante con i miei vestiti colorati ed i capelli sparati, mi diceva così quando piombavo nel suo studio, alla stregua
di un fattorino per Harry”
“Tu vali molto più di
questo e saperti iscritto a Medicina, mi dà una notevole soddisfazione, perché a
Chicago ci avevo visto lungo”
Niall arrossì – “Sei
gentile …” – ed abbassò lo sguardo, restituendo il tablet a Mark, che lo
spense.
“Ora me ne vado” –
sorrise imbarazzato l’uomo.
“Perché, scusa?”
“Non lo so … Io
credevo volessi restare da solo, dopo che”
Niall scattò in piedi
– “Mai detto questo”
“D’accordo, però …”
“Tu lo ami ancora,
vero? Giusto per saperlo”
“Niall, la mia storia
con Matt è stata tanto seria quanto travagliata: ti ho spiegato cosa è accaduto
in Francia”
“Sì, sì, ok, per poco
ti ammazzava” – replicò agitandosi.
“Quanti anni hai?”
“Ventuno …”
“Io ne ho
quarantasette Niall, potrei essere davvero tuo padre”
“Che sciocchezza” – e
tornò ad accomodarsi – “La faccenda età è una baggianata e poi mica ci stiamo
fidanzando, no? Stiamo parlando o forse io ti annoio?”
“Assolutamente no, tu
mi piaci da morire” – e fu lui ad alzarsi, per bere qualcosa.
Aveva la gola secca,
il cuore a mille, nessuno lo aveva mai ridotto in quello stato, nemmeno Matt,
con la sua avvenenza spiazzante.
“C’è la piscina … Ce
lo facciamo un bagno Mark?” – e, senza nemmeno terminare la frase, Horan era
già in boxer, pronto a tuffarsi.
Ruffalo lo seguì con
lo sguardo, imitandolo, come se si sentisse in diritto di viverla, quella breve
e folgorante pazzia, insieme a Niall, che sguazzava come un pesce.
Niall era simpatico,
un po’ frenetico ed eccentrico quanto bastava, per solleticargli mille pensieri
e qualche domanda.
Una in particolare,
inerente Styles: una cotta per il capo è quanto di più naturale, potesse
accadere ad un ragazzino come Niall, anche se Harry era in pratica un coetaneo
di quest’ultimo.
Un paio di bracciate
e qualcosa in Mark scalpitò, perché si lasciasse andare.
Niall gli andò
vicino, ma non accadde nulla.
Ruffalo sapeva
dominarsi.
Come nessuno.
Colin si coricò alle
sue spalle, avvolgendolo con cura, ma Jared ebbe un sussulto, poi si erse,
spostandosi a sedere sul bordo di quel letto ovale.
“Devo chiederti una
cosa” – esordì il cantante.
“Ti ascolto Jay …”
“Niente pietismi e
niente musi afflitti da sensi di colpa: hai fatto un casino, mi ci hai tirato
dentro ed ora lottiamo insieme, come abbiamo sempre fatto Cole, va bene?” –
disse fermo, senza girarsi, le dita sottili a stritolare le lenzuola in seta
avorio.
“Va bene Jared: ora
più che mai”
Leto rise mesto – “Ora più che mai … Anche Glam ha usato
parole simili, per descrivere ciò che io provo per te, Colin, nonostante tu mi
abbia trasmesso il virus dell’Aids, sai? Non lo trovi buffo …? Buffo come
questo ambiente, creato su di un jet, quasi un boudoire …”
L’irlandese prese
fiato, accoccolandosi contro la sua schiena un po’ curva e magra.
“Il materasso è
comodo … Abbiamo dormito anche per terra, tu ed io, questa è una pacchia”
Il leader dei Mars
inghiottì un singulto, ad occhi chiusi.
“Ne abbiamo passate
così tante … da non crederci Cole” – e rise, nascondendo il proprio pianto.
Per poco.
“Ho una paura fottuta
Cole”
Farrell lo strinse
forte, cercando poi la sua bocca, per baciarla, una prima volta e poi ancora ed
ancora, finché Jared non fu steso sotto di lui, incapace di fermarlo, mentre l’altro
gli apriva delicato le gambe asciutte, per accarezzarlo e prepararlo.
Già nudi e con lo
stupore nelle iridi, che si fondevano, mentre altri baci li univano, sembrò
semplice ad entrambi fare l’amore.
“Cazzo Cole,
fermiamoci … Non puoi ammalarti, non devi … Pensa ai”
“Io ci penso ogni
istante, Jay, così a te, a noi … E non ho mai messo in conto di rinunciare a
nulla di quanto abbiamo conquistato” – ed estrasse un preservativo, dalla tasca
dei jeans, scivolati sulla moquette.
Lo indossò, senza mai
perdere un briciolo della propria eccitazione.
Era di un materiale
nuovo, lo si leggeva sulla confezione ormai strappata.
Incolore, inodore,
lubrificato di gel asettico, ma straordinariamente gradevole al contatto.
La carne di Jay si
dilatò, mentre lui gemeva e singhiozzava nel collo di Farrell.
Farrell fu inebriato
dal calore di quel corpo così arrendevole, che in alcuni punti già mostrava i
segni del contagio.
Una piaga arrossata
sotto il costato, un’altra tra le scapole.
Anche Jared le notò
riflesse in uno specchio poco distante.
Inorridì.
“Dio … sono malato
Cole” – balbettò, provando a scostarlo da sé.
L’attore lo strinse
ancora più solido, acuendo il ritmo dei fianchi ed ingrossandosi in lui, irrefrenabile.
“Ed io di te Jay … di
te, amore mio” – gli respirò tra le labbra, poi lo baciò di nuovo, venendo
copioso e bollente, al punto che il consorte riuscì persino a percepirlo,
attraverso quell’odiosa barriera di plastica.
Kevin posò il vassoio
sul davanzale, schiudendo di poco le persiane.
I raggi di luce,
sembrarono giocare tra i suoi capelli biondi ed in ordine, come il resto, da un
paio di giorni.
Tim aveva addosso
ancora la maglietta del pigiama e gli shorts coordinati.
Il marito non aveva
più fatto sesso con lui o meglio, non glielo aveva più imposto, con la
brutalità, che solo un alcolizzato molesto, può detenere.
“Avanti dormiglione,
è tardi” – disse allegro il bassista, zuccherandogli il cappuccino.
“Buongiorno … sei di
ottimo umore” – e tirò su dal naso.
“Infatti ed abbiamo
un po’ di cose da fare”
“Tipo?” – chiese con circospezione.
Kevin inclinò il capo
verso sinistra, senza perdere il sorriso.
“Tu non hai più
fiducia in me, vero Tim?”
“Dovrei cambiare
idea? Dopo le ultime settimane?”
“Lo farai, se credi
in noi, come me” – bissò sereno.
Tim inspirò.
“Ok, come vuoi, però
prima vorrei avere la possibilità di dire alcune cose, che mi tengo qui” – ed indicò
il proprio cuore – “… da un casino di tempo” – e si alzò.
“Dimmele, avanti” –
lo esortò Kevin.
“Perfetto! Riguardano
Lula e quanto la sua perdita mi abbia distrutto, senza che nessuno si degnasse
di chiedermi come stavo, quando invece soldino avrebbe fatto di tutto per darmi
coraggio! Perché se non te ne fossi reso conto, è per merito suo se io sono
tornato più di una volta da te!” – affermò con un tono increspato dal dolore
più puro e sincero, che travolse Kevin, ineluttabile.
“Ti chiedo perdono
Tim” – e provò ad azzerare la distanza, per abbracciarlo, ma il giovane si
riallontanò, scagliando la colazione sul parquet.
Si bloccò, tremando,
osservando i frammenti di porcellana, le chiazze di latte, il riverbero dell’argento
di vasellame e posate.
“Mi dispiace Kevin …”
“Non è nulla, tesoro
mio” – e lo strinse da dietro, fremendo quanto lui.
Piangendo quanto Tim.
Fecero l’amore.
Perdonandosi,
finalmente.
Christopher raccolse
il suo sfogo.
Downey sembrava un
bambino, tra le sue braccia forti e muscolose, anche se acerbe in suo
confronto.
“Non dovevo … Io non
dovevo parlargli in quel modo, ma era necessario, tu lo capisci questo, vero
Chris?” – domandò stravolto da un pianto ed un’angoscia irreversibili.
“Tu gli hai
semplicemente detto la verità, papà … E questo Glam lo sa, credimi”
Robert annuì,
distaccandosi da quel conforto colmo di tenerezza ed apprensione, verso il suo
stato di salute.
Aveva un aspetto
orribile.
“Ora perché non ti
fai una doccia, ti sbarbi ed usciamo da questa topaia? Che ne dici?” – propose il
musicista, cercando dei vestiti puliti, nell’armadio vuoto.
“Porto questa roba da
quando sono arrivato … Non mi va di uscire, non mi va di fare niente!” –
replicò rabbioso.
“Ed a niente ti servirà rimanere qui: hai dei
figli, hai delle responsabilità, non puoi gettarti via così … Glam Geffen saprà
perdonarti, quando sarà il momento”
“Io l’ho mortificato
e non dovevo, non dopo l’amore, che lui mi ha donato”
“Un amore parziale
Rob … Un amore, che tu dovevi dividere con Jared, con Kevin e chissà quanti altri
… Persino con quel Matt Miller: lo sai che è tornato in città?”
“Ma che dici …?”
“E’ ricoverato alla
Mayer, me l’ha detto Steven, ieri, dopo che gli ho riportato Clarissa”
“Matt è a Los
Angeles? Io … io devo avvisare Glam … Immediatamente.”
KEVIN
ROBERT
TIM
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